La leggenda romantica di Beethoven
Come tutti i grandi uomini Beethoven ha avuto una sua leggenda, la cui origine risale addirittura all’epoca in cui è vissuto. All’inizio del diciannovesimo secolo, che vide svilupparsi in Germania il movimento romantico, questo musicista originale, le cui opere avevano un accento diverso da quelle dei suoi predecessori immediati, è stato del tutto naturalmente considerato dai critici e dagli scrittori come un romantico. I romantici hanno visto in questo artista, che essi sentivano diverso dagli altri musicisti, un innovatore come loro, e siccome il linguaggio musicale non ha la precisione concreta della lingua, essi hanno interpretato come romanticismo questa sua originalità. Quelli che lo hanno potuto avvicinare hanno anche constatato che i suoi sentimenti, il suo carattere e il suo modo di vivere differivano profondamente da quelli dei musicisti classici. Prima di lui un musicista non poteva guadagnarsi da vivere che come servitore di una parrocchia o di un grande signore. Beethoven è il primo musicista che ha potuto restare sempre indipendente anche se con grandi difficoltà. Questa indipendenza risultava ancora più singolare per le maniere brusche di Beethoven, il carattere difficile, un modo negligente di vestirsi come uno zingaro geniale, e per la sua sordità divenuta quasi totale. Privo di contatto con il mondo esterno attraverso l’udito, doveva vivere in un universo sonoro interiore. Quale occasione migliore per interpretare fantasticamente questa personalità straordinaria! E i romantici non se la sono lasciata sfuggire. Gli scrittori contemporanei di Beethoven che si sono occupati di lui, hanno cercato di caratterizzarlo in funzione delle idee che circolavano fra di loro. L’epoca in cui è vissuto Beethoven fu segnata da un’evoluzione, in tema di idee filosofiche sulla musica, che va dal classicismo al romanticismo, da Kant a Schelling. È la vittoria delle concezioni romantiche, sentimentali e fantastiche sulle teorie classiche, sul razionalismo, che determinerà il modo in cui gli scrittori romantici della sua epoca considereranno Beethoven e la sua opera. Questa vittoria è completa quando, nel 1810, E.T.A.Hoffmann pubblica, sull’Allgmeine Musikalische Zeitung di Lipsia, l’analisi della Quinta sinfonia. Hoffmann, musicista e poeta, interpreta le opere di Beethoven in chiave romantica e fa di Beethoven una sorta di mago in comunicazione con il mondo degli spiriti. È nello stesso senso romantico che agiscono scrittori di minore importanza, che pubblicano in date diverse le relazioni dei loro contatti con Beethoven: Bettina Brentano, Varnhagen von Ense, Clemente Brentano (fratello di Bettina), Rochlitz, Rellstab e Reichardt. All’incirca dal 1800 al 1827, la stampa contemporanea incerta all’inizio, frastornata dagli accenti nuovi che Beethoven faceva sentire al suo pubblico, ha, specie dopo la pubblicazione di Hoffmann, evoluto in senso romantico. In definitiva, nel momento in cui Beethoven muore, nel 1827, i principali elementi della sua leggenda romantica sono già costituiti. Giunge infine Wagner, per il quale Beethoven è divenuto un riformatore dell’arte e della morale, che ha fatto passare la musica “dal dominio del bello estetico alla sfera del sublime assoluto”. La figura di Beethoven che egli ha eretto è rimasta in piedi, e la critica moderna ha conservato per Beethoven alcuni dei suoi tratti romantici. Beethoven l’artista in comunicazione con il mondo degli spiriti, il mago o il sacerdote in possesso dei segreti della natura, l’uomo della natura, lo zingaro geniale, il sordo murato nel suo mondo interiore, il democratico, il profeta dell’umanità ideale.
La leggenda romantica di Beethoven è ancora viva dopo oltre cento anni.
Boyer
Beethoven ha, dei romantici, le passioni e il possesso della chiave per entrare nel sacrario dell’estasi, ma nello stesso tempo non lo è perché, come scrive Ladislao Mittner (nella ‘Storia della letteratura tedesca dal pietismo al romanticismo’, Einaudi, Torino, 1964) lontanissimo dalla vaga e persistente inquietudine romantica che nasconde una sostanziale irresolutezza. Beethoven è per eccellenza il compositore che “sa” quello che vuole e sa come lo deve dire.
Principe
Per il romantico la musica è un linguaggio di natura particolare percepito dalle nostre orecchie ma che si dirige al nostro sentimento: per il romantico la musica esprime l’assoluto. La tendenza romantica al sogno e al misticismo ha cercato di interpretare questo assoluto, di cui la musica non può che darci l’intuizione, in virtù di un potere magico. Il musicista diviene per il romantico una sorta di sacerdote, di profeta o di mago cui gli spiriti, Dio, l’infinito o l’assoluto hanno dato il potere d’essere loro interprete presso gli uomini. Il più grande musicista vivente mentre queste idee si diffondevano fu Beethoven, e i romantici hanno cercato nelle sue opere la conferma delle loro idee teoriche. Ora, lo studio delle principali opere di Beethoven non fa apparire in nessuna di esse un elemento incontestabilmente romantico. Né la corrispondenza di Beethoven, né i Quaderni di Conversazione contengono alcuna indicazione che permetta di riconoscere in lui delle tendenze romantiche, neppure una simpatia per il romanticismo. Al contrario, gli elementi dell’arte beethoveniana hanno sempre la loro origine nel diciottesimo secolo. La maggior parte di questi elementi sono classici, ma in parte provengono dall’Aufklürung (Illuminismo) e dallo Sturm und Drang: l’idea dell’eroismo vincitore delle prove e quella del trionfo della personalità eroica; la concezione dell’”anima bella”; la preoccupazione per la moralità e l’aspirazione alla libertà morale e sociale; la speranza della formazione, al di là delle frontiere, di un’Internazionale delle élites, unite fraternamente dallo stesso ideale, preludio alla fraternità universale degli uomini. La sua concezione della natura e dell’amicizia potrebbero forse essere avvicinate ad analoghe concezioni romantiche.
Nulla vi è in Beethoven di misticismo o di fantastico. Come Mozart nella sua ultima opera, il Flauto Magico (in cui domina l’idea massonica della “prova”), Beethoven ha sognato di costituire quella élite internazionale di “anime belle” che il diciottesimo secolo credeva possibile. Beethoven non ha mai considerato necessario associare alle sue opere alcuna considerazione teorica. Solo dei rari passaggi della corrispondenza di Beethoven fanno allusione alla sua concezione dell’arte. Il 17 luglio 1812 [E.585] stimola Emilia M. a cercare di penetrare l’essenza intima dell’arte, “perché solo l’arte e la scienza elevano l’uomo fino alla divinità. L’artista vede che l’arte è sconfinata, avverte oscuramente quanto egli sia lontano dalla meta e, mentre altri forse lo ammirano, si rattrista al pensiero di non essere ancora giunto là ove il genio migliore riluce appena, come un sole lontano”. Il 17 settembre 1824, in una lettera ai figli di B.Schott [A.1308], scrive che “sono l’arte e la scienza che ci indicano e ci permettono di sperare in una vita superiore” e il 18 luglio 1825, da Baden, scrive al nipote Karl [A.1402] che sono “l’arte e la scienza che legano l’uno all’altro gli uomini migliori e i più nobili”. Come si spiega quindi che tanti scrittori romantici abbiano potuto considerarlo uno di loro? La spiegazione più semplice è che essi hanno visto Beethoven attraverso le loro teorie. Penetrati dell’idea del potere magico della musica, per mezzo della quale l’infinito, l’assoluto, il divino si manifestano a noi, essi hanno battezzato romantico il più grande musicista vivente della loro epoca. Ma Hoffmann e gli scrittori romantici che si sono interessati alla musica di Beethoven cosa intendevano con il termine “romanticismo” applicato alla musica? Questo romanticismo non è, per essi, una caratteristica solo della loro epoca, ma una tendenza che si è manifestata nel corso della storia in diversi artisti. Una denominazione più semplice e più facilmente comprensibile di questa tendenza sarebbe l’espressione. Questa concezione permette ad Hoffmann di dichiarare romantici musicisti come Haydn e Mozart. Beethoven ha realmente introdotto nell’arte musicale qualche cosa di nuovo, ma questa novità è una preoccupazione morale e sociale, è un accento personale che non avevano allo stesso grado i suoi predecessori, ed è questo accento originale che è stato preso per romanticismo. Fino all’inizio del diciannovesimo secolo la musica profana ha, almeno in superficie, un carattere amabile, leggero e frivolo. La musica teatrale aveva sopratutto per scopo quello di ravvivare l’azione, di aumentarne l’interesse.
Anche nel Don Giovanni di Mozart la musica conserva agli avvenimenti che illustra un carattere aneddotico e pittoresco. Tutt’altro è il suo ruolo nel Fidelio, dove Beethoven ha dato all’avventura dell’eroica Leonora, una portata morale generale, un valore di esempio. Allo stesso modo la partitura dell’Egmont celebra in maniera generale l’aspirazione alla libertà. La Sinfonia Pastorale evoca la vita campestre in generale. La Terza Sinfonia, liberata dall’inopportuna dedica a Bonaparte, celebra l’eroismo sotto una forma più generale e non un eroe particolare. In effetti si deve constatare che, per quanto riguarda l’apparizione del romanticismo, l’evoluzione della musica è sensibilmente in ritardo sulla letteratura. La Prima Sinfonia di Beethoven, ancora vicinissima allo stile di Haydn, è del 1800. In questo momento gli scrittori romantici avevano già costituito a grandi linee la loro dottrina: A.W.Schlegel fu professore a Iena dal 1798 al 1803. È nelle lezioni di Schlegel che il romanticismo appare come un insieme d’opinioni che formano un sistema. Le “Effusioni di un religioso amico dell’arte”, di Wackenroder, furono pubblicate nel 1796; il “Franz Sternbal”, di Tieck, nel 1798; le “Fantasie sull’arte”, di Wackenroder e Tieck, nel 1799; le opere di Novalis sono apparse, a cura di Tieck e Frederic Schlegel, nel 1802. Non sappiamo se Beethoven conoscesse queste opere: né la sua corrispondenza, né i suoi Quaderni di Conversazione ne fanno menzione, non ve n’era alcuna nell’inventario delle sua biblioteca fatto alla sua morte. Per contro è naturale che le idee dello Sturm und Drang, dell’Aufklürung e del classicismo, che si sviluppavano … nel momento in cui egli cresceva, abbiano influito sulle sue concezioni. Il romanticismo è uscito più o meno direttamente dallo Sturm und Drang e da Herder. Esso riuniva tendenze rivoluzionarie, soggettive, estetiche e poetiche, che avevano già cominciato a manifestarsi in precedenza nel pensiero tedesco con una sorta di rivolta contro l’intellettualismo dell’Aufklärung. L’ideale di questo movimento sarà una concezione poetica della vita, della natura, della religione, della filosofia, in breve di tutto. L’arte musicale che possiamo chiamare propriamente romantica non comincia a manifestarsi che parecchio più tardi. Il nome di Schubert non esce da Vienna e dall’Austria che dopo il 1820; a Vienna non potè dare un concerto di sue opere prima del 1827, e nessun giornale ne fece una recensione. La prima rappresentazione del Freischütz di Weber fu a Berlino nel 1821. Schumann comincia a farsi conoscere come compositore dopo il 1830. Landormy, uno dei biografi di Schubert, ha scritto: “Il puro romanticismo comincia con Schubert, cioè quel bisogno di sognare, di fuggire dal mondo reale in qualche cosa d’altro che ci consoli e ci salvi, questo bisogno che fu di tutti i grandi romantici, ma non di Beethoven. Oseremo dire ancora una volta che a Beethoven manca una certa poesia, una certa inquietudine, una certa nostalgia? Beethoven ci offre tutte le grandi emozioni che si vuole. Ma Schubert lo supera per la grandezza della sua immaginazione o piuttosto per la qualità della fantasia”. (P.Landormy, La Vie de Schubert, Parigi, 1928). Weber è il creatore dell’opera romantica. I libretti che ha musicato, (Freischütz, Euryanthe, Oberon), fanno un uso abbondante del fantastico. Ma la grande innovazione che introduce nella musica romantica è l’impiego del “colore orchestrale”, con l’utilizzazione, a scopi espressivi, dei timbri caratteristici dell’orchestra, per evocare la vita della foresta, lo spirito del male. Il fantastico dunque è uno degli elementi essenziali del romanticismo musicale, come diceva già Hoffmann. Ma la musica romantica ha altri caratteri ancora. Per Weber gli strumenti acquistano un’individualità espressiva. Schubert per il suo sentimento semplice, Schumann per il suo senso poetico profondo, danno alle loro opere un accento intimo, un contenuto emotivo che fino ad allora non si era mai manifestato così apertamente. Hugo Riemann, nel suo Dictionnaire de Musique, alla voce “Romanticismo” scriveva: “Il romanticismo, in opposizione al classicismo, è caratterizzato dalla ricerca personale della novità, per la predominanza dell’elemento soggettivo su quello formale. Il romanticismo lascia libero corso all’immaginazione, alla potenza elementare della creazione non trattenuta dalla disciplina delle leggi convenzionali. I romantici apportano all’arte degli elementi nuovi, arricchendo i suoi mezzi d’espressione. È romantico ogni artista che, facendo astrazione dalle forme d’arte ammesse e dalle leggi stabilite, crea liberamente”. E V.Basch nel suo “Schumann”, Parigi 1926 scrive: “Tutti [i romantici] hanno avuto coscienza di una missione nuova della musica, che non doveva più limitarsi ad agire sulle orecchie con delle combinazioni adeguate di suoni e di ritmi, che formavano per sé sole forma e contenuto del piacere musicale, ma che doveva esprimere degli stati d’animo legati a immagini precise, tradurre dei sentimenti, pensieri e visioni”. È senza dubbio quello che avevano certo fatto anche tutti i grandi musicisti moderni, dopo Johan Sebastian Bach che aveva animato, vivificato, riscaldato il linguaggio astratto e scolastico che gli era stato trasmesso, con le passioni di una fiamma d’emozione intensa, sebbene tutto fosse ben regolato e docilmente subordinato alle forme tradizionali. Beethoven aveva come esaurito i grandi temi della vita e fatto vibrare dei fremiti del sublime migliaia di anime. Ma Bach e Beethoven si erano rivolti ai grandi contenuti della vita: lo slancio verso l’Altissimo, l’aspirazione alla libertà, l’amore per gli uomini e la natura. Per trattare questi vasti soggetti avevano fatto ricorso alle grandi forme, ad ampie costruzioni (sinfonie, sonate etc.) per esprimere la grande marea montante delle emozioni universali. La musica romantica al contrario si sforza di rendere i sentimenti singolari, individuali, la reazione istantanea al torrente d’impressioni che assalgono incessantemente la nostra sensibilità. È nelle piccole forme, nei piccoli pezzi strumentali, nei Lieder, che si traduce naturalmente questo mondo di sentimenti. E solo eccezionalmente Beethoven invece si è rivolto alle piccole forme, alle Bagattelle ed ai Lieder per i suoi sentimenti fuggitivi, momentanei.
Non vi è in Beethoven nulla di nettamente e specificatamente romantico. L’atteggiamento degli scrittori romantici nei riguardi di Beethoven si spiega per un fatto banale: l’artista di genio, colui che apporta alla sua arte qualche cosa di veramente nuovo, ha sempre sconcertato i suoi contemporanei. Gli scrittori romantici hanno sentito la originalità di Beethoven e la hanno interpretata alla maniera romantica, ricercando nella sua musica idee che assomigliassero alle loro.
Boyer
Beethoven gode contemplare, nelle notti serene, lo stellato. Ma non si appaga di questa muta ammirazione; il suo spirito, come egli confida ad un visitatore, “si slancia verso queste stelle remote, verso la prima sorgente donde proviene tutto ciò che è stato creato” per poter dar forma musicale ai suoi sentimenti risvegliati e commossi. “Allora mi sento terribilmente deluso, getto a terra il mio foglio scarabocchiato, quasi convinto che non vi è figlio della terra che possa esprimere mediante i suoni e le note le immagini celestiali che la sua fantasia eccitata ha visto fluttuare in quell’ora benedetta”. Nondimeno, un eco di questa sognata armonia delle sfere, di questo anelito verso il divino, sembra risuonare nella musica di Beethoven. Questo presentimento del divino, Hoffmann, lo aveva intuito presente nella musica di Beethoven, che “trasporta l’ascoltatore nel mondo degli spiriti, l’infinito”, e che “esprime al più alto grado il romanticismo”. Giudizio che fece sorgere la leggenda di un Beethoven romantico. In verità, col termine “romantico”, Hoffmann non intendeva significare solo il movimento estetico a lui contemporaneo (contro cui lanciava i suoi strali la critica sostenuta da Hegel e da Goethe), ma il pieno raggiungimento della perfezione espressiva. Così avevano composto Bach, Haydn, Mozart, che Hoffmann non esita infatti a definire Romantici.
Magnani [a]
Durante gli ultimi anni della vita di Beethoven, e nel periodo che seguì alla sua morte, il pubblico musicale stava mutando, una nuova componente borghese sostituì i circoli aristocratici e settecenteschi per cui Beethoven stesso aveva composto. Questo nuovo pubblico fu attratto dalla musica di Beethoven con un’intensità particolare e quasi misteriosa. Così fino ad oggi la sua musica ha avuto una grande e durevole popolarità. La fama di Beethoven però, fu ed è qualche cosa di più di un fenomeno puramente musicale. La storia della sua vita si mescolò inestricabilmente alle specifiche qualità della sua musica, fino a produrre un’immagine composita che affascinò l’epoca romantica. Più di qualsiasi altro compositore, pittore o scrittore, Beethoven fu visto come il prototipo dell’artista fino ad assumere proporzioni mitiche. Il mito fu creato da appassionati di musica, dilettanti e scrittori di cose musicali, … ma anche da compositori che furono anche scrittori e divulgatori.
Kerman e Tyson [a]
Per Hoffmann la musica romantica ha il compito di suggerire al nostro spirito delle idee. La musica espressiva, per Hoffmann, è quella che parlando direttamente alla nostra anima le dona l’intuizione di una vita superiore, della vita intima della natura. La musica romantica è per Hoffmann una sorta di filtro o di talismano. Il musicista romantico è per Hoffmann una sorta di mago, un essere privilegiato, che trascinandosi dietro la nostra misera umanità la solleva in alto e la fa penetrare nell’empireo dell’ineffabile e dell’assoluto. Beethoven fa parte di quella categoria di artisti capaci di far agire sulla nostra anima il potere misterioso e magico dei suoni musicali rivelatori dell’assoluto.
I resoconti musicali di Hoffmann apparvero in un periodo che sta fra il 1810 e 1814. Weber compose il Freischütz fra il 1817 e il 1821; i primi Lieder di Schubert sono del 1814; Schumann comincia a comporre nel 1830. Per la concezione che ebbe del genio di Beethoven, Hoffmann ha contribuito a creare la sua leggenda romantica. Fu lui il primo a presentarlo come una sorta di mago, al richiamo del quale l’assoluto e l’infinito si rivelano ai nostri deboli occhi. È lui che ha fatto per primo di Beethoven questa figura vigorosa, un poco teatrale, che ha dei tratti del negromante fiero e inquietante, ma che sopratutto si solleva al di sopra della propria epoca, al di sopra dell’umanità media e volgare. Il Beethoven di Hoffmann è un mago, un colosso, un eroe, un superuomo.
Boyer
Già prima della sua morte la “leggenda di Beethoven” era ben fondata, ed in essa la storia della sua vita e la descrizione del suo aspetto e del suo comportamento avevano un ruolo pari a quello della sua musica. Gli scritti di Bettina Brentano von Arnim furono particolarmente importanti per questo. Essa attribuiva alla musica di Beethoven certe qualità che contribuirono alla sua mistica. Successivamente Artur Schmitz, nel 1927, lo definì come uno di natura fanciullesca, rivoluzionario, mago, leader religioso e profeta. Di queste idee poi si appropriarono altri commentatori e spesso la sua musica passò in secondo piano, a spese di descrizioni che facevano di Beethoven una tipica figura romantica. Fra questi scrittori in vena romantica alcuni non persero di vista la musica: E.T.A. Hoffmann, anche se egli ha tirato fuori l’idea del magico nella musica di Beethoven; Schumann, che pensava che nella musica si riflettessero i valori morali di Beethoven; e List, che scrisse a Wilhelm von Lenz: ”Per noi musicisti l’opera di Beethoven è come la colonna di nubi e fuoco che guidò gli israeliti attraverso il deserto. La sua oscurità e la sua luce indicano per noi la via da seguire”. La reazione di Wagner all’audizione della Settima Sinfonia nel 1828 fu tipicamente romantica, fu il risultato della combinazione della musica stessa e delle opinioni generali: “L’effetto su di me fu indescrivibile. A questo si deve aggiungere l’impressione che facevano su di me le fattezze di Beethoven, che io avevo visto nelle litografie che all’epoca circolavano ovunque. Concepii subito nella mia mente un’immagine di lui che ne faceva un essere soprannaturale, sublime ed unico”. Wagner fece ancora molto per favorire l’immagine ottocentesca di Beethoven con le sue idee e con i suoi scritti. Egli credeva nel “magico mondo interiore” di Beethoven, evidente particolarmente nelle caratteristiche degli ultimi quartetti. Nel suo libro “Das Kunstwerk der Zukunft” [L’opera d’arte dell’avvenire], egli sosteneva che, nella Quinta Sinfonia, Beethoven era riuscito ad intensificare l’espressione della musica quasi al punto di farne una risoluzione morale; e che con la Nona egli aveva trasferito la musica dal suo mondo particolare al regno dell’arte universale. Berlioz fu fra i primi a cercare di favorire l’accettazione della musica di Beethoven [in Francia] creandone una complessa immagine attraverso le sue critiche che, spesso, avevano la forma di fantasie poetiche. Egli descriveva il Quartetto per archi Op.131 come “un’ispirazione celeste che aveva preso forma materiale”. L’elemento religioso della musica fu considerato da de Vigny, Lamartine ed Hugo, che furono affascinati dal concetto di “infinito” che sentivano di poter identificare con Beethoven. Alla fine del diciannovesimo secolo questi punti di vista fecero sì che Beethoven fosse sentito come qualcuno che dispensava la salvezza e come creatore di una nuova morale universale.
Coldicott [a]
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