Opus 43 Die Geschöpfe des Prometheus (Le creature di Prometeo), balletto

Overtura: Allegro – Allegro molto e con brio – Introduction: La tempesta. Allegro non troppo
I) Poco adagio – allegro – II) Adagio allegro con brio III) Allegro vivace – IV) Maestoso – andante – V) Adagio – andante – VI) Un poco adagio – VII) Grave – VIII) Allegro con brio – IX) Adagio adagio allegro molto – X) Pastorale: allegro – XI) Coro di Gioja: Allegro – XII) Solo di Gioja: Maestoso – XIII) Terzettino – XIV) Solo della Signora Cassentini – Andante – XV) Coro e solo di Viganò – Andantino – XVI) Finale: Allegretto – allegro molto – Presto

Opus 43 – Die Geschöpfe des Prometheus (Le creature di Prometeo), balletto di Viganò op. 43, 1800-metà 1801, pubblicazione dell’Ouverture in parti d’orchestra, Lipsia, Hoffmeister e Kühnel, gennaio 1804; dell’opera intera in riduzione per pianoforte, v. n. 289; in partitura nella GA., 1864. GA. n. 11 (serie 2/2) – B. 43 – KH. 43 – L. II, p. 230 -N. 43 – T. 79.

Il manoscritto originale è andato perduto. Una copia della partitura, riveduta per i primi cinque numeri da Beethoven, si trova nella Nationalbibliothek di Vienna.

Tornato nel 1799 nella capitale austriaca dopo alcuni anni di assenza per giri artistici in Germania, Boemia ed Italia che avevano considerevolmente diffuso la fama del suo talento coreografico, Salvatore Viganò ideò questo balletto, che celebra le Belle Arti, in onore dell’imperatrice Maria Teresa, la seconda moglie dell’imperatore Francesco I d’Austria, protettrice della musica e buona dilettante di canto, alla quale del resto anche Beethoven aveva poco tempo prima fatto omaggio del suo Settimino. Il « testo » coreografico non ci è noto; possiamo però cercare di ricostruirlo approssimativamente giovandoci delle notizie contenute nel manifesto della prima rappresentazione, di alcune indicazioni apposte agli abbozzi, riferiti saltuariamente dal Nottebohm ed integralmente dal Mikulicz; infine di una descrizione di Carlo Ritorni nella sua opera su Viganò, che però non sappiamo se si riferisca precisamente e in tutti i suoi particolari alla rappresentazione beethoveniana.

La prima rappresentazione ebbe luogo nell’Imperial Real Teatro di Corte. Il manifesto affisso al teatro, come riferisce il catalogo Thayer e ripete il Thayer-Riemann (II, pag. 219), ne dava l’annuncio nel modo seguente (che riportiamo in traduzione italiana): Nuovo Balletto Nell’Imperial Real Teatro di Corte presso il Castello degli artisti dell’Opera di Corte Imperiale e Reale oggi Sabato 26 marzo 1801 eseguito in onore della Signorina Casentini. Il Barbiere del Villaggio Operetta in un atto, dalla commedia omonima. Seguirà (per la prima volta) Le Creature di Prometeo.

Un eroico, allegorico balletto in due atti Inventato ed eseguito dal Signor Salvatore Viganò. Personaggi: Prometeo Sig. Cesari Creature Sig.na Casentini. Sig. Salvatore Viganò Bacco Sig. Ferdinando Gioia. Pane …..Aichinger. Tersicore Sig.ra Brandi Talia Sig.ra Cesari Melpomene Sig.ra Reuth Apollo – Anfione – Arione – Orfeo. Il fondamento di questo allegorico Balletto è la favola di Prometeo.

I filosofi della Grecia spiegano la rappresentazione della favola immaginando Prometeo come un nobile spirito, che, trovati gli uomini del suo tempo in uno stato di ignoranza, li affinò nelle scienze e nelle arti e li ammaestrò nei costumi. Da un tal principio muovendo, si rappresentano in questo balletto due statue che si animano e, per virtù dell’ armonia, divengono suscettibili di tutte le passioni della vita umana.

Prometeo le conduce al Parnaso per farle istruire da Apollo, dio delle belle arti; Apollo ordina ad Anfione, ad Ariane e ad Orfeo di ammaestrarle nella musica, a Melpomene e a Talia di farle consapevoli della tragedia e della commedia, a Tersicore e a Pan di insegnar loro la danza pastorale, di cui essi sono gli inventori, ed a Bacco di insegnar la danza eroica, da lui inventata. La musica è del Signor van Beethoven. Le decorazioni sono del Signor Platter, pittore della Corte Imperiale e Reale e decoratore del teatro di Corte.

Un altro manifesto, in lingua tedesca e italiana, trovato dal Nottebohm nell’archivio della società degli Amici della Musica di Vienna, e da lui pubblicato nella Allgemeine Musikalische Zeitung del 1869, n. 37, come riferisce il Thayer-Riemann (II, pag. 220), annuncia la rappresentazione del balletto con il titolo: Die Menschen (Gli uomini) des Prometheus per il 21 marzo. Probabilmente erano questi sia il titolo originario che la data (che poi, per una qualche ragione contingente, dovette essere spostata) originariamente stabilita per la prima rappresentazione.

La descrizione del Ritorni è la seguente: “Gli uomini di Prometeo ossia La forza della musica e della danza. Incalzato dalla fulminante ira del Cielo, che dà luogo a fragoroso musical preludio, vien Prometeo pel bosco correndo verso le sue statue della creta, cui frettoloso accosta al cuore la fiaccola celeste. Mentr’egli affaticato, affannato, compita l’ opera, s’abbandona su un sasso, quelle acquistan vita e movimento, e diventano in fatto, quali eran in apparenza, un uomo ed una donna (Salvatore stesso e la brava Casentini). Prometeo riscuotendosi li guarda con giubilo, li invita a sé con paterno amore, ma non può destare in essi alcun sentimento mostri uso di ragione: anzi quelli, lasciandosi cader in terra indolentemente, piucché a lui, rivolgonsi ad un’alta pianta (vorrebbe ciò per avventura indicare quella delle ghiande, che furono indispensabile alimento agli uomini primi?). Ritorna egli alle carezze ed alle persuasive, ma coloro che di uomini non hanno la miglior parte, la ragione, non intendono le sue parole e sen’infastidiscono, e coll’ inetto loro aggirarsi tentano andar più lunge. Dolente il Titano prova ancor le minacce, nulla giovando, sdegnato, pensa perfino a dover distruggere quel’ opera sua; ma voce superna internamente ne lo ritrae, sicché torna al primo affetto, e mostrando nuovo disegno essere nato nella sua mente, seco entrambi, afferrati, altrove strascina.

L’atto secondo è nel Parnaso. Apollo, le Muse, le Grazie, Bacco e Pane con seguito, Orfeo, Anfione, Arione, uomini nascituri, e con anacronismo introdotti. Un bel quadro di queste poetiche figure mostra all’aprir della scena la corte di Apollo. Notisi che il Coreografo non vuol qui né musica né danza specialmente, onde allorché queste verranno adoperate poi come stessi particolari, se ne conosca il loro novello intervenimento: savia avvertenza in ogni simile caso! Vien Prometeo presentando al nume i figli suoi, perché gli piaccia farli capaci dell’arte e delle scienze. Al cenno di Febo Euterpe, secondata da Anfione, mettesi a suonare, ad alle loro modulazioni i due giovanetti cominciano a dar segno di ragione, di riflessione, di veder le bellezze della natura, di sentir umani affetti. Arione ed Orfeo rafforzano l’armonia colle loro cetere ed ultimamente il nume secoloro. I Candidati agitansi qua e là, e giunti avanti Prometeo, conoscon in lui l’oggetto di lor riconoscenza e amore, e gli si prostrano, e seco confondono gli affettuosi amplessi. Allora avanza Tersicore colle Grazie, e Bacco co’ suoi Baccanti, che menano una danza eroica (più propria del seguito di Marte) nella quale i figli di Prometeo, non reggendo ormai agli stimoli della gloria, dato di piglio all’arme, voglionsi mischiare. Ma Melponene allora, recatasi in mezzo, a’ Giovanetti attoniti rappresenta una tragica scena, facendo vedere col suo pugnale come morte termini i giorni dell’uomo. Raccapricciandone essi, volgesi al Padre confuso e lo rimprovera aver fatti nascere que’ miseri a tali calamità, né crede punirlo soverchiamente con la morte, il perché, invan rattenuta da’ pietosi figli, di pugnale l’uccide. Rompe quel lutto Talia con una giuocosa scena, ponendo sua maschera avanti il volto de’ due piangenti, mentre Pane, alla testa de’ Fauni, comicamente dannanti, torna a vita restinto Titano, e così fra danze festive termina la favola.”

Titolo ufficiale: Opus 43 Musik zum Ballett „Die Geschöpfe des Prometheus“ von Salvatore Viganò für Orchester Widmung: Maria Christiane Fürstin von Lichnowsky NGAII/2 undVII/8 (Klavierauszug) AGA 11 = Serie 2/2 SBG VIII/9 (Klavierauszug, Hess 90)

Composizione e pubblicazione: Balletto composto alla fine del 1800(?) / inizio 1801, nei mesi precedenti la prima esecuzione del 28 marzo 1801. L’edizione originale della partitura per pianoforte fu pubblicata nel giugno 1801 da Artaria a Vienna. L’edizione originale dell’Ouvertre in parti fu pubblicata da Hoffmeister & Kühnel a Lipsia nel febbraio 1804. Beethoven abbozzò tutti i numeri (tranne l’ouverture e il n. 11) nel taccuino “Landsberg 7”, che usò tra l’autunno/inverno 1800/01 e il marzo 1801. Una precisa delimitazione dell’inizio del lavoro sull’op. 43 risulta essere difficile. L’unica prova che si trattasse di un’opera commissionata dall’imperatrice Maria Teresa proviene da una lettera di Caspar Josef Eberl a Hoffmeister & Kühnel a Lipsia datata 7 marzo 1801. Dice: „an ersten dies hab ich mit H.[errn] v Beethoven gesprochen und in antworth erhalten, da er von S Majestät der Kays.[erin] presante arbeit bekomen, so ist er vor 14 Taagen nicht im Stande wede für sich noch für andere was zu thuen“. Il riferimento a una questione urgente e il fatto che lo stesso Beethoven non abbia menzionato questo lodevole incarico in una lettera inviata a Hoffmeister di metà gennaio, suggeriscono che l’imperatrice non abbia contattato Beethoven prima della seconda metà di gennaio. Probabilmente Beethoven compose per primi tutti i numeri di danza per poter fornire il materiale per le prove ai ballerini. Solo dopo si dedicò all’ouverture (e fors’ anche al numero 11). È possibile che Beethoven abbia scritto gli abbozzi per l’ouverture (e il n. 11) nel taccuino denominato “Sauer” del 1801, che oggi può essere consultato solo parzialmente.

Beethoven utilizzò anche il tema del finale (n. 16) tra la fine del 1801 e l’inizio del 1802 per la Contraddanza WoO 14 n. 7. Nel 1802 lo utilizzò come base per le Variazioni op.35 e nel finale della Terza sinfonia Eroica op.55, ed in entrambe le opere viene data particolare enfasi alla figura del basso del tema. (In effetti anche nella contraddaza WoO 14 n. 11 viene inserito materiale del finale). Secondo le informazioni di Carl Czerny la riduzione per pianoforte proveniva dallo stesso Beethoven. Anche se questo non può essere ulteriormente verificato, si può almeno ipotizzare un’autorizzazione passiva da parte del compositore grazie alla prova dimostrabile con correzioni autografe. Non si sa nulla delle trattative editoriali per la riduzione per pianoforte, pubblicata nel 1801. Nel gennaio 1803, Kaspar Karl van Beethoven offrì l’ouverture e i numeri 8, 10 e 16 a Breitkopf & Härtel (BGA 125), ma questi rifiutarono. Anche una nuova proposta dell’ouverture nel maggio 1803 non suscitò alcun interesse tra gli editori di Lipsia (BGA 138). Nel settembre 1803 l’ ouverture fu offerta a Hoffmeister & Kühnel (cfr. Op. 39), dopo l’accettazione gli editori ricevettero le parti in dicembre, anche se accidentalmente senza la parte della viola (BGA 174). Un’anteprima apparve insieme al Notturno Op. 42 sul Zeitung fiir die elegante Welt del 17 dicembre 1803.

Informazioni sul testo originale: non è stato possibile determinare un libretto per il balletto di Salvatore Viganò (1769—1821) del 1801/02, probabilmente non fu mai stampato. Secondo la locandina, il titolo recitava: „Die Geschöpfe des Prometheus. Ein heroisch-allegorisches Ballet in zwey Aufzügen. Von der Erfindung und Ausführung des Herrn Salvatore Vigano. Nulla è sopravvissuto della coreografia originale di Viganò. Forse esistevano solo schizzi di una trama che Viganò improvvisò liberamente. È quindi solo parzialmente possibile assegnare i brani musicali a determinate scene con sufficiente certezza. Oltre agli schizzi di Beethoven, esistono tre fonti che forniscono indizi sul contenuto: oltre a una breve dichiarazione sul cartellone della prima rappresentazione, esiste una recensione nel Journal des Luxus und der Moden da 17 aprile 1801 e un altro nel Zeitung für die elegante Welt del 19 maggio 1801. La sinossi dettagliata in Ritorni (Ritorni/Viganò pp. 47-50) potrebbe non riferirsi al “Prometeo” di Viganò del 1801/02, ma alla sua successiva revisione ed espansione “Prometeo, ballo mitologico” alla Scala di Milano dalla primavera del 1813. In quel balletto Viganò prese solo pochi (forse solo quattro?) brani dall’op. 43 e opere prevalentemente utilizzate di altri compositori (soprattutto Weigl e Haydn).

Dedica della partitura per pianoforte: Maria Christiane Principessa von Lichnowsky, nata Contessa von Thun-Hohenstein, nata il 27 maggio 1765 a Vienna (battezzata), morta l’11 aprile 1841 a Vienna, figlia di Franz Joseph Anton Graf von Thun -Hohenstein (1734— 1801) e Maria Wilhelmine Countess von Thun-Hohenstein (1744-1800; vedere Op. 11), sposò il principe Karl von Lichnowsky il 25 novembre 1788 (vedere Op. 1), vedova dal 15 aprile 1814. Si dice che la principessa abbia regalato a Beethoven un orologio a pendolo (Schindler/Beethoven 1860 vol. 2 p. 372), ora conservato nella Beethoven di Bonn. (Vedere articolo Beethoven and the Art of Horology – The Watches of Beethoven) Beethoven espresse l’ ammirazione per la principessa Lichnowsky in una lettera al cognato Moritz von Lichnowsky datata 21 settembre 1814 (BGA 740). Schönfeld descrive la principessa nel suo annuario di arte musicale del 1796 come „eine starke Tonkünstlerinn, sie spielt das Fortepiano mit Ausdruck und Empfindung“ e la annovera tra gli „Besondere[n] Freunde, Beschützer und Kenner [der Musik] in Wien“. Le furono dedicate le Variazioni WoO 45 pubblicate nel 1797. Suo marito, Karl Fürst von Lichnowsky, fu uno dei più importanti mecenati di Beethoven. Nella lista dei sottoscrittori dell’op 1 ai membri della famiglia Lichnowsky furono consegnati 27 copie dei trii e ai membri della famiglia Thun 25 esemplari e la sola principessa Lichnowsky ne acquistò tre copie.

Il numero d’opera della riduzione per pianoforte autentica (Opus 24) nell’edizione originale è cronologicamente corretto; probabilmente fu indicato dallo stesso Beethoven. La confusione sorse quando Mollo & Co. inclusero anche questo numero nella loro edizione unica della Sonata in fa maggiore per pianoforte e violino, inizialmente designata Opus 23 No. 2. All’inizio del 1804 Hoffmeister & Kühnel pubblicarono quindi la propia edizione parziale dell’ouverture con il numero di Opus 43, che fu successivamente utilizzata per l’intera musica del balletto. La prima rappresentazione avvenne il 28 marzo 1801 a Vienna al k.k. Teatro di corte accanto al castello. La rappresentazione era originariamente prevista per il 21 marzo, ma fu  rinviata „Wegen der dem Hern van Beethoven neuerlich zugestossenen bedenklichen Unpäßlichkeit“. L’accoglienza della musica del balletto da parte del pubblico e della critica variava. Nel Journal des Luxus und der Moden è stato descritto „welche ihm [Beethoven] alle Ehre macht“, e „hie und da wohl noch etwas zu gekünstelt“ e anche il Zeitung für die elegante Welt considerò la composizione di Beethoven „aber für ein Ballet zu gelehrt und mit wenig Rücksicht auf den Tanz“. Il balletto stesso non venne apprezzato dal pubblico. Joseph Carl Rosenbaum annotò nel suo diario: „Der Ballet gefiel gar nicht, die Musick wenig […]. Am Ende wurde der Ballet mehr ausgezischt als beklatscht.“  

In tutti i casi l’ opera dal 29 agosto 1802 fu replicata per un totale di 28 rappresentazioni. Nel maggio 1813 Salvatore Viganò organizzò a Milano un Prometeo in sei atti, che comprendeva anche musiche di Beethoven, ma anche di altri compositori (tra cui Weigl e Haydn). Ne fu fatto altro uso (insieme a composizioni di Mozart) come parte di un balletto Prometeo, ideato da A. Hus, maestro di ballo al k.k. Hoftheater. Singoli numeri dall’op. 43 furono associati, secondo le informazioni di Kaspar Karl van Beethoven del gennaio 1803 ai concerti dell’Augarten di Vienna: „Dann habe ich noch eine Overture aus dem Ballet Prometeus, dann aus eben demselben eine Martzialische Szene, ein Pastorale, und Finale, welche Stücke in den hiesigen Augarten Konzerten sehr oft als Musickstüke mit ungemeinem Bey-fall sind aufgenomen worden, eine Ehre welche noch keiner Balletmusick wiederfahren ist, als Mu-sickstück aufgeführt zu werden. Ich glaube nicht nöthig zu haben etwas anders davon zu sagen, als das diese Stücke auch in spätem Jahren meinem Bruder noch Ehre machen werden.“ (BGA 125.)

L’ouverture fu eseguita il 29 novembre 1807 ai „Liebhaber Concerten“ a Vienna. Musiche di Beethoven furono utilizzate (insieme a brani di Lichtenthal, Haydn, Cherubini e Rossini) anche nel balletto II conte d’Essex di Gaetano Gioja, rappresentato alla Scala di Milano il 24 ottobre 1818.  Nel dicembre 1818 Ricordi, Milano, pubblica “Pezzi scelti del gran ballo II Conte d’Essex” di Gaetano Gioja.

Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it

Ouverture – Adagio. Allegro molto con brio (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 comi, 2 trombe, timpani, archi). Allegro molto con brio. È la prima, in ordine di tempo, delle ouvertures di Beethoven: vivace e spedita, caratterizzata dalla figura del primo tema, a cui si potrebbe dire che Cimarosa e Mozart abbiano dato l’abbrivio. Non vi mancano d’altra parte analogie con la Prima Sinfonia Op.21, a cominciare dalle cadenze iniziali del breve Adagio seguite da una pacifica apertura melodica.

Ignoriamo del pari se questa descrizione possa riferirsi alla rappresentazione cosiddetta del grande Prometeo in sei atti, allestita alla Scala molti anni dopo, nel 1813, egualmente dal Viganò e con la sua stessa compagnia, utilizzando solo quattro numeri delle musiche scritte da Beethoven; (vedere anche l’ articolo “La Vestale” sempre sul nostro sito) e per il rimanente impiegando brani appartenenti ad altre sue opere, insieme ad altri presi da La Creazione, da Le Sette ultime parole di Cristo sulla Croce, ecc. composti da Haydn, più una Marcia di Weigl, e perfino un pezzo dello stesso Viganò (v. al riguardo il catalogo del De Lenz sopra citato, pagg. 238-239).

Per rappresentazioni contraffazioni posteriori vedasi E. Deldevez, Curiosités musicales: Beethoven: Gli uomini di Prometeo, Paris, Didot Frères, 1873, pag. 112. Per ulteriori e varie notizie : Prunières, Salvatore Viganò, in Revue Musicale, dicembre 1921 (num. speciale); R. Sach, Zur Geschichte der Beethovenschen Prometheus Balletmusik, in Zeitschritf für Musikwissenschaft,, Lipsia, Breitkopf e Härtel, gennaio 1921; Levinson, Le ballet de Prométhée, Beethoven et Viganò, in Revue Musicali, aprile 1927.

PRIMO ATTO

Introduzione (collegata all’Ouverture precedente). Allegro non troppo (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Se anche non vi fosse scritto in principio Tempesta, si dovrebbe pensare sempre a qualche cosa di simile: tremoli e impetuosi passaggi d’archi, scoppi d’armonie dissonanti negli ottoni (trombe e corni), figure «lampeggianti» dei legni, rulli o rumoreggiamenti di timpani fanno presentire la Sinfonia Pastorale Opus 68. Prometeo, fuggendo inseguito dai fulmini di Giove, vien pel bosco correndo verso le sue statue della creta, cui frettoloso accosta al cuore la fiaccola celeste, e cade a terra privo di forze.

I. Poco Adagio. Allegro con brio (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi). Due movimenti che si alternano. Un esitante staccato degli archi, piano (Poco Adagio), accompagna le prime mosse delle statue (chiamate così nel manifesto e dal Ritorni) in cui Prometeo ha infuso la vita con il fuoco celeste. Nell’Allegro con brio si può immaginare che il titano rivolga loro inviti od esortazioni ch’esse non comprendono.

II. Adagio. Allegro con brio (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Adagio – Allegro con brio. Prometeo continua nel tentativo di « umanizzazione » delle due creature, senza riuscirvi. Prova le minacce. Visto inutile ogni sforzo, pensa di distruggere l’opera sua; ma voce superna internamente ne lo ritrae. L’Adagio (otto battute) fa immaginare una serie di gesti brevi, energici, ansiosi. L’Allegro con brio, che sembrerebbe accompagnare dei movimenti di disperazione del titano, si dissolve alla fine in un largo passaggio modulante, sospeso, di strumenti a fiato, a cui è collegato il seguente

III. Allegro vivace (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi). A questa musica doveva esser unita un’azione danzata incalzante, come la repentina decisione del titano di condurre le sue creature al Parnaso : e mostrando nuovo disegno esser nato nella sua mente, seco entrambi afferrati, altrove strascina.

SECONDO ATTO

IV. Maestoso. Andante (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 trombe, timpani, archi). Prometeo presenta le creature alla corte d’Apollo. Il Maestoso consta di sole quattro misure, introduttive del tono. L’Andante è costituito da uno staccato pp. di archi all’unisono che richiama il tema delle Variazioni op. 44. Negli abbozzi si trovano alcune indicazioni in italiano riguardanti la vicenda scenica: Per il complimento prega, ei parla.

V. Adagio. Andante quasi Allegretto (1 flauto, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, arpa, archi). Ora è il mondo parnassiano che si presenta in tutta la sua bellezza alle attonite creature. Nell ’Adagio gli strumenti a fiato di legno hanno una parte di primo piano, ed insieme con essi l’arpa, che in tutta l’opera musicale di Beethoven non farà, può dirsi, altra apparizione. Da notare anche l’impiego particolare degli archi, con il battito isocrono dei loro accordi: in principio, per un maggiore effetto di leggerezza aderente alla trama dell’insieme, in piccato. Una breve cadenza del violoncello introduce all’ Andante quasi Allegretto, per il quale possiamo ancora, nonostante qualche incertezza materiale, richiamarci al Ritorni: Al cenno di Febo Euterpe (non nominata peraltro nel manifesto del teatro sopra riportato), secondata da Anfione, mettesi a suonare, ed alle loro modulazioni i due giovinetti cominciano a dar segno di ragione, di riflessione, di vedere le bellezze della natura, di sentir umani affetti. Arione ed Orfeo rafforzano l’armonia colle loro cetere ed ultimamente il nume seco loro. Della melodia, intonata dal violoncello, si è avuto già occasione di ricordare lo spunto in altre composizioni beethoveniane : Trio op. 1 n. 3 il Trio op. 9 n. 3 ; qui essa dà impulso ad un episodio musicale di arcadica dolcezza.

VI. Un poco adagio. Allegro (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Una semplice introduzione di quattro battute (Un poco adagio), di cui diamo le prime due. Poi un movimento di polacca (Allegro). La scena si fa gaia ed animata. Possiamo pensare alla prima vivace reazione delle creature di Prometeo, che, dice il Ritorni, cominciano a dar segno di ragione … e agitansi qua e là.

VII. Grave (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Si svolge tutto sulla base della enunciazione iniziale, in cui al motivo ritmico, forte, degli archi all’unisono risponde la lieve melodia armonizzata degli oboi, corni e fagotti. In questi due momenti, che sembrano ora compenetrarsi e ora riprendere la loro originaria indipendenza, si può vedere, in mancanza di ogni altra precisa notizia, il commento della vicenda scenica ove, al dire del Ritorni, le due creature conoscono in Prometeo l’oggetto della loro riconoscenza ed amore e gli si prostrano e seco confondono gli affettuosi amplessi.

VIII. Allegro con brio (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). La fisionomia timbrica e il marcato accento ritmico danno a questo pezzo un carattere di animazione bellicosa; e più che ad una danza di Tersicore con le sue Grazie e di Bacco con le sue Baccanti si potrebbe pensare — come il Ritorni stesso implicitamente ammette — ad una danza eroica più propria del seguito di Marte, alla quale finiscono per partecipare anche le due creature.

IX. Adagio. Adagio. Allegro molto (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi). Si riferiscono senza dubbio alla scena in cui Melpomene dà allegoricamente la rappresentazione della morte e poi compie l’atto della uccisione di Prometeo, come il Ritorni descrive; e si possono far corrispondere in un modo o nell’altro ai tre movimenti (tipico il recitativo del secondo) i momenti della drammatica vicenda.

X. Pastorale (Allegro) (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Sembra che debba riferirsi alla scena in cui Talia, per rompere il lutto con una giuocosa scena pone sua maschera avanti il volto dei due piangenti. I legni hanno parte di primario interesse, con ritmi, figure e atteggiamenti strumentali che troveranno più largo e significativo impiego in composizioni posteriori, particolarmente nella Sesta e Settima Sinfonia.

XI. Andante (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Una breve, squillante introduzione annuncia l’entrata di un’altra schiera. Alla musica è apposta l’indicazione: Coro di Gioia. Ferdinando Gioia era, secondo il manifesto della rappresentazione (v. pag. 287), il danzatore destinato ad impersonare Bacco. Per il Ritorni, che ha già parlato di Bacco nella Danza guerresca del n. VIII, sarebbe invece qui Pan ad entrare con la sua schiera. La contraddizione potrebbe spiegarsi con qualche cambiamento avvenuto successivamente alla prima stesura scenica.

XII. Maestoso. Adagio. Allegro (stessi strumenti del numero precedente). A questo numero è apposta l’indicazione: Solo di Gioja. Il primo e terzo episodio (di forte rilievo ritmico l’uno come marcia, l’altro di movimento più vivo e danzante) inquadrano quello centrale di grazia melodica, con il breve solo del flauto seguito dalla cadenzetta sospesa degli archi. Essi non possono non riferirsi al personaggio entrato con il suo seguito, di cui al numero precedente. Forse l’ adagio commenta il momento in cui Prometeo, richiamato in vita, riprende i sentimenti.

XIII. Allegro comodo (2 flauti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). La musica prende un carattere di leggerezza fatua, con qualche sfumatura umoristica (almeno negli intendimenti coreografici). L’annotazione dice: Terzetto. Groteski, e nel corso della musica figurano come parte centrale tre soli (sempre coreograficamente parlando) ciascuno con motivo suo proprio; il secondo porta l’indicazione di tempo Comodo.

XIV. Andante. Adagio. Allegro. Allegretto (1 oboe, 1 corno di bassetto,1 2 fagotti, 2 corni, archi). Questo numero è designato nella partitura con il titolo di Solo della signora Casentini, la quale, come è detto nel manifesto teatrale, era l’interprete della creatura femminile. Il successivo numero XV porta a sua volta il titolo di Coro di Viganò (lo stesso autore del balletto, che, sempre secondo il manifesto, interpretava la parte della creatura maschile). E chiaro che questi due numeri debbano rappresentare coreograficamente l’esibizione dei due protagonisti (la parola coro può designare soltanto l’aggiunta al secondo di qualche gruppo complementare di danzatori) nella celebrazione di una ormai compiuta umanità di sentimenti. Qui è la volta della donna, di cui tre episodi musicali accompagnano l’azione coreografica : l’Andante serenamente introduttivo ; l’Adagio tenero e capriccioso consistente in una specie di duo fra il corno di bassetto e l’oboe ; l’Allegretto (introdotto da una specie di breve fanfara – Allegro) simile alla parte finale di un’aria, basato egualmente sui due stessi strumenti.

XV. Andantino. Adagio. Allegro (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi): è la risposta della creatura maschile. La musica consta di una successione di parti simmetrica alla precedente: dopo una preparazione introduttiva degli archi (Andantino), si effonde una melodia (Adagio) di sostenuta dolcezza che dai violini primi passa, e si svolge sino alla fine, nel fagotto e clarinetto. è una danzetta finale, a cui si può immaginare che si uniscano anche la creatura donna, e la massa (coro) dei fauni, o baccanti, o che altro siano.

XVI. Allegretto. Allegro molto. Presto (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi). Si può pensare ad una magnificazione dell’opera voluta e compiuta dal titano : una specie di apoteosi coreografico-musicale con partecipazione delle due creature e di tutta la schiera parnassiana. Il tema introdotto qui da Beethoven figurerà tre volte ancora, nel giro di pochi anni, in altre sue opere: nella forma puramente espositiva di una contraddanza per orchestra (compresa in una raccolta di dodici) e nella veste più elaborata di due serie di variazioni: per pianoforte (op. 35) e per orchestra (Finale della Terza Sinfonia Opus 55). Queste variazioni lo presentano, secondo l’ordine in cui le abbiamo enunciate, in uno sviluppo ideologico musicale sempre più ricco, mentre nel balletto esso è stato posto e svolto (Allegretto), in una forma subito congiunta di basso e melodia, come un pensiero elementare dominante che ricorre fra le alternative di episodi diversi (di cui uno centrale, in sol maggiore, sul tema di un’altra contraddanza della medesima raccolta): concludendo in una stretta (Allegro molto –  Presto) ove riappare lo spunto tematico della Ouverture.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Opus 43 Die Geschöpfe des Prometheus

Opus 43 Die Geschöpfe des Prometheus

(Le creature di Prometeo), balletto Partitura

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