WoO 180 Hofmann, Hofmann, canone

A cura di Graziano Denini

WoO 180 “Hofmann, Hofmann”, canone, metà marzo 1820, pubblicato per la prima volta nella Gazzetta Caecilia dell’editore Schott di Magonza (aprile 1825). GA. Numero 265/8 (serie 23 pagina 189) – Bruers 212 KH (WoO) 180. Nottebhom, pagina 162 e 169 Thayer 223.

Le parole di questo canone giocano, secondo una consuetudine di Beethoven, sull’identità (salvo una f in meno) del cognome del poeta, scrittore e musicista Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (del quale basta ricordare qui le acute osservazioni sul Coriolano, sul trio opera 70 numero uno, sulla messa in do, sulla quinta sinfonia) e del vocabolo Hofmann (cortigiano): “Hofmann, Hofmann, sei ja kein Hofmann”. (Hofmann, Hofmann, non essere un cortigiano.) “Nein nein nein, ich heisse Hofmann und bin kein Hofmann” (no, no, no, io mi chiamo Hofmann e non sono un cortigiano). Questo stesso gioco ricorre anche più volte nei quaderni di conversazione.

Questo canone non è compreso tra quelli catalogati da W. Hess mentre rientra nel catalogo redatto da G. Biamonti con il numero 724.
Il manoscritto fa parte di un Taschenbuch, uno di quei quadernetti che Beethoven usava portarsi dietro e dove appuntava melodie mentre non era in casa, denominato BH 107 ed è attualmente nella Biblioteca della Beethovenhaus di Bonn.
Julia Ronge nel suo commento a questo Canone ci informa che: “Questo singolo foglio di schizzi proviene dal quaderno tascabile ‘BH 107’, conservato alla Beethoven Haus; così  come nel resto del Quaderno 107, anche su questo foglio troviamo schizzi della Missa solemnis (il “Credo”), ma solo sul recto. Sul verso fu scritto un canone cui abbiamo attribuito il numero WoO 180: ‘Hoffman, Hofmann’. Il canone, prima abbozzato a matita e poi parzialmente ricopiato con inchiostro, probabilmente fu scritto in relazione ad una conversazione sul poeta E.T.A. Hoffmann, che probabilmente ispirò a Beethoven un giuoco di parole. Poiché il foglio di schizzi non proviene dal lascito di Robert Mendelssohn, che donò il quaderno di schizzi BH 107 alla Beethovenhaus nel 1899, fu probabilmente rimosso dal libro prima che diventasse proprietà della famiglia Mendelssohn. Non si può escludere che Beethoven stesso abbia preso il foglio dal quaderno di schizzi ancor prima di tracciare il canone con l’inchiostro.” (J.R.)
Nello stesso Taschenbuch troviamo appuntati anche i canoni Hess 256 “Sankt Petrus in der Fels”, Hess 300 “Liebe mich werter Weissenbach, Hess 301 “Wähner es ist kein Wahn”, nonché abbozzi per la Sonata per Pianoforte op. 109.

Titolo ufficiale: WoO 180 Hoffmann, sei ja kein Hofmann Kanon (C-dur) nach einem eigenen Text Widmung: „Auf einen, welcher Hoffmann geheißen“ NGAXII/2 AGA 256/8 = Serie 23/S. 189

Origine e pubblicazione: Scritto nel marzo 1820. L’edizione originale apparve nel 1825 sulla rivista Caecilia a Magonza (vedi testata della pagina). Beethoven abbozzò il canone in un quaderno di conversazione (vedi foto) durante un colloquio del 15 marzo 1820 (BKh 1 p. 319). Il 22 gennaio 1825 Beethoven inviò i due canoni WoO 180 e 187 alla casa editrice Schott di Magonza per la pubblicazione, insieme a una „humoristisch-romantischen Lebensbeschreibung des hiesigen Tobias Hasslinger geschrieben, welche, in drei Theilen, nächstens erscheinen soll“ ( segue una sinossi dettagliata). Schott, presumibilmente all’insaputa di Beethoven, pubblicò questa “Lebensbeschreibung“ dal significato scherzoso insieme ai due canoni in Cecilia in una forma leggermente modificata. Testo: In una conversazione con Adam Neberich intorno al 10 marzo 1820, in cui è menzionato E.T.A. Hoffmann, Beethoven annotò il verso „Hofmann – Du bist kein Hof-Mann -“ (BKh 1 p. 318). L’abbozzo completato nel Konversationssheft 9 ha un testo poco lusinghiero „nein nein ich bin kein Hofmann sondern heiße Hofmann“ e „u bin kein Hofma[nn] sondern ein Elen [der] schuft“. Alla fine Beethoven omise l’ultima mezza frase.

Nella forma finale, Beethoven annotò nuovamente le parole del testo con gli accenti (lungo o breve) nel Konversationsheft 10, foglio 46r e 49v (BKh 1 p. 390 e 392). Dedica: il destinatario non può essere identificato chiaramente a causa della dedica imprecisa di Beethoven. Il fatto che Beethoven abbia notato per la prima volta l’inizio del testo del canone in una conversazione con Adam Neberich su Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822) suggerisce un’attribuzione allo scrittore e compositore. Hans Kuznitzky sostiene l’ipotesi che Beethoven si riferisca alle attività di E.T.A. Hoffmann come membro della „Immediatkommission zur Ermittlung hochverräterischer Verbindungen und anderer gefährlicher Umtriebe“ (Kuznitzky/Hoffmann2). Un’altra interpretazione risale a Gustav Nottebohm: „Nottebohm erfuhr von Groß, dessen Vater das Autograph besessen hatte, der Kanon sei im Matschaker Hof […] geschrieben, und beziehe sich auf einen Komponisten von Kirchenmusik und Regens chori Hofmann, der […] Vincenz geheißen habe.“

(“Nottebohm apprese da Groß, il cui padre era proprietario dell’autografo, che il canone era stato scritto nel Matschaker Hof […] e si riferisce al compositore di musica sacra e Regens chori Hofmann, che [ …] si chiamava Vincenz.” (TDR IV p. 199f.) Nottebohm cita il nome nella sua lista come Joachim Hoffmann (Nottebohm/1868 p. 162; il nome però potrebbe non esser corretto, secondo Unger/Hoffman nessun Vincenz Hofmann è rilevabile in questa posizione). Max Unger dubita giustamente dell’autenticità dell’evento (Unger/Hoffmann p. 1207).

In un articolo di giornale non specificato e frammentario appare un „,Hofmann, Hofmann, sei ja kein Hofmann …‘. Gedenkblatt für den Dürrhenners-dorfer Musiker, Freund Beethovens und Goethes“ (D-BNba, Z 368/88), Joachim Huth pensa trattarsi del maestro di musica e compositore Karl Eduard Hofmann (1792-1860) e si basa sul fatto che Beethoven annotò sempre “Hofman” e non “Hoffmann” (vedi BKh 1 p. 390 e 392). Tuttavia, questo argomento è relativamente debole in quanto l’ortografia dei nomi propri di Beethoven è spesso ambigua. Unger si astiene completamente dall’attribuzione a una persona. Secondo la sua opinione il canone deve la sua origine a un’associazione con il nome di E.T.A. Hoffmann, ma in definitiva non è specificamente destinato a lui, ma „ein Bekenntnis aus Beethovens freiheitsliebendem Herzen ist“ (Unger/Hoffman p. 1207).

Abbozzi: (1) D-BNba, Coll. H. C. Bodmer, HCB BSk 27, folio 1 versus (2) D-B, Mus. SM. autogr. Beethoven 51.8, folio 37 versus, Konversationsheft 9. Datazione: 15 marzo 1820.