Opus 46 Adelaïde, Einsam wandelt dein Freund (Solitario va il tuo amico), cantata per voce e pianoforte

La copia tratta dall’edizione pubblicata presso Simrock in Bonn, il lied seguente ed il valzer aggiunti a fine manoscritto.

Opus 46 – Adelaïde, Einsam wandelt dein Freund (Solitario va il  tuo amico), cantata per voce e pianoforte op. 46,  dedicata a Friedrich Matthisson, 1795 – 1796, pubblicata a Vienna, Artaria, febbraio 1797. GA. n. 216 (serie 23/2)- Boett. III/6 – Bruers 46- KH 46- L. II, pagina 247- Nottebohm 46- Petters 82- Thayer 43.

Il manoscritto originale è perduto. Un abbozzo si trova alla Beethovenhaus. Di altri dà notizia Nottebohm, riportandone qualcuno. Tre anni circa dopo la sua composizione, Beethoven inviò l’opera a Matthisson, autore del testo poetico con una nota lettera di dedica. Nell’edizione dei suoi poemi (prima parte) apparsa nel 1815 Matthisson accompagnò il testo dell’Adelaide con questa nota: «Vari maestri hanno voluto dare vita musicale a questa piccola fantasia lirica; ma nessuno, secondo il mio interiore convincimento, ha messo testo in tanto profonda ombra quanto il geniale Ludwig van Beethoven». L’entusiastico successo che la cantata ebbe al suo apparire, e che l’ha accompagnata per tanti anni – nel 1860 De Lenz  la trovava «così fresca» come se fosse nata allora e non alla fine del secolo precedente – può apparire ai nostri giorni esagerato; ma questo non significa relegarla nella sfera della mediocrità.  La prima strofa, di una linearità melodica senza scosse, si svolge interamente nel tono fondamentale di si bemolle maggiore. La seconda si amplifica e diffonde in un fraseggio a brevi incisi, variato nel colore tonale dai passaggi in do e in fa. Questo tipo di fraseggio, tutto arresti e riprese che dà al canto un carattere di anelito assume nella terza strofa, con il colore oscuro delle tonalità di si bemolle e re bemolle e la maggiore concitazione della parte strumentale, una fisionomia di originalità romantica. La quarta strofa (Allegro molto,  corrispondente come spirito e forma, alla parte Finale del classico tipo dell’Aria) torna stabilmente nel campo tonale di si bemolle, partecipando ora però della commossa animazione delle due precedenti, fatta più sen­sibile, almeno esteriormente, dalla vivacità del movimento, se non da una più interiore compenetrazione espressiva. Il testo:

Einsam wandelt dein Freund im Frühlingsgarten,
Mild vom lieblichen Zauberlicht umflossen,
Das durch wankende Blütenzweige zittert,
Adelaide!

In der spiegelnden Flut, im Schnee der Alpen,
In des sinkenden Tages Goldgewölken,
Im Gefilde der Sterne strahlt dein Bildnis,
Adelaide!

Abendlüfte im zarten Laube flüstern,
Silberglöckchen des Mais im Grase säuseln,
Wellen rauschen und Nachtigallen flöten:
Adelaide!

Einst, o Wunder! entblüht auf meinem Grabe
Eine Blume der Asche meines Herzens;
Deutlich schimmert auf jedem Purpurblättchen:
Adelaide!

Solitario va il tuo amico per il giardino di primavera,
circondato dolcemente da un’amabile luce incantata,
che trema fra i rami fioriti che ondeggiano,
Adelaide!

Nelle limpide acque, nella neve alpina,
nelle nubi d’oro del giorno che tramonta,
nei campi delle stelle splende la tua immagine,
Adelaide!

Aurette della sera spirano nel tenero fogliame,
le campanelle d’argento di maggio mormorano fra l’erba,
le onde mugghiano e gli usignoli cinguettano:
Adelaide!

Un giorno, o meraviglia! fiorirà sulla mia tomba
un fiore della cenere del mio cuore;
chiaro brilla su ogni petalo scarlatto:
Adelaide!

L’Adelaide fu la protagonista di una toccante scena (sebbene non certamente databile;  vi è infatti chi ritiene che questa visita sia avvenuta due mesi circa più tardi della data riferita)  che il cantante  Luigi Cramolini ci riportò in questa guisa: “Ho parlato con Beethoven una sola volta in vita mia. Era il 15 o il 16 dicembre 1826. Ero da due anni come tenore al teatro di corte, ed ero fidanzato con l’ottima cantante Nanette Schechtner. … Mia madre, che lo aveva conosciuto, mi incitò ad andarlo a trovare. Ne parlai a Schindler, allora direttore al Josephstadttheater, e lo pregai di ricordare a Beethoven il piccolo Louis figlio della sig.ra Cramolini. Alcuni giorni dopo Schindler mi disse che Beethoven era disposto a riceverci. Si scusava se ci doveva ricevere stando a letto.

Quando entrammo il pover’uomo era a letto gravemente ammalato di idropisia. Mi guardò con gli occhi splendenti e spalancati, mi porse sorridendo la mano sinistra: “Questo sarebbe dunque il piccolo Louis, e ora fidanzato?”. E piegando il capo verso Nanny disse: ”Una bella coppia, e a quello che ho sentito dire, due bravi artisti. E come va la vostra cara madre?”. Ci diede carta e matita e continuammo la conversazione per iscritto mentre parlando era talora poco comprensibile. Ci pregò poi di cantare qualche cosa. Schindler si mise ad uno dei due pianoforti al centro della camera e noi ci mettemmo di fronte a lui. Gli scrissi che avrei cantato la sua Adelaide, grazie alla quale ero diventato famoso nel mondo del canto. Beethoven approvò gentilmente. Ma mentre stavo per cominciare a cantare la gola mi si chiuse per l’angoscia. Pregai Schindler di aspettare un momento che fosse passata. Beethoven chiese cosa accadeva, perché io non cantassi e dopo che Schindler gliene ebbe spiegata la ragione per iscritto, scoppiò a ridere e disse: “Canta dunque mio caro Louis, io non sento nulla, voglio solo vederti cantare!”.

Mi feci coraggio e cantai con entusiasmo il cantico dei cantici, la divina Adelaide. Alla fine Beethoven mi fece avvicinare al letto e mi strinse amichevolmente la mano. “Dal vostro modo di respirare ho visto che cantate come si deve, e dal vostro sguardo ho capito che sentite quello che cantate. Mi avete fatto molto piacere”. Ero talmente felice per il commento del grand’uomo che mi asciugai una lacrima. Mentre cercavo di baciargli la mano la ritrasse e mi disse: “Fate questo con la vostra cara madre e salutatela da parte mia; mi ha dato una gran gioia il fatto che ella si ricordi ancora di me e che vi abbia mandato da me”.

Allora Nanny cantò la grande aria di Leonora dal Fidelio e con un entusiasmo tale che Beethoven più volte batté il tempo mentre la guardava divorandola con gli occhi. “Siete veramente un’artista, e avete una voce che ricorda quella della Milder, che però non aveva la vostra profondità di sentimento, che vi si legge chiaramente in viso. Peccato che io …”. Senza dubbio voleva dire “che io non possa sentire”. S’interruppe e aggiunse: “Grazie signorina per questi momenti; vi auguro che possiate essere felici insieme”. Nanny profondamente commossa appoggiò la mano sul suo petto. Beethoven disse: “Mi sento veramente spossato”.

Prima di andar via scrivemmo il nostro grazie con l’augurio di una completa guarigione. Al che Beethoven sorridendo disse: “Allora scriverò un’opera per voi due”. Uscimmo in punta di piedi per non disturbarlo. Nanny ruppe il silenzio dicendo: “Abbiamo visto quest’uomo divino per l’ultima volta”. Le diedi la mano e piangemmo amaramente.

Luigi Cramolini [da Prod’homme]

Il manoscritto, copia fedele dell’edizione Simrock

Il manoscritto è la copia fedele dell’edizione Simrock numero 373 descritta qui sotto; si presenta come un quaderno di 11 pagine (20 facciate a piena musica) 34 cm x 22, a nove righi di musica pentagrammati con righe tirate manualmente. Adelaide occupa le prime 11 pagine, delle quali il retro titolo in bianco. Il resto delle pagine è occupato da pagina  12 a pagina 18 da un lied, a grafia gotica ancora da decifrare,  “andante” e “allegro recit(ativo)”.

Pubblicazione: 1803/04. Bonn, Simrock, PN 373 (Copisteria 11.1.1804: Peso 9 Gr.; Catalogo editoriale circa 1805: Pr. 1 Fr. 50). Senza VN al titolo. Accento al “dediée a l’auteur“ di poco chiara collocazione e talvolta citato erroneamente come „dédieé“. In quarti.  Ferdinand Ries inviò l’originale alla Simrock per la stampa il  6 agosto 1803. (Lühning Op. 46 C1/C2; Wein-hold/Erst und Frühdrucke 4a/b.) Altre ristampe simili:  Titolo: „Adelaide de Matthisson / Cantate / à une vois [!] Seule / avec accompagnement de Clavecin / Mise en Musique, et dediée à l’auteur / […] / A BONN chez N. Simrock.“ Senza il prezzo, senza VN al titolo, con testo in tedesco e francese. Edizione successiva: circa 1805. Correzione del titolo „Voix“, senza indicazione di prezzo e con sotto i due testi in francese e tedesco. È presente anche, in caratteri minuti, il testo in italiano. Nella terza edizione è semplicemente presente un Addendum:  „Prix 1 Fr. 50“

Pagina 19 e due righe abbozzate al dorso (pagina 20)  contengono un Walzer in 3/8 in fa maggiore con “da capo”. Questo Walzer, grazie all’ intressamento del musicologo francese Michel Rouch è stato finalmente riconsegnato all’ organista e compositore di Köthen,  Carl August Hartung ( 1723-1800 ), oggi totalmente dimenticato.

https://www.americanbachsociety.org/meetings/rochester_abstracts.html

Il Valzer Adelaïde fa parte del progetto La ricerca diventa Arte

Una nuova vita per le opere sconosciute di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del pianista maestro Francesco Gussago

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