Trattato di armonia e composizione – Parte terza

CAPITOLO XII – Del canone

In questa specie di composizione scritta all’unisono o all’ottava, bisogna dalla prima all’ ultima nota conformarsi all’imitazione più esatta. Si può altresì per mezzo di qualche variazione di semituoni scriverla alla seconda, alla terza, alla quarta, alla quinta, alla sesta, alla settima, alla nona. Questo genere di composizione è il trionfo delle finezze di calcolo e delle combinazioni matematiche. Le diverse specie di canone sono:

1) Il canone finito, quando la melodia finisce con una cadenza perfetta.

2) Il canone perpetuo, o infinito, nel quale si ricomincia sempre, e s’interrompe a volontà nel mezzo o alla fine di una frase.

3) Il canone aggravato.

4) Il canone diminuito.

5) Il canone chiuso, quando le entrate sono indicate con segni, e il canone è scritto sopra una sola linea e senza riposo.

6) Il canone aperto, quando ciascuna parte, con tutte le pause necessarie, è posta al disopra dell’altra, vale a dire nella forma di una partitura.

7) Il canone cancrizzante.

8) Il canone doppio a quattro parti, triplo a sei, e quadruplo a otto.

9) Il climax; polymorphus; il canone circolare, il cui nome fa conoscere la forma.

Esso e altresì talvolta chiuso, e la terza voce e scritta dopo la prima.

In questa alternativa d’entrate si può ricominciare quante volte piace ai cantanti e non si stanchi l’uditorio. Siccome ciascuno dee riprodurre il pezzo per intiero, bisogna aver riguardo all’estensione che gli si dà. Questo canone aperto si presenta come segue.

N.B.: E’ meglio e più elegante che le voci non comincino tutte insieme.

Vi hanno canoni di quinta specie a quattro voci ed anche a maggior numero.

I canoni ad altri intervalli sono più difficili. In questi si scrivono le chiavi delle parti nel loro ordine naturale, che si nota con cifre indicanti le distanze e gl’intervalli coi quali debbono farsi le entrate. Vedete per esempio i canoni seguenti a quattro parti, alla quinta e all’ottava inferiore,

Questo canone, se fosse stato chiuso, sarebbe stato come segue:

Donde si vede che il soprano comincia, che alla seconda misura il contralto entra alla quinta inferiore, alla quarta misura il tenore all’ottava inferiore del soprano, e finalmente alla quinta misura il basso alla quinta inferiore della parte precedente, o all’ottava inferiore del contralto. A norma della seconda maniera, il canone sarebbe stato scritto nel modo seguente:

I numeri segnano col 5 l’entrata del contralto alla quinta inferiore, coll’ 8 quella del tenore all’ottava inferiore, col 12 quella del basso alla duodecima grave.

Il canone enigmatico è ancora assai più misterioso; in esso non si trova sovente ne segni, né numeri, né lettere, ne chiavi; si tratta allora di tentare d’indovinare sino a tanto che colla penetrazione d’Edipo s’incontra la vera risoluzione, e le risposte si presentano in un buon contesto armonico. Per sciogliere questo nodo gordiano, che per mala ventura non si può troncare come già fece il figlio di Filippo, bisogna provare tutti gl’intervalli superiori e inferiori, i rivolti, i moti contrarii, le inversioni cancrizzanti, e retrogradi contrari, aggravati, diminuiti, mescolare a tutto ciò più maniere di pause, finalmente non dimenticare le antiche chiavi del mezzo soprano, del baritono. Che se ne ha da tutto ciò? “Multum clamaris, parum cane”. Forse un giorno che non avrò niente di meglio a fare, mi proverò in questo genere; ma, la Dio mercè, non sono ancora a quel punto. (Beethoven)

Pagina tratta da: Ludwig van Beethoven – Studi ossia Trattato di armonia e di composizione; prima versione italiana con note di F.G. Fétis (1784-1871) e L.F. Rossi (1805 – 1863)  Milano, Luigi Ricordi & C. 1855, traduzione da Ignaz Xaver von Seyfried Ludwig van Beethoven’s Studien im Generalbasse, Contrapunkte und in der Compositions=Lehre , Wien, Tobias Haslinger, 1832. (traduttore Luigi Felice Rossi)