WoO 223 Thut auf, Pezzo di canto a canone a due voci in do maggiore

WoO 223 “Thut Auf” (Aprite) Canone (in do maggiore) basata su un testo separato a due voci NGA XII / 2 AGA –
Origine e pubblicazione: Scritto in agosto / settembre 1820 in Vienna. La prima edizione è stata pubblicata postuma nel 2003 nell’edizione di William Kinderman nel quaderno di abbozzi di Beethoven “Artaria 195”.
Mentre Gustav Nottebohm descrisse gli abbozzi contenuti nel taccuino “Artaria 195” come uno “schizzo canonico” (Nottebohm / Beethoveniana ll S. 462), William Kinderman è arrivato alla conclusione che  “Thut Auf funziona bene come canone perpetuo, in cui l’inizio rappresenta la fine“.

Fonti:
1 schizzi non presenti.
2: D-B, Mus. ms. autogr. Beethoven Artaria 195, pagina 75. Data: agosto / settembre 1820 (Kinderman / Artaria 195 vol.1, pag 13).
Carta: orizzontale, 25 x 30 cm, 16 linee.
Provenienza: Publishing Archive Artaria, Vienna. Acquistato all’asta nel 1827. – Erich Prieger, Bonn, dal 1897. – Acquistato 1901. fac-simile e la descrizione Kinderman / Artaria 195. Ulteriori descrizione: Klein/Katalog a pagina 180-189. Prima edizione: 2003. In: Kinderman / Artaria 195 volume 3 p.75 (riproduzione, trascrizione). Documenti letterali: – Fonti: Kinderman / Artaria 195 vol. 1 p. 92f. – Nottebohm / Beethovenianall, pagina 462.

Scrivono Mark Zimmer e Albert Willem Holsbergen sul sito www.unheardbeethoven.org: This short song (identified by Nottebohm and Biamonti as a canon) is found at page 75 of the Artaria 195 sketchbook amongst much sketch material for the Missa Solemnis, op. 123 and the piano sonata op. 109, as well as a number of small piano pieces that ended up as op.119 nrs. 7-11. The phrase “Thut auf” (Open up) is the sole phrase written into what appears to have been intended as a vocal piece of some kind. William Kinderman, in his commentary on the Artaria 195 sketchbook, notes that “in its character and intervallic structure, employing the falling third E-C within a larger descending progression, it bears a faint similarity to the beginning of the fugato in the finale of the Piano Sonata in A Major, op. 101.” It does not appear to be a strict canon, but lends itself to repetition in perpetuum. We have here repeated it only once, lest an infinitely large midi file overwhelm our server.

It is possible that “Thut auf” is derived from the poem “Frühlingsgruß” (Spring Greetings) by Wilhelm Müller. That poem appears in the collection “Gedichte aus den hinterlassenen Papieren eines reisenden Waldhornisten 1” (Poems from the Abandoned Papers of a Wandering Horn Player, vol. 1), which was published under the date 1821, but which according to the German de.wikisource.org actually appeared in October 1820. It may also have been printed earlier in a literary journal, which were common at this time. This poem contains the lines, “Thut auf, thut auf die Fensterlein” (Open up, open up the windows!), which with some repetition scans exactly with Beethoven’s upper voice. The bass line Beethoven provides contains a different phrase that scans nicely with the next line of the poem, “Ihr Mägdlein, laßt den Frühling ein!” (You girls, let the spring in!). Such a sentiment would appeal to Beethoven, who loved the out of doors and fresh air.

The score for Willem’s completion of this canonic work, long disregarded in the literature, may be downloaded here.

Frühlingsgruß

Du heller linder Abendwind,
Flieg hin zu meinem Schatz geschwind,
Es wird dich nicht verdrießen,
Und fächl’ ihr sanft um Wang’ und Kinn,
Treib deine jüngsten Düfte hin
Und sprich: Der Lenz läßt grüßen!

Die Laute nehm’ ich von der Wand
Und schlinge drum ein grünes Band.
Ein Vöglein hort’ ich schlagen,
Es schlug: Wer bindet an mit mir
Zu Lieb’ und Sang ein Festturnier
In grünen Rosenhagen?

Wohlauf im hellen Mondenschein,
Durch alle Gassen aus und ein
Mit Fiedeln und Schalmeien!
Thut auf, thut auf die Fensterlein,
Ihr Mägdlein, laßt den Frühling ein!
Dürft euch vor ihm nicht scheuen.

Er ist ein wohlgezogner Gast,
Ein Knäblein jung und blöde fast,
Auch etwas unerfahren;
Nehmt Amorn ihm als Lehrer an,
So wird er bald ein kluger Mann,
Noch eh’ er kommt zu Jahren.

Du heller linder Abendwind,
Was meint zu dir das liebe Kind,
Gefällt ihr deine Kunde?
Gut’ Nacht, Gut’ Nacht!
Die Fenster zu! Der neue
Gast verlangt nach Ruh’,
Der Wächter bläst die Stunde.

Johann Ludwig Wilhelm Müller (Dessau, 7 ottobre 1794 – Dessau, 30 settembre 1827) è stato un poeta tedesco, ricordato soprattutto per le sue composizioni messe in musica da Franz Schubert.

Wilhelm Müller nacque in una famiglia di artigiani: suo padre Christian Leopold (1752-1820) era un calzolaio. Dopo gli studi superiori completati nel ginnasio della città natale, nel 1812 si iscrisse all’Università di Berlino dove si dedicò soprattutto a studi di storiografia e filologia. A Berlino frequentò giovani intellettuali romantici quali Gustav Schwab, Achim von Arnim, Clemens Brentano e Ludwig Tieck. Nel febbraio 1813 interruppe gli studi per arruolarsi volontario nell’esercito prussiano; prenderà parte alle battaglie di Lützen, di Bautzen, di Hanau e di Kulm nell’ambito della guerra contro Napoleone. Dopo essere stato di stanza a Praga e a Bruxelles, nel 1814 venne congedato dall’esercito e tornò a Dessau: riprese gli studi universitari nel 1815 e conseguì la laurea a Berlino nel 1817.

Le prime composizioni in versi di Müller apparvero nel 1816 nell’antologia di canti patriottici tedeschi Bundesblüten, assieme a quelli di altri suoi amici reduci dalla lotta della nazione tedesca contro l’invasione francese. L’anno della laurea venne ammesso all’Accademia delle Scienze di Berlino e accompagnò il barone Albert von Sack in un viaggio di studio che avrebbe dovuto svolgersi in Egitto e in Italia. A causa di una epidemia, la spedizione tedesca si recò dapprima in Italia. Raggiunta Roma nel gennaio 1818, Müller si separò da Sack; visitò Napoli, trascorse l’estate a Roma e dintorni, e tornò in patria nell’autunno del 1818. Le sue impressioni di viaggio furono pubblicate nel 1820 in Rom, Römer und Römerinnen.

Nel 1819 fu nominato professore di latino e greco nel ginnasio di Dessau, e nel 1820 bibliotecario alla Biblioteca ducale. Nel maggio 1821 sposò Adelaide Basedow, nipote del pedagogista Johann Bernhard Basedow; dal matrimonio nacquero due figli: Auguste, nata il 20 aprile 1822, e Friedrich Max, nato il 6 dicembre 1823, che diverrà un importante storico e filologo.

Müller si dedicò intensamente allo studio e nel breve spazio di tempo in cui visse, oltre a scrivere versi, curò un testo scolastico sulla poesia omerica, una traduzione della tragica storia del Dottor Faust di Marlowe, un’antologia della poesia tedesca del XVII secolo in dieci volumi, in collaborazione con Karl August Förster, e aveva iniziato una raccolta di canti popolari italiani portata poi a termine da Oskar Ludwig Bernhard Wolff. Morì improvvisamente per un attacco cardiaco, a soli 32 anni di età, dopo essere ritornato da un viaggio di studio nella Germania sud-occidentale (Südwestdeutschland).

A torto o a ragione, Müller non è più considerato una figura importante della letteratura tedesca, e il suo nome sarebbe probabilmente già caduto nell’oblio se il compositore Franz Schubert, suo contemporaneo, non avesse messo in musica un gran numero di suoi componimenti poetici; secondo il giudizio di Italo Alighiero Chiusano, «se oggi possediamo quelle collane di gioielli musicali che sono il Viaggio d’inverno e La bella mugnaia (o molinara, come traducono altri), lo dobbiamo all’umile ma tutt’altro che spregevole musa di Muller».

Müller va in ogni caso ricordato come l’autore della prima riflessione critica sulla letteratura di viaggio in Italia, genere al quale egli stesso aveva contribuito con la sua opera dedicata a Roma. In un corposo articolo uscito in 4 parti tra il 1820 e il 1821 sulle pagine della rivista Hermes oder kritisches Jahrbuch der Literatur, col titolo Reisebeschreibungen über Italien (Descrizioni di viaggio in Italia) egli prendeva infatti in esame la produzione inglese, francese e tedesca sull’argomento nota a quell’epoca, recensendola e valutandola con acuto senso critico e ponendo in tal modo le basi dell’odeporica italiana quale genere letterario autonomo. Nell’ultima parte di questo suo lavoro, inoltre, commentando le opere di alcuni storici tedeschi dell’arte italiana, egli fu tra i primi a cogliere l’importanza degli artisti italiani medievali, fino ad allora largamente sottovalutati.

(Da WIKI)

Il sito Unheardbeethoven è a cura di Albert Willem Holsbergen e Mark Zimmer. A loro va il nostro ringraziamento.

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