Il ritratto di Beethoven che compone al pianoforte di Hermann Junker

di Luigi Domenico Bellofatto – Quadro di proprietà del C.R.M.

Il C.R.M. wwwlvBeethoven.it acquisisce un importante ritratto del compositore: si tratta del dipinto eseguito da Hermann Junker nel 1869. Prima di parlare del ritratto riteniamo utile conoscere il suo autore.

Hermann Philipp Ludwig Friedrich Junker nacque a Francoforte, città natale di Goethe, il 18 settembre 1838. Ricevette la sua prima formazione artistica presso l’Istituto d’Arte Städel, come allievo del noto professore Jacob Becker. Studiò anatomia e in seguito studiò con i professori von der Launitz, Chr. Gustav Lucae ed Ed. von Steinle. Successivamente con Schög, ed apprese lo stile pittorico dal professore Carl Hausmann, che in quel tempo lavorava a Francoforte. Hausmann dipinse con lo stile degli antichi olandesi, soprattutto Rembrandt, e il primo grande quadro di Junker, “Auerbach’s Keller” (1861), mostra interamente questa tecnica. Junker visitò Parigi nel 1862/63 dove conobbe Courbet. In seguito lo troviamo in Olanda, dove studiò gli antichi maestri fiamminghi. Nel 1865 tornò a Francoforte stabendosi così definitivamente nella città natale, lasciandola solo per brevi viaggi di studio. Mori a Francoforte il 10 Febbraio 1899.

Numerosi sono i dipinti di Junker, di cui i più famosi sono quello di Beethoven e quelli di Goethe: un ciclo di 12 quadri sulla della vita del poeta.

Per maggiori dettagli su questi ultimi si può visitare il seguente sito.

Il suo ciclo di 12 quadri che trattano il peregrinare attraverso l’esistenza di Goethe fu riprodotto in tutto il mondo ed ebbe l’onore di rimanere esposto in originale nel monastero tedesco della città natale di Wolfgang. Questi quadri gli permisero inoltre di entrare in contatto personale con i nipoti di Goethe. Ricordiamo anche le seguenti opere: “La Commissione d’esame” (1865); “Poesia e Prosa”, “La chiesa di Gretchen”; dipinto e disegno di una donna della guerra nel 1870/71. Nel 1864 pubblicò un’opera anatomica sulle forme femminili e successivamente: “Mignon”, “Immagini dell’antica vita familiare ebraica” e tanti altri. Negli ambienti artistici, tuttavia, è stato il “Beethoven” di Junker a suscitare più emozione ed è stato riprodotto numerose volte, soprattuto a stampa o litografia in bianco e nero. Il dipinto ebbe inoltro successo clamoroso alla prima grande mostra internazionale a Monaco.

Un giornale dell’epoca tedesco lo descrive così:

Raffigura Beethoven come personaggio nell’epoca in cui scrisse la sua famosa “Eroica”. Il grande antico creatore di musica sembra essere assorbito in se stesso e rimosso dal mondo, ogni tratto del viso dalla forma netta, lo sguardo ci mostra che il nobile compositore ascolta per la prima volta le melodie, che le persone del suo tempo e dei posteri ascoltano lui nello stupore e nella volontà e che sono eterni!  La candela spenta indica una notte sonnolenta e poco illumina la possente figura del maestro; la luce del mattino che irrompe dalla finestra forma un magnifico contrasto, e dimostra come Junker sia un maestro del colore, o come allievo dei migliori maestri di chiaro-oscurità. La maschera di gesso ripresa in vita e lo studio appassionato di tutti i ritratti esistenti servirono ora da guida a Junker nella creazione della testa realistica e tuttavia trasfigurata. Il dipinto ha avuto un successo clamoroso alla prima grande mostra internazionale a Monaco [1883].

Ritornando al dipinto, questo riporta sul retro un interessante iscrizione su un foglio che ne stabilisce la provenienza:

Dem Verfasser des poetischen Beethoven-Album

Herrn Hermann Landau

zur f.[reundlichen] E.[rinnerung] an

Herrmann Junker

Frankfurt a[m]/m[ain] 1877

Aus d. Sammlung Lanna

Pertanto si può capire che il quadro fu donato dall’artista allo studioso Hermann Joseph Landau (Praga, 19 giugno 1815;  Praga, 2 febbraio 1889); Landau scrisse una raccolta di saggi su Beethoven dal titolo “Erstes poetisches Beethoven-Album. Zur Erinnerung an den grossen Tondichter und an dessen Säcularfeier, begangen den 17. Dezember 1870” pubblicato a Praga nel 1872 (seconda edizione 1877)”, che potete trovare integralmente sul nostro sito alla pagina degli articoli “Beethoven-Album: ein Gedenkbuch”

Il ritratto fece successivamente parte della collezione di Freiherr Adalbert von Lanna, Praga (1836-1909); la sua collezione fu messa all’asta a Berlino nel 1911. Landau visse a Praga come Lanna. Da diversi articoli di giornali dell’epoca sembra che questo ritratto di Beethoven sia stato realizzato da Hermann Junker verso il 1869. E’ interessante confrontare questo ritratto di Beethoven che compone con un altro realizzato circa nel 1885 da Carl Bernhard Schlösser, (nato nel 1832 a Darmstadt – e deceduto nel 1914 a London) e qui sotto riprodotto.  Se li mettiamo a confronto abbiamo due visioni romantiche di Beethoven a lavoro nelle sue stanza di casa. Possiamo dire che Schlösser evidenza di più il disordine delle partiture e dei numerosi fogli nella stanza di Beethoven. Che Beethoven stesso lavorasse in questo modo, con un tavolino accanto al pianoforte, è suggerito non solo dalla natura dei suoi schizzi ma anche dalla descrizione delle sue stanze da parte di vari visitatori e di cui riportiamo qui sotto alcune testimonianze:

Il salone in cui mi salutò era tutt’altro che splendidamente arredato e, del resto, era disordinato quanto i suoi capelli. Qui trovai un gran pianoforte vecchio e sul leggio il testo di una cantata (Der glorreiche Augenblick) di Weissenbach; sui tasti c’era una matita, con la quale abbozzò il suo lavoro; e accanto ad esso, su un foglio di carta da musica scarabocchiato, ho trovato una serie di idee più divergenti, annotate senza alcun collegamento, i singoli dettagli più eterogenei che si scontravano l’uno con l’altro, così come potevano essergli venuti in mente. Questo era il materiale per la sua nuova cantata.

(J. W. Tomaschek, 1814)

Immaginatevi il luogo più sporco e disordinato che si possa immaginare: macchie di umidità coprivano il soffitto; un vecchio pianoforte a coda, sul quale la polvere si contendeva il posto con vari brani di musica incisa e manoscritta; sotto il pianoforte (non esagero) un pot de nuit non svuotato; accanto, un tavolino di noce utilizzato di frequente dal segretario; una quantità di penne incrostate d’inchiostro, al confronto delle quali splenderebbero le proverbiali penne da taverna; poi altra musica.

(Barone di Tremont, 1809)

Raramente raccoglieva qualcosa con la mano senza farla cadere o romperla. Così, più volte, rovesciò il calamaio nel pianoforte che stava accanto alla sua scrivania.

(Ferdinando Ries, 1801-1805)

Mentre Beethoven si godeva una birra, improvvisamente tirava fuori il suo taccuino e ci scriveva qualcosa. “Mi è venuta in mente una cosa,” diceva rimettendolo in tasca. Le idee che ha buttato fuori separatamente, con solo poche linee e punti e senza stanghette, sono geroglifici che nessuno può decifrare. Così in questi minuscoli quaderni nascondeva un tesoro di idee.

(Wilhelm von Lenz, 1855)

Qundo si affermò la pittura romantica, movimento artistico e culturale dell’ arte figurativa europea, si affermò anche una sensibilità nuova e diversa; si abbracciò l’individualità, l’emozione, la natura, l’immaginazione, la storia e l’introspezione. Le opere dei pittori romantici sono intrise di passione, mistero e profondità emotiva. La grandezza di Beethoven risiede nella sua capacità di non arrendersi al destino, nella volontà di credere in un futuro migliore, anche dopo la morte. La sua musica supera qualsiasi etichetta, ispirando generazioni di ascoltatori e dimostrando la sua immortale grandezza. Nessun musicista può esser più aderente alle idee che di li a poco i vari  Blake, Turner, Constable e Caspar David Friedrich metteranno su tela. Il nostro quadro è un degnissimo epigono di questo pensiero rivelato al mondo.

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