Beethovens Mutter. (Zur Auffindung ihres Grabes.) Von Hermann Unger, Köln.

La madre di Beethoven e il ritrovamento della sua tomba, di Hermann Unger, Colonia.
Articolo apparso su ” Zeitschrift für Musik, pagina 1216 Novembre 1935

Alla fine del marzo del 1932 fu possibile ritrovare l’ultima dimora della madre del grande compositore, che fino ad allora era dispersa. Il Prof. Dr. Knickenberg, che purtroppo morì poco dopo, è noto come specialista della geografia della Siebengebirge vicino a Bonn e ha già reso servizi eccezionali alla memoria di Beethoven: Egli apparteneva alla ristretta cerchia di uomini disposti a fare sacrifici che, nel 1889, acquistarono la casa natale del maestro (ia), che all’epoca non era esattamente una locanda di ottima reputazione, la fecero riparare e la trasformarono in un museo, (ib) Qualche tempo fa, Knickenberg ricevette da un vecchio cittadino di Bonn di nome Baum, che ora vive a Düsseldorf, il messaggio di potergli mostrare il luogo in cui era stata sepolta la madre di Beethoven nel 1787. Baum, pronipote della madrina di Beethoven, era stato spesso indicato il luogo della tomba dal suo vecchio insegnante di scuola. E, come di solito accade: oggi, molti vecchi cittadini di Bonn confermano questa informazione e dichiarano che avrebbero potuto dirlo anche loro, se solo gli fosse stato chiesto! La tomba è stata dimostrata anche dopo la rimozione del vecchio cimitero e, quando è stato aperto, i resti della donna sono stati trovati sotto la tomba di un ecclesiastico italiano, Matari, morto a Bonn nel 1826. L’anatomista Prof. Dr. Ferdinand Wagenfeil, da poco trasferito dall’Accademia Medica Tedesca di Shanghai all’Università di Bonn, ha sottoposto le ossa a un accurato esame scientifico. Senza anticipare i risultati, che saranno presentati in un saggio a parte, possiamo rivelare che le nostre conoscenze, piuttosto scarse, sulla madre di Beethoven si sono notevolmente arricchite.

Alla fine di marzo del 1932 fu possibile ritrovare il luogo di sepoltura, precedentemente perduto, della madre del grande compositore. Il Prof. Dott. Knickenberg, purtroppo deceduto poco dopo, noto  geografo dello Siebengebirge presso Bonn, aveva già dato un contributo eccezionale alla memoria di Beethoven: apparteneva alla ristretta cerchia di uomini disposti a fare sacrifici che, nel 1889, acquistarono la casa natale del maestro, che all’epoca era una locanda e non esattamente ottima reputazione, la fecero riparare e la trasformarono in un museo, nel cui libro degli ospiti non manca mai il nome di importanti musicisti del nostro tempo.

La casa natale Maria Magdalene Keverich a Ehrenbreitstein, Coblenza, Germania – Fotografia di Birthe Kibsgaard

Knickenberg identificò il luogo dove fu sepolta la madre di Beethoven nel 1787. Questo luogo gli fu indicato qualche tempo fa da un anziano cittadino di Bonn di nome Baum, che ora vive a Düsseldorf. A Baum, pronipote della madrina di Beethoven, veniva spesso mostrato il luogo della tomba dal suo bravo ed anziano insegnante. Come succede solitamente, interrogati al proposito, molti  anziani cittadini di Bonn confermano tale affermazione e dichiarano che avrebbero potuto dirlo anche loro. Sarebbe bastato semplicemente chiederglielo!

La collocazione della tomba si dimostrò corretta anche dopo che il vecchio cimitero fu interrato e raddoppiato. Quando si procedette allo scavo, i resti della donna furono trovati sotto la tomba di un sacerdote italiano di nome Matari, morto durante un soggiorno a Bonn nel 1826. L’anatomista Prof. Dr. Ferdinand Wagenfeil sottopose le ossa a un esame scientifico dettagliato. Senza anticiparne il risultato, che trova spazio in un capitolo separato, si può affermare che la ricognizione ci rivela dettagli interessanti  rispetto alla scarsissima conoscenza che abbiamo della madre di Beethoven. „Sie war mir eine so gute, liebenswürdige Mutter, meine beste Freundin“, scrisse  Beethoven della madre e queste belle parole furono aggiunte alla lapide collocata a pochi passi da quella della moglie e del figlio maggiore di Friedrich Schiller. (2) Così come Lotte von Lengefeld, anche Maria Magdalena van Beethoven condivide il destino di aver avuto un ruolo più intimo e sentimentale che pratico nella vita di tali grand’ uomini. Di Magdalena non possediamo nemmeno un ritratto.

Beethoven una volta dichiarò che grazie alla sua fine immaginazione poteva riportare davanti agli occhi il ricordo della madre. Un quadro del pittore renano Beckenkamp, immesso sul mercato dopo il 1890 e generalmente accettato come il ritratto di Frau Beethoven, (e ancora negli anni ’30 del secolo scorso appeso nella Beethovenhaus) da tempo si  è rivelato un falso.

Le uniche testimonianze scritte che riguardano questi ricordi provengono dal mastro fornaio Fischer, proprietario della casa nella Rheingasse, nella cui soffitta visse Beethoven dal 1776 al 1785 (3). Questa stada conduce ancora abbastanza ripidamente al Reno e all’imbarcadero del piroscafo vicino alla “Beethovenhalle”, situata di fronte al grande ponte sul Reno, la sala da concerto costruita nel 1870 per festeggiare il centesimo compleanno del maestro. Già durante la vita di Beethoven, la Rheingasse era una delle strade più importanti della città: alla sua uscita sul fiume, si trova ancora oggi la locanda “Zum alten Keller”, in cui il famoso Karl Schurz, nato vicino a Bonn, fu ospite abituale che la scelse prima del suo ritorno definitivo nel nuovo mondo.

La locanda potrebbe aver acquisito importanza perché l’ufficio doganale le era proprio accanto e si dice che la „Alte Keller“  fosse spesso utilizzata come edificio per interrogare i contrabbandieri (4). La „Alten Zoll“, un bastione il cui panorama verso il Siebengebirge fu definito da Zelter „das schönste Schaufpiel“ in una lettera all’amico Goethe. Questo luogo che porta alla casa natale del botanico Lenne e al monumento per E.M. Arndt, che insegnò a Bonn, addossato alla casa del fornaio Fischer in cui visse Beethoven (5) formava una sorta di terrazza davanti all’attico appartamento a metà del bastione ( 6, 7, 8)

Attraverso i ricordi di Fischer, certo non molto  sofisticati ma comunque molto vividi nella loro originale espressività, siamo in grado di farci un’idea della personalità di Maria Magdalena van Beethoven e del suo ambiente, mentre la cronaca non ci dice nulla sugli ultimi anni della vita, trascorsi nel Wenzelgasse. Secondo le descrizioni di Fischer, la signora Beethoven era una donna di statura superiore alla media, di forza moderata, gentile, abile nel trattare con chiunque, ma sui cui lineamenti si stendeva il velo di un dolore precoce e di grave malattia. Nata nel 1746 a Ehrenbreitst, figlia del maestro di cucina elettorale Keverich, aveva perso il primo marito, il valletto Laym, all’età di diciannove anni. Dovette seppellire prematuramente il suo primo figlio Ludwig Maria e i tre figli nati dopo il “grande Ludwig” quando sposò il custode della cappella elettorale di Bonn Johann van Beethoven nel 1767 contro la volontà del padre Louis. Il silenzioso dolore per il marito, artista piuttosto mediocre di cui i registri riportano: „hat eine schwache Stimme und ist sehr arm“, fu probabilmente uno dei motivi per cui si disse di lei che non era mai stata vista ridere e che una volta aveva descritto il suo matrimonio come una breve gioia e una lunga sofferenza. Era tenuta nella massima considerazione da tutti i suoi amici e conoscenti, e Fischer descrive in modo molto attraente come il suo compleanno fosse celebrato dagli attori e dai cantanti di corte con un concerto notturno in casa („auf Strümpfen“, per non disturbare nessuno).

I ricordi di Fischer ci riportano all’epoca che si potrebbe definire gli „Lausbubenjahre“ di Beethoven. Riferisce che il padre costrinse il riottoso ragazzo, che non aveva imparato molto a scuola, al pianoforte e lo fece suonare su una piccola panca; spesso lo rimproverava o addirittura minacciava di schiaffeggiarlo se fantasticava sul violino o cercava di trovare la giusta diteggiatura sul pianoforte invece di suonare secondo le note. La moglie di Fischer rimproverava il piccolo Ludwig per il suo disordine e la sua „Un-propprität“, ma lui rispondeva: „Was liegt daran? Wenn ich einmal ein Herr werde, wird mir das keiner mehr anfehen.“ Il ragazzo non mancò di rispondere prontamente anche in altri modi, come quando, sorpreso dalla padrona di casa nel pollaio sulla terrazza, disse che le uova erano state probabilmente rubate dalle volpi, dato che lui stesso era solo una volpe nella  musica. O quando implorò il figlio della signora Fischer di non rivelare nulla del gallo che, volato via, era stato dato alla cameriera per essere arrostito. „Die Leute“, spiegò succintamente,„sollen ihr Vieh besser verwahren, den durch Vieh können auch große Unglücker kommen.“  Uova e gallo devono aver arricchito la cucina dei bambini, altrimenti esigua. Ma accanto al bambino burlone e monello esisteva il sognatore: una volta Frau Fischer lo vide fissare lo sguardo nel cortile e, quando lo ridestò, ottenne finalmente una risposta: „Ich war in einem so schönen und tiefen Gedanken beschäftigt, da konnte ich mich gar nicht stören lassen.“ Il musicista in erba amava guardare con il cannocchiale dalla soffitta sopra la mansarda abitata dai tre ragazzi, oltre la vecchia dogana fino alla splendida Siebengebirge in lontananza e al Reno, che amò fino agli ultimi anni della sua vita. Fischer racconta anche di come i ragazzi spesso richiamavano a casa il padre con le parole “O Papächen, Papächen” quando beveva troppo in compagnia, e che il padre una volta dichiarò: „Mein Ludwig wird noch ein großer Mann in der Welt werden.“

Un uomo di nome Stommb, che aveva interrotto gli studi musicali,  fu ospitato spesse volte nella Parterrestube di Fischer. Quando l’ uomo, con gli spartiti in mano e battendo il tavolo con una bacchetta indicava significativamente verso l’alto l’appartamento dei Beethoven. Alchè il piccolo Ludwig esclamava seccamente: “Da können wir sehen, wie es den Musikern ergeht. Dieser ist schon durch die Musik irre geworden. Wie mag es uns noch ergehen?“. Rientrano in questo periodo di permanenza nella Rheingasse anche le prime composizioni a stampa del giovane musicista, note come  „Kurfürstensonaten“, (WoO 47) due rondò per pianoforte, (WoO 48 e WoO 49) un concerto per pianoforte e orchestra (WoO 4) che fu pubblicato solo nel 1890 e tre quartetti per archi, anch’essi pubblicati solo dopo la morte di Beethoven. Nel 1778, un anno dopo la grande inondazione del Reno, certamente evento significativo per i bambini che vivevano così vicini al fiume, Johann van Beethoven presentò al pubblico il suo bravo figlio come musicista. Nella Sternengasse di Colonia, vicino alla Haufe, un tempo abitata dai genitori di P. P. Rubens, il ragazzo eseguì per gli amanti della musica le proprie opere per pianoforte e da camera. Il padre, probabilmente stimolato dai risultati del bambino prodigio di Mozart, alterò di due anni l’età del ragazzo. Tre anni dopo, su consiglio di uno dei parenti olandesi dei Beethoven (originari di Mechelen e Anversa), la moglie fece un secondo tentativo di sfruttare il talento del bambino. La madre partì sul Reno per l’ Olanda su una nave da carico, ma tornò a casa senza aver ottenuto nulla: Beethoven non perdonò mai gli avari „Pfeffersäcken“ per questa bella sconfitta.

Qualche anno dopo, Fischer chiese ai Beethoven, che tenevano ormai molto spesso concerti in casa con la partecipazione del ragazzo per poter avere in questo modo un reddito supplementare, di lasciare l’ appartamento. Essendo un panettiere poteva così dormire durante il giorno. Si trasferirono nella Wenzelgaffe, dove Maria Maddalena, dopo la nascita del figlio più piccolo, nel 1786 si ammalò gravemente: la tisi latente si manifesò apertamente. Ludwig, che in quel momento si trovava a Vienna, dove si era probabilmente presentato a Mozart come futuro allievo, dovette tornare precipitosamente a casa con delle vetture espresso, per pagare le quali si fece prestare il denaro, e arrivò in tempo per chiudere gli occhi della madre. Erano ormai finiti i tempi di cui poteva dire: „Oh, wer war glücklicher als ich, da ich noch den fußen Namen Mutter aussprechen konnte, und er wurde gehört.“

Nel 1792, quand’ anche il padre decedette, Ludwig lasciò definitivamente la casa e Bonn per costruirsi una nuova vita a Vienna.

(La pubblicazione più preziosa su questo argomento è quella del professore della Rhein. Friedr. Wilhelm-Universität di Bonn Dr. Ludwig Schiedermair in “Der junge Beethoven” (Verlag Quelle und Meyer in Leipzig 1925).

La casa natale Maria Magdalene Keverich a Ehrenbreitstein, Coblenza, Germania – Fotografia di Birthe Kibsgaard

L’ articolo originale Beethovens Mutter. (Zur Auffindung ihres Grabes.) di Hermann Unger, Köln. (La madre di Beethoven e il ritrovamento della sua tomba) apparso su ” Zeitschrift für Musik, pagina 1216 Novembre 1935 disponibile in PDF

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