La Fantasia Op. 77 – Una fantastica utopia

O una fantasiosa utopia, tra realtà e immaginazione. Un articolo di Antonietta Cappelli

La Fantasia è un genere musicale libero dagli schemi formali. Nata in Italia tra Umanesimo e Rinascimento, si identifica come “forma” musicale destinata a esibizioni solistiche per strumenti a tastiera o a pizzico; successivamente si estenderà agli strumenti a fiato, arco e agli organici strumentali. Brano di carattere brillante e improvvisato che segue l’evolversi della prassi esecutiva e si presenta in duplice aspetto: allo stesso modo del preludio (l’arte del preludiare) oppure come brano di carattere imitativo (libero) simile al ricercare. Nel tardo Barocco si perdono le caratteristiche imitative, prevale la monodia sulla polifonia e si orna di passaggi virtuosistici.

Beethoven scrive la sua Fantasia op. 77, un brano che per essere descritto non può prescindere dal periodo storico e personale in cui fu concepita e pertanto è doveroso ricordare alcuni eventi.

Nell’autunno del 1808 il fratello di Napoleone, Gerolamo, propone al Nostro di ricoprire il posto di Maestro di cappella a Kassel. Ludwig rifiuta l’incarico e purché rimanga a Vienna, i suoi tre principali protettori (l’arciduca Rodolfo, il principe Lobkowitz e il principe Kinsky) decidono di proporgli uno stipendio annuo di quattromila fiorini. Il 1809 apre una nuova fase della produzione beethoveniana che lo vede impegnato in progetti e composizioni di grandi opere (l’ouverture per l’Egmont di Goethe, la Settima e l’Ottava Sinfonia; la Sonata per pianoforte op. 81 detta “Das Lebewohl”, i Quartetti op. 74 e op. 95, l’op.97, le Sonate per violino e pianoforte op. 90 e op. 96) e brani di varia natura, tra i quali la Fantasia in oggetto. E’ probabile che questa Fantasia sia stata concepita nel dicembre 1808, come afferma C. Czerny, per lo stesso concerto in cui ha debuttato la sua Fantasia corale op.80, precisamente il 22 dicembre 1808 al Theater an der Wien: inizia con un’introduzione improvvisata del pianoforte, suonata dallo stesso Beethoven. Potrebbe essere stata proprio tale “Fantasia” ad originare l’opera in oggetto? Non esiste nessuna fonte scritta che ci dica perché è stata composta oppure per quale occasione. In ogni caso, completò l’op.77 in ottobre, dopo la firma dell’armistizio e presumibilmente durante o successivamente ad un soggiorno in Ungheria presso l’abitazione del conte Franz Brunsvik (dedicatario dell’opera) e sua sorella Therese. La Fantasia fu pubblicata nel novembre 1810 dall’editore Breitkopf & Härtel a Lipsia, a dicembre 1810 da Artaria a Vienna e ad agosto dello stesso anno da Clementi a Londra.

Per interpretare le intenzioni di Beethoven ho trovato utile la consultazione della copia manoscritta, sito della Beethoven Haus; se confrontiamo la prima edizioni Breitkopf & Härtel con le successive (anche degli stessi editori) troviamo delle differenze che cambiano il carattere di alcuni passaggi. Mi soffermo su quelli più eclatanti.  Finita la sezione” Allegro con brio” si presenta il primo “Adagio”, poi la scaletta discendente e nuovamente “Adagio”. Bene proprio su questo secondo “Adagio”, nel manoscritto (figura a destra) compaiono degli accenti sull’ultimo ottavo di ogni battuta mentre in tutte le edizioni consultate (sempre presenti su sito della Beethoven Haus) non li ho trovati…

Breitkopf & Härtel, prima edizione, 1810 (sono visibili le correzioni postume alla stampa)

 Edizione Artaria del 1813

Manoscritto  (conservato presso la Beethoven Haus) fig.1

Manoscritto  (conservato presso la Beethoven Haus) fig.2

Questi accenti, se omessi, non danno il carattere recitativo che B. vuole imprimere, così come i “picchettati” che si trovano nelle sezioni che presento di seguito. Solo nelle prime edizioni compaiono, in quelle successive diventano dei semplici staccati. Anche in questo caso il carattere cambia perché nel manoscritto (com’è evidente) B. sembra suggerire il movimento che deve fare il polso per ottenere il suono desiderato: secco e deciso.
Tale “picchettato” è segnato anche sotto l’ultima nota che chiude il brano che ci dice chiaramente che B. vuole che sia un finale senza ripensamenti, secco e forte!

Sestina che in molte edizioni diventa doppia terzina (in velocità sarà difficile percepire se si suona terzina o sestina… l’importante è appoggiare la prima nota di ogni gruppo di 6 semicrome perché si ricrea la stessa melodia del tema iniziale, nascosta e non evidenziata nemmeno dallo stesso B.)

Questo brano è una composizione “atipica” nel catalogo Beethoveniano e anche i contemporanei avevano notato che il compositore era alla ricerca di armonie nuove, si stava allontanando dagli schemi classici. Il recensore del quotidiano viennese Allgemeine Musikalische Zeitung scrisse nel 1813: “Si parla spesso di nuove opere di Beethoven, ma chiunque conosca solo parzialmente le composizioni del Signor Beethoven, vedrà questo nuovo lavoro sotto due aspetti: come se fosse del tutto originale nelle sue armonie, forme e modulazioni; come molto difficile da eseguire”. Il Beethoven impegnato ad annotare i suoi schizzi è anche l’improvvisatore che custodisce le sue idee nella sua mente e le mette in pratica all’occorrenza. A tal proposito, molti studiosi hanno intravisto nei suoi schizzi questa vena improvvisativa. J. Kerman nell’introduzione alla miscellanea Kafka sottolinea il fatto che le sue annotazioni fanno intravedere “improvvisazioni sulla carta”. R. Kramer, a pagina 5 del suo Beethoven’s Compositional Process, scrive: […] Possiamo cercare di stabilire una distinzione generica tra l’improvvisazione formale, come una forma di esecuzione in pubblico, e l’improvvisazione in privato, che è un’azione innata in qualunque atto compositivo. Di questo secondo tipo, gli abbozzi di Beethoven, la frazione del processo che è stata messa per iscritto, costituiscono un prezioso lascito. Tale Fantasia, se non fosse stata scritta, non l’avremmo mai potuta ascoltare e suonare, com’è successo molto spesso a molti improvvisatori del passato. È il caso della “tempesta del mar nero” di M. Mussorsky, brano di cui ne parlano diversi suoi contemporanei ma, di cui non esiste la partitura! il compositore era solito eseguirlo nei suoi concerti ma, non l’ha mai scritto, come riporta Alexandra Orlova nel suo Musorgsky Remembered. Addentriamoci nello specifico della Fantasia op.77 e cerchiamo di fissare le caratteristiche che la contraddistinguono:

1. Non ha una tonalità fissa ma è un continuo modulare. 2. Improvvisazione libera e agile, interrotta da grandi accordi.
3. Linee melodiche in continuo divenire tonale.
4. Predominano le sonorità dissonanti.
5. Se consideriamo questo brano solo come uno sfoggio virtuosistico, perde la sua vera natura. Vi sono molti passi espressivi che potrebbero sfociare nel “recitativo” (per esempio le parti in “Adagio”, compreso il finale).
6. Ricerca continua di elementi contrastanti per dinamiche e grafia. Lo scopo è quello di meravigliare l’ascoltatore e il pianista che per la prima volta si trova a leggere lo spartito.
7. Lo stile compositivo “cromatico” si rifà a quello usato da J.S. Bach nella Fantasia cromatica e fuga BWV 903 e Beethoven ben espone nella sua op. 39 (i due preludi cromatici).
8. Definirei il brano come “fantasia cromatica” seguita da un tema e variazioni (Allegretto); non possiamo assegnare una tonalità d’impianto all’intero brano perché è un “divenire modulante”.
9. Nella sua eterogeneità costituisce un blocco unico perché le parti lente fungono da collante. La prima parte è fatta di temi contrastanti e modulanti e dall’Allegretto inizia la parte finale che chiude con l’Adagio e le scale per moto contrario che sembrano richiamare le scale biscromate inziali e che si congedano con salto d’ottava della tonica.
10. Dopo un excursus tonale delle sezioni che costituiscono la Fantasia, B. approda all’Allegretto in tonalità di Si maggiore e non a caso. Questa tonalità, seppur abbia in chiave cinque diesis, è quella più comoda e stabile per le mani. A mio avviso, visti i passaggi di agilità e tecniche varie, la scelta di arrivare al Si maggiore non è casuale.

Le prime 15 battute vedono protagonisti le scale biscromate, ascendenti/discendenti, e il “poco adagio”, dolce ed espressivo; giunge la terza idea “Allegro, ma non troppo” in stile di danza che con l’accordo di settima di dominante finale (preceduto da una settima di sensibile) avvia un “Eingang” fatto di arpeggi spezzati (tipici della scrittura bachiana) che conducono “Allegro con brio”, richiamando lo stile rapsodico ungherese. Quest’ultima sezione e quelle seguenti (Adagio/presto/più presto/ Adagio) mettono a dura prova l’esecutore: passaggi di bravura alternati a passaggi lirici ed espressivi. Superata la sezione centrale si approda all’ultima idea: “Allegretto” scanzonato e ricco di variazioni. Nell’ultima pagina si riprendono le scalette di biscrome e non a caso Beethoven chiude il cerchio e per richiamare l’idea iniziale, affida le scale per moto contrario alle due mani. Quest’ultima pagina è veramente molto articolata tecnicamente e usa armonie ricche che generano sonorità piene; in alcuni punti si suona con tutte e 10 le dita contemporaneamente, tipico dei grandi accordi di S. Rachmaninoff e molto lontani dagli schemi classici. E poi, l’ultima nota è staccatissima e marcata, come segnata. […]. Qui Beethoven porta un principio particolare – il principio di disunione – all’estremo, e sicuramente sorriderebbe dei nostri ben intenzionati tentativi di trovare l’asse strutturale del pezzo […]. Il fulcro dell’opera è l’assenza di un asse strutturale. Sembra non esserci altro modo di giudicare la Fantasia se non come un deliberato tentativo di evidenziare gli elementi dirompenti della musica. Hugh MacDonald, «Fantasy and Order in Beethoven’s Phantasie Op. 77», in Edgard Olleson (ed.), Modern Musical Scolarship, Oriel Press, Stockfield 1980, p. 145. Lo studio di questo brano mi ha affascinata perché mi ha permesso di capire come potesse essere inteso l’atto creativo in fase performativa del nostro Ludwig. La mia impressione iniziale è stata: smarrimento! Scale ascendenti e discendenti velocissime, sezioni lente e meditative alternate ad altre agitate e instabili, presenza di punti coronati e silenzi. Proprio questi ultimi due elementi danno il senso dell’idea in continua evoluzione e di quell’inventiva emozionale che solo la mente umana produce e si serve di stacchi, allo stesso modo di quando parliamo: i silenzi e le note sospese sono assimilabili a dei respiri che facilitano l’articolazione del discorso e lo rendono espressivo. Ci sono due “momenti” che mi hanno riportato alla mente due brani famosissimi di autori postumi al Nostro: l’Adagio (dopo la rapsodia) e il presto/più presto.

L’Adagio vede protagoniste le note ribattute che richiamano lo scandire del tempo o come per Chopin “la goccia d’acqua” nel preludio op.28 n.15. Il presto/più presto è un’idea che ritroviamo in diverse composizioni di B. e in particolare
nel primo movimento della celebre sonata op.57, detta Appassionata. Successivamente l’idea sarà ripresa da S. Rachmaninoff nel preludio giovanile in DO# minore op.3 n.2, conosciuto come “le campane di Mosca”, proprio nella parte centrale chiamata “Agitato” e seguito da un accelerando, come in figura:

Immagine del manoscritto di Chopin, presa da Wikipedia.

Questi due esempi dimostrano le influenze postume, del modo di Comporre e proporre musica, di Beethoven. L’op.77 è un modo dirompente di presentare idee sonore che, a mio avviso, vuol lanciare un messaggio preciso: il passato, il presente e il futuro sono strettamente collegati. La disomogeneità di questa opera scompare nel momento in cui ci addentriamo nello studio, vale a dire che i gusti della Vienna classica stavano cambiando e il disordine sociopolitico di cui accennavo all’inizio stava avviando nuove prospettive. Inoltre Beethoven era un musicista maturo e tutti i suoi studi, dimostrati dai suoi schizzi, lo portano ad osare e ricercare il nuovo. Come si può prescindere dal contesto storico? La Fantasia è l’immagine della Vienna dell’epoca, della borghesia “capricciosa” e frivola. Beethoven sorprende tutti ancora una volta e saluta il grande pubblico con quest’opera enigmatica e come molti dei suoi biografi scrivono: dopo le sue grandiose performance segue una gran risata.

La Fantasia Opus 77 fa parte del progetto La ricerca diventa Arte

Una nuova vita per le opere di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura della pianista professoressa Antonietta Cappelli

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