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Beethoven e Viganò – un sodalizio neoclassico: “Danza e Valz nel Ballo degli Ussiti”

Del Signor Salvatore Viganò Ridotti per Forte-Piano dal Sig.r Paolo Brambilla

Salvatore Viganò, nato a Napoli il 25 Marzo 1769 fu  ballerino e in seguito coreografo. Era figlio d’arte, infatti suo padre Onorato fu maestro di ballo e coreografo; la mamma, Maria Teresa Boccherini, anch’ essa ballerina, era la sorella del celebre Luigi Boccherini e Salvatore  studiò con lo zio composizione.

L’esordio come ballerino, in un ruolo femminile, avvenne a Roma. Poco dopo Viganò si recò in Spagna, scritturato per gli spettacoli in onore di Carlo IV a Madrid (1788), dove conobbe e sposò la danzatrice spagnola Maria Medina.

Successivamente, la coppia si recò in Inghilterra con il famoso coreografo J. Dauberval, dal quale Viganò apprese le teorie noverriane e l’arte della coreografia. Per breve tempo si esibì all’Opera di Parigi (1789)  poi a Bordeaux e a Venezia (1790) dove il pubblico si entusiasmò soprattutto per le esibizioni della moglie che indossava costumi molto trasparenti e provocanti. Questo causò una prima frattura nella coppia che continuò ad esibirsi insieme dal 1795 al 1799 a Praga, Dresda, Berlino e Amburgo. Nel 1799, però, avvenne la definitiva rottura per cui Viganò rientrò a Vienna e divenne maître de ballet del teatro sino al 1803.

A Vienna creò la coreografia di molti celebri balletti  per l’Hoftheater , su tutti quello che fu definito il suo capolavoro ovvero “Le creature di Prometeo” ,rappresentato per la prima volta al Burgtheater il 28 Marzo 1801. Mentre Beethoven  compose le musiche, Viganò preparò tutta la coreografia e ballò perfino alla prima. Nonostante Beethoven non  fosse molto soddisfatto del suo contributo, lo spettacolo fu replicato ben 14 volte nel 1801 e 13 volte l’anno dopo.

Viganò ritornò in Italia nel 1804; gli spettacoli successivi a Milano, Venezia, Roma e Padova segnarono un progresso dell’autore nel dramma danzato, basato sull’espressività correlata al ritmo musicale. Si stabilì definitivamente a Milano nel 1812, quando abbandonò la danza per dedicarsi totalmente alla coreografia.

Fino alla sua morte, avvenuta a Milano il 10 agosto 1821, assunse il ruolo di maître presso il Teatro alla Scala mettendo in scena con successo molti suoi lavori.

Ideatore del cosiddetto coreodramma (dramma danzato, una fusione di danza e recitazione drammatica, nel quale viene dato ampio spazio alla esibizione del corpo di ballo e meno agli assoli o ai pas de deux), fu il primo a intuire le potenzialità drammatiche dell’arte coreutica.

Viganò toccò il vertice della sua arte  con “Prometeo” (rifacimento delle Creature di Prometeo) nel 1813, alla Scala di Milano. Ciò gli riuscì soprattutto grazie alla qualità dello spettacolo determinata dall’ottima interpretazione dei ballerini, alle scelte delle musiche, alcune delle quali composte da lui stesso, al grandioso apparato scenico di tendenza neoclassica. La critica, unanime, riconobbe in questo “ballo grande” le qualità del capolavoro: Stendhal, Foscolo, Porta ne fecero le lodi.Con l’ultimo coreodramma “I Titani” (1819) Viganò tocco punte altissime nella messa in scena spettacolare che presagiva l’incalzante romanticismo.

Per quanto concerne il riduttore, ripotiamo dall’ Enciclopedia Treccani: BRAMBILLA, Paolo. – Nato a Milano nel 1786, compì gli studi musicali al conservatorio di Napoli. Si dedicò alla composizione, scrivendo opere e numerosi balletti, per i quali spesso si valse della collaborazione del coreografo S. Viganò, che ebbe un’influenza determinante sul suo stile. Come operista, esordì con L’apparenza inganna o sia il portantino, composta su libretto di F. Marconi e rappresentata al Teatro Sociale di Varese nel 1811. A questa seguirono le opere Il barone burlato, rappresentata al Teatro Re di Milano nel 1816, L’idolo birmanno ossia il trionfo del bel sesso, su libretto di B. Maselli, eseguita a Verona nel 1817 e, la migliore di tutte, Il carnevale di Venezia, su libretto di G. Canestrari, rappresentata a Torino nel 1819, ripresa col titolo I viaggiatori burlati al Teatro S. Benedetto di Venezia nella primavera 1820 e, col titolo originale, a Verona nel 1822. Oltre alle musiche, originali, vivaci e di buona strumentazione, per i balletti allestiti al Teatro alla Scala e a quelle dei “divertimenti” per il Casino dei nobili e per la Società del giardino di Milano, il B. compose pure musica sacra, ottenendo discrete affermazioni anche in questo campo. Morì a Milano nel 1838.

Dei numerosi balletti, rappresentati tutti al Teatro alla Scala di Milano, sono da ricordare, su coreografia di S. Viganò, Otello (6 febbr. 1818), Cimene (carnevale 1820), con musiche anche di Beethoven, W. R. von Gallenberg, P. Lichtenthal e Rossini, Alessandro nelle Indie (24 febbr. 1820) e Giovanna d’Arco (3 marzo 1821). Dei balletti Acbar gran Mogol (26 dic. 1818), Saffo (13 febbr. 1819), Capriccio e buon cuore (23 febbr. 1819), Gabriella di Vergy (24 ag. 1822), in collaborazione con P. Romani, e Il trionfo dell’amor filiale, la coreografia fu curata da F. Gioia; altri coreografi furono F. Clerici per Maometto (11 giugno 1822), S. Taglioni per Bianca di Messina (6 nov. 1824) e per Paria (16 dic. 1827), L. Henry per Arminio (19 febbr. 1828) e per Camma (26 dic. 1832), A. Monticini per i balletti scritti in collaborazione con Donizetti Sofia di Moscovia e Il tamburo magico, rappresentati entrambi al Teatro Ducale di Parma (25 gennaio e 10 febbr. 1835).

Il Fétis segnala, inoltre, i seguenti brani di musica da camera composti dal B. e stampati a Vienna (s.d.) da Artaria: Sei ariette italiane, opera prima, Romanze per canto e pianoforte, opera seconda, terza, quarta, sesta e settima e 5 Romanze con accompagnamento di pianoforte,opera nona; secondo l’Eitner, però, questi pezzi sarebbero da attribuirsi a un certo Louis Brambilla, musicista forse del sec. XVIII, vissuto a Vienna, che ritiene autore anche della cavatina per mezzo soprano Che il mio nume,il mio diletto, conservata manoscritta alla Biblioteca del liceo musicale di Bologna. Fra la musica sacra del B. notevole un Tantum ergo, a tenore solo con orchestra d’archi e strumenti a fiato, conservato manoscritto nell’Archivio del duomo di Piacenza.

Dei suoi cinque figli – Amalia, Emilia, Erminia, Annibale e Ulisse -, la più celebre fu Amalia, nata a Milano forse verso il 1815. Allieva del padre e di F. Romani, iniziò a esibirsi in abiti maschili all’età di tredici anni, cantando nelle chiese sotto la direzione del padre. Affermatasi in seguito come cantante lirica in numerosi teatri italiani e stranieri, conquistò notorietà per le qualità vocali e per il talento interpretativo, distinguendosi sia nelle opere di genere leggero sia in quelle a carattere drammatico. Fra le sue più celebri interpretazioni si ricordano quelle di Lucia,Norma e Maria Padilla. Si ritirò dalle scene nel 1842. Dal suo matrimonio col tenore G. B. Verger nacque un figlio, Napoleone, che seguì le orme dei genitori e si affermò come baritono. Rimasta vedova, si risposò col conte A. Lucchesi Palli dei principi di Campofranco. La B. morì a Castellammare di Stabia nell’agosto 1880.

Degli altri componenti la famiglia ci sono pervenute notizie frammentarie. Emilia fu cantante mediocre e si ritirò dal teatro nel 1842. Erminia ebbe una bella voce di mezzo soprano e cantò con successo in molti teatri italiani; La Gazzetta privilegiata di Milano del 9 dic. 1843 (p. 1425) la ricorda quale applaudita interprete al Teatro degli Arrischiati di Firenze nella Figlia del reggimento; cantò poi a Milano e a Palermo (1847). Annibale fu tenore di second’ordine: è segnalato nei programmi delle rappresentazioni avvenute al Teatro di corte di Modena nell’autunno 1838 come interprete del ruolo di Roberto Devereux nell’opera omonima di Donizetti; nel 1839 cantò a Milano, a Piacenza e a Roma; fu poi a Barcellona per quattro anni. Ulisse ebbe voce di basso e cantò in piccoli teatri italiani prima di recarsi in Spagna, dove fu attivo al Teatro di Valenza.

Fonti eBibl.: G. Masutto, I maestri di musica ital. del sec. XIX, Venezia 1882, p. 29; P. E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali e coreogr. in Parma dall’anno 1628 all’anno 1883, Parma 1884, p. 133; G. Gaspari, Catalogo della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, III, Bologna 1893, p. 293; V. Tardini, I teatri di Modena, II, Modena 1899, pp. 571 s. (per Annibale); C. Gatti, Il Teatro alla Scala nella storia e nell’arte, II, Milano 1964, pp. 172-177, 180, 182; F. Bussi, Piacenza. Arch. del duomo. Catalogo del fondo musicale, Milano 1967, p. 125; F. Regli, Diz. biografico…, Torino 1860, p. 96; F. J. Fétis, Biographie univ. des musiciens, II, Paris 1861, pp. 53 s.; Suppl., ibid. 1881, p. 122; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, p. 170; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 240 s.; Suppl., p. 122; Encicl. dello Spett., II, col. 989; Enc. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 313.

La Danza e il Valz nel “Ballo degli Ussiti” fanno parte del progetto “La ricerca diventa Arte”

Una nuova vita per le opere sconosciute di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del pianista maestro Sebastiano Mazzoleni

  • (3’15")
    1 – Arrivo delle pastorelle al campo degli Ussiti (Salvatore viganò)
  • (3’50")
    2 – Danza tra le pastorelle e gli Ussiti (Ludwig van Beethoven)
  • (1’14")
    3 – Valz del Sig.r M° Generali nell’ opera “Il servo padrone” (M. Generali)

Per quanto riguarda questi pezzi ridotti per pianoforte, già si è parlato del riduttore. Il primo pezzo è dello stesso coreografo, Salvatore Viganò. Comporre musiche da aggiungere a balletti già scritti era una  pratica molto frequente e con risultati spesso opinabili.  A Beethoven è affidato il secondo pezzo, ovvero la “Danza tra le pastorelle e gli Ussiti” La musica è  tratta dal terzo movimento Lustiges Beisammensein der Landleitte (Allegra riunione di campagnoli) della  Sesta Sinfonia, detta Pastorale, Opus 68. 

E’ interessante il terzo pezzo del maestro Generali, un valzer (qui chiamato Valtz) tratto dall’ opera giocosa “Il servo padrone” (con più di una eco alla più famosa “Serva padrona” di Pergolesi composta ottant’ anni prima) la cui presentazione recitava “Il servo padrone : dramma giocoso per musica in due atti : da rappresentarsi nell’I. e R. teatro degl’Intrepidi nella primavera dell’anno 1819 : sotto la protezione di Sua A.I., e R. Ferdinando III, gran-duca di Toscana”. 

Pietro Generali (Roma, 23 ottobre 1773 – Novara, 8 novembre 1832) fu compositore fecondissimo; per chi volesse comprendere ed approfondire la sua vastissima opera rimandiamo alla pagina dedicata al musicita su Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Generali_(compositore) 

Per finire, un brevissimo cenno sugli Ussiti (o Hussiti), che ispirano questo balletto : furono i seguaci del riformatore religioso boemo J. Hus (nato a Husinec, probabilmente verso il 1369 e morto a Costanza nel 1415). Ordinato prete, divenne predicatore a Praga, dando prova di vasta cultura filosofico-teologica. I temi delle sue invettive  erano l’accusa al clero di corruzione e la necessità di una riforma della vita morale di laici ed ecclesiastici. Sostenitore delle dottrine di J. Wycliffe fu scomunicato nel 1410 e costretto ad abbandonare Praga; condannato dal concilio come eretico per le tesi sostenute nei suoi scritti,  nel 1415 fu arso sul rogo.

Le dottrine di H. furono riprese dal movimento nazionale ceco, che si chiamò appunto hussitismo. Dopo la sua esecuzione i suoi seguaci si sollevarono in Boemia e si opposero alla successione al trono dell’imperatore Sigismondo (1419). Si divisero in utraquisti (moderati) e taboriti (radicali). Sconfitti questi dai primi nella battaglia di Lipany (1434), nel 1436 gli utraquisti raggiunsero un accordo con la Chiesa di Roma (permesso di costituire una Chiesa utraquista in Boemia).

Gli esempi musicali e i video di questa pagina sono curati da Sebastiano Mazzoleni. Chi volesse contattare l’ autore lo può fare tramite il nostro modulo di contatto.

I testi e i documenti di questa pagina sono curati da Luigi Bellofatto. Chi volesse consultare o richiedere dette risorse, può contattare l’ autore tramite il nostro modulo di contatto.

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