WoO 197 Da ist das Werk, (ecco l’opera), canone

Canone (Do maggiore) basato su un testo origiale NGAXII / 2 AGA-SBG V / 52 (2a edizione: 53; Hess 271) (a cinque voci). Scritto prima del 5 settembre 1826 a Vienna. Pubblicato in facsimile da O.E. Albrecht (Adventures and Discoveries of a Manuscript Hunter in Musical Quarterly, ottobre 1945, pagine 492 530). La prima edizione fu pubblicata postuma nel 1949 da Hug & Co. a Zurigo.

Testo: “Da ist das Werk. Sorg und das Geld, eins, zwei, drei, fünf, sechs, sieben, acht, neun, zehn, elf, zwölf Danken” (ecco l’opera, provvedi al denaro: 1,2, 3,4, 5,6, 7,8, 9,10, 11 e 12 ducati).

Beethoven inviò a Karl Holz il canone (vedere WoO 3, dedica) come allegato a una lettera (BGA 2193), con la quale gli diede anche la partitura autografa della trascrizione per pianoforte a quattro mani della Gosse Fuge Op. 133, op. 134. Holz doveva consegnare questa trascrizione all’editore Mathias Artaria e reclamare il compenso pattuito. Secondo il libro delle spese, Artaria pagò la somma richiesta di 12 ducati il ​​5 settembre 1826 (Nottebohm / Beethoveniana ll p. 365).

La presentazione della storia dell’origine di Thayers e Deiters (TDR V p. 408) secondo il rapporto di Holz pubblicato da Lenz (Lenz / catalogo parte 4 p. 219) non è del tutto esente da errori; ad esempio Holz confuse l’ Opus 134 con il nuovo movimento – finale composto per il quartetto Opus 130.

Il manoscritto (vedere fotografia): si trova negli U.S.A. nella George Peabody Library all’interno del College of Music di Baltimora e precisamente nella Arthur Friedheim Library.  U.S.A.US-BApi, ML 96 B 415. Datazione: inizio settembre 1826. Misure: un foglio; un foglio di testo musicale. Carta: 23 x 30,5 cm, 9 righe. Provenienza: Karl Holz, Vienna? – Harold Randolph. Facsimili: Peabody / online. -Albrecht/Discoveries p.496. Descrizione: BBB p.9. Ne esiste una copia di mano di Karl Holz  in A-Wst (MH 9635c: ü gen: BBB p. 389, Frimmel / Jahrbuch Bd. 1 p. 106). Prima edizione: 1949. Zurigo, Hug & Co. In: Ocht Singkanons von Ludwig van Beethoven, Willy Hess, n. 8. ancora Hess nel quinto fascicolo dei supplemente zur GA, 1962. Hess 271 – KH. (WoO) 197. L. IV, pagina 219.

Bibliografia: Klein / Kanons p.45f. – SBG V, 2a edizione, pagina 98.

Nel sito www.unheardbeethoven.org troviamo le seguenti considerazioni: “Nel settembre del 1826 Beethoven terminò il suo arrangiamento della Grosse Fuge, per pianoforte a 4 mani, op.134 ed il compito di portare l’opera all’editore fu affidato a Karl Holz. Beethoven scrisse il canone affidandolo ad Holz, da portare all’ editore Artaria.  “Da ist das Werk. Sorg und das Geld, eins, zwei, drei, fünf, sechs, sieben, acht, neun, zehn, elf, zwölf [per 3 volte] Dukaten, Dukaten, Dukaten, Dukaten, Dukaten.” [Questa è l’opera, Provvedi per i soldi, Provvedi, Provvedi! Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, dodici ducati, ducati, ducati, ducati, ducati!]. 12 ducati corrisponderebbero a circa 1.500 € in valuta attuale.

Scrive James Green: “Scritto ai primi di settembre del 1926, per esortare scherzosamente Carl Holz a richiedere all’editore Artaria il pagamento di 12 ducati relativo alla liquidazione dei diritti
per l’op. 134 (la trascrizione per pianoforte del Quartetto op. 133).” La notizia del catalogo De Lenz, che invece per l’origine di questa fuga si sia trattato del nuovo finale del quartetto opera 130 (composto soltanto nel novembre 1826), è erronea. E’ un canone a 5 voci all’unisono. Le entrate ogni 2 misure sono indicate da Beethoven stesso con il segno della doppia f
alla terza e quarta misura troviamo degli sf sulla parola “sorgt” (provvedi). Da notare che la prima terzina di misura 8 è uguale a quella di misura 6: forse Beethoven, nella fretta di scrivere la indicazioni a Holz, non ha notato l’errore. Per unheardbeethoven.org il primo movimento della misura 8 avrebbe dovuto essere : do-sol-mi. [perché non sol-mi-do ?] Ma naturalmente è il conteggio dei ducati che conta!
Ludwig Misch, nel suo capitolo sui canoni, solleva la questione se il Si naturale nella misura 2 non debba essere un Si bemolle. Non è chiaro se nell’autografo vi veda effettivamente qualcosa che somiglia ad un bemolle, o se lo voglia vedere, per ragioni teoriche: questo Si naturale cozza con il Do della misura 6, e abbassando il Si in Si bemolle il dissonante perderà gran parte della sua nitidezza.  Molto bello l’effetto creato dagli sf sulla parola sorgt che da misura 3 risuona ad ogni battuta, insieme alle terzine con la conta dei ducati e il veloce ritmo brevelunga – breve data dalla parola Dukaten. A mio avviso manca il finale per cui ho aggiunto una battuta proseguendo con la quarta voce che si conclude proprio sulla parola “sorgt” in sf.

I Ducati d’oro sono registrati per la prima volta come emessi dal Regno d’Austria nel 1612, anche se probabilmente sono affiorati molto prima. Sono coniati con oro puro 0,986 (23,75 carati), il che li rende tra le monete d’oro più pure ad essere state emesse prima della fine del XX secolo. Durante il 1400, i commercianti internazionali in Europa occidentale si spostarono dal Fiorino al Ducato come valuta e unità di conto preferita. Il Ducato era una moneta d’oro o d’argento usata a fini commerciali in Europa dal medioevo fino al XX secolo. Le riforme monetarie del Sacro Romano Imperatore Massimiliano iniziarono la coniazione dei Ducati d’oro in Austria già nel 1511. Intorno al 1913, il Ducato d’oro valeva l’equivalente di nove scellini e quattro penny. L’Austria continuò a colpire i ducati per la circolazione fino al 1914, durante gli ultimi anni del regno di Francesco Giuseppe I, e poco prima dell’inizio della prima guerra mondiale. Le monete d’oro Ducato datate 1915 sono ancora prodotte dalla zecca austriaca come riconi ufficiali. Francesco Giuseppe I (18 agosto 1830 – 21 novembre 1916) fu imperatore d’Austria e re apostolico d’Ungheria dal dicembre 1848, dopo l’abdicazione dell’imperatore Ferdinando come parte del piano del principe Felix zu Schwarzenberg per porre fine alle rivoluzioni in Austria e fino alla sua morte nel 1916. Francesco Giuseppe fu turbato dal nazionalismo durante tutto il suo regno e subì personalmente le tragedie dell’esecuzione del fratello Massimiliano, il suicidio del figlio il principe ereditario Rodolfo nel 1889, e l’assassinio della moglie, l’imperatrice Elisabetta nel 1898. Il 28 giugno 1914, l’assassinio dell’erede presuntuoso al trono austro-ungarico, suo nipote arciduca Francesco Ferdinando, dalle mani del nazionalista serbo Gavrilo Princip, portò alla dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria contro il Regno di Serbia (uno degli alleati della Russia), attivando una serie di alleanze che portarono alla Prima guerra mondiale. Una rarissima emissione d’oro fu decretata il 21 luglio 1766 dopo la morte di Francesco I. Mantenendo fede alla tradizione, la sua vedova, Maria Teresa, decise che sarebbero state emesse monete con il ritratto di Francesco I e la data della sua morte. I marchi alfabetici delle zecche dovevano essere usati per indicare l’anno effettivo di emissione, con A per il 1766. Le monete postume furono emesse in modo erratico.

I Ducati d’oro hanno ereditato il loro design e aspetto dalle monete d’oro medievali d’Europa, in quanto sono piuttosto sottili rispetto alle moderne monete d’oro, ma di grandi dimensioni. Contengono il 98,6% di oro puro, in lega con argento. Sul dritto troviamo un ritratto dell’imperatore d’Austria, l’ultimo dei quali è Francesco Giuseppe I. Ci sono versioni con un ritratto più giovane, ma la versione adulta è sulle ultime monete, compresa l’emissione del 1915. L’imperatore è ritratto rivolto a destra, con i baffi spessi e con una corona d’alloro sul capo. Sono incise le parole FRANC IOS I D I D G AUSTRIAE IMPERATOR. Sul rovescio vediamo le braccia dell’Austria sovrapposte su un’aquila imperiale a due teste coronata. Lo stemma dell’Austria-Ungheria era il simbolo del paese durante la sua esistenza dal 1867 al 1918, quando l’impero crollò in seguito alla sconfitta della Prima Guerra Mondiale. L’aquila bicipite o aquila imperiale era originariamente un simbolo del Sacro Romano Impero. Sopra l’aquila si trova la corona imperiale indossata dal Sacro Romano Imperatore di Casa d’Asburgo, diventando la corona d’Austria dopo la dissoluzione del Sacro Romano Impero. L’aquila imperiale tiene in cima alle sue teste la Regalia imperiale o i gioielli della corona, la spada imperiale, che veniva usata durante le incoronazioni, e la sfera imperiale, simbolo del diritto divino. L’aquila bicipite è un simbolo comune in araldica, più comunemente associato con l’Impero Bizantino, il Sacro Romano Impero, l’Impero Russo e i loro stati successori. In araldica bizantina, le teste rappresentano l’imperatore che ha autorità sia su questioni laiche e religiose, e di fronte a Oriente e Occidente per amico del nemico. Inscritto troviamo le parole HUNGAR BOHEM GAL LOD ILL REX A A A, insieme all’anno di emissione.

La zecca austriaca produce valute e coni innovativi da oltre 800 anni, il che la rende una delle più antiche istituzioni di conio in continua produzione al mondo. Si occupa sia del disegno che della coniazione delle monete che produce. Quando, nel 1194, Riccardo Cuor di Leone pagò in riscatto 12 tonnellate d’argento al duca Leopoldo V d’Austria, non solo si assicurò la libertà da un anno di prigionia, ma pose involontariamente le fondamenta della zecca austriaca. Le bellissime monete Ducato d’oro, coniate nel cuore di Vienna, sono molto ricercate da investitori e collezionisti di tutto il mondo, ma anche da coloro che cercano semplicemente un bel regalo adatto ad una persona cara.

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