I maestri di Ludwig van Beethoven e la figura del compositore Andrea Lucchesi

Articolo a cura del Dott. Santi Notaro

Beethoven[1] ebbe dei veri e propri maestri che lo iniziarono allo studio del pianoforte, della composizione musicale e del contrappunto e che lo incoraggiarono nella pubblicazione dei primi lavori giovanili.  Maestri che si alternarono sia durante il suo periodo di permanenza a Bonn, sia una volta che il giovane si trasferì a Vienna, città nella quale rimase fino alla morte. Ma argomentare su chi sia stato il primo, vero maestro del giovane Beethoven, porta inevitabilmente ad esaminare la questione (proposta da alcuni studiosi) del ruolo avuto, in merito, dal musicista italiano Andrea Lucchesi,[2] kapellmeister presso la Cappella musicale dell’Elettore di Bonn-Colonia, nel periodo in cui vi faceva parte il giovane Ludwig.[3]. Questo musicista italiano, dalla maggior parte dei musicologi, è stato ritenuto scarsamente influente sulla formazione artistica del nostro compositore, che invece sarebbe stato allievo del suo vice, Christian Gottlob Neefe.[4] Da altri, invece, è stato indicato come il vero, primo maestro di Beethoven, quando il giovane operava a Bonn.[5]

Come si avrà modo di verificare, peraltro, allo stato una tale tesi sembra basarsi su semplici supposizioni e senza che vi sia una adeguata documentazione a sostegno. Documentazione che, invece, supporta la tesi maggioritaria.

Quanto ai fatti (abbastanza documentati) va osservato che:

– Lucchesi fu invitato a Bonn dall’allora elettore Maximilian Friedrich nel 1771;

– con decreto dell’elettore del 26 maggio 1774 veniva nominato kapellmeister, assumendo l’incarico il giorno 27 successivo[6], incarico che manteneva pressochè ininterrottamente[7]  fino all’ottobre 1794, quando la Corte (con la relativa Cappella) fu sciolta da Napoleone;

– il giovane Beethoven entrava a far parte dell’orchestra della Cappella di Bonn, come visto, nel giugno del 1782,[8] dapprima come violista e vice-organista e senza retribuzione; poi, nel giugno 1784, anche come cembalista, affiancando ed aiutando Neefe nell’accompagnamento dei lavori che la Cappella richiedeva,[9] con lo stipendio di 150 fl annui[10]

– Beethoven rimase al servizio del principe nella Cappella fino all’ottobre 1792, quando partiva per Vienna ove si stabiliva definitivamente, vivendo esclusivamente dei proventi della sua arte, come libero artista.

Le tesi dei revisionisti si basano, essenzialmente, sulle seguenti argomentazioni:

1) quando Beethoven entrava a far parte della orchestra della Cappella, a dirigerla c’era Lucchesi [11];

2) il compito di Lucchesi, quale kapellmeister, era quello di guidare “la Cappella dal punto di vista artistico e didattico” e di definire  “i ruoli e le competenze dei suoi musicisti” [12];

3) era “difficile pensare che di fronte ad un allievo di talento il Kapellmeister si disinteressasse della sua formazione”[13];

4) come riferito da un violoncellista della detta Cappella, tale Bernhand Joseph Maeurer, un primo lavoro giovanile di Beethoven (la cantata in morte del ministro inglese George Cressner del 1781) sarebbe stato corretto da Lucchesi e per suo volere eseguito nella Cappella di Corte[14];

5) l’avere voluto oscurare la figura di un musicista italiano, sarebbe stata opera della musicologia tedesca, che non poteva ammettere che Lucchesi (un italiano) potesse avere avuto un ruolo tanto importante, sia come autore di lavori oggi attribuiti ad Haydn ed a Mozart, sia come maestro del grande Beethoven;[15]

6) “ad accreditare la voce che Neefe sia stato il maestro di Beethoven a Bonn storicamente è stato lo stesso Neefe” e, quindi, le “fonti su cui si sono basati gli storici sono gli articoli autocelebrativi scritti da Neefe”[16]. Ed anche se non era dato sapere quanto questi fosse attendibile, “resta il fatto che è lui stesso ad autoproclamarsi maestro di Beethoven, sia pure citando una lettera di Ludwig di cui non esiste traccia in altre fonti”[17];

7) “Nel 1785 Lucchesi incaricò Beethoven di eseguire le parti solistiche dei concerti di cembalo e affidò a Neefe l’accompagnamento”[18];

8) Beethoven non parlò mai di questo musicista come del suo maestro in età giovanile, “perchè Lucchesi era stato la bestia nera della sua famiglia a Bonn. Di fatto Lucchesi aveva esautorato il vecchio Kapellmeister Ludwig senior già dal 1771 e poi era stato preferito al tenore Johann nel 1774…”;[19]

9) probabilmente i 264 quaderni di conversazione distrutti da Schindler avrebbero chiarito qualcosa di importante sul punto.[20]

Christian Gottlob Neefe

Maximilian Friedrich von Königsegg-Rothenfels

Alle argomentazioni poste a fondamento del presunto ruolo di Lucchesi, si può obiettare quanto segue. Il fatto che questi fosse il kapellmeister della Cappella musicale di Bonn per ca 20 anni e che in detta Cappella operasse come musicista il giovane Beethoven, non vuol dire, per ciò stesso, che egli ne fosse il primo, vero maestro. Infatti la Cappella musicale, come era concepita all’epoca, era una struttura (legata alla nobiltà, alla municipalità od alla Chiesa) organizzata e finalizzata al fare musica su disposizione di chi ne era proprietario ed in determinate occasioni o ricorrenze.[21]

E nell’ambito di questa struttura organizzata vi era, in posizione apicale, il kapellmeister, che dirigeva il gruppo di cantanti e di strumentisti della Cappella[22] e che era responsabile del suo buon funzionamento: funzionamento che prevedeva che fosse questi a stabilire il repertorio che nella Cappella, di volta in volta, si doveva eseguire; che fosse lui ad occuparsi della relativa preparazione artistica e della organizzazione degli esecutori e che fosse lui a comporre, per la Cappella, opere e lavori (o ad ottenere copie di composizioni provenienti da altre Cappelle)[23].

Pertanto, compito principale del maestro di Cappella era quello di essere il responsabile di uno spettacolo musicale e la sua attività direttoriale ed organizzativa avveniva nell’interesse esclusivo di detta struttura.

Ma se questo era il compito del kapellmeister, appare di tutta evidenza che la presenza di Lucchesi, nella qualità indicata, abbia potuto influenzare Beethoven per il tipo di musica e per l’aria musicale che, per c.d, si respirava in quella Cappella. In altri termini, un conto era far parte della cd “bottega musicale” a capo della quale vi era Lucchesi, che indicava i lavori che andavano rappresentati e come essi andassero eseguiti; altro, studiare ed essere seguito regolarmente da un insegnante, che mettesse fra le mani del singolo allievo gli strumenti giusti. La asserzione di cui al punto 3), poi, si basa su una mera supposizione, ove si consideri che nell’organico della Cappella vi erano più giovani di talento e non risulta che costoro  fossero seguiti nello studio da Lucchesi.[24]

Quanto a quella di cui al punto 4) e, cioè, che Lucchesi abbia corretto la cantata composta dal giovane Beethoven, ciò sarà dipeso dal fatto che essa venne fatta eseguire nell’ambito della attività della Cappella e, quindi, appare evidente che il suo kapellmeister, responsabile dei lavori che vi si rappresentavano, abbia sentito la necessità di correggerla, visto che era opera di un giovane compositore (Beethoven l’aveva composta nel 1781, quindi ad 11 anni). Ma questo singolo episodio non può affatto volere dire che egli studiasse con Lucchesi.[25] Anche la tesi che la musicologia tedesca abbia voluto oscurare un italiano (e per di più quale presunto maestro di Beethoven), non convince affatto. Anzitutto, la ipotesi della supposta avversione nei confronti dei musicisti italiani cade ove si evidenzi che è un fatto riconosciuto da tutti che, all’epoca, proprio i musicisti italiani erano tenuti in notevole considerazione, tanto da ricoprire importanti incarichi presso le corti europee. [26]

Quanto, poi, all’astio di Beethoven nei confronti di Lucchesi, perché musicista italiano, non va dimenticato che proprio il nostro compositore fu allievo dell’italiano Antonio Salieri, del quale non solo non parlò mai male, ma al quale dedicò, in segno di amicizia e di stima, le tre sonate per violino e pianoforte op. 12 e su un’aria del suo Falstaff compose dieci variazioni per pianoforte. Il tutto per dimostrare anche la sua innocenza, circa la voce che circolava sul suo presunto avvelenamento di Mozart.

Anche la considerazione (punto 7) di affidare a Beethoven il compito di eseguire le parti solistiche nei concerti di cembalo, insieme a Neefe, rientrava precisamente nelle mansioni di un kapellmeister il quale, come visto, doveva organizzare l’orchestra di corte in vista della esecuzione di lavori e, quindi, definire i ruoli e curare le competenze dei musicisti.[27]

Ma questo non è elemento di prova circa l’esistenza di un rapporto diretto allievo-maestro.

Che poi Beethoven non abbia mai parlato di Lucchesi come suo maestro (punto 8), in quanto questi sarebbe stato la bestia nera della sua famiglia, è circostanza che non pare avere riscontro alcuno, nemmeno di indizio. Infatti, quanto al nonno (Ludwig senior), questi era stato nominato da circa un decennio kapellmeister a Bonn in sostituzione di altro kapellmeister[28] ed era morto il 24 dicembre del 1773. Lucchesi, invece, era stato assunto in prova con contratto triennale nel 1771 e, alla morte di Ludwig senior, l’Elettore Maximilian Friedrich lo nominò kapellmeister nel maggio 1774, proprio in sostituzione del defunto Ludwig senior e rimanendo in questa carica fino all’ottobre 1794. Quanto al padre di Beethoven, il tenore di Corte Johann, è pacifico che questi avesse la voce in cattivo stato (quasi certamente a causa del bere), tanto che alla fine del 1772 era  stato tolto dai ruoli attivi della Cappella ed impiegato nel solo insegnamento.[29] Pure in tal caso, quindi, nessuna correlazione con la assunzione di Lucchesi, che succedette, in modo del tutto corretto, al nonno di Beethoven nel 1774. Pure il fatto (punto 9) che se Schindler non avesse distrutto i circa 264 quaderni di conversazione di Beethoven, “probabilmente” essi avrebbero chiarito qualcosa sulla attuale questione, è pura deduzione senza alcuna veste probatoria[30].

A  queste considerazioni, ne vanno aggiunte delle altre. Fu proprio Neefe, che evidentemente non giudicava completa l’istruzione musicale del suo allievo, a chiedere all’Elettore che questi andasse a Vienna per studiare con Mozart, cosa che avvenne nell’aprile del 1787.[31]

E’ documentato che il 2 novembre 1792[32] Beethoven abbandonava definitivamente Bonn e la sua Cappella, per andare a studiare con Haydn, e da quel momento la sua presenza a Vienna divenne definitiva fino alla morte, avvenuta il 26 marzo 1827. Il che dimostra non solo la marginalità della eventuale influenza di Lucchesi sulle conoscenze musicali di Beethoven, ma la insufficienza delle stesse (come già detto, Lucchesi rimase kapellmeister a Bonn fino al 1794) se Beethoven sentì il bisogno di andare a Vienna per studiare con i grandi maestri dell’epoca.[33]

Nè bisogna dimenticare che Neefe non era, per c.d., il primo venuto. Era un pianista- direttore d’orchestra e compositore ed  era musicista di discendenza bachiana.[34] E’ vero che l’amico di Beethoven, Gerhard Wegeler, nelle sue memorie pubblicate più di un decennio dopo la morte del primo, avrebbe detto che Neefe influì “modestamente sull’educazione musicale del nostro Ludwig”[35]. Ma aggiungeva, anche, che Beethoven “lamentò le critiche che quegli, con eccessiva severità, espresse riguardo ai suoi primi tentativi di composizione”. Il che vuol dire, indirettamente, che Neefe seguiva Beethoven e che non si peritò a rivolgergli critiche, allorché questi mosse i primi passi nella composizione. Per concludere sul punto, una considerazione di carattere generale che riassuma e chiarisca quanto detto finora: ossia cosa si debba intendere per “maestro”.

Nella terminologia comune, maestro è colui che insegna un’arte, una disciplina (nel nostro caso, la musica). E l’insegnamento consiste nel trasmettere qualcosa di questa disciplina con metodo e con continuità. Non solo: nell’insegnamento il rapporto maestro-allievo è molto personale, nel senso che esso deve tenere conto della personalità, del carattere, della capacità e del grado di apprendimento e di evoluzione dell’allievo, al fine di curarne l’educazione specifica ed i progressi. Ed è proprio la sussistenza di questi requisiti che ha caratterizzato il rapporto Neefe-giovane Beethoven, per cui a buon diritto solo quest’ultimo può essere considerato (come ritenuto dalla storiografia italiana e straniera più accreditata), il primo, vero maestro del giovane Ludwig. Infatti è stato proprio lui che, conoscendo la predisposizione e le capacità dell’allievo affidatogli, gli ha messo a disposizione gli strumenti tecnici del mestiere per progredire nella scienza musicale[36], lo ha incoraggiato (ma anche rimproverato, quando qualcosa non andava) nei suoi studi, tanto da fargli pubblicare le prime composizioni e, cosa non meno importante, lo ha formato moralmente ed intellettualmente come artista completo, avvicinandolo ai principi illuministici dell’epoca, facendogli comprendere che sono fondamentali i concetti di libertà, di fratellanza e di solidarietà fra gli uomini[37] ed instillandogli il concetto dell’arte come missione.[38]

Insegnamento, quello sopra considerato, che non dette Lucchesi, in quanto il suo compito di kapellmeister, per il quale era stato chiamato a Bonn, aveva obiettivi diversi da quello di instaurare un vero rapporto maestro-allievo, tanto meno quello di formare il giovane Beethoven anche spiritualmente, con l’insegnamento degli ideali illuministici che circolavano nella Bonn dell’epoca. Ideali che, evidentemente, non interessavano il musicista di Motta di Livenza, che non pare facesse parte del circolo degli illuminati della città nel quale, invece, era introdotto Neefe.

In definitiva, le tesi favorevoli a Lucchesi si basano su termini come  “è più probabile”; “è possibile, tuttavia, anche un’altra considerazione”; ”è difficile pensare che di fronte ad un

allievo di talento il kapellmeister si disinteressasse della sua formazione”; “…che presuppone però”: [39]  ossia su meri indizi e mere supposizioni.

Ma ciò che contraddice le tesi revisionistiche è, come si evidenziava, l’esistenza di documenti inoppugnabili.[40]

1) Anzitutto, il resoconto di tale Carl Friederich Cramer, in una sua corrispondenza da Bonn datata 2 marzo 1783 sul giornale “Magazin der Musik,”[41] in cui si diceva testualmente: “Ludwig van Beethoven è un ragazzo di undici anni[42] dal talento molto promettente. Suona il pianoforte con molta bravura e forza, legge molto bene a prima vista e, per farla breve, suona per la maggior parte il Clavicembalo ben temperato di Bach che gli è stato messo in mano dal sig. Neefe…Il sig. Neefe l’ha avviato anche… al basso continuo. Ora gli dà lezioni di composizione e per incoraggiarlo, ha fatto incidere a Mannheim nove sue variazioni per pianoforte su un tema di marcia.[43] Questo giovane genio meriterebbe un sussidio per permettergli di viaggiare. Diventerebbe senz’altro un secondo Wolfgang Amadeus Mozart se continuasse a compiere progressi con questo ritmo”.[44]

2) La citazione di un altro giornale -il Litteratur und Theaterzeitung-[45] che riportava un commento sui dilettanti di Bonn e, tra gli altri, sul giovane Beethoven “che sta facendo passi da gigante sotto il suo insegnante Neefe”.

Magazin der Musik pubblicato ad Amburgo a cura di Carl Friedrich Cramer, 1783. Figure da 1 a 5. (documento originale proprietà del Centro Ricerche Musicali)

3) Ancora: l’ Historisch biographisches Lexicon der Tonkunstler [46], uno dei più importanti dizionari, dove al tomo I -pag. 156-157- veniva indicato Beethoven “figlio del tenore di corte di Bonn, nato il 1772[47] e allievo di Neefe”.

4) Ancora: il Berlinische musikalische Zeitung che, nel 1793, riportava un articolo di Neefe  che parla di Beethoven “secondo organista di corte ed è andato a Vienna a spese del nostro Elettore da Haydn, per migliorare le sue abilità”.[48]

5) Infine: un frammento di lettera indirizzata da Beethoven a Neefe, al quale scriveva: “La ringrazio per tutti i consigli che mi ha prodigato perchè io avanzassi nella mia arte divina. Se un giorno diventerò un grand’uomo, sarà anche per merito Suo, ciò le farà tanto più piacere in quanto ne può star sicuro”.[49]

Ampia documentazione, quella indicata, che contrasta con le obiezioni sollevate dai “revisionisti”, che hanno ritenuto le riportate affermazioni di Neefe “autocelebrative”.

Invero, quanto alla supposta “autopromozione” del predetto, quale maestro, quelle evidenziate non sembrano affatto dichiarazioni estemporanee, indicanti genericamente che il giovane Beethoven è stato suo allievo: si tratta di dichiarazioni che sono delle concise relazioni che ne evidenziano le capacità, i progressi ed i primi lavori (meritevoli di pubblicazione) e che documentano, in modo incontrovertibile, un percorso di studi seguito. Considerazioni che solo un maestro, che aveva guidato nell’insegnamento il giovane allievo, poteva fare. In più, queste dichiarazioni erano pubblicate su giornali o riviste specializzate

dell’epoca, la cui lettura era alla portata di chiunque. E fare circolare notizie non rispondenti al vero (o, peggio ancora, false) non avrebbe giovato nè allo stesso Neefe, né alla reputazione della Cappella, a capo della quale era Lucchesi. Fra l’altro, proprio perchè di pubblico dominio, appare veramente strano che nessuno le abbia mai smentite, o quanto meno ridimensionate, a cominciare dai diretti interessati: Lucchesi innanzitutto e Beethoven.

Anzi, non ci sono pervenute citazioni (dirette o indirette) di quest’ultimo, che ricordino il primo fra i suoi insegnanti.

Argomentare diversamente, vorrebbe dire che Neefe avrebbe architettato una vera e propria campagna non veritiera ai danni di Lucchesi e dello stesso Beethoven cosa, agli atti, non dimostrata.

Invece, il fatto che né Lucchesi, né Beethoven, né altri abbiano mai smentito quanto pubblicato nei detti documenti, dimostra esattamente il contrario e, cioè, che fu proprio Lucchesi ad affidare il giovane Beethoven al suo vice Neefe, perchè ne curasse l’insegnamento a 360 gradi[50].

Nessun  complotto, quindi, ai danni di un apprezzato musicista italiano, ma questioni di normale organizzazione nell’ambito della complessa attività di una cappella musicale, tra le cui funzioni di kapellmeister rientravano, in quest’ottica, anche quelle di delegarne alcune ai propri collaboratori.[51]

Litteratur- und Theaterzeitung, No. 34, del 23 Agosto 1783. Figure 6 e 7. e Magazin der Musik pubblicato ad Amburgo a cura di Carl Friedrich Cramer, 1787. Figura 8  (documento originale proprietà del Centro Ricerche Musicali)

Anche le altre tesi revisioniste (pur nello spirito meritevole di servire la verità) non pare, dopo tutto, che affermino fatti storicamente accertati, limitandosi ad osservazioni generiche.

Infatti i primi timidi approcci sul tema sono stati del musicologo italiano Fausto Torrefranca,[52] il quale scriveva: “Non dimentichiamo che a Bonn vi era un musicista italiano, il Luchesi…e…data la falsità dell’indirizzo storico fin qui seguito, è assai probabile che non si sia correttamente indagato circa i veri maestri spirituali dell’infanzia e della giovinezza del grande maestro fiammingo-tedesco”  [Beethoven].

Con maggiore decisione si muoveva il musicologo tedesco Theodor Anton Henseler[53] che definiva Lucchesi “come il più importante esponente della musica della corte del Principe di Bonn”,  evidenziandone “l’attività…e l’influsso che, attraverso l’esempio e i lavori, nell’opera, nel concerto e nella chiesa, ha avuto nello sviluppo artistico del giovane Beethoven, che per lunghi anni fu alle sue dipendenze in orchestra”.

Sulla scia di Henseler si muoveva pure la musicologa Claudia Valder Knechtges,[54] la quale evidenziava che la musica di Lucchesi avrebbe contribuito alla assimilazione, da parte di Beethoven, di quelle conquiste italiane che Christian Bach e Mozart conobbero in Italia[55].

Come si vede, in tali lavori si parla, al più, di “influenze” dell’operato di Lucchesi, che sarebbero state “assimilate” dal giovane Beethoven: ma da qui ad affermare che il musicista

italiano sia stato il suo primo, vero maestro, ne corre. Basti pensare che qualsiasi artista, in qualsiasi campo, ha certamente subito influenze altrui, evidenziabili nei propri lavori. Ma non per questo si può parlare di maestri e di discepoli.

Da ultimo, anche altri studiosi[56] hanno posto il problema della primogenitura dell’insegnamento di Lucchesi, ma non risulta che, al di là di affermazioni di massima, ne abbiano fornito prove certe o, quanto meno, fondate.[57]

Giustamente è stato detto[58]: Ma Luchesi è stato veramente il maestro della giovinezza del titano? Se le prove esistono, perché non sono state cercate o certificate? Se non  esistono, è inutile insistere in deduzioni: la storia non si scrive con le ali degli angeli.

Indubbiamente cercare la verità è opera meritoria. Ma per poterla affermare, e conclamare, essa si deve basare su prove ed elementi certi.

I maestri di Ludwig van Beethoven e la figura del compositore Andrea Lucchesi.

Articolo originale disponibile “Flowpaper” a cura del Dott. Santi Notaro

Note de I maestri di Ludwig van Beethoven e la figura del compositore Andrea Lucchesi.

Articolo a cura del Dott. Santi Notaro

[1]) A differenza di Mozart, il cui primo ed unico insegnante fu il padre Leopold e la cui formazione artistica si completò con lo studio delle opere dei grandi musicisti del passato e con il contatto con quelli della sua epoca, di cui poté assimilare i tratti caratteristici grazie alla sua prodigiosa memoria: cfr Carli Ballola e Parenti-Mozart- Rusconi 1996- pagg. 13 ss; S. Durante- Mozart- Il Mulino 1991- pagg. 30 ss; B. Paumgartner- Mozart- Einaudi 1978-pagg. 21 ss..

[2]) Andrea Lucchesi (o Luchesi), compositore italiano (nato a Motta di Livenza -Treviso- 23/V/1741 morto a Bonn il 21/3/1801). Fu attivo a Venezia come maestro di cembalo. Si trasferì a Bonn poco dopo e, nel 1774, fu nominato maestro di cappella alla corte dell’elettore di Colonia, succedendo al nonno di Beethoven. Rimase in carica fino al 1794.

Ha composto parecchie opere teatrali, alcuni Oratori, oltre 30 Messe, 2 Requiem, 2 Te Deum, 19 Inni, Vespri, Mottetti ed altri lavori liturgici; 8 Sinfonie, un Concerto per clavicembalo ed orchestra, Sonate per cembalo (cfr. Dizionario della Musica e dei Musicisti- UTET- 1986- vol. IV- pag. 511).

[3]) Beethoven fu assunto dall’Elettore Maximilian Friedrich a dieci anni come violista e nel giugno 1782 fu nominato ufficialmente organista di corte. Suonava anche il cembalo ed aveva pure l’incarico di affiancare e di sostituire Neefe, quando questi si assentava.

All’inizio i giovani musicisti non ricevevano alcun salario e dovevano superare un periodo di prova. Poi sottoponevano una domanda al principe Elettore, ricevendone risposta. Peraltro, la morte di Maximilian Friedrich, avvenuta nell’aprile 1784, ritardò l’esame della petizione di Beethoven e solo con decreto del 25 giugno 1784 il successore, l’Elettore Maximilian Franz, gli concedeva uno stipendio di 150 fl annui. (cfr. Piero Buscaroli- BEETHOVEN- Rizzoli- 2004-pag. 107 e Jan Caeyers- BEETHOVEN- Ritratto di un genio- Mondadori 2020- pag. 47). Maximilian Franz si insediò ufficialmente come Elettore il 5 agosto 1784 (cfr. Caeyers op. cit. pag. 51).

[4]) [1]) Cfr fra i vari studi: Maynard Solomon – Beethoven-musica-mito-psicanalisi-utopia- Einaudi-1998 (cfr. pagg. 47); Id: Beethoven- La vita, l’opera, il romanzo familiare- Marsilio Editori- 1988. pag. 35); Id: L’ultimo Beethoven- musica, pensiero, immaginazione- Carocci editore- 2010- pagg 112- 160;

Walter Riezler –Beethoven- Rusconi- 1977- pagg. 52- 53-54; Id: Beethoven saggi- Edizioni Ghibli 2014- alle pagg. 24-25;

H.C. Robbins Landon- Beethoven- La sua vita e il suo mondo in documenti e immagini d’epoca- Rusconi- 1997- pag.32;.

Klaus Kropfinger- Beethoven- Ricordi Lim- 2006 – pagg. 105-107-110-113;

Piero Buscaroli- BEETHOVEN- Rizzoli- 2004- pag. 91;

Jan Caeyers- BEETHOVEN- Ritratto di un genio- Mondadori 2020- pagg. 39- 41- 42-43-44- 581 nota 4 cap.IV.

Giorgio Pestelli- BEEHOVEN- Il Mulino – 1988- pag. 86 e nota 8); Id-Storia della musica- L’età di Mozart e di Beethoven-  EDT-2018 pagg. 30 e 234;.

Alfredo Casella- Beethoven Intimo- Sansoni 1981- pag. 3;

Luigi Della Croce- Ludwig van Beethoven- Le nove sinfonie e le altre opere per orchestra- Edizioni Studio Tesi- 1990- pagg. 32-34;

Sieghard Brandenburg- a cura di- Luigi Della Croce- traduzione di- Accademia nazionale di Santa Cecilia- Ludwig van Beethoven Epistolario- SKIRA- 1999- vol. 1 pag. 98 nota 1 e pag. 106, nota 1);

Harvey Sachs- La Nona di Beethoven- Garzanti- 2011- pagg. 52-53-54;

Lewis Lockwood- Le Sinfonie di Beethoven- Una visione artistica- EDT- 2016- pag. 20;

Accademia Nazionale di Santa Cecilia- van Beethoven- Le sinfonie e i concerti per pianoforte- a cura di Annalisa Bini e Roberto Grisley- Skira-2001- pag. 314;

Fabrizio Della Seta- Beethoven:Sinfonia Eroica- Carocci editore- 2019- pag. 48;

Piero Rattalino- Le sonate per pianoforte di Beethoven- Guida all’ascolto- Il lavoro editoriale- 1989-  pag. 27;

Quirino Principe- I quartetti per archi di Beethoven- Jaca Book- 2014- pag. 31-32; Id: Collana i Grandi della Musica- La vita e le opere- Beethoven- Supplemento al corriere della sera del 6 agosto 1991- dispensa 3- pag. 5;

Il romanzo della musica- Beethoven e il suo tempo- supplemento di Repubblica n. 124 del 27/5/1987- Intervista a Roman Vlad di Corrado Augias- pag 8;

Gaspare Scuderi- Beethoven- Le sonate per pianoforte- franco muzzio & c. editore- 1985-  pag. 20;

De Seyfried- Notizie biografiche su Luigi van Beethoven- in Studi di Beethoven ossia Trattato d’Armonia e di Composizione- Arnaldo Forni Editore-. Ristampa anastatica di Milano 1855- con note di Fetis e Rossi- vol. I- pag. 12;

Benedetta Saglietti- Beethoven, ritratti e immagini- EDT- 2010- pagg 1-2 e nota 6;

  1. G. Wegeler e F. Ries- Beethoven Appunti biografici dal vivo- a cura di Artemio Focher- Moretti & Vitali- 2002- pag. 29;

Giorgio Sanguinetti- Le Sonate per pianoforte di Beethoven- vol. 1- Libreria musicale italiana- 2020-pag. 84;

Alberto Basso- Storia della musica dalle origini al XIX secolo- UTET-2006- vol 2 pag. 845 e 930; Id: Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti- Le biografie- UTET-1988-  vol. V  pag. 339; Id: La Musica- Enciclopedia Storica- vol I- UTET- 1966- pagg 395-396;

  1. Della Corte- G. Pannain- Storia della Musica- UTET-1964- vol. 2- pag. 485;

Giovanni Carli Ballola- BEETHOVEN- Sansoni Accademia- 2^ edizione- pagg.15-16-17;

Franco Abbiati- Storia della musica- Garzanti 1967- volume secondo- pag.666.

Giovanni Guanti- Invito all’ascolto di Beethoven- Mursia 1995- pagg. 42-43-44-45- 50 e 51.

[5]) Le tesi revisioniste (su cui si argomenterà più avanti : cfr. pagg. 16-17) sono state timidamente avanzate con uno scritto del 1930 dal musicologo italiano Fausto Torrefranca e poi hanno fatto capo al musicologo tedesco Theodor Anton Henseler ed alla musicologa Claudia Valder Knechtges che, tra il 1983 ed il 1990, pubblicava dei lavori che si ponevano sulla scia di quelli pubblicati dallo Henseler.

Sulla primogenitura di Lucchesi, come maestro di Beethoven argomentano, in alcuni lavori, anche Giorgio Taboga, Agostino Taboga, Luigi Della Croce e, da ultimo, Riccardo Di Pasquale, Luca Bianchini ed Anna Trombetta, Luca Chiantore.

[6]) L’incarico ufficiale veniva conferito, appunto, dall’Elettore Maximilian Friedrich (dopo che Lucchesi aveva svolto i tre anni di prova dal 1771) e succedeva come kapellmeister al nonno di Beethoven, che era morto il 24 dicembre 1773.

Lucchesi giunse a Bonn con il primo violino (Konzertmeister) Gaetano Mattioli. Mentre Lucchesi era nominato kapellmeister, quest’ultimo assunse l’incarico di kepelldirektor (cfr. J. Caeyers op. cit. pagg. 27 e 49), ossia di colui che sovrintendeva alla attività amministrativa e disciplinare della Cappella, perché Lucchesi volle che si separasse la attività amministrativa da quella artistica del kapellmeister, in modo che si potesse dedicare e sovrintendere alle sole incombenze musicali.

Sotto gli italiani Lucchesi e Mattioli, la Cappella musicale di Bonn pare fosse diventata una delle migliori della Germania (cfr. J. Caeyers cit. pag 49).

Non la pensa proprio così Carlo Vitali in Andrea Luca Luchesi: “Cattivi maestri, pessimi allievi” nella rivista “musica del marzo 2018.

[7]) Salvo l’assenza di un anno (“dall’aprile del 1783 al maggio del 1784”): cfr. B. Saglietti- Beethoven, ritratti e immagini- Edt 2010- pag. 2.

Sullo scioglimento della Corte e della relativa Cappella: cfr. Silvia Gaddini- Lucchesi Andrea – in Dizionario biografico degli italiani- vol. 66- Roma- Istituto enciclopedico italiano- 2006.

[8]) Cfr. sopra nota 3.

[9]) Cfr. B. Saglietti op.cit. pagg 1-2; F.G.Wegeler e F.Ries- Beethoven Appunti biografici dal vivo a cura di A.Focher- Moretti & Vitali 2002 cit. pag.190 nota 27; G.C.Ballola op. cit. pag 17.

Neefe, come organista, aveva sostituito l’anziano  Aegidius van der Aeden (cfr.Giovanni Carli Ballola- BEETHOVEN- Sansoni Accademia- 2^ edizione- pag. 15; G.Taboga in un saggio del 2004 a commento del libro -Beethoven- di P. Buscaroli).

[10]) Cfr. J. Caeyers– op. cit. pag. 47.

Da notare che nel calendario della corte dell’Elettorato di Colonia, per l’anno 1790, si legge che nel ruolo di organisti vi erano: Organisti: Christian Neefe- Ludwig van Beethoven (cfr. F.G.Wegeler e F. Ries- Beethoven Appunti biografici dal vivo a cura di A. Focher- Moretti & Vitali 2002 cit. pagg. 50-51).

[11]) Cfr. su Internet- Riccardo Di Pasquale- La Proprietà intellettuale nelle Cappelle musicali del ‘700. Il caso Luchesi- pag. 109.

[12]) Cfr Di Pasquale cit. op cit. 109.

[13]) Cfr Di Pasquale op. cit. pag. 109.

[14]) Cfr.  Riccardo Di Pasquale op. cit. pag.110.

[15]) Cfr. Di Pasquale, op.cit. pagg 105 ss; L. Bianchini ed A. Trombetta- Mozart La caduta degli dei- Youcanprint Swelf-Publishing-2016.

In particolare questi ultimi, oltre a sostenere che A. Luchesi ultimo Kapellmeister di Bonn…fu il vero maestro di Beethoven fino alla partenza di quest’ultimo per Vienna avvenuta nel 1792(cfr. op. cit. parte seconda pag. 448), ipotizzano che la prima scuola classica di Vienna non ha nulla a che fare con la ricerca musicologica o storicae che fu utilizzata dalla propaganda nazista (cfr. parte seconda pag. 447).

[16]) Cfr. Di Pasquale, op. cit. pag. 107.

[17]) Cfr Di Pasquale op. cit. pag. 108.

[18]) Cfr. Di Pasquale op. cit. pag. 110.

[19]) Cfr. Di Pasquale op. cit. pagg. 110-111. In tal senso anche G.Taboga, nella sua recensione del 2004 al libro “Beethoven” di Piero Buscaroli.

[20]) Cfr. Di Pasquale, op. cit. pagg. 108-109-110.

[21]) Molti nobili avevano una loro Cappella musicale personale: si pensi alla famiglia Esterhazy ove, in funzione di kapellmeister, vi operò per moltissimo tempo F.J.Haydn; al re d’Inghilterra Giorgio I, al servizio del quale operò G.F. Handel; a varie istituzioni chiesastiche e municipalità al cui servizio operò J.S. Bach.

[22]) Come s’è già detto, quella di Bonn faceva capo, prima al principe Elettore Maximilian Friedrich e, poi, al suo successore Maximilian Fanz. Era formata da parecchi elementi, fra cantanti e strumentisti (vedi avanti pag. 15, nota 51).

[23]) All’epoca, non sussistendo il diritto d’autore, le opere composte dal kapellmeister erano assolutamente anonime -non recavano la firma di chi le componeva- e diventavano di proprietà della cappella (e quindi del suo padrone) che ne poteva fare l’uso che voleva.

[24]) Fra i giovani di talento vi erano, oltre a Beethoven, anche il cornista Nikolaus Simrock ed il flautista Anton Reicha (cfr. A. Zignani- Ludwig van Beethoven- una nuova interpretazione della vita e delle Opere- Zecchini editore 2020- pag. 14; J. Caeyers, op. cit. pag. 71). Proprio quest’ultimo studiava composizione con lo stesso maestro di Beethoven, ossia con Neefe (cfr. avanti pag. 15 nota 50).

[25]) In tal senso la pensa anche Carlo Vitali nell’articolo-intervista “Cattivi maestri, pessimi allievi” pubblicato nella rivista “Musica” n. 294 del marzo 2018, sopra cit.

[26]) Basti pensare allo stesso Lucchesi (chiamato, come s’è visto, a ricoprire l’incarico di kapellmeister presso la corte di Bonn), a musicisti come Antonio Salieri (vera e propria autorità musicale, nominato compositore di corte della famiglia imperiale a Vienna), a Giuseppe Bonno (che fu nominato maestro della cappella imperiale di Vienna), a Domenico Fischietti (di origine napoletana, che ottenne la nomina a maestro di cappella a Salisburgo, al posto di Leopold Mozart).

[27]) Non bisogna dimenticare che quando Beethoven entrò a far parte della Cappella musicale di Bonn, aveva comunque degli studi alle spalle, anche se discontinui ed  alquanto approssimativi, compiuti sotto la guida di alcuni maestri (l’organista van der Eaden- altri organisti di chiese locali- il padre Johann ed altri insegnanti della cerchia familiare, quali il violinista Franz Rovantini e tale Tobias Pfeiffer: cfr. J. Caeyers cit. op. cit. pagg. 37-38 e L. Chiantore cit. op. cit. pag. 32). Tanto, da essere inserito nell’organico come vice organista.

[28]) Cfr. Di Pasquale op. cit. pag. 98.  Ludwig nonno succedette al kapellmeister Joseph Touchemoulin (cfr. Caeyers op. cit. pagg. 21 ss.) e rimase in carica, come visto, fino alla morte. Nella primavera del 1784 Johann -padre di Beethoven- si candidò a succedere a suo padre -Ludwig senior- nel ruolo di maestro di cappella (cfr. Caeyers cit. op. cit. pag. 27). Ma il suo curriculum era nettamente inferiore a quello di Gaetano Mattioli e di Andrea Lucchesi, “divenuti rispettivamente direttore e maestro di cappella” (cfr. Caeyers cit. op. cit. pag.27). Fra l’altro il crescente consumo di alcool (dovuto anche alla perdita della moglie e dell’unica figlia femmina Maria Margaretha: cfr.- Caeyers cit. op. cit. pag. 28) provocò un calo di qualità della voce di Johann (cfr. anche Caeyers cit. op. cit. pag. 580 nota 3 cap.II). Tanto che con decreto dell’elettore in data 20 novembre 1789, questi veniva “ mandato prematuramente in pensione…e costretto a consegnare la metà del denaro di mantenimento al primogenito” (cfr. Caeyers cit. op. cit. pagg. 27-28).

A Johann venne “concesso un aumento mensile di 15 fiorini, non per meriti artistici ma per cristiana carità” (cfr Giovanni Guanti- Invito all’ascolto di Beethoven- Mursia 1995, pag. 47). Inoltre, appena insediato dopo la morte di Maximilian Friedrich, avvenuta il 15 aprile 1784, il nuovo elettore Maximilan Franz si fece compilare, nell’estate di quell’anno, un “Pro-memoria”…sui meriti e qualità dei suoi cantanti e suonatori” dove si diceva: ”N. 8. Il Tenorist Johan van Beethoven ha una voce quasi del tutto esaurita” (cfr. P. Buscaroli cit. op. cit. pag.106; G. Guanti cit. op. cit.pag.- 46-47). Johann “resterà… in forza alla cappella dell’elettore sino ai suoi ultimi giorni, più come interprete della macchietta del musicista avvinazzato che del repertorio tenorile” (cfr. Guanti cit. op. cit. pag. 47).

[29]) Cfr. Di Pasquale, op. cit. pagg. 98-99-111. Come è stato giustamente osservato, il padre di Beethoven non ne sarebbe stato in grado, e senza dubbio i responsabili della nomina del nuovo maestro di cappella ne erano consapevoli (cfr. Caeyers op. cit. pagg. 27-28).

Cfr anche nota 28 retro.

[30]) Lo stesso autore, che ha posto la questione, non può esimersi dal fare solo valutazioni probabilistiche. Scrive infatti, con riguardo ai quaderni di conversazione distrutti, che probabilmente su questo punto, come su altri ancora controversi, avrebbero potuto fornire i chiarimenti necessari lasciando spazio ad un’altra interpretazione (cfr. Di Pasquale cit. op. cit. pag. 110).

[31]) Pare, comunque, che l’insegnamento sia durato appena un paio di settimane, essendo stato Beethoven richiamato a Bonn per le pessime condizioni di salute della madre, che nel luglio dello stesso anno moriva di tisi: cfr. F.G.Wegeler e F. Ries- Beethoven appunti biografici dal vivo cit. a cura di A. Focher- Moretti & Vitali 2002- pag 29.

[32]) Quasi certamente il 2 novembre. Infatti Waldstein, in data Bonn, il 29 Ott. 792”, scriveva nello Stammbuch  [l’album donato a Beethoven dagli amici di Bonn, quando questi partì per Vienna] l’augurio di ricevere dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart. Nello stesso Stammbuch tale madame Koch, un’amica di Bonn, scriveva la frase:  Bonn il 1° 9mbre. 1792, la sera del nostro addio”. (cfr. Piero Buscaroli “BEETHOVEN” ed. 2004 pagg.217 e 219 e Walter Riezler -Beethoven- Rusconi cit. pag.58).

[33])  In tal senso la pensa anche Carlo Vitali nell’articolo-intervista “Cattivi maestri, pessimi allievi” pubblicato nella rivista “Musica” n. 294 del marzo 2018 e sopra cit.

[34]) Pare fosse allievo di un allievo di Bach, tale Gottfried August Homilius (cfr. G.C.Ballola op. cit. pag. 16 nota 1) e di tale J. A. Hiller (cfr. Dizionario della musica  e dei musicisti- UTET-1988- vol. V- pag. 339; A. Zignani- Ludwig van Beethoven- una nuova interpretazione della vita e delle Opere- Zecchini editore 2020- pag. 9; Maria Teresa Arfini- in Anton Reicha e Beethoven: una relazione controversa?- Il Saggiatore musicale- Anno XVI- 2009 n. 1- pag. 6 nota 5; J. Caeyers op. cit. pag. 39).

[35]) Cfr. F. G. Wegeler-F.Ries- Beethoven appunti biografici dal vivo a cura di A. Focher cit.-  pag. 50.

[36]) Gli fece studiare, essendo stato (come detto sopra pag. 10 nota 34) di scuola bachiana, il Clavicembalo ben temperato di Bach padre, il Versuch di C. Ph. E. Bach ed i trattati di Fux, di Marpurg (anche la sua Arte della fuga) e di Kirnberger (cfr. Alberto Basso- Storia della musica dalle origini al XIX secolo- UTET 2006- vol. 2 pagg 938 e 760; Luca Chiantore- Beethoven al pianoforte- Il Saggiatore 2014-pagg. 32-33; J. Caeyers cit.op. cit. pagg. 41-42). Della importanza delle opere di J.S.Bach, ma soprattutto di quelle per tastiera del figlio C.P.E.Bach, Beethoven parlava con entusiasmo nel pieno della sua maturità: “…ce ne sono alcune che ogni vero artista dovrebbe possedere non soltanto come fonte di autentico godimento ma anche come oggetto di studio” (cfr. lettera a Breitkopf & Hartel del 26 luglio 1809 in Epistolario Accademia nazionale Santa Cecilia-Skira 2000- vol.II pag. 95). Neefe, come musicista, pare fosse mediocre. Però sapeva insegnare. Cfr Jan Caeyers- Beethoven ritratto di un genio- op. cit.- pagg.39 ss; Carli Ballola- Beethoven- Sansoni 2^ edizione- pagg. 15 ss; Walter Riezler- Beethoven – Rusconi 1977- pag.52; Giorgio Pestelli- Beethoven- Il Mulino 1988-pag. 86 e nota 8; H.C. Robbins Landon- Beehoven- Rusconi1997- pag.32; Maynard Solomon-Beethoven– Marsilio1986- pag.35. Fra l’altro, gli stessi revisionisti ammettono (e la cosa è documentata) che il Lucchesi, con istanza del 26 aprile 1783, chiese ed ottenne un permesso di un anno per venire in Italia (tornò a Bonn nel maggio del 1784: cfr. retro pag. 3 nota 7). Durante le sue assenze, Lucchesi era sostituito dal vice Neefe. Pare, anche, che le sue assenze da Bonn fossero frequenti, tanto che il nuovo elettore Maximilian Franz gli ridusse lo stipendio. Franz abolì alcuni privilegi ed abusi che alcuni musicisti della cappella si prendevano, specie quelli collegati alla cd “aspettativa remunerata”. Così ritirò tutte le autorizzazioni ad accettare incarichi altrove e i “direttori Mattioli e Lucchesi furono immediatamente richiamati dall’estero; il primo fu licenziato seduta stante e il secondo dovette accettare una drastica riduzione del suo lauto stipendio…” (cfr. J. Caeyers cit. op. cit. pag. 57 e Buscaroli op. cit. pag. 92). Cosa, questa, che dimostra ulteriormente la mancanza di quella assiduità che un rapporto maestro-allievo deve avere.

[37]) Per Beethoven, solo “Libertà e fraternità- ma non eguaglianza”: cfr. M. Solomon- su Beethoven- Musica mito psicoanalisi utopia op. cit. pag. 235.

Sul fatto che a Bonn vi fosse questo circolo di illuminati del quale faceva parte Neefe e che il “giovane Ludwig va Beethoven…si formò in quei circoli illuminati”, lo dicono anche Bianchini-Trombetta, op. cit. parte seconda pagg. 442 e 444.

[38]) Beethoven considerava la musica come l’arte più nobile ed elevata, per cui essa divenne il suo modo per esprimere e realizzare la sua missione artistica e, al contempo, etica. E questi principi etici trovano ampio risalto in opere come la sinfonia Eroica, la Quinta, Fidelio, la Missa Solemnis, la Nona, giustamente considerata come il suo affresco sinfonico sul concetto della fratellanza e della solidarietà umane. E questa idea di mettere in musica tali valori era maturata in Beethoven sin da giovane, essendo già ben evidente in lavori per cd preparatori, quali il Lied Amore reciproco WvO 118 della fine del ‘700 e, successivamente, la Fantasia per pf coro ed orchestra in do min op. 80 del 1808 (cfr.. L. Della Croce- Ludwig van Beethoven- Le nove sinfonie e le altre opere per orchestra cit. pagg 498-499).

Addirittura è lo stesso musicista ad evidenziare come questa divina arte lo abbia messo al riparo dalla idea del suicidio. Nella lettera indirizzata ai fratelli in data 6/10 ottobre 1802 (meglio nota come Testamento di Heiligenstadt) Beethoven scriveva: “poco ci mancò che non mi togliessi la vita” e, subito dopo, aggiungeva: “solo l’arte mi ha trattenuto dal farlo…” (cfr. Epistolario- Accademia di Santa Cecilia- Skira 1999- vol. I- pag- 221).

Più avanti, in una lettera indirizzata a certa Emilie (probabilmente una “piccola pianista che adorava Beethoven”), il musicista riprendeva il concetto della importanza dell’arte, scrivendo: “Persevera, non limitarti a fare dell’arte un esercizio ma sforzati di penetrarne l’intima essenza; essa merita tale sforzo, perchè soltanto l’arte e la scienza innalzano l’uomo fino alla divinità” (cfr. lettera del 17 luglio 1812 in Epistolario sopra cit- Skira 2000- vol. II pag. 316).

[39]) Cfr. Di Pasquale, op. cit. pagg. 104-107-108-109.

[40]) Tutti i documenti di cui si fa menzione in successione, sono pubblicati sul sito “Il giovane Beethoven agli occhi dei contemporanei- Raccolta di notizie dal 1783 al 1800- a cura di Luigi Bellofatto, revisione di Fiorella Romenzi.

[41]) Articolo fatto pubblicare da Neefe sul Magazin di Cramer a dimostrazione della stima che questi provava per il suo giovane allievo: cfr pagg 394-395.

[42) Ancora perdurava l’equivoco dell’abbassamento dell’età di due anni da parte del padre, nel tentativo di emulare il bambino prodigio Mozart. Cosa già evidenziata nell’avviso del 26 marzo 1778 dato dal padre per un concerto a Colonia (cfr. P. Buscaroli- op. cit. pag.82).

[43]) Si tratta delle variazioni WoO su una marcia di Ernest Christoph Dressler pubblicate nel 1782.

[44]) Cfr. la documentazione riportata nel sito indicato sopra in nota 40.

[45]) Il numero 34 del 23 agosto 1783: cfr. la documentazione riportata nel sito indicato sopra in nota 40.

[46]) Pubblicato a Lipsia nel 1790, a cura di Ernst Ludwig Gherrber: cfr. la documentazione riportata nel sito indicato sopra a nota 40.

[47]) Ancora perdurava l’errore sulla esatta data di nascita.

[48]) Il detto giornale era a cura di Johann Goittlieb Carl Spazier e riportava anche il testo di una lettera che B. scrisse a Neefe: cfr. la documentazione riportata nel sito indicato sopra in nota 40.

[49]) La presente lettera che, come visto, apparve anche sul Berlinische musikalische Zeitung, fu scritta da Beethoven probabilmente in occasione della sua partenza da Bonn alla fine di ottobre o all’inizio di novembre 1792.

Il brano di detta lettera certamente si basa su una copia in possesso del Neefe -cfr. Epistolario beethoveniano -Accademia Nazionale di Santa Cecilia- Skira 1999- vol. 1-  pagg.105-106 ).

[50]) Neefe era il “responsabile dell’istruzione di Beethoven a Bonn” (cfr. Beethoven a cura di Giorgio Pestelli- il Mulino 1988- 86). “Neefe fu non solo il maestro di Beethoven, fu il suo mentore” (cfr. A. Zignani- Ludwig van Beethoven- una nuova interpretazione della vita e delle Opere- Zecchini editgore 2020- pag. 14).

Con Neefe, oltre al giovane Beethoven, studiò composizione anche il flautista Anton Reicha, ed entrambi furono incoraggiati da detto maestro ad iscriversi alla facoltà di filosofia di Bonn (cfr. Maria Teresa Arfini- op. cit- pag. 6).

[51]) Attività di delega che, in una struttura complessa come quella in questione (il personale della Cappella, ai tempi dell’Elettore Maximilian Franz, comprendeva tra i 36 ed i 41 soggetti fra cantanti e musicisti: cfr. P. Buscaroli cit. op. cit. pag. 106; R. Di Pasquale op. cit. pag. 102), appare del tutto normale, visto che un Kapellmeister, già gravato da notevoli impegni e compiti istituzionali (come specificato retro, pag. 6), non poteva certamente risolvere in prima persona tutti gli altri che riguardavano la detta istituzione musicale. Infatti “Quando Neefe arrivò a Bonn, gli fu chiesto di occuparsi della formazione di Beethoven, cosa che il maestro fece con convinzione…”: cfr. J. Caeyers cit. op. cit. pag. 43.

E’ sintomatico il fatto che già all’atto della nomina quale Kapellmeister, Lucchesi avesse ottenuto dall’Elettore di separare l’attività amministrativa e disciplinare della Cappella (che fu affidata al collaboratore Gaetano Mattioli) “da quella strettamente musicale e didattica” (cfr. R. Di Pasquale cit. op. cit. pag. 101).

[52]) Cfr. Fausto Torrefranca- Le origini italiane del Romanticismo musicale- edito 1930, lavoro riportato nel sito “Andrea Luchesi: il Kapellmeister dimenticato, il maestro cancellato. Un inquietante silenzio nella vita di Ludwig van Beethoven” a cura di Agostino Taboga; nonché in R. Di Pasquale cit. op. cit. pag. 130.

[53]) Cfr. quanto riportato nel sito a cura di A. Taboga sopra cit.

[54]) In lavori pubbicati fra il 1983 ed il 1990: cfr. il sito di A.Taboga sopra cit.

[55]) Cfr. R. Di Pasquale cit. op. cit. pag. 130.

Sulle tesi di Henseler e di Valder-Knechtges vedi anche Silvia Gaddini- Dizionario Biografico Treccani- voce Lucchesi Andrea- volume 66- 2006- ove si dice testualmente: La produzione di L. per la cappella di corte avrebbe avuto, secondo Henseler, un influsso particolarmente forte sui passaggi contrappuntistici della musica sacra di Beethoven; Valder-Knechtges, invece, ritiene che l’influsso del L. abbia contribuito in modo determinante all’assimilazione, da parte di Beethoven, di quell’elemento “italianizzante” che è stato riconosciuto nelle sue primissime opere strumentali”.

[56]) Cfr. Giorgio Taboga– Musica e matematica- Andrea Luchesi, genio incompreso fra Riccati e Beethoven; Id: Andrea Luchesi, l’ora della verità- 1994; Agostino Taboga, nel sito “Andrea Luchesi: il Kapellmeister dimenticato, il maestro cancellato. Un inquietante silenzio nella vita di Ludwig van Beethoven”; L. Della Croce in- Andrea Luchesi, maestro di Mozart e Beethoven- conferenza del 25 gennaio 2000 per Associazione Mozart in Italia- Brescia- pagg.105-115 (contrariamente a quanto sostenuto, da questo autore, fino a quel momento: cfr. Ludwig van Beethoven- Epistolario- Skira 1999- vol. 1 pag. 98 nota 1; Id Ludwig van Beethoven- Le nove sinfonie e le altre opere per orchestra- sezione cronologia pag. XVI- anno 1781- e pagg. 32-33); R. Di Pasquale– La proprietà intellettuale nelle Cappelle musicali del ‘700- Il caso Luchesi- pagg. 107 ss; Luca Bianchini-Anna Trombetta– Mozart la caduta degli dei- Youcanprint Self-Publishing- parte seconda- pag. 448.

Una posizione intermedia sembra essere quella dello studioso Luca Chiantore (in Beethoven al pianoforte- il Saggiatore- 2014-) il quale, pur evidenziando la circostanza che il giovane Beethoven ed il kapellmeister Lucchesi si frequentarono a lungo nella Cappella di corte, precisa che ”Non sopravvive, tuttavia, alcun documento che certifichi un possibile rapporto didattico fra di loro” (pag.32). Aggiunge che “E’ probabile, tuttavia, che il ruolo di Neefe nella formazione di Beethoven sia stato amplificato al di là dei suoi effettivi meriti” e che  “Le fonti non permettono di definire con certezza  le ripercussioni che l’insegnamento di Neefe…ebbe sull’attività successiva di Beethoven, tanto in campo compositivo quanto in campo interpretativo” (pag. 33). Conclude, quanto alla posizione della mano, che la tradizione bachiana Beethoven la “conobbe grazie a Neefe” (pag.-39).

[57]) Al riguardo appare sintomatico quanto detto da Luigi della Croce nel suo saggio- Andrea Luchesi, maestro di Mozart e Beethoven- conferenza del 25 gennaio 2000 per Associazione Mozart in Italia- Brescia- sopra cit. nota 56. L’autore, dopo avere premesso che Luchesi ricoprì la carica di kapellmeister a Bonn dal 1774 al 1801…, afferma: Non può quindi non avere avuto parte attiva essenziale negli avvenimenti dell’adolescenza e della giovinezza di Ludwig van Beethoven…fino al momento in cui Beethoven si spostò definitivamente a Vienna, nel 1792. E, sul punto, conclude precisando: Non è però facile separare- dal cumulo di citazioni…- l’elemento di certezza da quanto è ancora solo ipotesi, sovente logica, ma non corroborata del [da] prove concrete.

[58]) Cfr. Graziano Bianchi- Tempesta e Luce- Beethoven- Edizioni di Storia e Letteratura- Roma 2004- pag.-34.

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