Le Variazioni per pianoforte su Nel cor più non mi sento della Bella Molinara di Paisiello

J.B. AUERNHAMMER, J. GELINEK e L.V. BEETHOVEN.
Uno studio comparativo, a cura di Antonietta Cappelli

Il tema e variazioni è una forma musicale che consiste in una struttura apparentemente semplice. Il tema è un periodo musicale inedito oppure da motivo noto e famoso. Esso è riproposto più volte usando variazioni di: melodia (aggiungere o togliere note al tema), ritmo, armonia, timbro (se si tratta di musica d’insieme oppure orchestrale) oppure registro (musica strumentale) e infine dinamiche o agogiche.

L’utilizzo di questa forma musicale è stato oggetto di divertimento per i compositori, soprattutto classici, che prendendo un tema alla moda cercavano di mostrare la loro bravura e abilità tecnica.

E’ il caso delle tre versioni di tema e variazioni, sul duetto “Nel cor più non mi sento” di Paisiello, di tre musicisti che hanno operato a Vienna a cavallo tra la seconda metà del 1700 e prima metà del 1800: Josepha Barbara Auernhammer (25 September 1758 – 30 January 1820), Joseph Gelinek (3 December 1758 – 13 April 1825) e Ludvig Van Beethoven (Bonn, 16 dicembre 1770 – Vienna, 26 marzo 1827).

La Molinara fu composta da Paisiello nel 1788 e sin da subito riscosse un successone e non a caso il tema del celebre duetto “Nel cor più non mi sento” è stato oggetto di rielaborazioni più disparate da parte di grandi nomi tra i quali il celebre N. Paganini con la sua op.38.

Nell’aria originale vi sono 8 battute introduttive e poi seguono le 20 battute che costituiscono il tema che si propone nella forma A B A, tipico della Canzone.

Il trittico pianistico che stiamo per analizzare, non considera le 8 battute introduttive ma parte direttamente dal tema, conservando la tonalità di Sol maggiore e il metro.

Fra i tre brani, sicuramente il più semplice (non per idee ma da suonare) è quello di Beethoven. Il musicista è presente alla rappresentazione della Molinara il 2 giugno 1795 al Kärntnertortheater di Vienna, in compagnia di una dama che esprime il desiderio di possedere delle variazioni sull’aria “Nel cor più non mi sento” e la mattina dopo il musicista, debole al gentil sesso, le fa recapitare il manoscritto. Egli stesso afferma che “Sono così facili che la dama dovrebbe essere in grado di interpretarli a prima vista. “(Wegler / Ries pagina 80).

Cerchiamo di capire cosa accomuna e cosa rende uniche le tre composizioni in oggetto.

Josepha Barbara Auernhammer Joseph Gelinek Ludwig Van Beethoven

·       Pubblicazione a Vienna da Speyer, Bosseler n.226, 1791.

·       TEMA, 6 VARIAZIONI E UNA CODA con finale in 2/4

·       Il tema è composto da 20 battute, presentato in modo semplice e lineare (melodia affidata alla mano destra e accompagnamento alla mano sinistra) nella tonalità di SOL maggiore nel tempo 6/8, ritmo anacrusico.

·       Presenza di appoggiature. Una sola corona alla fine della parte B posta sull’accordo di RE. Tutte le chiusure ben marcate, cadenze perfette ben definite.

·       Il basso, ben visibile dalla Variazione 1, procede in questo modo: I  V  I  III  IV  V  I  II  III IV  V  I  progressione modulante che porta al RE maggiore  e prosegue con  V  I  IV  V  I.

·       La struttura formale si conserva, tranne nella coda (meglio chiamarla cadenza) che appare libera e di bravura che si chiude con una danzetta saltellante, in 2/4.

·       Pubblicazione a Vienna da Artaria: J. Cappi, 1796

·       TEMA e 6 VARIAZIONI

·       Il tema è composto da 20 battute, presentato in modo semplice, nella tonalità di SOL maggiore nel tempo 6/8, ritmo anacrusico.

La melodia è affidata principalmente alla destra ad eccezione della quinta battuta e della sua ripetizione successiva in cui sinistra e destra duettano ultilizzando le terze parallele.

Accompagnamento costituito da accordi aperti.

·       Presenza di acciaccature e solo di una corona, sulle pause, alla fine della parte B, prima della ripresa.

·       Il basso procede in questo modo: I  V  I  II  V  I  V  I  V  I  progressione che porta al RE maggiore e prosegue V  I  II  V  II V   I  V  I.

·       La struttura formale si conserva.

L’ultima variazione presenta un piccola CODA in chiusura, cadenza composta, che chiude il brano sottovoce.

·       Pubblicazione a Vienna da Traeg il 23 marzo 1796

·       TEMA 6 VARIAZIONI

·       Il tema è composto da 20 battute, presentato in modo semplice e lineare (melodia affidata alla mano destra e accompagnamento alla mano sinistra) nella tonalità di SOL maggiore nel tempo 6/8, ritmo anacrusico.

·       Presenza di acciaccature e solo di una corona alla fine della parte B, sull’accordo di RE, prima della ripresa.

·       Il basso procede in questo modo: I  V  I  II  V  I  V  I  V  I  progressione che porta al RE maggiore e prosegue V  I  II  V  II V   I  V  I.

·       La struttura formale si conserva.

L’ultima variazione presenta una coda finale che risulta un’elaborazione del materiale precedente. La rielaborazione inizia a battuta 20. Protagonisti gli elementi distintivi di un gran chiusura: incrocio, ottave al basso e voci che si richiamano nei vari registri.

Tutte le variazioni, già ad occhio, appaiono complicate (e lo sono!).

Variazione n.1 orna la melodia facendola procedere per arpeggi e salti acrobatici (alla Listz) che arrivano a 2 ottave! Tutto ciò in velocità e con la mano sinistra che procede per ottavi. Alla ripresa della prima parte, dopo due battute, la mano sinistra arpeggia e salta, la mano destra sembra riprendere l’introduzione del Paisiello nella versione cantata.

Variazione n.2 Esercizio di scale cromatiche, in velocità, principalmente per la mano sinistra. Nella ripresa le due mani duettano in proposta-risposta.

Variazione n.3  esercizio sulle doppie terze e doppie seste staccate e cromatismi nella seconda parte.

Prova dura, tecnicamente. Richiede molta precisione nel gesto e nel tocco.

Variazione n.4  esercizio a mani incrociate, per la mano sinistra. La mano destra ha un semplice accompagnamento la mano sinistra si diverte a saltare dal registro grave a quello acuto e chiude in gran bellezza: trillando!

Variazione n.5 Scritta in tonalità minore, richiede controllo del suono nel registro acuto, cantabilità della melodia e abilità nei continui spostamenti di registro, mediante l’utilizzo del cambio d’ottava. 

Variazione n.6  Esercizio tecnico di velocità mediante passaggi tipici di diteggiatura codificata 34231423 (prima battuta) 3241 (terza e quarta battute) seguono i passaggi di articolazione che ruotano sul ribattuto del pollice e infine arpeggi nelle tre posizioni ed arpeggi spezzati.

CODA: richiama le cadenze tipiche dei concerti per pianoforte e orchestra. Sfoggio di tecnica che trova il culmine nelle scale per terza ascendenti e discendenti, nella tonalità d’impianto che sfrecciano sulla settima del RE minore che si trasforma in RE maggiore, in quinto grado di SOL per poi imbattersi allegramente in una bellissima danzetta in 2/4 che potremmo considerare la variazione n.7 del tema.

Variazioni di media difficoltà e molto equilibrate nella forma.

Variazione n.1 scrittura lineare, clavicembalistica, più che pianistica. Le dinamiche richiamano gli effetti sonori che si possono ricreare con il pianoforte.

Fraseggio ben esposto e molto preciso.

Dialoghi continui tra le due mani.

Variazione n.2  melodia affidata alla mano destra e arpeggi frizzanti affidati alla mano sinistra.

Variazione n.3  melodia affidata alla mano sinistra e scalette leggiadre alla mano destra.

Variazione n.4  “Siciliana”

Danza lenta in 6/8 caratterizzata da ritmo puntato, scritta nella tonalità minore. Evoca un’atmosfera pastorale e malinconica. Molto fedele alla forma classica.

Variazione n.5  esercizio di scalette terzinate alla mano sinistra e melodia, accompagnata da altre note, affidata alla mano destra. 

Variazione n.6  Tipico basso albertino proprio del classicismo. La melodia è camuffata dalle semiminime e semicrome che saltano da una mano all’altra quasi a voler sottolineare il duetto serrato del Tema, come avviene in un Fuga al momento degli stretti: due voci che si rincorrono e si incontrano nelle ultime 5 battute (coda), uscendo di scena mano nella mano.

Variazioni medio-facili e molto equilibrate nella forma.

Variazione n.1  melodia, arricchita da note di passaggio e di volta, affidata alla mano destra e semplice accompagnamento accordale alla sinistra.

Variazione n.2  La melodia, in stile violinistico, è accompagnata da un simpatico sali-scendi di semicrome che si muovono congiuntamente o a  piccoli salti.

Variazione n.3  Tecnica delle mani alternate ad arpeggi con ritmo ben definito e danzante. Dà l’idea del duetto che volteggia in un danza amorosa e divertente.

Variazione n.4  In tonalità minore  è caratterizzata dal ritmo sincopato e da contrattempi che costituiscono la melodia affidata alla mano destra. Sembrano sospiri affannosi tipici degli amanti.

Risulta un momento sensuale.

Variazione n.5  La sensualità è interrotta dalle scalette discendenti della mano destra che si aggiungono, non accompagnano, al duetto melodico proposto dalla mano sinistra e fanno intravedere i personaggi che corrono nella foresta alla ricerca di Calloandro.

Variazione n.6  Duetto festoso ed allegro che utilizza la tecnica degli arpeggi spezzati. Non si riduce ad un solo esercizio di tecnica pura. Alla battuta 20, inizio della coda, il compositore sfrutta gli elementi melodici, rielaborandoli e sfruttando la tecnica delle mani incrociate, ottave, elementi presenti nella melodia della var. 2 e brevi trilli di semicrome.

Tre modi differenti di sviluppare su variazioni di Tema noto e popolare. Tre opere molto belle che presentano tre grandi figure della Vienna classica e che fanno capire tratti della personalità di ognuno di loro. Molto spesso mi capita di suonare un brano e avvertire il pensiero dell’autore. Le note sono scritte sulla “carta” ma se consideriamo la notazione come una forma di scrittura, un codice da decifrare allora è doveroso trovare la chiave di lettura: capire il pensiero musicale.

Josepha appare un donna decisa e determinata. Povera amica! Vissuta in un’epoca in cui per emergere doveva dimostrare di essere acrobata della tastiera. E pensare che nonostante l’ammirazione dimostrata dal suo Maestro W.A. Mozart e anche dai contemporanei (fu ottima insegnante, molto richiesta) si sappia così poco della sua vita… Voleva viaggiare e mantenersi suonando e invece ha dovuto ripiegare le sue ambizioni rimanendo in Austria e accettare la vita coniugale. Ha continuato la sua carriera ed è stata duramente criticata fino ad essere massacrata dai contemporanei perché il suo modo di suonare non più alla moda…

Le sue variazioni appaiono come esercizi di tecnica ma dietro tutte quelle note, combinazioni ritmiche variegate e note fluttuanti troviamo una grande conoscenza musicale e un’energia pazzesca. Nella cadenza finale c’è “Lei”, la sua essenza: niente battute, libertà! Ma poi ecco… danzetta in 2/4 che però è liberatoria. Che bello sarebbe stato sentirla suonare!

Le variazioni di Gelinek sono molto scolastiche e misurate. Stiamo parlando di un Abate dall’animo gentile. Risulta molto raffinato nelle scelte e dall’inizio alla fine c’è un equilibrio perfetto. A mio avviso, la differenza la fa la “siciliana”: molto in voga nel Barocco ma presente anche nel Classicismo. Scrittura molto clavicembalistica; molto precise sono le indicazioni dinamiche e di fraseggio.  Gelinek fu un diligente allievo di Johann Georg Albrechtsberger, quest’ultimo insegnante (dopo J.Haydn e per breve tempo) di contrappunto e composizione di Beethoven.  Se confrontiamo la costruzione dei due lavori notiamo che la struttura ossea è molto simile ma, a parità artistica, non ci sono paragoni.  Come afferma Lewis Lockwood (p. 82 del libro The Music and the Life) secondo Albrechtsberger, Beethoven non avrebbe mai “prodotto qualcosa di accurato”; allo stesso tempo Beethoven trovava in Albrechtsberger solo l’arte di sviluppare e “creare l’ossatura musicale”.  Gelinek riflette l’ossatura e Beethoven fa la differenza.

Questa precisione viene meno in Beethoven (che sappiamo essere molto disordinato) e nella Auernhammer.

Beethoven è più giovane degli altri due musicisti in esame. A parer mio, seppur nella sua semplicità, dona a questa composizione una delicatezza e una atmosfera unica. Il fatto che l’abbia scritta per regalarla ad una donna, e che sicuramente voleva conquistare, dimostra la vena geniale. Poche note, pochi effetti per arrivare dritto al punto.

La bellezza nella sintesi e nella semplicità!

Antonietta Cappelli

Le variazioni fanno parte del progetto La ricerca diventa Arte

Una nuova vita per le opere sconosciute del tempo di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura della pianista professoressa Antonietta Cappelli

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