Arciduca Rodolfo d’ Austria – 40 variazioni su un tema di Beethoven WoO 200 O Hoffnung

Ausgabe von Ludwig van Beethoven gedichet, Vierzig Mahl verändert und ihren Verfasser gewidmet von seinem Schüler R:E:H:

Arciduca Rodolfo d’ Austria – La vita

L’arciduca Rodolfo (Rudolph Johann Joseph Rainer von Österreich ) nacque a Firenze il 9 Gennaio 1788, ultimogenito di sedici figli nati da Leopoldo, granduca di Toscana, e sua moglie, la principessa Maria Ludovica di Spagna. Quando suo padre divenne Imperatore, la famiglia si trasferì a Vienna e i bimbi furono educati sotto la supervisione del fratello maggiore, Franz, che divenne a sua volta imperatore d’Austria nel 1790. Seguendo la prassi, tutti i bambini imperiali ricevettero un’istruzione per fare carriera militare, governativa o religiosa. Gli Asburgo furono sempre sensibili alle arti e alla musica; lo stesso Imperatore Francesco, compositore e mecenate, assicurò ai bambini una cultura musicale affidando la loro educazione al compositore di corte Anton Teyber.

Suo zio Maximilian Franz, che fu il Principe Elettore di Colonia, nonché buon violista dilettante, fu colui che creò a Bonn un’ orchestra di cui Beethoven fece parte da giovanissimo. Entrambi i genitori di Rodolfo morirono quando il bambino aveva solo 4 anni; lui e alcuni suoi fratelli furono affidati dall’Imperatore Francesco al Generale Alois Haager von Altensteig.

Rodolfo, come i suoi fratelli, fu inizialmente preparato per la carriera militare, ma a causa della delicata salute (ereditò la predisposizione asburgica all’epilessia e fu soggetto a convulsioni per tutta la vita), fu dirottato alla carriera religiosa e nel 1805 prese i voti minori della chiesa cattolica. Nello stesso anno fu nominato coadiutore dell’arcivescovo di Olomouc (oggi in Repubblica Ceca), diventando arcivescovo nel 1819 e cardinale arcivescovo nel 1820. Durante questo mandato, la sua residenza principale fu il palazzo arcivescovile di Kromeriz, sebbene avesse trascorso molto tempo nel Palazzo Imperiale, nell’Hofburg a Vienna e in vari centri benessere come quelli di Baden bei Wien, Teplitz e Bad Ischl, dove fu sottoposto a cure periodiche per i suoi vari disturbi. Fu a Baden che l’arciduca Rodolfo morì prematuramente, per un’ emorragia, all’età di quarantatré anni.

Si presuppone che l’amicizia di Rodolfo con Beethoven sia iniziata nell’inverno del 1803-1804, quando l’arciduca aveva raggiunto un certo grado di indipendenza, essendosi trasferito in appartamenti privati nell’ Hofburg con il proprio seguito. Così ricorda Schindler, confermando anche che la parte per pianoforte del Triplo Concerto in do maggiore (Op. 56) fosse scritta per Rodolfo.

Risulta stridente però il fatto che nel 1806 Rodolfo possedesse relativamente poche opere di Beethoven nella sua collezione musicale, priva in particolare di tutte le prime sonate per pianoforte e della maggior parte delle serie di variazioni. Questo fatto potrebbe indicare che a quel tempo non fossero ancora intimi .

Abile pianista, il quindicenne Rodolfo si esibì nei salotti dell’aristocrazia viennese amante della musica, lo stesso ambiente culturale in cui anche Beethoven fu frequente visitatore. Gli anni 1803-1804 sono dunque, sempre secondo Schindler, gli anni in cui Rodolfo divenne allievo di Beethoven, prima al pianoforte e, poco dopo, anche nella composizione.

Le prime prove di un contatto più stretto risalgono al 1808, anno in cui Beethoven dedicò al futuro mecenate il quarto concerto per pianoforte, op. 58, la prima di una lunga serie di dediche che includeranno molte delle opere più importanti del compositore.

Non è trascurabile anche il fatto che il Principe Lobkowitz teneva regolari concerti nel suo palazzo, cui Beethoven partecipò spesso e in cui lo stesso arciduca si esibiva regolarmente. Johann Friedrich Reichardt lo ascoltò suonare “mehrere der schwersten Sachen von Prinzen Louis Ferdinand und von Beethoven auf dem fortepiano mit vieler Fertigkeit, Präzision und Zartheit spielte“ (alcune delle composizioni più difficili del principe Louis Ferdinand e di Beethoven con grande abilità, precisione e raffinatezza), e ebbe occasione di ammirare un’ esibizione degli stessi compositori in trii molto difficili, in cui Rudolph fu accompagnato dal violinista Karl August Seidler e dal violoncellista Anton Kraft, “Bei dem Fürsten von Lobkowitz währen die schönen Quartetten und die Abendkonzerte für den Erzherzog Rudolph noch immer fort, ungeachtet der Fürst selbst im Begriff ist, zu seinem Bataillon nach Böhmen zu gehen. Letzt haben wir da …Seidler selbst zeichnet sich bei jedem Konzert durch eigene Konzertsatze und durch seine vortreffliche Art aus, dem Erzherzoge die schweren Beethovenschen und Louis Ferdinandschen Trio’s zu begleiten, worin der brave Violoncellist Kraft oft auch seine alte Meisterschaft zeigt „ (Vertraute Briefe, lettere dell’8 gennaio pag. 294 e 1 marzo 1809, pag. 467-468).

Sempre nel 1809 seguente Rodolfo si unì ai Principi Kinsky e Lobkowitz nell’organizzare una rendita vitalizia per Beethoven che avrebbe assicurato la sua permanenza a vita a Vienna. Per l’arciduca, tenere Beethoven nella capitale asburgica non fu solo un atto di patriottismo, ma anche garanzia di prosecuzione delle lezioni di composizione con il genio di Bonn.

A tal proposito, lo studioso Gustav Nottebohm sostiene che gli Studien (“Ludwig van Beethoven’s Studien im Generalbasse, Contrapuncte und in der Compositions-Lehre aus dessen handschriftlichem Nachlasse gesammelt und hrsg. von Ignaz von Seyfried”) che furono pubblicati nel 1832 come studi propri sulla composizione, armonia e contrappunto di Beethoven per se stesso, sono in realtà un corso preparato da Beethoven per un suo allievo; e a quel tempo il suo allievo più importante fu proprio l’Arciduca Rodolfo. Questa raccolta di estratti, divisi in cinque sezioni, furono acquistati dall’editore Tobias Haslinger all’asta del lasciato di Beethoven nell’ottobre 1827. Haslinger li passò a Ignaz von Seyfried (1776-1841), e vennero pubblicati nel 1832. Fu solo nel 1872 che appunto Nottebohm, dopo un attento studio e investigazione, stabilì che una buona parti di questi studi dovevano essere per un corso di teoria musicale per un alunno importante di Beethoven; tesi poi ripresa anche dal biografo A.W. Thayer. Inoltre poiché queste carte furono tenute da Beethoven fino alla sua morte, è probabile che li copiò come una guida o strumento per correggere eventuali problemi di composizione di Rodolfo. In una lettera ad Haslinger del 1822 Beethoven scrive che al momento sta insegnando contrappunto a un persona e che non trovava le sue composizioni su questo soggetto tra le sue carte. Questa persona è quasi sicuramente l’Arciduca Rodolfo (anche se alcuni identificano la persona nel nipote Karl), e le lezioni di contrappunto, tenute nel 1822, possono essere servite per il lavoro di Rodolfo nella sua fuga per la variazione sul valzer di Diabelli (si veda dopo).

Rodolfo divenne quindi il vero mecenate di Beethoven. Il suo atto più generoso e illuminato fu proprio questo ruolo da protagonista nell’accordo – stabilito in un contratto scritto dalle parti il ​​1° marzo 1809 – in base al quale al compositore fu concessa una rendita complessiva di 4000 fiorini, in cambio del suo  impegno a stabilirsi a Vienna “o in qualche altra città situata nelle terre ereditarie di Sua Maestà imperiale austriaca”. A questa somma Rodolfo si impegnò a contribuire con 1.500 fiorini, mentre il principe Lobkowitz contribuì con 700 fiorini e il principe Kinsky con 1.800. L’annualità di Rodolfo venne pagata a Beethoven con scrupolosa regolarità. La situazione finanziaria del compositore migliorò solo per un breve periodo, in quanto le guerre Napoleoniche devastarono l’ Europa e di conseguenza le rendite dei nobili sottoscrittori. In poco tempo morirono sia il principe Lobkowitz che il principe Kinsky. Tuttavia la principessa Kinsky dette prova di essere una persona d’onore oltre che generosa, e lo stesso fecero gli eredi Lobkowitz, e nonostante le difficoltà la somma fu erogata al compositore ancora per molto tempo.

La prima documentazione delle lezioni che Rodolfo tenne con Beethoven risale agli anni 1809-1810, quando il compositore, durante l’assedio di Vienna da parte dell’esercito francese, si occupò di mettere insieme estratti di varie opere teoriche per l’istruzione del suo allievo.

La famiglia Imperiale riparò in Ungheria e durante i lunghi mesi invernali, Rodolfo compose due delle sue prime opere, datate marzo e maggio 1810. Alla fine del 1810, dopo il ritorno della famiglia imperiale a Vienna, riprese le lezioni, come attesta una lettera di Beethoven a Rodolfo nel dicembre di quell’anno, in cui si scusò d’ aver disertato la lezione programmata. Questa non fu che la prima di molteplici lettere simili scritte nei successivi quattordici anni. La maggior parte delle composizioni dell’arciduca Rodolfo risale al periodo 1810-1824, in coincidenza con il periodo in cui studiò attivamente con Beethoven. Il loro epistolario sopravvissuto consta di circa un centinaio di lettere.

A causa degli impegni istituzionali e religiosi, Rodolfo si dovette assentare da Vienna per lunghi periodi, ma ogni qual volta ritornava nella capitale  riprendeva regolarmente lunghe e regolari lezioni.

Il 25 aprile 1823, Beethoven si lamentò con Ferdinand Ries: Der Aufenthalt des Cardinals durch 4 Wochen hier, wo ich alle Tage 2 1 /2 ja 3 Stunden Lection geben musste, raubte mir viel Zeit, denn bei solchen Lectionen ist man des andern Tages kaum im Stande zu denken viel weniger zu schreiben, (“Il soggiorno di quattro settimane del cardinale (arciduca Rodolfo) a Vienna, durante il quale fui obbligato a dargli lezioni giornaliere di due ore e mezza o anche tre ore, mi rubò molto tempo. Dopo tali lezioni si è a malapena capaci, il giorno dopo, di pensare. Figuriamoci di comporre.”) . E nel novembre 1824 scrisse all’editore Schott’s Sohne: „So muß ich jetzt dafür alle Tage 2 Stunden Lekzion geben bey Sr. kaiserl. Hoheit dem Erzherzog Rudolph, dies nimmt mich so her, daß ich beinahe zu allem andern unfähig bin“. (“Ora devo dare a Sua Altezza Imperiale l’arciduca Rodolfo una lezione di due ore ogni giorno. Questo mi toglie così tanto tempo che mi rende quasi inadatto a qualsiasi altro lavoro”). Beethoven stette ben attento, tuttavia, a non rivelare la sua esasperazione nei confronti del nobile mecenate. Il tono delle sue lettere indirizzate all’arciduca furono sempre uniformemente servili e formali.

Nonostante il suo ruolo istituzionale monarchico e gli obblighi religiosi, Rodolfo sembrerebbe aver dedicato la maggior parte del suo tempo libero alla musica. Suonando, componendo, collezionando e catalogando la sua vasta biblioteca musicale. Lungi dall’essere un dilettante, l’ Arciduca si dedicò con serietà alla composizione. Ciò è documentato non solo dalla sua opera, ma anche dalle centinaia di pagine di abbozzi  su cui, proprio come il suo Maestro, lavorò rielaborando le sue idee.

Il coinvolgimento di Beethoven nella musica di Rodolfo può essere visto in molte correzioni e cambiamenti che indicò su molti manoscritti dell’arciduca. La maggior parte di queste correzioni si riferiscono alla cura di piccoli dettagli che influenzano la forma melodica, l’articolazione ritmica o la voce degli accordi; ma in alcune composizioni, come in queste Quaranta Variazioni, le correzioni includono la riscrittura completa di passaggi lunghi diverse battute. È interessante notare che, in linea generale, Beethoven si sia astenuto dall’imporre la propria personalità al suo studente e che permise a Rodolfo di esprimere la propria anima di compositore.

Dopo il 1824 l’arciduca Rodolfo sembra aver smesso di comporre, forse perché gran parte della sua ispirazione era legata all’insegnamento di Beethoven. In quegli ultimi anni il Genio di Bonn si isolò sempre più dal mondo che lo circondava. Dopo la morte di Beethoven, avvenuta nel marzo 1827, Rodolfo si dedicò ad altre attività. Quando scrisse il suo testamento, redatto in diverse versioni olografe, il capitolo per noi più importante fu la volontà di lasciare in eredità la sua collezione musicale alla biblioteca della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna.

Quando questa istituzione fu fondata nel 1814 fu l’arciduca Rodolfo, quale rappresentante  della famiglia imperiale, che ne divenne primo protettore. Tre anni dopo la sua morte, nel 1834, la vasta collezione di manoscritti musicali (inclusi importanti autografi Beethoveniani), musica stampata e libri sulla musica, che era stata accumulata dall’arciduca fin dall’ infanzia e accuratamente catalogata, fu spedita dalla biblioteca del palazzo di Kremsier a Vienna.

A seguito delle disposizioni del suo testamento, dopo la morte il cuore dell’arciduca Rodolfo fu asportato e collocato all’interno delle mura della Cattedrale di San Venceslao a Olmutz, sede del suo arcivescovato. Un piccolo busto di Rodolfo collocato in una nicchia su una parete lo ricorda ancora oggi. Il corpo giace nella cripta dei Cappuccini assieme a molti altri rappresentanti della famiglia Asburgo a Vienna.

Arciduca Rodolfo d’ Austria – La sua musica e i rapporti con Beethoven

La maggior parte delle composizioni dell’arciduca Rodolfo sono conservate oggi in due siti distinti. La maggior parte, compresi quasi tutti gli autografi, si trovano negli archivi dello Státní Zámek (Castello di Stato) a Kroměříž, Cecoslovacchia, ex residenza di Rodolfo; circa una ventina di opere (molte delle quali copie, ma anche alcuni autografi) si trovano nell’archivio della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna. L’opera totale dell’arciduca, che fu completamente descritta e numerata dall’autore stesso nel suo catalogo tematico, può essere riassunta come segue: ventisette composizioni completate (catalogo tematico, nn. 1-27); trentacinque composizioni non finite (catalogo tematico, nn. U 1-U 35), di cui alcune mancanti solamente di una o due pagine per essere completate; ventotto trascrizioni, arrangiamenti o manoscritti di opere di altri compositori, principalmente di Beethoven, Mozart e Handel (Catalogo tematico, n. T 1- T 28); e centinaia di pagine di schizzi vari, che vanno da alcune battute ad abbozzi di diverse pagine di lunghezza.

Le tre opere pubblicate in vita dell’arciduca Rodolfo furono queste Quaranta Variazioni (S.A. Steiner & Co., Vienna, 1819); la Sonata in la maggiore per clarinetto e pianoforte “Sonate für Pianoforte und Clarinette von R. E. H. II dem Grafen Ferdinand Troyer gewidmet /[l.: No. 3240]” (S.A. Steiner & Co., 1822); e una variazione  Fugata (si veda la foto). per l’insieme di cinquanta variazioni chieste da Anton Diabelli sul suo tema (valzer) e pubblicate nel 1824 con il titolo “ 50 Veränderungen über einen Walzer für das Piano-Forte componirt von Assmayer I. Bocklet C. M. v. Czapek L […] Vaterländischer Künstlerverein Veränderungen für das Piano Forte über ein vorgelegtes Thema, componirt von den vorzüglichsten Tonsetzern und Virtuosen Wien’s, und der k.k. oesterreichischen Staaten

Le correzioni e le modifiche suggerite da Beethoven possono essere trovate su sei delle composizioni dell’arciduca Rodolfo – cinque delle quali autografe e una trascrizione di un copista.

L’arciduca Rodolfo compose principalmente per pianoforte, sia come strumento solista che in coppia con uno strumento o voce. Tra le opere strumentali spiccano quelle che includono strumenti a fiato, in particolare clarinetto, corno di bassetto e czakan (un particolare flauto a forma di bastone da passeggio in uso a Vienna in quel periodo), opere concepite senza dubbio per due abili suonatori di fiati, i fratelli Conte Ferdinando e Franz de Troyeri.

Ma fu nelle variazioni che Rodolfo eccelse, composizioni in cui lasciava fluire la sua immaginazione in idee originali e spesso ingegnose; esemplificative sono proprio queste  Quaranta Variazioni.

Beethoven dedicò a Rodolfo un grande numero di opere, spesso molto importanti. L’ Arciduca fu la persona che ebbe la maggior parte delle dediche del compositore. La prima dedica risale al 1808 ed è il Quarto concerto per pianoforte (op. 58). Nel 1811 dedicò a Rodolfo il Quinto concerto per pianoforte (op. 73) e la Sonata per pianoforte in mi bemolle maggiore op. 81a. I tre movimenti della sonata commemoravano la partenza, l’assenza e il ritorno dell’arciduca che, con la sua famiglia, aveva cercato rifugio dall’esercito francese in avanzata verso Vienna ad Ofen [Budapest] dal maggio 1809 al gennaio 1810. Dopo il 1811, Beethoven dedicò a Rodolfo l ’arrangiamento per pianoforte di Ignaz Moscheles della versione finale del Fidelio (Op. 72) (1814); nell’1816, la Sonata per violino in sol maggiore (Op. 96) e il trio per pianoforte in si bemolle maggiore (Op. 97 ricordato oggi proprio come “Arciduca”); nel 1819, la sonata per pianoforte “Hammerklavier” (Op. 106); nel 1823, la Sonata per pianoforte in do minore (Op. 111); e nel 1827, la Grosse Fuge per quartetto d’archi (Op. 133) e il suo arrangiamento per  pianoforte a quattro mani (Op. 134), nonché la Missa solemnis (Op. 123), un’opera strettamente associata all’arciduca sin dalla sua nascita. Fu difatti concepita per la nomina di Rodolfo come arcivescovo di Olmutz il 9 marzo 1820. Tuttavia, il lavoro non fu  completato in tempo. Per finire, fu scritto per Rodolfo il canone “Seiner kaiserlichen Hoheit .. Alles Gute, alles Schone” (WoO 179), così come un breve scherzo musicale (WoO 205e).

Nel 1827 l’editore Artaria pubblicò una bellissima stampa di Beethoven incisa su rame da Joseph Steinmüller basata su un disegno di Johann Stephan Decker, con dedica all’arciduca Rodolfo

Dobbiamo infine ricordare la cosiddetta collezione Rodolfo, oggi conservata presso la Gesellschaft der Musikfreunde in Vienna, 61 volumi di musica stampata acquistati nel 1823 dall’arciduca. La Collezione Rodolfo è frutto di un notevole progetto collaborativo tra Beethoven ed Haslinger degli anni 1817-1821. A quel tempo Haslinger ebbe l’ idea di produrre una edizione “deluxe” manoscritta delle opere di Beethoven, preparata da Mathias Schwarz e Friedrich Warsow; Schwarz copiò le musiche mentre Warsow ne incise i titoli. All’epoca l’edizione comprendeva 51 volumi. Evento di importanza nazionale, quando l’Inghilterra mostrò interesse ad acquistare i volumi, l’arciduca Rodolfo decise di acquistarla nel settembre 1823 per un prezzo di 4.000 fiorini. Negli anni seguenti, Rodolfo la fece completare portando il numero dei volumi a 61.

Nel dicembre 1828 Tobias Haslinger annunciò la pubblicazione di un’edizione delle opere  dedicate all’arciduca. La dedica venne riportata nel primo fascicolo (e qui riprodotta) ma solo diverse serie (alcune incomplete) vennero pubblicate tra il 1828 e 1845 prima che il progetto venisse abbandonato. La serie I sono le sonate per pianoforte; la serie II vari pezzi per pianoforte; la serie V le sonate (ma non tutte) per pianoforte e violino; la serie VI le sonate per pianoforte e violoncello; la serie VII i trii per pianoforte, violino e violoncello; la serie VIII i quartetti e i quintetti con pianoforte; la serie X i trii per archi; la serie XI i quartetti per archi e la serie XII i concerti per pianoforte.

Arciduca Rodolfo d’ Austria – Le quaranta variazioni sul tema O Hoffnung WoO 200

Tema delle Quaranta Variazioni è un brevissimo Lied di quattro battute, “O Hoffnung”(WoO 200), scritto da Beethoven per l’ Arciduca nella primavera del 1818.  L’ autografo “O Hoffnung” è conservato attualmente presso l’archivio Staatsbibliothek di Berlino (Mus.Beethoven 52). Il breve testo” O Hoffnung, o Hoffnung! Du stahlst die Herzen, vertreibst die Schmerzen “(O Speranza, o Speranza! Tu rubi il cuore, tu calmi il dolore) sempre in autografo è conservato presso gli archivi dello Statni Zamek.

Gli schizzi e gli abbozzi  autografi delle Quaranta Variazioni conservati nell’archivio di Kromenz comprendono due versioni dell’opera e sei pagine di schizzi degli autografi di Rodolfo con correzioni di Beethoven. Entrambe le versioni sono state corrette nel dettaglio da Beethoven, a volte direttamente sul lavoro di Rodolfo, a volte sul margine più vicino.

Dopo aver ricevuto il tema l’arciduca si mise al lavoro componendo le variazioni e inviò una bozza a Beethoven nell’autunno del 1818. Beethoven scrisse i suoi suggerimenti per piccole modifiche su cinque fogli che sono sempre conservati presso gli archivi dello Statni Zamek. Diverse lettere nella corrispondenza fra l’ Arciduca e Beethoven descrivono in dettaglio il lavoro di Rodolfo sulle variazioni: Beethoven fu piacevolmente colpito da questo lavoro, e nella primavera del 1819 suggerì che fossero pubblicate. Beethoven definì le variazioni “magistrali”, descrisse Rodolfo come “favorito delle Muse”, come “lo spirito di Apollo”, e si accordò con S. A. Steiner, suo editore a quel tempo, per pubblicarle. Ne  suggerì anche il titolo: “Tema o esercizio impostato da L. v. Beeth [oven] su cui sono state scritte e dedicate quaranta variazioni al suo insegnante da Sua Eccellenza il compositore”. Quando le variazioni apparvero in stampa alla fine del 1819, la pagina del titolo riportò: Aufgabe von Ludwig van Beethoven gedichtet, vierzig Mahl verändert und ihrem Verfasser gewidmet von seinem Schüler R: E: H:. (“Esercizio composto da Ludwig van Beethoven, variato quaranta volte e dedicato al suo autore dal suo studente REH [Rudolph Erzherzog] “). Due recensioni su questa pubblicazione, entrambe altamente elogiative, apparvero su riviste musicali a grande diffusione nel 1820, una sulla Allgemeine Musikalische Zeitung del 19 Gennaio 1820 e l’altra sulla Wiener Allgemeine Musikalische Zeitung del 10 Giugno 1820 che definì Rodolfo  persona di alto rango conosciuto dal mondo musicale come grande patrono e benefattore dell’arte (qui riprodotta).

Nella sua versione finale e definitiva, le Quaranta Variazioni sono un’opera di grande interesse, nonostante trentacinque  di esse seguano pedissequamente la costruzione delle quattro battute del tema. L’opera si apre con un’introduzione di ottantotto battute in sol minore, contrassegnata “Adagio”. Nelle prime quattro variazioni Rodolfo adotta una procedura simile a quella usata da Beethoven nelle  Variazioni Eroica, op. 35, iniziando con una sola linea melodica e aggiungendo le voci contrappuntistiche una per una e sino alla variazione 4 tutte e quattro le voci appaiono nello stile corale del tema originale. Con la variazione 5, contrassegnata da un cambiamento nel tempo e un allontanamento dall’impostazione corale, Rodolfo utilizzò una gamma fantasiosa e ricca di risorse stilistiche e tecniche musicali per produrre una varietà continua pur non discostandosi dalle quattro battute originali e adotta vari tempi ritmici come terzine, sincopi ecc.. Le ultime cinque variazioni si espandono in lunghezza e complessità e seguono uno stile tradizionale includendo una variazione lenta (var. 36, in stile improvvisato), una marcia (var. 37) e un minuetto (var. 39). La variazione 40, il finale, è la più lunga e complessa, risulta una sorta di rondò a due sezioni contrastanti, seguite da una fuga di circa novanta battute. A causa del contrappunto, alcuni passaggi della fuga sono piuttosto difficili da suonare, ma, in generale, la scrittura dell’arciduca Rodolfo per pianoforte è idiomatica e di moderata difficoltà.

50 Veränderungen über einen Walzer für das Piano-Forte

Wien, bey A. Diabelli et Comp.
S.R.D. Var. 40 -Fuga Allegro (pagg. 63 / 65).

Bibliografia:

Johann Friedrich Reichardt, Vertraute Briefe : geschrieben auf einer Reise nach Wien und den Oesterreichischen Staaten zu Ende des Jahres 1808 und zu Anfang 1809 ; 2 volumi; Amsterdam : Im Kunst- und Industrie-Comtoir, 1810

Recension: Aufgabe von Ludwig van Beethoven gedichtet, vierzig Mahl verändert, und ihrem Verfasser gewidmet von seinem Schüler R. E. H., In: Allgemeine musikalische Zeitung mit besonderer Rücksicht auf den österreichischen Kaiserstaat. – 4 (1820), Nr. 47, vom 10.6., Sp. 369-373

Aufgabe, von Ludwig van Beethoven gedichtet, vierzig Mal verändert und ihrem Verfasser gewidmet von seinem Schüler; In: Allgemeine musikalische Zeitung. – Leipzig. – 22 (1820), Nr. 3, vom 19.1., Sp. 33-41

Die Gesellschaft der Musikfreunde des österreichischen Kaiserstaates hat von dem Kardinal-Erzherzog Rudolf ein kostbares Geschenk erhalten…. ;In: Allgemeine musikalische Zeitung. – Leipzig. – 42 (1840), Nr. 7, vom 12.2., Sp. 142

Drei und achtzig neu aufgefundene Original-Briefe Ludwig van Beethovens’s an den Erzherzog Rudolph / Hrsg. von Ludwig von Köchel. – Wien : Beck (Alfred Hölder), 1865.

A.W. Thayer, The archduke Rudolph, in: Dwight’s journal of music. – 41 (1881), Nr. 1045, pag, 73-74

Forty variations on a theme by Beethoven : for piano / Archduke Rudolph of Austria. Edited by Susan Kagan. Sonata in f minor for violin and piano.  Madison, Wis. : A-R Editions, 1992.

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