Hess 110 – Fidelio o L’amor coniugale, seconda redazione dell’opera, in due atti, rappresentata a Vienna, teatro an der Wien, il 29 marzo e 10 aprile 1806.

Hess 110 – Fidelio o L’amor coniugale, seconda redazione dell’opera, in due atti, rappresentata a Vienna, teatro an der Wien, il 29 marzo e 10 aprile 1806. B. 72/a – H. 110 – KH. 72/11 – L. III, p. 148, 156 -N. 72/2 – T. 125.

Anche in questa seconda redazione, come si è detto, l’opera fu presentata in teatro con il titolo di “Fidelio”, contrariamente alla volontà di Beethoven. Il titolo di “Leonora” fu dato soltanto al libretto e alla riduzione per canto e pianoforte. Il libretto fu stampato e pubblicato da Anton Pichler a spese di Beethoven nel 1806 con il titolo: “Leonora — oder — der Triumph der ehelichen Liebe — Eine — Oper in zwey Aufzügen — Frey nach dem Französischen bearbeitet — von -— Joseph Sonnleithner — In Musik gesetz — Von — Ludwig van Beethoven — Für das k. auch k.k. Hoftheater an der Wien” — (Leonora — O — Il Trionfo dell’amor coniugale — Una — Opera in due atti — Elaborata liberamente dal francese — Da — Joseph Sonnleithner — Posta in musica — Da — Ludwig van Beethoven — Per il reale e imperiale teatro di corte an der Wien). Di questo libretto Hess ha riferito scrupolosamente nella sua trattazione, a fianco del testo della prima redazione, tutti i passi che ne differiscono. Il manoscritto originale dell’Ouverture è perduto. Una copia, proveniente dalla raccolta Artaria e conservata a Berlino, servi alla stampa delle parti d’orchestra nel 1810 e della partitura nel giugno 1828: l’una e l’altra a cura della casa Breitkopf e Härtel, sempre con il titolo di “Leonora”. Anche il manoscritto originale dell’opera si trovava una volta in possesso della casa Breitkopf e Härtel, ma è andato poi disperso. L’opera non fu allora stampata e venne data in comunicazione dalla suddetta casa sempre in copia, egualmente con il titolo di Leonora. L’editore Cappi di Vienna pubblicò nel 1807 in redazione per canto e pianoforte i nn. 3 (Terzetto: “Ein Mann ist bald genommen”), 4 (Canone: “Mir ist so Wunderbar!”) e 10 (Duetto: “Um in der Ehe froh’ Leben”). Una prima redazione per canto e pianoforte, compiuta da Carl Czerny, venne pubblicata nel 1810 da Breitkopf e Härtel (“Leonore, oper in zvey Aufzügen”), essa però non comprendeva né l’Ouverture, né l’Aria dell’oro di Rocco, né i due Finali. In una successiva edizione 1815, con lo stesso titolo, fu aggiunta l’Ouverture. Nel 1843 fu pubblicata, come opera postuma, sempre da Breitkopf e Härtel, una “Arie für eine Bass-Stimme mit Begleitung des Pianoforte aus Fidelio von L. v. B.” (Aria per una voce di basso con accompagnamento di pianoforte, dal Fidelio di L. v. B.) che non sapremmo dire se corrispondesse in tutto e per tutto al Finale primo, in cui entrava anche il coro. Edizione critica completa è stata quella per canto e pianoforte curata da Otto Jahn e pubblicata, forse, nel 1853 (la prefazione porta la data del 1851) da Breitkopf e Härtel. Oltre che sull’edizione di Czerny, Jahn si è basato anche su una partitura fatta ricostruire dal musicista lipsiense Louis Weissenborn sulla scorta delle parti d’orchestra già in possesso del direttore Franz Seconda, da questo passate poi al teatro di stato di Wiesbaden e andate perdute durante la guerra 1939-45. Si è parlato già delle rappresentazioni precedenti tenutesi con scarso successo nel novembre 1805 in circostanze particolarmente sfavorevoli, poco dopo l’occupazione della città da parte delle truppe francesi. Passati i primi giorni di disorientamento e tornata la vita cittadina a una maggiore tranquillità, qualcuno cominciò a pensare ad una ripresa in cui l’opera, opportunamente modificata e sfrondata, fatta più snella anche nel testo parlato e meglio preparata, potesse venire equamente apprezzata dal pubblico. Tale era soprattutto l’idea del principe e della principessa Lichnowsky, grandi amici e protettori di Beethoven, del fedelissimo Stephan Breuning, del poeta e drammaturgo Heinrich von Collin (autore di quel “Coriolano” per il quale il maestro avrebbe dovuto scrivere qualche anno dopo la celebre Ouverture), ma non fu loro troppo facile convincere il maestro. Infine essi riuscirono a stabilire una riunione verso la metà di dicembre, per decidere di comune accordo le modifiche da apportare. Vi intervennero, oltre i suddetti, il giovane tenore Josef Ròckel, impostosi da poco all’ammirazione dei Viennesi, che appariva come un ideale interprete del personaggio di Florestano in luogo del Demmer, il violinista Franz Clement, della direzione artistica del teatro an der Wien (per il quale Beethoven avrebbe dovuto scrivere l’anno dopo il Concerto per violino e orchestra op. 61), il basso Sebastian Mayer (o Meier), che aveva interpretato già la parte di Pizarro, ed alcuni altri.

L’opera fu ripresa in esame da capo a fondo. Al pianoforte sedeva la principessa Lichnowsky, coadiuvata dal Clement che eseguiva qualche parte strumentale con il violino, mentre Mayer e Ròckel si alternavano alla meglio nelle parti vocali. Seduta lunga e laboriosa: Beethoven difendeva con tenacia la propria musica, opponendosi talora anche vivacemente alle abbreviazioni che gli venivano di volta in volta prospettate, ma alla fine l’accordo fu raggiunto: qualche pagina venne soppressa, alcune scene sottoposte a tagli ed abbreviazioni spesso considerevoli; Stephan Breuning si assunse l’incarico di rimaneggiare il libretto. Se nella stessa riunione si sia parlato anche di un rifacimento dell’Ouverture per mitigarne qualche ruvida impulsività drammatica e perfezionarla formalmente, o se l’idea ne sia in seguito sorta nella mente di Beethoven non sapremmo dire. Può pensarsi con il Thayer-Riemann (II, 503) che il maestro per vincere più facilmente la concorrenza di altre opere in programma nella stessa epoca al teatro an der Wien (Sargino di Paér, Faniska di Cherubini, Le Sannite di Seyfried) abbia voluto affrontarli nel campo suo proprio strumentale, creando una pagina ancora più grandiosa e di sicuro effetto.

Rimaneggiata e ridotta da tre a due atti (con la contrazione in uno solo dei primi due della redazione precedente) l’opera andò nuovamente in scena il 29 marzo 1806, con gli stessi artisti di canto, fatta eccezione per il tenore Demmer che fu sostituito dal Ròckel, e venne ripetuta il 10 aprile. La preparazione non dovette essere neppure questa volta straordinaria: le due lettere di Beethoven al Mayer accennano a manchevolezze del coro, a deficienze degli strumenti a fiato, a negligenza nell’osservanza dei coloriti e dei segni dinamici: proprio, soggiungeva il maestro, come se si fosse voluto fare apposta. Tuttavia un successo vi fu, e più ve ne sarebbe stato in seguito se dell’opera si fossero date altre rappresentazioni; ma a causa di una discussione alquanto vivace con il direttore del teatro barone von Braun, dovuta, sembra, ad ingiusti sospetti di Beethoven sulla regolarità della gestione amministrativa, il maestro dopo la rappresentazione del 10 aprile ritirò la partitura opponendosi ad ogni ulteriore replica. Ouverture (n. 3) È una rielaborazione di quella composta per la rappresentazione dell’opera nel 1805 (Ouverture n. 2) con la stessa formazione d’orchestra (per la Ouverture n. 1 v. n. 422). Nonostante la comunanza della materia prima ne differisce tanto nella concezione generale che nei particolari. La supera, in lunghezza, di 108 battute; ciò che non vuol dire che ciascuna delle sue parti sia proporzionalmente più lunga delle corrispondenti dell’altra. Vi sono fra esse delle differenze in più e in meno che danno alla fine il risultato suddetto, ma dimostrano in pari tempo come l’equilibrio dell’insieme sia stato in ciascuna raggiunto con differenti rapporti di grandezze. La prima metà (introduzione, esposizione, sviluppo fino al primo squillo di tromba) è più breve in ogni sua parte; la seconda (dall’episodio che segue al primo squillo fino alla ripresa, che manca nella Ouverture n. 2, e alla conclusione) considerevolmente più lunga. Il tema di Florestano nell’introduzione ha ricevuto un’impronta melodicamente più scorrevole ed un colorito strumentale diverso. La parte espositiva dell’Allegro, nonostante le abbreviazioni e i numerosi rimaneggiamenti, ha mantenuto, pur in una maggiore concisione dell’insieme, la fisionomia originale. Lo sviluppo ci presenta una più intima compenetrazione, in senso formale ed espressivo, dei principali elementi dell’esposizione. L’impeto concentrato del passo conducente al primo squillo di tromba non raggiunge forse l’intensità scattante del corrispondente, più esteso, della Ouverture precedente. Il segnale di tromba è diverso, in una figurazione ritmica forse più militare o marzialmente concisa. Profondamente diversi sono pure gli episodi che seguono al primo e al secondo squillo: l’uno, più ampio, ricalcato sul motivo del flauto (che anche nella redazione del 1805 s’accompagnava al momento scenico), con un eco sottovoce negli archi del ritmo squillante; l’altro conducente attraverso una serie di geniali passaggi di armonie e di movimenti ritmici (in cui l’elemento fantasioso-poetico prevale su quello drammatico) alla ripresa con l’entrata del primo tema nel flauto. Nella Ouverture n. 2, come si è visto, alla ripresa era sostituito un breve ritorno nel tono fondamentale di do maggiore del tema di Florestano nella forma dell’Adagio introduttivo, che poi conduceva direttamente alla conclusione.

Dei rapporti e delle differenze fra le due Ouvertures si sono variamente occupati parecchi studiosi e musicisti: da Schumann che, pur ammirando la bellezza e la freschezza della seconda, riconosce l’affinamento artistico della terza, a Graf che rileva la perfezione artistica di quest’ultima, a Bekker che spiega la diversa concezione delle due dal punto di vista musicale e drammatico, a Furtwàngler che mette bene in chiaro il valore etico di forma-sonata della terza, a Braunstein che pone l’una e l’altra a confronto in un minuto esame di elementi tecnici e formali, a Rolland che definisce efficacemente la seconda «dramma sinfonico» e la terza «ode drammatica». Le modificazioni portate ai vari numeri dell’opera hanno avuto il principale scopo di abbreviare; ciò che è avvenuto spesso anche in modo meccanico, senza troppo riguardo all’organicità di certe forme. Tuttavia l’insieme dell’opera ha mantenuto la fisionomia fondamentale del 1805; e solo nella redazione del 1814 subirà essenziali cambiamenti. Di utile guida ci è servita anche qui nella sommaria esposizione che segue l’opera di Hess. Primo Atto I. (I della prima redazione) — Aria: Marcellina: “O war ich schon mit dir vereint” (Oh, fossi già unita a te). È rimasta, si può dire, invariata: con una sola lieve modificazione nel ritornello strumentale, che ricalca qui fedelmente lo spunto della melodia cantata. II. (II della prima redazione) — Duetto: Jaquino e Marcellina: “Jetz, Schàtzchen, jetz wir sind allein” (Ora, tesoruccio, ora siamo soli). Nella ripresa, dopo l’episodio dei colpi alla porta, sono state tolte 14 battute, cosicché la coda segue subito all’episodio suddetto. Il n. III della prima redazione, Terzetto: Marcellina, Jaquino, Rocco: “Ein Mann ist bald genommen” (Un uomo è presto conquistato), è stato portato al n. X. III. (IV della prima redazione) — Canone: Marcellina, Leonora, Rocco, Jaquino: “Mir ist so Wunderbar”. (Quanto è affascinante per me!). Non ha subito abbreviazioni. Hess nota la differenza di qualche particolare nell’adattamento delle parole alla figurazione musicale, con il risultato di una maggiore rifinitura vocale. L’aria di Rocco: “Hat man nicht auch Gold beineben” (Se non si ha anche dell’oro con sé), che nella prima redazione seguiva a questo canone come n. V, era stata in principio mantenuta, ma con altro testo, più sensato rispetto al carattere della scena, del Breuning. Figura nella edizione per canto e pianoforte dello Jahn; ne esiste anche una copia della partitura a Berlino, differente da quella del 1805 soltanto per la mancanza delle trombe e dei timpani e per una piccola modificazione, in due punti, della parte del secondo oboe; dovette poi essere tolta, poiché manca nelle parti d’orchestra di Seconda ed il testo non è stato incluso nel libretto del 1806. IV. (VI della prima redazione) — Terzetto: Rocco, Fidelio, Marcellina: “Gut, Sohnchen” (Bene, figliuolo). I vari tagli non possono aver avuto altro scopo che quello di materiali abbreviazioni; essi hanno alterato i rapporti formali delle varie articolazioni fra loro, ma non modificato sensibilmente la fisionomia generale. Nella redazione del 1805 con questo pezzo terminava il primo dei tre atti in cui l’opera era divisa. In questa seconda, con l’aggiunta di una breve parte recitata di Rocco: “Aber nun ist der Zeit dass ick dem Gouverneur die Briefschaften uberbringe” (Ma ora è tempo ch’io vada a portare la posta al governatore), si passa alla scena successiva. V. (VII della prima redazione) — Marcia. È rimasta invariata, salvo il mantenimento del ritornello in tutte e due le parti. Nella redazione del 1805 incominciava qui l’atto II con cambiamento di scena. VI. (VIII della prima redazione) — Aria: Pizarro: “Ha! Welche Augenblick!” (Ah! Qual momento!) con coro. È stata abbreviata complessivamente di sette battute. VII. (IX della prima redazione) — Duetto: Pizarro, Rocco: “Jetzt, Alter” (Su, vecchio). Non ha subito abbreviazioni. VIII. (X della prima redazione) — Duetto: Marcellina e Leonora: “Um in der E he froh zu leben” (Per vivere felici nel matrimonio). Abbreviato in tre punti per complessive 18 battute. IX. (XI della prima redazione) — Recitativo e aria: Leonora: “Ach brich noch nicht, du mattes Herz!” (Ah, non spezzarti ancora, debole cuore!).

Il recitativo è rimasto inalterato, ma con l’aggiunta della frase da dirsi “sprechend oder singend” (parlando o cantando): “O Hoffnung, O komm” (O speranza, vieni) al di sopra del tema del ritornello strumentale dell’aria. «Beethoven tentò così di fondere queste battute di ritornello con il recitativo, in modo da rendere il passaggio più intimo e di annodare più strettamente il recitativo all’aria seguente» (Hess). Rolland commenta: «Ce soupir presque parlé, auquel répond déjà, par avance, dans l’orchestre (les graves cors et les bassons) le chant de l’Espérance … c’est comme si on la voyait venir sur les nuées … Elle tend les bras à l’infortunée …». Nell’Allegro sono state abolite le cadenze di virtuosismo vocale che figuravano nella prima redazione. X. (III della prima redazione) — Terzetto: Rocco, Jaquino, Marcellina: “Ein Mann ìst bald genommen” (Un uomo è presto conquistato). In seguito al suo spostamento dal n. IlI della prima redazione questo pezzo, che prima occupava un posto naturale fra quelli di carattere leggero dei quali si componeva quasi esclusivamente il primo atto, è venuto ad inserirsi come un intermezzo tra scene di più forte avvio drammatico; ma ha subito una notevole falcidia nel testo e nella musica. XI. (XII della prima redazione) — Finale. a) Coro dei prigionieri: “O welche Lust” (Oh qual piacere). È stato considerevolmente abbreviato nella ripresa, e un po’ anche nell’episodio del primo solo e in quello del coro che, facendo eco alle parole del secondo solo, avviava alla ripresa. b) Recitativo e duetto: Rocco e Leonora: “Entfernt euch” (Allontanatevi). È stato ridotto di qualche battuta sia nell’introduzione dell’orchestra che nel recitativo e nelle due parti: Allegro molto e Poco andante con moto del duetto. c) Entrata di Marcellina: “Ach, Vater, eilt” (Ah, padre, su presto!): nessuna abbreviazione. d) Entrata di Pizarro: “Noch immer zändert ihr hier?” (Ancora indugiate qui?): nessuna abbreviazione. e) Pizarro e coro delle guardie: “Auf euch nur will ich bauen” (Su voi soltanto voglio contare): considerevoli abbreviazioni, sia nelle parti di canto e orchestra che nell’epilogo strumentale. Secondo Atto. XII. (XIII. della prima redazione) — Introduzione, recitativo e aria di Florestano: “Gotti Welche Dunkel hier!” (Dio! che oscurità qui!). Non si può non dare ragione ad Hess, quando deplora che, per il solo scopo di abbreviare, questa pagina sia stata privata di parti intensamente espressive come alcune battute dello sviluppo sincopato e gli intervalli strumentali fra le varie parti del recitativo; e che, all’ultima frase tanto luminosamente calda nella modulazione in si maggiore: “Doch gerecht ist Gottes Wille” (Ma giusta è la volontà del Signore), sia stato sostituito un Allegro in sol maggiore «che non dice niente, un comune recitativo d’opera». Nell’Adagio dell’aria: “In des Lebens Frühlingstagen” (Nell’età primaverile della vita) all’introduzione strumentale di cinque battute è stata sostituita una sola battuta di raccordo. L’Andante un poco agitato non ha subito modificazioni. XIII. (XIV della prima redazione) — Il melodramma: Leonora: “Wie kalt ist es in diesem unterirdischen Geivolbe!” (Come fa freddo in questa spelonca!) è stato abolito e sostituito dalla recitazione pura e semplice. Nel duetto: Rocco, Leonora: “Nur hurtig fort” (Orsù presto) è stata considerevolmente abbreviata l’introduzione strumentale. XIV. (XV della prima redazione) — Terzetto: Florestano, Leonora, Rocco: “Euch werde Lohn” (Vi sia data ricompensa). È stato abbreviato considerevolmente, soprattutto nella ripresa. XV. (XVI della prima redazione) — Quartetto: Pizarro, Leonora, Florestano, Rocco: “Er sterbe!” (Che egli muoia!). Nessuna abbreviazione: il grido di Leonora: “Todt erst sein Weib!” (Uccidi prima sua moglie!) figura ancora in tutte le parti d’orchestra scandito sull’intervallo sol-si naturale come già nella redazione 180; ma nell’edizione per canto e pianoforte pubblicata nel 1810 al si è preposto il segno del bemolle). Il segnale di tromba è diverso, come già nella Ouverture. XVI. (XVII. della prima redazione). a) Recitativo: Florestano: “Ich kann mich noch nicht fassen” (Non posso ancora rendermi conto). È stato inopportunamente ridotto con l’abbreviazione e la contrazione di alcune delle varie frasi vocali e strumentali che si alternavano l’una all’altra in piccoli incisi, preparandosi e completandosi a vicenda secondo una linea drammatica d’intensità crescente fino all’irruzione del duetto successivo. b) Duetto: Florestano e Leonora: “O namenlose Freude!” (O gioia senza nome!). Ha subito molteplici tagli e abbreviazioni. XVII. (XVIII della prima redazione) — Finale. La prima parte, dal coro interno: “Zur Rache!” (Alla vendetta!) all’entrata del ministro, non ha subito varianti. Nella parte successiva, dall’entrata del ministro al principio dell’Andante. “O Gott! O welche Augenblick!” (O Dio! Qual momento!), è stato aggiunto l’episodio (tolto poi nuovamente nel 1814) del riavvicinamento di Jaquino e Marcellina: “Zuriich seh ich die Hoffnung kehren” (Vedo ritornare la speranza).

Del quintetto: “O Gott! O welche ein Augenblick!” (O Dio! Qual momento!): Leonora, Marcellina, Florestano, Don Fernando, Rocco, è stata mantenuta soltanto la seconda parte con partecipazione del coro. Gli episodi successivi (condanna di Pizarro, reazione del popolo che chiede una punizione maggiore, preghiera di Leonora e Florestano per un atto di clemenza, decisione del ministro di appellarsi alla giustizia del re, esaltazione dell’eroico amore di Leonora) sono stati sostituiti da un nudo recitativo di dieci battute di Don Fernando: “Hinvegmit diesem Bösevich! Uns, Freunde, winkt süsse Pflicht; auf, lassen laut in diesen Hallen der Wonne Jubel hoch erschallen!” (Via con questo malvagio! Un dolce dovere ci chiama, amici; su fate risuonare forte sotto queste volte il tripudio della vostra esultanza!). Altre abbreviazioni sono state introdotte anche nell’episodio finale (soli e coro): “Wer ein holdes Weib errungen” (Chi ha ottenuto una nobile donna).

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