Lo spirito della Nona di Beethoven nelle mani di Ballista e Canino

di Benedetta Saglietti

Ascoltando Ballista – Canino si ha l’impressione che il loro duo sia un’orchestra in miniatura, sia che suonino Stravinsky sia che interpretino Beethoven.

Anni fa, quando li ascoltati per la prima volta, ebbi un vero colpo di fulmine: di lì in poi è abitudine mensile per me ascoltare il Sacre e la Nona di Beethoven nelle versioni originali o nelle trascrizioni interpretate dal duo (su Amazon in mp3 o su Spotify: )

Ballista e Canino sono,  da molto tempo, tra i pochi al mondo ad aver in repertorio la trascrizione della Nona Sinfonia per due pianoforti di Beethoven realizzata da Liszt. Non lo troverete strombazzato ai quattro venti e non lo leggerete nemmeno su Wikipedia.

Qualche appunto al volo, dopo il loro concerto di MiTo Settembre musica del 10 Settembre 2020. L’avvio della Nona trascritta da Liszt è asciutta e sintetica, ci lascia concentrare sulla struttura della partitura. Non ci sono famiglie di strumenti che potrebbero incantare gli ascoltatori coi molti colori dei loro suoni tentando di sedurlo: qui è tutto muscoli scattanti, una frenesia che formicola sin dalle prime pagine e che ricorda la voglia di fare un balzo del leone in gabbia o dell’orso di cui scrive De Vienney.

La Nona “di” Liszt ha meno gigantismo sonoro della Quinta Sinfonia trascritta per piano solo (qui nella celeberrima interpretazione di Glenn Gould) sembra che l’agio di dispiegare la partitura orchestrale su due strumenti invece di uno, gli consenta di fare un piccolo passo indietro. C’è nella Nona “di Liszt” tutto Beethoven, nota per nota: Liszt lo prende gentilmente per mano e ce lo avvicina, ma questa volta senza mettersi in primo piano. Si distinguono bene tutte le parti interne, in questa Nona, come se Beethoven-Liszt avessero appreso la lezione di Bach l’avessero trasfusa nell’orchestra e poi l’avessero riportata sul pianoforte (due, in questo caso).

L’Adagio molto (III movimento) suona questa sera come un corale bachiano: è canto allo stato puro, essenziale, tanto che si fatica a capire come agli ascoltatori coevi la musica vocale (che pure è 1/3 del suo catalogo) risultasse meno riuscita di quella strumentale. Ad ascoltare la Nona su questi due strumenti la memoria musicale compie dei viaggi circolari, cortocircuiti imprevedibili: dalla Sinfonia, sempre presente in un angolo della mente come immagine cui far costante riferimento, alla trascrizione per due pianoforti che stiamo ascoltando, per finire all’improvviso nel laboratorio delle Sonate per pianoforte (comprendendo quali esperienze pianistiche possano finire nella partitura orchestrale e come) e, dopo aver riflettuto sugli arnesi messi nella cassetta degli attrezzi durante l’esperienza sonatistica, di ritorno alla trascrizione. E questo Adagio diventa un dialogo platonico tra i due pianoforti, pura alchimìa, un tendere insieme verso il IV movimento, pur senza avvertire superficialmente alcuna urgenza pungente, c’è già qualcosa che “spinge e preme” (soprattutto ovviamente ne “Lo Stesso Tempo”, ultima parte di questo movimento) come scrive E.T.A. Hoffmann nella recensione alla Quinta Sinfonia.

L’accordo che apre il Presto diventa nella mente di Liszt e sotto le mani di Ballista e Canino fortissimamente espressionista – pare diventato un cluster! – non smussato dalle seduzioni strumentali, pura violenza sonora, preludio all’inizio dell’Inno alla gioia.

Qui, nel Presto, accade qualcosa di veramente strano: mancando le voci le pause assumono una rilevanza molto dissimile dalla Sinfonia col coro e il quartetto di solisti che conosciamo. Le pause, adesso, sono davvero cariche di premonizioni, come scriverebbe il Romantico per eccellenza, E.T.A. Hoffmann. In questa zona rarefatta, trapunta di stelle, quando l’ordito musicale si fa meno fitto è lì che sentiamo un poco la mancanza della parola intonata, che la mente accenna, canticchia, desidera: quando invece la densità è maggiore la memoria del canto sembra farsi meno necessaria.

Abituati da sempre ad ascoltare la Nona non disgiunta dalla sua parte vocale, ci sembra di poter dire, questa volta: prima le parole – che suggeriscono irrimediabilmente la forma – e poi la musica.

* Programma di sala di © Guido Barbieri per Mito Settembre Musica.

Benedetta Saglietti per lvbeethoven.it

Conservatorio Giuseppe Verdi / ore 20:00
Lo spirito della nona
Bruno Canino,
Antonio Ballista, pianoforti
Ph. 
© Gianluca Platania  

[tnc-pdf-viewer-iframe file=”https://www.lvbeethoven.it/wp-content/uploads/2020/09/MiTo.pdf” width=”450″ height=”550″ download=“true” print=”true” fullscreen=”true” share=“true” zoom=”true” open=”true” pagenav=“true” logo=”“true” find=“true” current_view=”true” rotate=”false” handtool=“true” doc_prop=“true” toggle_menu=“true” toggle_left=“true” scroll=“true” spread=“true” language=”it” page=”” default_zoom=”page-fit” pagemode=”none” iframe_title=””]

Per un focus più dettagliato sull’ autrice Benedetta Saglietti: https://www.lvbeethoven.it/benedetta_saglietti/