Opus 19 Concerto in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra

(seconda redazione)
I) Allegro con brio – II) Adagio – III) Rondò – Allegro molto

Opus 19 – Concerto in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra (seconda redazione) op. 19, dedicato a Carl Nicklas Edler von Nickelsberg, 1798, pubblicato in parti staccate a Vienna, Hoffmeister & Kiihnel, e Lipsia, Bureau de Musique, dicembre 1801; in partitura a Francoforte, Dunst, fine 1834. GA. n. 66 (serie 9/2) – B. 19 – KH. 19 – L. I, p. 180 -N. 19 – P. 52 – T. 58

Questa seconda e definitiva redazione fu compiuta, sembra, in occasione di una esecuzione data a Praga dallo stesso Beethoven nel 1798. La parte solistica venne però condotta a termine soltanto nell’aprile 1801. Il manoscritto originale (non completo nella parte del pianoforte) è conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Gli abbozzi si trovano in un quaderno del 1798 descritto dal Nottebohm, che contiene fra l’altro anche quelli del Quartetto in re maggiore op. 18 n. 3, della canzone Der Kuss, dell’Opferlied (seconda redazione) e del Rondò per pianoforte in sol maggiore op. 51 n. 2.

Che il Concerto in oggetto debba nel suo complesso considerarsi anteriore all’altro in do maggiore pubblicato tuttavia dieci mesi prima (con il num. d’op. 15) dall’editore Mollo, risulta da una lettera di Beethoven alla casa Breitkopf e Härtel di Lipsia in data 22 aprile dello stesso anno: «Hoffmeister pubblica uno dei miei primi concerti che, ovviamente, non è una delle mie migliori composizioni. Anche Mollo pubblica un concerto che è stato composto più tardi, è vero, ma neppure questo è una delle mie migliori composizioni del genere».

La partitura comprende 1 flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni e gli archi. Nel primo tempo sono fra l’altro degni di nota la spiritosa entrata del solista, il respiro melodico del secondo tema e gli atteggiamenti di grazia che si scoprono a tratti anche nelle parti più propriamente pianistiche. Nell’Adagio orchestra e solista dialogano e s’intrecciano in una linea melodica in principio alquanto sostenuta, poi a mano a mano più confidente, riassunta infine come in un limpido commiato del pianoforte cui risponde concludendo, comprensiva e sottomessa, la massa strumentale.

Il ritornello del Rondò è caratterizzato da un’accentazione ritmica del tema diversa da quella più comune e piana della prima redazione, la quale alla fine soltanto, in un episodico ritorno in sol maggiore di poche battute, riappare come un diversivo dal tono e dal ritmo dominanti.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: Opus 19 Konzert Nr. 2 (B-dur) für Klavier und Orchester Widmung: Carl Niki Edler von Nikelsberg NGA III/2 AGA 66 = Serie 9/2 SBG III/4 (Quelle 1.5, Hess 14)

Creazione e pubblicazione: esistono abbozzi e frammenti di partitura per una prima versione del concerto risalente agli anni 1786-1792, prima che Beethoven si trasferisse a Vienna. Attorno al 1793 rielaborò il concerto (il Rondo WoO 6 fungeva da finale) – un’ulteriore revisione e l’elaborazione del nuovo movimento finale ebbe luogo nel 1794/95. Alla fine del 1798 la trascrizione superstite della partitura fu probabilmente il risultato di un’altra profonda revisione e Beethoven non scrisse la parte solista per la stampa sino ai primi mesi del 1801, al più tardi il 22 aprile. L’edizione originale in parti fu pubblicata nel novembre/dicembre 1801 da Hoffmeister & Comp, a Vienna e dal Bureau de Musique a Lipsia. Il 22 aprile 1801 Beethoven scrisse a Breitkopf & Härtel circa l’ordine in cui furono composti i suoi primi due concerti per pianoforte: „bev mollo hier kommen wenn mir recht ist, bis 8 Werke heraus [darunter Op. 15], bev Hofmeister in leipzeig ebenfals Vier Werke [darunter Op. 19] – ich merke dabey bloß an, daß bey Hofmeister eins von meinen erstem Konzerten heraus kömmt, und folglich nicht zu den Besten von meine[nl Arbeiten gehört, bey mollo ebenfalls ein […] zwar später verfertigtes Konzert, aber ebenfalls noch nicht unter meine besten von der Art gehört“ (BGA 59).
L’esame approfondito di Douglas Johnson degli schizzi per entrambi i concerti conferma che una prima versione dell’op. 19 fu composta durante gli anni di Beethoven a Bonn. Il concerto op. 15  fu delineato solo a partire dal 1793 (Johnson/Fischhof vol. 1 p. 350-362, 364-385). Due frammenti di partitura e schizzi per una cadenza per il primo movimento suggeriscono che almeno una prima versione del primo movimento fosse disponibile per possibili esecuzioni a Bonn. Come riportato nella corrispondenza musicale del 13 luglio 1791, Beethoven in realtà eseguì nella città natale già dei concerti per pianoforte, anche se non è chiaro se si trattasse di sue composizioni. Douglas Johnson e Hans-Werner Küthen sottolineano inoltre che, studiati l’autografo del Rondò WoO 6 in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra, nonché gli schizzi per questa composizione risalenti prima del 1792, concludono che la prima versione dell’op. 19 potrebbe aver già avuto una versione precedente di WoO 6 come finale.
Nel 1793 fu scritto il (nuovo) autografo del rondò WoO 6 in si bemolle maggiore, che a quel tempo fungeva da movimento finale del concerto. Un frammento della partitura del 1° movimento di questo periodo potrebbe indicare che sia il primo movimento e forse anche il 2° movimento avesso subito una rielaborazione nel 1793. Dal momento che esistono abbozzi per una cadenza per il 1° movimento, forse elaborata a Vienna lo stesso anno,  Küthen pensa possa esser stata concepita un’ esecuzione del concerto per i Freitagskonzerte di Lichnowsky (Küthen/NGA III/2 KB p 8). Un gruppo di abbozzi e un altro frammento della partitura, inteso come inserimento in un autografo esistente, documentano una revisione del concerto nel 1794/95, in cui anche il movimento finale originale (WoO 6) fu sostituito da un nuovo finale.

Ciò avvenne al più tardi nelle settimane che precedettero l’esecuzione del concerto il 29 marzo o il 18 dicembre 1795. Un’altra ampia revisione dell’op. 19 – in particolare del 1° movimento – ebbe luogo negli ultimi mesi del 1798, come testimoniano gli abbozzi contenuti  nel quaderno denominato “Grasnick 1”. L’autografo dell’ultima versione dell’op. 19 fu probabilmente scritto subito dopo o al massimo – come afferma Johnson – all’ inizio del 1799).
Il quaderno contiene una revisione di grande portata per il 1° movimento, forse progettata prima che la parte solista fosse elaborata, al più tardi il 22 aprile 1801 (BGA 60). Beethoven non completò questa revisione, probabilmente perché il tempo era poco ed Hoffmeister aveva fretta di concludere la pubblicazione dell’ opera e perché forse temeva che la revisione si sarebbe allontanata troppo dalla sua concezione originale. Il 15 dicembre 1800 Beethoven offrì alla casa editrice Hoffmeister & Kühnel di Lipsia l’ Op. 19: „3tens ein Konzert fürs Klawier [Op. 19], welches ich zwar für kein’s von meinen Besten ausgebe, so wie ein anderes [Op. 15], was bey mollo hier herauskommen wird, (zur Nachricht an die Leipziger Rezensenten), weil ich die Bessern noch für mich behalte, bis ich selbst eine Reise mache, doch dörft es ihnen keine schände machen es zu stechen“ (BGA 49) .
Il 15 gennaio 1801, interrogato dall’editore, ribadì il prezzo: „das Concert schlage nur zu 10 # an, weil wie schon geschrieben ich’s nicht für eins von meinen besten ausgebe“ (BGA 54). Dopo l’accettazione da parte di Hoffmeister del 24 gennaio 1801, fu ritardata la consegna della bozza dell’incisore a Hoffmeister & Comp a Vienna. Il 22 aprile 1801 riferiva sulle condizioni del manoscritto: „so z.B. war zu dem Konzerte in der Partitur die Klawirstimme meiner Gewohnheit nach nicht geschrieben, und ich schrieb sie jezt erst, daher sie dieselbe wegen Beschleunigung von meiner eigenen nicht gar zu leßbaren Handschrift erhalten“ (BGA 60). Caspar Josef Eberl, amministratore delegato viennese della casa editrice Hoffmeister & Kühnel, inviò il modello per l’ incisore il 24 aprile 1801 a Kühnel (BGA 61). Il titolo e la dedica arrivarono all’editore a fine giugno (BGA 64). Nell’estate del 1801, quando Franz Anton Hoffmeister si recò a Vienna, Beethoven ricevette una prova a stampa del concerto (BGA 75). Il 2 dicembre cinque copie campione furono inviate a Beethoven. Il 12 dicembre il compositore consegnò un elenco di errori a Hoffmeister & Comp, a Vienna. Eberl riferì a Hoffmeister & Kühnel a Lipsia: „nur übergäbe er mir heute einige Fehler die in beyden Stücken [Op. 19 und 21] sich befinden, die er ersucht in der Blate zu Endern, ich gab ihm wohl zur antwort, d[ass] Sie keine Schuld haben, indem Sie keine Partitur hatten, und in geschribenen viele fehler sind; damit begnügt er sich, und verwünschte den Copisten“ (BGA 75). Eberl ricevette la risposta: „Beethoven angezeigte Stichfehler kommen von Copisten, weil keine Partitur davon gegeben worden, es waren ausserdem noch sehr viele, wollen die angezeigten in den Platten und Ex. [emplaren] corrigiren lassen“ (BGA 76).

Dedica: Carl Niki Edler von Ni(c)kelsberg (la grafia del nome varia), nato attorno al 1738 in Boemia e deceduto il 15 marzo 1805 a Vienna, presumibilmente figlio (di seconde nozze?) del contabile e poi contabile del tribunale (Hofbuchhaltungsrats) Johann Wolf (gang) Nicki (Nickhel) (1691? —1751). Carl Niki sposò Regina Dietmayr (Regine Dietmayer) von Dietmannsdorf (1738-1812) nel 1763. Il 10 aprile 1787 fu elevato al rango nobiliare dall’imperatore Giuseppe II e da quel momento in poi gli fu permesso di chiamarsi “Edler von Nickisberg”. Nel 1797 divenne „in Rücksicht auf […] die langjährigen guten Dienste und schätzbaren Einsichten“ (Wiener Zeitung del 13 settembre 1797) Hofrat al k.k. Ufficio finanza e commercio. Friedrich Slezak congettura che la posizione influente di Nikelsberg nell’amministrazione finanziaria sia una possibile ragione della dedica di Beethoven. È anche ipotizzabile che Beethoven volesse usare la dedica per creare condizioni favorevoli per suo fratello Kaspar Karl, che era stato assunto nel 1800 come praticante presso l’Universal-Staatsschuldenkassa. Sia un figlio che una figlia di Nikelsberg sono menzionati come buoni pianisti nel „Jahrbuch der Tonkunst“ di Schönfeld del 1796. La prima esecuzione del concerto non è chiaramente documentata. Poiché il concerto fu scritto nella sua versione più antica a Bonn, non si possono escludere ulteriori prime esecuzioni nella città renana o/e a Vienna. Beethoven potrebbe aver suonato una versione precedente, rivista nel 1794/95, in uno dei due concerti di Vienna del 1795. Vaclav Tomäsek riferisce che l’op. 19 fu eseguita durante il soggiorno di Beethoven a Praga nel 1798 (Tomaschek/Autobiografia p. 374.

Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it

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