Un quaderno di autografi di Beethoven del 1825.

CECILIO DE RODA
Direttore in Filosofia e Lettere
Professore nella Scuola di Studi Superiori dell’ Ateneo di Madrid
Un quaderno di abbozzi di Beethoven
Del 1825

Sono note a tutti le pubblicazioni di Nottebohm sui quaderni di appunti di Beethoven, edite più tardi in due volumi dal titolo di Beethoveniana e Zweite Beethoveniana. Ricorrendo quest’ultimo, notasi, fra le altre, la mancanza del quaderno di appunti che deve collegare ciò che fu studiato nell’articolo LVIII sotto il titolo «Ein Skizzenhefte aus dem Jahre 1824» con i sei ai quali si riferisce l’art. I: «Sechs Skizzenhefte aus den Jahren 1825 und 1826».
Quello del 1824 termina in fatto con gli studi per la composizione del primo tempo del quartetto in la minore (op. 132). In quelli corrispondenti al 1825 e 1826, i primi bozzetti si riferiscono ai tempi finali del quartetto in si bemolle (op. 130), composto come si sa, dopo di quello in la minore, quantunque il suo numero d’ordine sembri indicare l’opposto.
La lacuna esistente fra i due è colmata da un quaderno, finora ignorato, uno dei più interessanti di Beethoven, e che, acquistato a Vienna molto tempo fa, regalato da un signore austriaco al Marchese di Bogaraya, amateur madrileno di gran merito, morto da alcuni anni, si trova attualmente in mio potere, per affettuosa donazione della sua vedova.
È composto di 40 fogli di carta da musica, oblunga, del formato ordinario (32 X 25), che furono cuciti certo prima di servirsene. Né la rigatura, né il colore dei fogli sono tutti uguali. Ve n’ha di giallognoli, verdastri e bianchi. Il numero de’ righi oscilla fra otto, chè tanti ne hanno i primi, e venti, essendo alcuni rigati a inchiostro, come per scrivere in partitura d’orchestra. Gli studi e gli appunti si succedono con tale regolarità da non lasciar dubbio che furono scritti dopo cucito il quaderno. Gli uni sono scritti a matita, gli altri con inchiostro. Tanto negli uni, quanto negli altri, si avverte una notevole disuguaglianza di calligrafia, senza che perciò si possa dubitare che appartengano alla stessa mano. Talvolta la matita dura, o la penna ben temperata tracciano caratteri quasi microscopici: altre volte, una matita non temperata o la penna molto usata, la fretta di scrivere, o altra causa qualunque producono gran confusione nella calligrafia: e se a ciò si aggiungono le correzioni, le raschiature, i richiami, l’abitudine di scrivere le semi minime, le crome, ecc., limitandosi a tracciare una righetta verticale il cui punto di attacco, indicatore della nota, risulta quasi sempre dubbioso; la poca cura nell’indicare i valori esatti, e le alterazioni, si potrà compatire qualche mancanza che possa osservi nella trascrizione ad onta della cura scrupolosa con cui la feci.
Il quaderno ha una copertina di carta consistente e porta questo titolo: «Autographe de Louis van Beethoven. Livre d’esquisses Contenant des molifs du Quatuor en La Mineur et d’autres etudes. L’authenticité en est garantie par Artaria et C. à Vienne 1847.» e il timbro in ceralacca di Artaria che ferma i nastrini della legatura.
Ricorrendo il quaderno a grandi tratti, vi si notano curiosi particolari. La prima pagina contiene solamente alcune note: alcune prove o saggi per l’Allegro comodo finale del quartetto in Mi b (op. 127). Nelle seguenti compaiono appunti per l’Andante e finale del quartetto in la minore, appunti che aumentano nelle pagine 10 ed 11, dove, alla fine si decide risolutamente per il Molto Adagio usato. Gli studi su quello e per il tempo finale vanno fino alla pagina 37, essendo da notare che prima del fine, si trova scritto nella pag. 26 un Andante in si bemolle, prima idea dell’introduzione al quartetto op. 130.
La pagina 38 inaugura gli studi per il primo tempo di questo Quartetto, studi continuati probabilmente in un altro quaderno o in fogli sciolti, giacché qui il tema non arriva ad acquistare la sua forma definitiva.
Del Presto ci sono, fra le altre, due minute nelle pagine 42 e 43. In esse incominciano ad apparire motivi differenti per l’Andante; idee sciolte abbandonate, che per solito non occupano più di otto o dieci battute: aumentano nelle pagine seguenti, alcune raggiungono uno sviluppo completo, apparendo scritta la frase intera e talvolta con indicazioni armoniche.
Tuttavia l’idea non emerge, il tema soddisfacente non erompe dalla sua penna, e in questo lavoro di tentativi creatori passano sedici pagine finché una melodia attrae la sua attenzione e incomincia a lavorarla in modificazioni melodiche e ritmiche. Poi la abbandona, torna ad un’altra delle idee lasciate nelle pagine anteriori e fondendola con un altro tema nuovo, scrive dalla pagina 63 alla 67 tutto l’Andante con moto.
Mescolato con studi per la fuga torna a lavorare il tema abbandonato e nel suo lavoro di creazione, difficile e laborioso, in istudi minuziosi di ritocco, nota per nota e valore per valore, sorge in fine la Cavatina, la cui composizione melodica occupa la pagina 75. Il rimanente è costituito da lavori e studi per la fuga finale, pubblicata come opera 133.
In alcune pagine appaiono scritte notizie, indicazioni relative ai temi, appunti per opere non prodotte, e nelle 45, 46 e 47 una specie di dissertazione, metà in francese, metà in tedesco, con una calligrafia così confusa nell’ultima parte, che è quasi impossibile decifrarla.
Alcune pagine contengono nel margine superiore o inferiore indicazioni de’ temi in esse contenuti, non sempre esatte, e di carattere differente da quello di Beethoven: probabilmente esse sono di qualche possessore anteriore del quaderno. Per ultimo nella pagina posteriore della coperta è fissata con un sigillo di ceralacca di Kletzer una lettera di Beethoven all’editore Diabelli, che tratta affari editoriali.
L’occhiata ai lavori contenuti nel quaderno offre un’idea chiara del procedimento di composizione di Beethoven negli ultimi anni di Sua vita. Le idee, nella loro forma primitiva, rare volte appariscono con quella intensità espressiva tanto intima e tanto profonda che poi acquistano con le modificazioni successive. Molte hanno, nell’uscire dalla sua penna, se non un carattere interamente mozartiano, quel sapore peculiare che distingue le opere della sua gioventù.
Il ritocco incessante, il miglioramento della melodia, la concrezione esatta del pensiero formano la sua unica e costante preoccupazione; l’armonia appare, di solito, senza sforzo alcuno. Molte volte, quando un motivo breve ha ferito la sua immaginazione, lo sottomette ad ogni genere di trasformazioni ritmiche, aumentando e diminuendo valori fino a trovare la forma che più conviene al suo intento (1); talvolta sembra che abbia trovato la formula finale, e poche pagine dopo torna a correggere, a modificare, sempre migliorando il tema, sempre facendolo guadagnare in bontà e purezza. Altre volte si affeziona al proprio motivo, lo lavora e poi lo abbandona, o lo fa intero venire incidentalmente nell’opera definitiva.
I dati che somministrano le biografie e le lettere di Beethoven, permettono di determinare con esattezza l’epoca in cui questo quaderno fu scritto.
Schindler (2) dice che «nell’inverno dal 1824 al 1825 Beethoven sofferse una infermità grave causata da un disordine intestinale. L’inverno lo passò in uno stato di sofferenza costante, e solo allo spuntare della primavera incominciò a ristabilirsi alquanto, trasferendosi a Baden, sua residenza favorita d’estate». Poi aggiunge: «La prima opera che intraprese dopo la grave infermità del 1825 fu il quartetto n. 12 con il notevole Adagio: e Canzona di ringraziamento offerta alla Divinità da un guarito».
Questo dato è confermato da una lettera di Beethoven scritta da Vienna il 19 marzo 1825 e diretta a C. Neate: «Quant aux Quatuors, dont vous m’écrivez dans vos lettres, j’en ai achevé le premier et je suis à présent à composer le second, qui, comme le troisième, sera achevé dans peu de temps» (3).
Questi tre quartetti, sono senza dubbio quelli dedicati al principe Nicola Galitzin, che furono composti successivamente e senza interruzione, malgrado che dopo si pubblicassero come opere 127, 132 e 130. La lettera a Neate deve coincidere col principio del quaderno.
(1) Veggansi i primi studi per la Canzone e la Cavatina.
(2) Le citazioni di Schindler si riferiscono alla traduzione inglese della sua Vita di Beethoven, pubblicata a Londra col titolo di MOSCHELES: – Life lire of Beethoven, 1841. Il passo del testo corrisponde al tomo II, pagina 38.
(3) MOSCHELES The Life or Beethoven, II, 268.
A detta di Holtz la Cavatina fu composta in Baden, durante l’estate del 1825, data che corrisponde a quella di un’altra lettera di Beethoven a suo nipote, il 29 di agosto, nella quale si legge: «l terzo quartetto consterà di sei tempi e sarà completamente terminato in 10 o 12 giorni» (l). Non è perciò arrischiar troppo il supporre che il quaderno in questione fu scritto nei mesi di febbraio o marzo, ad agosto del 1825.
I vuoti che in esso si notano rispetto al primo tempo del quartetto in si bemolle, la circostanza che mancano completamente gli studi per il tempo Alla danza tedesca, e gli appunti che per l’Andante con moto ma non troppo e la Cavatina, menziona Nottebohm (2), permettono di credere che, per lo meno, durante la composizione di questi tempi usò qualche altro quaderno o carte sciolte, che non si sa dove siano (3).
Infine e per terminare ciò che si riferisce a notizie sulla composizione delle opere qui contenute, credo che al lettore riuscirà curioso ricordare i seguenti paragrafi di Schindler: «Al principio dell’anno 1824, Beethoven ricevette da un principe russo una lettera sommamente adulatrice con la domanda che scrivesse uno o due quartetti strumentali a lui dedicati. I patti della proposta erano altamente vantaggiosi, aggiungendovi come condizione,¬
(1) CHANTAVOINE, Correspondance de Beethoven, 237. Chantavoine attribuisce questa lettera al 1824, e suppone che sì riferisca al quartetto op. 132, in do diesis minore. Ciò è un vero errore. L’op. 132 è il quartetto in la minore; né questo, né quello in do diesis minore, op. 131, né alcun altro di questa epoca di Beethoven, salvo quello in si b, hanno sei tempi, né nel mese di agosto del 1824 potè esser scritta la lettera che contiene tale dato. Se in essa manca l’indicazione dell’anno, ciò è indifferente, poiché può solamente corrispondere al 1825. Per le date in cui furono scritti questi quartetti e quelle in cui furono stampati, veggasi NOTTEBOHM, Thematisches Verzeichniss der im Druck erschienen Werke von Ludwig van Beethoven, 122 e 208.
(2) Zweite Beethoveniana, Sechs Skizzenhefte aus den Jahren 1825 und 1826, pagina l.
(3) In una lettera di Schindler a Moscheles, in data di Vienna, 14 settembre 1827, gli manda uno di questi quaderni di appunti, che contengono studi per uno degli ultimi quartetti. MOSCHELES, opera citata, II, 325.
«che il Principe possederebbe ambedue le opere in qualità di unico proprietario durante un anno, al termine del quale Beethoven avrebbe il diritto di pubblicarle»… «La somma fissata per i quartetti fu di 125 ducati. Beethoven, tuttavia, non ricevette da Pietroburgo altro che lettere piene di domande su dubbi e passi difficili di queste opere, lettere cui rispondeva immediatamente somministrando ogni genere di indicazioni. Sarebbe desiderabile, per l’esatta intelligenza delle opere in questione, che si pubblicassero queste lettere». «Una di esse, scritta da Beethoven, la mandai nell’anno 1828 al professore Marx di Berlino, per la Berlinische Allgemeine Musikalische Zeitung, senza che finora ne abbia più sentito parlare» (Nota di Schindler) (l).
Riguardo all’ordine per esporre gli appunti e i lavori contenuti nel quaderno, ho preferito raggrupparli per opere e tempi, lasciando alla fine l’indicazione dei temi non utilizzati, allo scopo di poter seguire così più facilmente l’evoluzione e le trasformazioni dei temi impiegati, dal primo embrione fino alla forma definitiva.¬
(l) :MOSCHELES, The Life or Beethoven, II, 35 e seguenti.
II.
Quartetto in la minore, op. 132.
Gli studi per il primo tempo sono in uno dei quaderni riveduti da Beethoven, come si indicò in principio. Del tempo secondo: Allegro ma non tanto, nemmeno vi sono indizi qui, e se, come si può supporre, fu questo il primo quaderno in cui lavorò Beethoven dopo la grave infermità che sofferse a quel tempo, sarà fondata la credenza che la sua prima composizione dopo d’avere ricuperata la salute fu l’incomparabile Adagio di questo quartetto, la bella Canzona di ringraziamento.
A. – Canzona di ringraziamento offerta alla Divinità da un guarito in modo lidico.
a) Molto adagio
La composizione di questo maraviglioso tempo si trova integralmente nel quaderno.
Così permette di crederlo la logica con cui si sviluppano i motivi e le loro trasformazioni e la mancanza di altri studi in quaderni differenti. Nella pagina 5 comparisce la prima idea con un carattere quasi mozartiano.
ESEMPIO NUMERO 1
È curioso avvertire che le due prime battute, uniche che sono poste su due righi, sembrano scritte dopo d’aver scritto il resto della riga, e sono una riproduzione esatta delle battute settima ed ottava, nelle quali manca la formola di accompagnamento. Esse formano l’idea generatrice di tutta la Canzona. Prima le sottomette alla seguente modificazione nei loro valori:
ESEMPIO NUMERO 2
nella pagina di sinistra, e sotto il primo saggio, scrive quest’altro:
ESEMPIO NUMERO 3
nel quale ancora sottomette il tema a una nuova modificazione, completandolo, e continuandolo dopo, nella forma stabilita. La pagine seguenti non offrono nessun nuovo studio: sono dedicate ad appunti sul tema del finale del quartetto e a nuovi temi per l’Andante. Nella 10a non sono meno di quattro o cinque quelli che si stabiliscono, apparendo in uno dei lati i seguenti lavori:
ESEMPIO NUMERO 4
alcuni di essi molto corretti e poi cancellati, sopratutto il II e III.
Scritti in inchiostro nella pagina seguente (88) ci son questi
ESEMPIO NUMERO 5.
e immediatamente sotto l’appunto:
ESEMPIO NUMERO 6.
forse la prima idea per l’Andante che per due volte interrompe il Molto Adagio, e al quale seguono queste parole scritte da Beethoven:
Dock Du gabst mir wieder Krafte mich des Abends zu flnden (Ma tu mi desti nuove forze per proseguire la sera), e nella riga seguente: Du gabst mir Krafte (Tu mi desti forze).

Siano queste parole una di quelle espansioni solitarie di Beethoven, così frequenti ne’ suoi manoscritti, o racchiudano qualche altro senso recondito e difficile da determinare, la prima cosa che occorre è metterle in relazione coi temi al cui fianco appaiono, e più ancora se si riflette all’analogia che hanno col senso espressivo del Molto Adagio e principalmente con l’indicazione che serve di principio all’Andante: «Neue Kraft fuhlend » (sentendo nuova forza) (2).
(1) Modificazione del basso.
(2) Ambedue le indicazioni, quella del Molto Adagio e quella dell’Andante, Beethoven le ha scritte in tedesco nel manoscritto della partitura. La traduzione italiana è scritta con carattere differente dal suo.

In questo senso non è fuori proposito il supporre che obbedisse a qualche sconcerto fisico o morale, più tardi dominato, e anche più: che quello stato d’animo fosse il punto di partenza della composizione del secondo elemento (Andante) della Canzona.
Nella medesima pagina appariscono a lapis queste battute, dove la melodia e il carattere, che erano andati staccandosi a poco a poco dalla idea primitiva, tornano a fare una apparizione sensibile verso di essa, modificando di nuovo il ritmo e la relazione di valori.

ESEMPIO NUMERO. 7.
La pagina 12 contiene questi studi:

ESEMPIO NUMERO 8.
(1) I quaderni di appunti di Beethoven abbondano di indicazioni di questo genere. Quando vuole sostituire un passaggio con un altro, scrive VI= dove deve incominciare la sostituzione e = DE dove incomincia la versione nuova. Altre volte usa un numero come richiamo, un’altra mette un meillerur, oder, o segni differenti.
Talune pagine sono così piene di queste indicazioni che costituiscono un vero rompicapo.

nel quale le ultime quattro battute sono cancellate,

ESEMPIO NUMERO 9.

molto corrette le note delle due battute ultime.
Il seguente è sottoposto a più d’una correzione prima con lapis e poi con inchiostro. Da quanto appare, ciò che fu scritto prima fu

ESEMPIO NUMERO 10

Nella correzione ultima rimangono così quattro battute,

ESEMPIO NUMERO 11

Alle quali seguono le nuove versioni inserite.

Fra gli studi 8 e 9 si trova la seguente riga, l’unica che non sì riferisca alla Canzona di tutte quelle che costituiscono questa pagina:

ESEMPIO NUMERO 12

II luogo in cui si trova, il suo carattere, la circostanza d’aver posto un al si della seconda battuta, alterazione non necessaria in una melodia la cui tonalità è francamente quella d’un la maggiore e solo spiegabile venendo preceduta immediatamente da una totalità bemolizzata, permettono di sospettare che Beethoven, nel giungere a questo punto de’ suoi lavori volle opporre al misticismo riboccante di calma della Canzona, un’altra melodia ingenua, egualmente serena ma in un carattere espansivo, allegro: se una esprimeva il rendimento di grazie alla Divinità, l’altra il rinascimento alla vita, l’allegria di tornare a vivere. Questo sospetto è confermato dalle prime righe della pagina seguente, dove l’opposizione sussiste ad onta che sia cambiato totalmente il secondo motivo.

ESEMPIO NUMERO 13 (1).

Nella stessa pag. 13 c’è il bozzetto di tutta la Canzona.

ESEMPIO NUMERO 14.

(1) I valori sono quelli scritti da Beethoven.
(2) Cancellato. (note 8-10)

Numerose correzioni e cancellature Io lasciano trasformato in questo modo :

ESEMPIO NUMERO 15

Nel quale sono degni di nota, tra altre particolarità, che è la prima volta che il primo periodo perde il suo carattere affermativo per la risoluzione dell’armonia sull’accordo di sesto grado, che i periodi si compongono di gruppi di sette note, senza che siano preceduti dall’ anticipazione che già si inizia nell’ultimo saggio, e che nella correzione si occupa unicamente di ritocchi alla parte scritta, poi nelle impari, prescindendo da tutto il resto.
Fin qui è venuto formando i periodi, sempre derivati dall’idea primitiva, perfezionando il loro contorno melodico, cercando l’armonia che facesse risaltare maggiormente il loro senso espressivo. Persino alcune delle prime copie inserite (i numeri 4 ed 8) fanno si che non risulti avventato il sospetto che Beethoven avesse concepito interamente la forma e l’espressione fin da’ primi studi.

Poiché siamo sul terreno delle congetture, chi sa che non possa supporsi che ciò che principalmente colpì la sua immaginazione non sia stata l’armonia tanto naturale delle cinque note, scritte in principio, e sopratutto il carattere di serenità e placidezza che da l’accordo di sesto grado. Quantunque risulti ancora la frase con un senso affermativo, essa perde una parte della grandezza che avrebbe nell’utilizzare gli accordi della tonica, subdominante e dominante, e va perdendola una volta più nelle trasformazioni e ne’ periodi che emergono dalla idea primitiva, acquistando un senso più mistico, più fervoroso, un carattere di preghiera satura d’abnegazione, dove l’anima si volge a Dio, non per supplicarlo con ambasce e afflizioni, ma per tributargli grazie, per esprimere la propria riconoscenza.

Questo carattere religioso, questa espressione mistica, uniti alla circostanza di non comparire nell’idea primitiva il si bemolle, né nella melodia, né nell’armonia, ad onta che sia perfettamente definita la tonalità di fa maggiore, forse gli faceva pensare ai toni della Chiesa cristiana e volgere per quella via l’indirizzo della composizione.
Questa ipotesi è confermata dalla forma del primo Molto Adagio: un corale, alternato con interludi in istile fugato di organo.
Che Beethoven concepisse come indipendenti ambedue gli elementi, lo dimostrano gli studi prima inseriti, consacrati esclusivamente alla composizione e perfezionamento della parte che potrebbesi considerare come corale, prescindendo affatto dagli interludi. La severità dello stile, la mancanza di ornamentazione nel melos sembrano confermare quest’opinione.

In quanto alla modalità usata, tutto permette di supporre che fu scelta fin da principio: appena cioè fissò la propria attenzione nella bellezza della prima idea. Salvo qualche studio, come il numero 7 (forse uno scoraggiamene per non trovare ciò che andava cercando) o il numero 11 (dove la sua libertà di concezione lo porta a vincere le pastoie della modalità), nel rimanente si riscontra sempre il proposito di assoggettarvisi, e ciò che è anche più significativo, sempre avaro di indicazioni armoniche, lavorare e ritoccare il basso con ugual cura che per la parte superiore.

L’affezione e la devozione per gli autori greci e romani lo portarono probabilmente a determinare la natura della modalità come lidia seguendo l’erronea nomenclatura degli autori cristiani (1).
Tenendo conto dei pochi principi della petteia o arte della composizione dei greci che sono arrivati fino a noi (2), non si può considerare il Molto Adagio in questione come scritto in modo lidio, fra le altre ragioni, per la mancanza assoluta del grado inferiore dì questa scala (do) nel melos beethoveniano. Gevaert lo considera come modo ipolidio (3), e si potrebbe anche aggiungere che appartiene alla forma piagale di questa modalità, solo che invece di limitarsi il suo ambitus all’esacordo regolare (do-la) per la soppressione del sid , sarebbe da considerarlo prolungato per tutta la estensione dell’ottacordo-frigio.

Nel modo ipolidio piagale, la durezza del si d nota estrema superiore del suo ettacordo (do-si) formante tritono con la fondamentale (fa) fece che la scala rimanesse mutilata dalla soppressione della nota superiore, e ridotta all’esacordo do-la. Nelle melodie di un ambitus maggiore, o scompariva la nota si d o si convertiva in sib. Beethoven usa il si d in un solo periodo della parte superiore (il terzo), ed è degno di nota che in esso, non solo si trasforma un po’ il sentimento armonico, anche senza alterarsi la sua diatonia, ma l’ethos sincero, tranquillo e mistico col quale fin là viene sviluppando la Canzone si modifica, in qualche modo, acquistando una certa esaltazione, ispirazione maggiore, non solo per virtù del contesto melodico e armonico, ma anche per l’intensità che richiede la sonorità del Quartetto.

(1) GEVAERT, Hìstoire et théorie de ìa musique de l’ antiquité, I, 267.
(2) GEVAERT, La mélopée antique dans le chant de l’ Église latine, ss.
(3) GEVAERT, Histoire et théorie, etc, I, 138.

Osservata la questione dal punto di vista dell’arte greca, quel pe¬riodo potrebbe essere considerato come metabolico o modulante, con relazione al suo ethos e alla sua armonica: una leggera escursione al modo frigio e a un ethos più entusiasta.
La tessitura in cui sta scritta — messoide— e il ritmo — spondeo maggiore, varietà del dattilo — contribuiscono poderosamente, una con la sua sonorità naturale e facile, l’altro con il suo efkos severo, grandioso, altamente ideale, a rialzare il sentimento espresso dalla Canzona (1).

Queste osservazioni si riferiscono principalmente alla parte corale. Gli interludi, né per il loro ambitus, né per il loro stile, né per la loro polifonia possono riconoscere come antecedente i principi della musica greca: piuttosto si dovrebbero classificare, come imitazione dello stile d’organo, quali parentesi destinate a preparare e rialzare la bella serenità della preghiera.

L’importanza che acquistano nelle successive apparizioni del Molto Adagio, agendo in ambedue come fondo decorativo della melodia, prima trasportata all’ottava superiore, poi scomposta in frammenti e imitazioni del suo primo periodo, fa sì che si debbano considerare come elemento indipendente del corale, ad esso legato dai vincoli della modalità e dell’ ethos.

Ambedue gli elementi, uno per la sua natura, per la sua dispo¬sizione e per le sue trasformazioni, l’altro per la sua forma primi¬tiva di corale, per il suo ritmo isocrono e anche per le sue succes¬sioni melodiche (2), sembrano piuttosto riconoscere come antecedente immediato la melopea e lo stile della Chiesa cristiana chela musica ellenica.

Questo criterio sembra persino confermato da alcuni studi de’ quali si parlerà poi, e che suggeriscono l’idea che Beethoven ebbe il pro¬posito di trattare il melos della Canzona a modo di cantus fìrmus raccomandato a una parte intermedia.
(1) i veri dattili spondei hanno un ritmo imponente. .. come conviene alla loro battuta, destinata per la sua stessa natura ad essere l’organo della preghiera fervente. La spondeo maggiore … esprime in un grado più elevato ancora le effu¬sioni del sentimento religioso». GEVAERT, Histoire et théorie, etc, II, 119.
(2) Si osservi l’analogia di alcuni periodi con canti e antifone della Chiesa cri¬stiana : per esempio, quella del terzo con il principio del Dies irae.

In qualunque modo, queste indicazioni fatte con ogni sorta di riserve, non hanno altra portata che quella di fissare il punto di par¬tenza probabile, l’idea prima che potè determinare il senso della composizione, poiché, da un lato l’unità di sentimento nel corale e negli interludi, e dall’altro la sua fusione perfetta per determinare e rialzare l’espressione mistica e fervorosa del complesso, fanno sì che tutto rimanga relegato a un posto secondario di fronte alla maniera che ebbe Beethoven nell’esprimere con tutta l’intensità dell’anima sua incomparabile di artista, quella riconoscenza senza limiti, quella abnegazione senza concupiscenze verso Dio, in azione di grazie dopo d’ un beneficio ricevuto.

Tornando alla composizione della Canzona, la pag. 14 è dedicata alla composizione dell’Andante e nella 15a torna a insistere sulla depurazione del Molto Adagio con eccesso di cancellature, correzioni. Vide, meilleur e richiami con numeri. In essa appare già la forma definitiva, salvo qualche alterazione negli interludi.

Esempio numero 16
(1) Molto cancellato e quasi illeggibile.

Legato con alcune prime copie dell’ Andante appare il seguente studio che preferii dare tale e quale si trova nel manoscritto. Per intenderlo conviene avvertire che tutti gli interludi, le sue correzioni per alterazioni ritmiche e melodiche in regolari inferiori, le sue combinazioni con il cantus firmus, questo canto e il basso ci¬frato, sono scritti a inchiostro e appartengono a una stessa versione. Le bianche aggiunte sono scritte a lapis e costituiscono una correzione posteriore che, come sembra, dovette voler terminare l’ Adagio con la battuta 29, modulazione a la maggiore (dominante di re maggiore).

Esempio numero 17

Studi analoghi a questo vi sono ancora nel quaderno (pagine 17, 19, 20, 21), la cui inserzione sopprimo qui per non fare troppo lunga questa esposizione.
La pag. 18 somministra questa modificazione per l’interludio, e il seguente studio:

Esempio numero 18

ripetuto nella pag. 19 in questa forma :

Esempio numero 19

fra altri lavori di indole analoga al numero 17, e fra i quali è cu¬rioso il seguente, probabilmente pensato per finale di questo tempo e nel quale le nove prime battute formano lo scheletro della terza apparizione del Molto Adagio:

Esempio numero 20

Le pagine 20- e 21 sono occupate da studi non usufruiti, ne’ quali il tema del Molto Adagio si svolge in imitazioni e combinazioni varie e talvolta intervenendo in esse il motivo dell’interludio con i seguenti aspetti ritmici e melodici:

Esempio numero 21

E con questo termina ciò che si riferisce alla composizione del Molto Adagio.

b)
Andante.

S’è già segnalata, l’origine probabile della sua composizione negli appunti indicati coi numeri 6, 12 e 13, corrispondenti alle pagine 11, 12 e 13 del quaderno. L’elezione del carattere e il perfezionamento successivo sono qui meno severi, più facili che nel precedente. Se le idee prima inserite non offrono analogia alcuna con quella definiti¬vamente usata, altro che per l’opposizione del suo carattere con quello che domina nel Molto Adagio, in quelle che compaiono nella pa¬gina 14 si manifesta già una parentela più prossima.
Quella scritta nella prima riga di questa pagina è:

Esempio numero 22

nella quale la marcia del basso è identica a quella definitivamente usata, quantunque la melodia si differenzi abbastanza. II seguente appunto nella stessa pagina:

Esempio numero 23

Quantunque scritto in ritmo diverso si approssima anche più, e nei seguenti, tutti della pag. 14 :

Esempi numero 24-25-26-27

non è difficile riconoscere l’elaborazione delle note 21 e seguenti dell’ Andante.
Nei quattro ultimi righi della pag. 15, immediatamente dopo il lavoro ‘inserito col numero 16, e fra molte cancellature e correzioni si può vedere questo studio :
Esempio numero 28
(1) Cancellato.
curioso principalmente per le successive versioni e depurazioni della terza battuta. Nella pag. 16 c’è il seguente:

Esempio numero 29.

legame per tornare al Molto Adagio, e quest’altro :
Esempio numero 30 1-2
(1) Cancellato.
(2) Correzioni.

nel medesimo senso del precedente.
il ritmo e la distribuzione degli strumenti del quartetto per il passaggio iniziato con la battuta 21, fece scrivere a Beethoven alcuni saggi, fra i quali il seguente alla pag. 22:

Esempio numero 31

nella quale si trova pure questo progetto di legame con il Molto Adagio :

Esempio numero 32

più perfezionato ancora nella pagina seguente:

Esempio numero 33

Finalmente, alla pag. 25, con queste battute:

Esempio numero 34

Si terminano gli appunti relativi a questo tempo, consacrando la forma definitiva del principio, salvo qualche altro ornamento o tras¬posizione di ottava.

Tempo finale.
[a) Alla marcia assai vivace].

Appena formato nella mente di Beethoven il carattere dell’ Al¬legro appassionato, e a misura che procede nella composizione della Canzona e nella determinazione del suo carattere espressivo, appare la prima idea della Marcia, come introduzione all’Allegro finale.

Ecco il primo abbozzo nella pag. 18:

Esempio numero 35

Alcune pagine più avanti (alla 25a) si trova quest’altro :

Esempio numero 36.

uniche manifestazioni che di esso esistano nel quaderno.

[b) Più allegro).

Come è noto e come si farà notare dopo, il tema principale dell’ Allegro appassionato fu destinato una volta a finale strumentale della nona sinfonia.

Deciso il suo impiego per questo Quartetto, e variata, natural¬mente, la tonalità primitiva di re minore in la minore, tonalità at¬tuale, ancora appare che rimane in Beethoven qualche cosa dell’ambiente d’origine, e che il suo pensiero si avvia di nuovo per il sentiero che gli fece adottare l’impiego delle voci nella sinfonia con cori. Un’altra volta lo si vede qui trascinato verso lo stile vocale e abbozza un primo recitativo nel quale certe frasi denunziano una parentela immediata con quello della nona Sinfonia.

Sia fondato o no questo sospetto, risultano, almeno significativi questi due fatti: nella nona Sinfonia abbandona un tema destinato a finale istrumentale per il finale con cori preceduto da un recita¬tivo; nel Quartetto in la minore, quando si decide a usare quel tema, lo fa precedere da un recitativo strumentale, recitativo che si offre alla sua mente già molto avanzata nella composizione del tempo.

E se questa considerazione di forma risulta curiosa, non lo è meno ciò che si potrebbe riferire al senso poetico. Il Molto Adagio, l’An¬dante, la Marcia, il recitativo e il finale formano una catena di sentimenti logicamente connessi: primo la pace e il misticismo fer¬voroso con cui un’anima rende grazie a Dio per il ristabilimento della propria salute; poi, lo svegliarsi alla vita, con la sua allegria ingenua e la delizia di vivere; infine, già in piena salute, la marcia,l’affermazione maschia di uno spirito nobile ed energico; e in se¬guito, il recitativo, la parte più umana della vita con i suoi entu¬siasmi e i suoi scoraggiamenti, come introduzione a un bel poema passionale, ripieno di dolore e di amarezza, il cui carattere nostal¬gico, le cui lamentele e sofferenze penetrano nell’anima con intensità vigorosa, impossessandosi di essa e facendola fremere con vibrazioni di sentimento.
Il primo progetto di recitativo è il seguente (pag. 28), nel quale i pentagrammi inferiori sono versioni differenti da ciò che fu scritto nel superiore:

ESEMPIO37

Nella stessa pagina ce è fra le altre questa variante:

Esempio 38

È nella trentesima questa altra con molte correzioni, che quasi costituisce la versione finale:

Esempio 39

Per ultimo, il principio del quaderno, quando incomincia a formarsi il tema del finale, figurano scritti questi due progetti a modo di introduzione, nelle pagine 6 e 7:

Esempio 40

C allegro appassionato

Nelle prime pagine del quaderno e prima che si definisca il tema del molto adagio, incominciano già gli appunti per il tempo finale. La pagina 5 somministra i primi: uno in forma di lavoro tematico

Esempio 42

E un altro, continuazione del 40:

Esempio 43

E la cui seconda parte si vede poi usata in un altro motivo per questo tempo finale.
La pagina seguente (17) incomincia con questo studio:

Esempio 44

Al quale segue il tema quasi nella sua forma definitiva, e il lacuale per l’aspetto delle note, non dovete essere scritto nel medesimo tempo delle battute copiate: probabilmente questa addizione e molto posteriore. Nella pagina nove sono scritti due studi molto curiosi. Nella prima riga a inchiostro:
Esempio 45

Nei due finali, a lapis e con note abbastanza curate quest’ altro:

esempio 46

Il primo è la riproduzione esatta d’un altro appunto appartenente all’autunno del 1823 e inserito fra i lavori per il coro finale della nona sinfonia e le prime indicazioni per le sei bagatelle opera 126. Primitivamente fu destinato a finale istrumentale della nona Sinfonia essendo poi abbandonato e sostituito dal finale con cori (1). Il secondo riproduce, salvo qualche altra piccola variante, un altro appunto che si trova in un quaderno dell’anno 1824 fra gli studi per il primo tempo di questo Quartetto in la minore (2). È degno di nota che la composizione definitiva del tema si forma mercé la fusione d’ambedue i motivi, approfittando della prima e della terza battuta di quello in re minore, e la seconda, quarta e seguenti dì quello in la minore.
(1} Veggasi NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, pagg. 180 e 181, dove si inse¬riscono, oltre la forma data nel testo, queste due altre anteriori alle idee per il finale con cori
Esempio 46a
(2) NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, pag. 549. La forma in cui apparisce nel quaderno studiato da Nottebohm è la seguente.
Esempio 46b
Molte pagine trascorrono da quella in cui ci sono questi motivi fino a tornare a imbattere nuovi appunti per il finale. Nella pag. 19 vi sono questi due:
ESEMPIO 47
ESEMPIO 48
ne’ quali è degno di nota che la prima idea, utilizzata poi come se¬condo tema del finale, compare qui come primo tema del medesimo (così, almeno, permettono di supporlo l’indicazione di Finale e la tonalità), e che la seconda ha una certa analogia con quella inserita nel numero 43, dove, per la prima volta, si abbozza il tema allegro appassionato. Pure intestata col titolo di Finale c’è questa nella pag. 22:
ESEMPIO 49
non senza una certa analogia col numero 42. La pag. 24 include questo bozzetto derivato dagli anteriori e con-vertito più tardi in secondo tema, dopo d’averlo sottomesso a qualche alterazione :
ESEMPIO 50
E nella venticinquesima questi due curiosi, il primo per indicazione del basso e il secondo, ideato forse per il gruppo di cadenza, e poi sostituito da un altro motivo:
esempio 51
esempio 52
L’ultima riga di questa pagina, sveglia un certo interesse:
esempio al 53.
Contiene un’indicazione per l’accompagnamento del primo tema, un nuovo studio sul motivo che è venuto lavorando nelle pagine ante¬riori e un appunto melodico sulle ultime parole dell’ Agnus Dei.
In uno de’ quaderni studiati da Nottebohm, anteriore a questo, e appartenente all’anno 1824, sì trovano due appunti analoghi, il primo preceduto dalle parole Messe aus cis moll, e il secondo con la stessa linea melodica di quello prima inserito, riprodotta poi una seconda più alta, ma ambedue con il medesimo testo « Dona nobis pacem » (1).
Si tratta effettivamente di un progetto sconosciuto per una nuova messa, o rispondono questi appunti a uno stato di esaltazione d’animo, a una preghiera per ottenere pace e tranquillità?

L’indicazione che appare sul primo di quelli indicati da Nottebohm, porta a ritenere per vero il primo ; il non apparire in nessuno dei quaderni conosciuti altra indicazione su questa messa, il silenzio di Schindler, de Holz e dei contemporanei di Beethoven su di essa, e più che tutto, la coincidenza veramente singolare di riferirsi i tre appunti alle stesse parole, fanno pensare alla possibilità del secondo.
Ad ogni modo il particolare è abbastanza significativo per non la¬sciarlo passare sotto silenzio.
L’ultimo studio sul tema lavorato nelle ultime pagine somministra una melodia completa :
(1) NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, Ein Skizzenhefte aus dem Jahre 1824, pagine 541 e 542.
esempio 54:
Che per il suo carattere e la tonalità appare destinata a costituire il primo tema del finale. Forse Beethoven dubitava ancora, a questo punto dei suoi lavori, se dovesse utilizzare il tempo usato o quest’altro. La pagina 27 e contiene questo appunto:
esempio 55
Già nelle pagine 29 e 30 si riuniscono questi studi per incominciare il bozzetto del allegro appassionato. La prima copia e degna di essere conosciuta non solo per il suo interesse melodico, ma benanco per le indicazioni di espressione:
Esempio 56:
Nelle seguenti (31, 32 e 33) torna a riprodurlo tracciando già tutto il piano della parte espositiva di questo tempo. Le prime bat¬tute, continuazione del recitativo (n. 39), sono scritte a lapis e corrette con inchiostro. In testa figura l’indicazione All.° a lapis, con l’aggiunta posteriore, in inchiostro « ma non troppo ». Se si tien conto che l’indicazione della partitura Allegro appassionato si rife¬risce piuttosto all’espressione che al movimento, e che in questa prima copia sono già definitivamente stabiliti il carattere e il sentimento del finale, si comprenderà l’importanza che ha l’aggiunta del « ma non troppo » al primitivo movimento Allegro.
esempio 57
gli altri appunti che si riferiscono a questo tempo sono studi di poca estensione. I più salienti sono:
esempio 58
per il finale:
Esempio 59
Per l’episodio che precede il presto; e
Esempio 60
Appartenente al maggior finale. Inoltre dal indicazioni per la forma d’accompagnamento che si possono vedere negli studi 35, 38, 46, 53,56 e 57 sonvi ancora queste, che rivelano un lavoro di ricerca, l’ elaborazione faticosa fino a trovare la formula conveniente:
Esempio 61
la prima nella pag. 36 e le due rimanenti Della 54a, fra gli studi per l’ Andante del Quartetto in si bemolle.
Notisi, per ultimo, una particolarità interessante. La prima volta che apparisce il tema del finale in questo quaderno porta l’indica¬zione di Presto (1); dopo, per modificazioni nel suo carattere lo trasforma in Allegro; più tardi gli aggiunge ma non troppo, e nel¬l’ opera definitiva lo usa come Allegro appassionato, utilizzando anche la concezione primitiva del Presto, come perorazione finale.

III.
Quartetto in sib, op. 130.
[a) Adagio ma non troppo. Allegro].

Una prova della cura minuziosa con cui Beethoven concepiva e tracciava il piano di questi quartetti, è la nota seguente, scritta in : capo alla pag. 11 del quaderno, dove si trovano i primi studi per il Molto Adagio del quartetto in la minore e molte pagine prima che si incominci la composizione di quello in si bemolle.
La nota dice così: « Ultimo quartetto con una introduzione grave e pesante ». E in fatto, molte pagine dopo, nella 26a, fra i tentativi per la com¬posizione dell’Allegro appassionato dell’opera 132, comparisce questo primo studio dell’ Introduzione annunziata, ridotta in sulle prime a quattro battute, ampliata poi dal caratteristico Vide e modificata infine in una seconda versione (63), anteriore probabilmente alla con¬tinuazione del Vide :

Esempio 62

Un terzo a punto molto breve appare nella pagina seguente (27)

Esempio 64

E più non se ne trovano altri fino alla pagina 37, dove ci sono questi brevi studi:

Esempio 65

Che informano nella 38 una bozzetto dell’introduzione usata

Esempio 66

Il suo finale fa già a presentire il motivo del allegro, come pure qualche appunto in semicolonna della pagina 37. Nella 39 si va già disegnando il piano con maggior carattere nei due studi seguenti, il primo dei quali riduce notevolmente l’introduzione.

Esempio 67

Esempio 68

la medesima pagina contiene qualche appunto in cerca di un tema diverso e di modificazione o sviluppo degli anteriori, alcuno dei quali sembra costituire l’embrione del presto.
a parte questo, che si inserirà fra i corrispondenti o generatori del detto tempo, i più interessanti sono:Esempio 69

La pagina 40 contiene un nuovo tema per questo primo tempo, abbandonato subito come sembra indicare il meilleur che a grossi caratteri intesta i due pentagrammi seguenti. La decisione per l’an¬tico non ammette più dubbio, apparendo sviluppato con i suoi richiami numerici, in forma abbastanza simile alla definitiva, salvo che nei motivi intestati con i numeri 60 e 70. Nei richiami fatti al principio « 3 o 32 », il numero 3 si riferisce senza dubbio al 68 di queste inserzioni.
esempio 70

Nella pagina 41 volge di nuovo il pensiero all’introduzione, fissando in essa un nuovo motivo che poi viene a costituire, abbastanza modificato, il principio del secondo tema del allegro, esposto nell’opera definitiva per violoncello.

Esempio 71

Studio che, come si può accertare, è il medesimo del 66, con alcune modificazioni. Per ultimo nelle pagine 41 e 42 e si insegnano nuove modificazione per il motivo dell’allegro.

Esempio 72

Qui hanno termine i lavori per questo primo tempo. Se furono dipoi continuati in altri quaderni, non è cosa che qui si possa de¬terminare con esattezza. Nottebohn non ne cita alcuno.
Dagli studi anteriori risultano chiaramente determinati due punti. Il primo è quello che si riferisce al carattere. In tutte le opere an¬teriori di Beethoven, quartetti, sonate, sinfonie, il primo tempo ha sempre un carattere fondamentale: costituisce il cemento robusto su cui poggia tutta l’opera. Negli ultimi quartetti e specialmente in questi due (op. 132 e 130), per la natura de1 temi, per il modo dì presentarli, detto tempo ha, soprattutto nella parte espositiva, qualche cosa del preludio, dell’improvvisazione, del recitativo.

Il suo carattere è piuttosto insinuante che magniloquente: rap¬presenta l’esordio che prepara chi ode, al discorso che ha da venir dopo. E questo lavoro in cerca della semplicità, in prosecuzione di questo carattere, l’intenzione di Beethoven di formare i temi, perché rispondano a tale scopo, sembrano intravedersi attraverso tutti gli studi prima inseriti.
Il secondo punto si riferisce alla battuta. Quella utilizzata nella Introduzione (tre per quattro) continua qui in tutti gli studi del¬l’ Allegro. Nell’Opera definitiva non la conserva più che nell’Adagio: l’Allegro è in C, con che l’opposizione melodica tra i due si accentua di più per l’opposizione ritmica.

B PRESTO

La prima idea ritmica con cui poi si svolge il trio del Presto, si trova proprio al principio del quaderno, alla pag. 8.
Dopo, nella 39, fra i lavori per la formazione del tema dell’Al¬legro, torna a manifestarsi un’altra volta, come prima venne indi¬cato. Ecco i due appunti:
esempio 73

Più avanti, alla pagina 43, si traccia già il piano di uno scherzo in si bemolle, pieno di grazia e vivacità, e le cui idee sono discendenti dirette di quelle prima segnalate

Esempio 74

Nella pagina di sinistra (42) e approfittando dello spazio che lasciava quello già scritto, circostanza che induce a presumere che questa prima copia, quantunque scritta una pagina prima, è posteriore a quella già inserita, comparisce il seguente che costituisce le tre prime ripetizione del presto definitivo. In esso sono curiosi l’aggregazione delle quattro battute che intercala il richiamo 30- 50 e il vide finale per sopprimere il contrasto fra ambedue i ritmi. La prova non deve essere soddisfacente, allorché adottò definitivamente la prima versione.

Esempio 75

Un po’ più avanti pagina 45, si trova quest’ altro a punto, continuazione probabile del trio e poi non utilizzato

Esempio 76

Un’osservazione ancora per terminare ciò che si riferisce a questo tempo. Siccome sono molto rari i motivi che Beethoven utilizza senza averli sottomessi prima a qualche modificazione, ho cercato di tro¬vare quello che potrebbe servire di antecedente a quello usato nella prima ripetizione.
Nel quaderno non ce n’è alcuno, quantunque offra una certa ana¬logia ritmica con la forma originale del primo motivo dell’Allegro, ma in un quaderno di appunti dell’anno 1824, studiato da Nottebohm, e fra gli appartenenti al quartetto in la minore, op. 132, ne apparisce uno che Nottebohm crede destinato per terzo tempo di quell’opera, e che offre una notevole analogia, o meglio ancora, una simmetria completa con quello utilizzato qui ad onta di essere scritto uno in ritmo binario e l’altro in ternario (1).

[C) Andante con moto, ma non troppo].

La confezione del primo tema di questo tempo è sommamente originale.
Nelle prime pagine del quaderno c’è qualche appunto in certo modo analogo a qualche disegno di questo Andante, quantunque per il loro contesto melodico sembrino piuttosto piccoli saggi o prove aventi re¬lazione con 1′ Andante con moto del quartetto in mi bemolle, op. 127.
In qualunque modo questi appunti, contenuti nella pag. 8, prima d incominciare gli studi formali per la Canzona, non tornano ad ap¬parire nelle pagine seguenti.

(1) NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, pag. 549.

Già in quella in cui si disegna il Presto (numero 75) e nelle suc¬cessive incominciano ad apparire idee sciolte per L’ Andante; tra esse la seguente (pag. 48) con i due pentagrammi scritti, a quanto pare con chiave dì fa e in tono di sol, o sol bemolle.

esempio 77

Seguono alcune pagine con nuovi temi per questo tempo, nelle quali non se ne torna a incontrare alcuno in relazione con l’anteriore, e nella 55, preceduto dalla indicazione « Cantabile dopo (?) preludio», compare il seguente:

esempio 78.
Cantabile dopo (?) preludio.
sul quale nelle due pagine seguenti (56 e 57) scrive questi appunti in sol, ed in cerca del complemento per il tema.
Esempio 79
Da un appunto iniziato in pagine anteriori sorge nella 59 una melodia che contiene, quantunque in embrione, il principio della Cavatina; si occupa della sua trasformazione e modificazioni nelle seguenti (pagg. 60 e 61), e nella 62 torna a insistere sul tema ab¬bandonato:

Esempio 80
Come si vede, tutti gli appunti contengono l’idea chiara, sempre in cerca di un complemento che la termini e la definisca. Infine, nella pagina 63 sorge la seguente idea per finale del quartetto
Esempio 81

e approfittando delle quattro ultime battute di essa, e fondendole con quella tante volte ripetuta prima, forma già il tema principale dell’Andante e si consacra subito alla sua composizione.
Questa occupa interamente le pagine 63, 64, 65, 66 e 67 con una moltitudine di Vide, chiamate, raschiature e correzioni d’ogni genere. È impossibile riprodurla in questo articolo, causa l’eccessiva esten¬sione. Come esempi, ecco il principio, due studi ed il finale.
esempio 82
Già da questo tempo incominciano a comparire appunti o studi relativi a questo quartetto in altri quaderni di Beethoven. Di questo Andante Nottebohm ne cita uno in un quaderno dell’anno 1825, ri¬dotto al motivo principale del tema in valori aumentati (1).
Una particolarità degna di nota. 11 tema scritto per finale (n. 81) porta sulle quattro battute utilizzate per il motivo dell’Andante l’in¬dicazione di umoristico. Nella partitura del quartetto, l’Andante segna poco scherzoso, coincidendo col carattere prima assegnato al tema. Appunto perché nel quaderno non sogliono essere abbondanti queste note sul carattere delle idee, questa ha un grande interesse, inquantoché ogni volta che udii questo tempo, l’interpretazione soffriva di eccesso di lentezza: non era scherzosa e umoristica come, a quanto pare, desiderava Beethoven.
(1) Zweite Beethoveniana, pag. 3.
[d) Alla danza tedesca]
Di essa vi sono solamente questi due appunti senza importanza uno in si bemolle alla pag. 68 e un altro alla 60.
Nottebohm, appoggiato alla testimonianza di Schindler, dice che questo motivo è stato scritto, primitivamente, in la maggiore (1) e destinato al quartetto in la minore, op. 132. Nei due primi quaderni dei sei studiati da Nottebohm come appartenenti agli anni 1825 e 1826 appariscono altri due appunti sul medesimo tema: uno in si Bemolle, col titolo di Allemande e un altro in sol, abbastanza esteso (2).

[e) Cavatina]

« il tempo di questo quartetto,, che Beethoven collocava sopra gli altri, era la Cavatina in mi bemolle. L’aveva composta durante 1″ state del 1825 e confessava che scrivendola non aveva potuto trat¬tenere le lagrime ».
« Mai, aggiungeva, nessuna melodia uscita dalla mia penna mi ha. prodotto un effetto sì grande, né causato una emozione così pro¬fonda » (3).
Questa Cavatina così ricolma di sentimento, così satura di emozione, è, tuttavia, una delle creazioni più laboriose e meno spontanea di Beethoven. Di essa si può assicurare che, sopratutto, il principio lo conquistò a nota a nota, a frase a frase, che ogni disegno passi; per grandi evoluzioni prima di fissarsi definitivamente, e che con ciò che il suo immenso genio sperperò per formare questa splendida me¬lodia, ce n’era per plasmarne altre molte.

(1) Beethoveniana XVIII, pagina 53.
(2) Zweite Beethoveniana I, pagina 3.
(3) WILDER, Beethoven,- sa vie et son oeuvre. Paris, 1855, pag. 474.

In tre gruppi si possono dividere i lavori che vi si riferiscono : quelli che precedettero la composizione dell’Andante con moto di questo quartetto, quelli che fece dopo terminato questo tempo, in questo medesimo quaderno, e quelli che si trovano in uno di quelli studiati da Nottebohm.
Fra gli appunti sciolti che si inserirono dopo, tra quello non uti¬lizzato, c’è un lavoro sottoposto a grandi modificazioni, e che quan¬tunque senza analogia melodica con la Cavatina poteva costituire forse il suo precedente o punto di partenza.

Un appunto alla pag. 41

Esempio 87
è precursore di un lavoro più esteso alla pag. 59. È scritto in otto pentagrammi separati in gruppi di due e quantunque sembri costi¬tuire per l’aspetto della scrittura una sola melodia, l’incongruenza apparente di alcune righe con quelle che lo precedono, e il dubbio se sono o no continuazione degli anteriori, mi ha indotto a separare col segno || la fine di ogni linea e il principio della seguente. La tonalità sembra essere in principio quella di fa sostenuto minore e nell’ultima riga re maggiore.
esempio 88
Lo stesso procedimento che segui con l’idea generatrice della Can¬zona, lo usa qui studiando in ogni genere di combinazioni quantita¬tive le battute 2” 3″ e 4″ dell’ultima riga dello studio anteriore. Il tono sembra già essere re bemolle.
esempio 89
Come si vede, due soli punti appariscono chiaramente stabiliti : l’affezione al tema e il concepirlo sempre preceduto da una breve introduzione o preparazione. La pagina 60 offre un nuovo studio più esteso con le sue varie continuazioni controsegnate con il Vide e il segno che si rapporta al finale..
esempio 90
In esso sono da notarsi l’alterazione che subisce l’introduzione e le differenti continuazioni melodiche, delle quali sembra che alla fine rimane solamente l’idea anteriore.
Seguono i tentativi nella pagina seguente (61)

Esempio 91

continuazione probabilmente dello studio anteriore, e alcune righe più sotto, l’ appunto

Esempio 92

pare che condensi l’unica cosa definitiva che è rimasta di tutti i lavori anteriori.
Trovato il complemento per il motivo dell’ Andante nella pag. 62, dimentica per un momento ogni idea delta Cavatina, ma appena terminata quella composizione, torna a insistere sul tema abban¬donato, nella pag. 68,

Esempio 93

ancora in re bemolle, e dove le prime battute della Cavatina si tro¬vano già più vicine alla sua forma definitiva.
La pag. 70 è completamente occupata da questa bella melodia, nel finale della quale compare il tema progressivamente modificato.
È degno di nota che è la prima volta che risulta scritto in mi bemolle, e che, come nel progetto anteriore (numero 88), è preceduta da periodi ad esso estranei.
Esempio 94
In seguito, alla pagina seguente 71 lo continua così:
Esempio 95
A questo punto pare che abbandoni questo quaderno, e seguita i suoi lavori in uno di quelli studiati da Nottebohm nell’articolo « Sechs Skizzenhefte aus den Jahren 1825 und 1826 » (1), studi certamente posteriori a quelli già inseriti per la maggior depurazione della linea melodica. Dato il sistema di scrittura di Beethoven e il modo di esporre le | note, pieno di confusioni, non c’è nulla di strano che nella tradu¬zione di Nottebohm, le note abbiano bisogno di aumentare o abbas¬sare un grado, per interpretare rettamente il pensiero del composi¬tore. Ecco i principali appunti inseriti da Nottebohm.

Esempio 96

Si può anche aggiungere ad essi quest’ altro che si trova alla pagina 74 del quaderno

Esempio 97

La composizione della cavatina per l’unione di questi elementi così sparsi occupa la pagina 75.

La gran confusione delle nove prime battute lo fece tornare a scri¬verli, numerati, nella pagina anteriore. 11 finale si trova alcune pagine più avanti, alla 78a.
La fotografia della pagina principale dimostrerà, senza dubbio, più che tutte le descrizioni che si potessero fare. Il suo titolo « Cavatina », scritto a lapis, come tutta quanta essa, la rettificazione « Arietta quasi Cavatina», a inchiostro,’solo utilizzata per questo titolo e per indicare due o tre note del basso nelle righe 8a e 10 a l’intervento del secondo violino nella terza battuta (soppresso nello schiarimento della pag. 74), le molteplici numerazioni e correzioni, rivelatrici del¬l’ insaziabile desiderio di migliorarla e perfezionarla, tutto in fine, fa di quella pagina un documento storico di innegabile valore.
In essa, partendo dalle 9 prime battute messe in chiaro nella pa¬gina anteriore, seguendo la numerazione 1, 2, 3 (questo modificato nel pentagramma inferiore) della prima riga, 4 del finale del secondo, e 5 e le seguenti del terzo, e completandola con quanto è scritto nella pag. 78 (dove c’è pure il finale raschiato che si inserisce dopo dell’ accordo finale) non è difficile al ragazzo ricostruire il seguente bozzetto di una così ammirabile creazione.

Esempio 98

Ma non è ancor questa la versione definitiva. Dalla precedente copia, a quella scritta nel quartetto, c’è un aumento considerevole, ma le idee fondamentali della melodia si trovano già qui completa¬mente definite : la loro costituzione, il loro contorno hanno già acqui¬stato nello spirito del Beethoven vita propria, anima definita.

[f) Finale. Allegro].

Questo quartetto nella sua prima versione — quella inviata al principe Nicola Galitzin — aveva come tempo finale la « Gran fuga » pubblicata dopo come opera 133. Non arrivò a incidersi così, e nella prima edizione che pubblicò Artaria nel 1857, dopo la morte di Bee¬thoven, figurò già con il finale che ha adesso.

I dati e gli antecedenti della fuga che sono nel quaderno saranno menzionati nell’articolo seguente.
Per quanto concerne il finale attuale, esso fu composto nel no¬vembre 1826, ed è evidente che, terminato questo quaderno più d’un anno prima, nulla esso contiene che a quello non si riferisca.

Nottebohm nell’esaminare le tre composizioni che si disputarono la gloria di essere l’ultima ispirazione di Beethoven : un pezzo per piano pubblicato nel gennaio 1840 da Schlesinger a Berlino, col ti¬tolo di Dernière pensée musicale, questo tempo del quartetto in si bemolle, e un altro pezzo per piano a 2 o 4 mani, pubblicato da Diabelli nel medesimo anno 1840 col titolo di Lezter musikaliscker Gedanke (ultimo pensiero musicale) di Beethoven secondo una com¬posizione per quintetto, dopo aver affermato risolutamente che la prima fu scritta nel 1818, e le due ultime nel novembre del 1826, queste dovendosi perciò considerare come le ultime ispirazioni uscite dalla sua penna, si decide, infine, ad attribuire questo onore alla pubblica¬zione di Diabelli (1) contro l’affermazione di Schindler, che il tempo fi¬nale di questo quartetto fu senza dubbio l’ultima opera di Beethoven (2). La risoluzione di sostituire la fuga con un altro finale pare che risalga al principio dell’anno 1826. Nottebohm segnala un progetto di finale per questo quartetto appartenente all’estate del 1826 e com¬pletamente differente da quello composto dopo (3).

(1) NOTTEBOHM, Beethoveniana XXI. Beethoven’s letzte Composition, pag. 79.
(2) MOSCHELES, The life of Beethoven, II, pag. 169.
(3) Zweite Beethoveniana, Der erste Entwurf zum Finale des Quartetts, op. 130, pag. 524

IV. Gran fuga, op. 133.

Primitivamente era destinata per finale del quartetto in la minore op. 132. I primi studi su di esse si trovano in un quaderno del¬l’ anno 1824 (1), che contiene la composizione del quartetto in mib, op. 127, e il primo tempo dell’op. 132. Il tema della fuga, e ancor più i primi appunti per la sua formazione, presentano tale analogia con l’introduzione del quartetto in la minore, da non lasciar dubbio che in sulle prime fu ideata per formar parte del medesimo.

Dopo, durante la sua composizione e fin dopo terminato l’ An¬dante con moto ma non troppo del quartetto in sib non si trova più nel quaderno nessun appunto di essa, ma a partire dalla pagina 69, si moltiplicano, contandosene fino a 23. Nell’altro quaderno che in quel medesimo tempo usava Beethoven appariscono altresì gran nu¬mero di essi, dei quali alcuni molto interessanti per figurarvi come contrasoggetto il tema dell’ Andante con moto del quartetto in sib.

Terminatane la composizione per tempo finale di questo quartetto, e mandato così nel manoscritto originale al principe Nicola Galitzin, cambiò Beethoven nuovamente di proposito e nel novembre del 1826 compose, come si è detto prima, il finale che ha oggi questo quar¬tetto, ma a richiesta dell’editore Artaria si decise a pubblicare la fuga come opera indipendente, e così apparve nel maggio del 1827,

(1) NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, LVIII, pag. 550.

dopo la morte di Beethoven. Il manoscritto di quella porta il titolo di Ouverture.
I primi appunti nella pagina 69 sono i seguenti, in alcuni dei quali il contrasoggetto richiama alla memoria certi passi del finale della Nona Sinfonia.

esempio 99

Nella 71 c’è un nuovo tema in mib per finale, col quale si fonde altresì il soggetto della fuga.

esempio 100

esempio 101

e la 73 questi altri, nei quali già si delineano con maggiore rassomiglianza alcuni dei contrasoggetti utilizzati.

Esempio 102

continuano nella 77, essendo alcuni di essi molto interessanti.

Esempio 103

nella 79, havvi di un lungo studio della prima parte della fuga, in forma abbastanza simile a quella definitiva, e nella 80, ultima del quaderno, alcuni altri brevi studi di una o due battute.

V. Temi non utilizzati.

Beethoven soleva annotare quanti temi e idee musicali venivano alla sua immaginazione. Alcuni li utilizzava subito, nell’opera che aveva nelle mani, altri li usufruiva più tardi, altri ancora venivano dimenticati per sempre.
Del primi, non ci sono esempi da citare. Dei secondi, i più fre¬quenti, s’è potuto vedere in pagine precedenti l’esempio d’un finale istrumentale pensato per la Nona sinfonia e utilizzato per ultimo tempo del quartetto in la minore, e quello d’un appunto scritto tra i primi studi per questo quartetto, generatore probabile del Presto, del quartetto in sib. Dei terzi, sonvi alcuni esempi nei quaderni studiati da Nottebohm, quantunque è caso frequente l’usare tali idee in composizioni brevi come lieder, canone, ecc.

Dopo terminate le opere che hanno rapporto con questo qua¬derno, Beethoven scrisse ben poco: i quartetti in do diesis minore, (op. 131) e in fa (op. 135), i canoni 13 e 18, l’ultimo tempo del quartetto op. 130, e il Letzter Gedanke pubblicato da Diabelli (1), e oltre a ciò un waltzer, una scozzese e il canone Freu’ dich des Lebens! pubblicati da Breitkopf nel suo supplemento alle opere di Beethoven (serie 25).

In nessuna di queste produzioni si trovano utilizzati i temi del quaderno. Perciò non si può congetturare nulla su di essi ne sul loro probabile destino.
L’unica affermazione che si può fare con qualche fondamento si è che tutti essi, ad eccezione di quelli dei quali si discorrerà dopo, furono concepiti pensando al quartetto d’istrumenti ad arco, giacche, dalla natura delle idee, né dalle indicazioni che le accompagnano,

(1) NOTTEBOHM, Thematisches Verzeichniss, etc, pag. 208

né da alcun altro segno si può inserire e neanco sospettare che pensasse a destinarli a opere sinfoniche, vocali o per piano. Le poche volte che sono accompagnati da indicazioni armoniche complete, non eccedono mai le quattro parti del quartetto ad arco, adattandosi al¬l’ estensione e tecnica dei suoi strumenti.
Per questa ragione ho preferito raggrupparli in tre divisioni: temi che si riferiscono a opere diverse; temi per il quartetto in la minore considerando come tali quelli che si trovano fra i lavori per la com¬posizione di questo quartetto, e temi per il quartetto in sib

A: Opere diverse.

Solamente un piccolo numero di appunti possono essere qualificati come estranei ai quartetti : alcuni si riferiscono all’Oratorio La Vit¬toria della Croce, che non arrivò ad essere scritto ; un altro a una ouverture sul nome di Bacb, che ebbe la stessa sorte; e un altro a un canone a tre voci, non completo nel quaderno, né pubblicato.
Dell’ Oratorio conviene ricordare alcuni antecedenti. Dice Schindler: Terminata la Nona Sinfonia, Beethoven si proponeva di dedicarsi senza perdita di tempo a una opera degna di lui : alla composizione di un Oratorio, scritto per il suo amico C. Bernard e intitolato «La Vittoria della Croce » (1).

Prima la organizzazione del concerto, in cui per la prima volta fu¬rono eseguite l’ouverture in do, la Messa in re e la Nona Sinfonia, e poi l’incarico del principe Nicola Galitzin, perla composizione di altri quartetti, lo distrassero dal suo proposito fino al punto di non pensar più. All’ Oratorio né alla decima sinfonia, né in un’altra opera che aveva quasi imbastito e che doveva essere il grande sforzo della sua vita, l’apice dei suoi conati artistici: la composizione della musica per il Faust di Goethe » (2).
Ad onta della testimonianza di Schindler, Beethoven non dovette abbandonare in modo assoluto il proposito di comporre l’ Oratorio, quando nella terza pagina di questo quaderno, posteriore al quartetto

(1) MOSCHELES, The life of Beethoven, II, S.
(2) MOSCHELES, The life of Beethoven, II, 34. — Alle Opere progettate Schindler aggrega più tardi un gran Requiem.

in mib (op. 127) ed anche ai due primi tempi di quello in la mi¬nore, scrisse l’indicazione seguente in lapis rosso:

Bloss einmal eine FI. I
Obo I
Clarin —
fag —
etc. Die ersteren welche Harmoni.

e in seguito in lapis nero:

die ouverture vom Oratorium tobn leidmschaftichen. Mord die Seiden, zulest die Soliste Gloria des Kreuzes (1).

Nella pagina anteriore (2a) vi sono questi due appunti che forse erano destinati per l’oratorio.

Esempio 104

(1) Solo una volta un flauto 1″, oboe 1°, clarinetto 1°, fagotto 1°, ecc. i primi, la cui armonia… (Nell’ouverture dell’Oratorio i pagani si sollevano appassiona¬tamente (per la) morte (di Cristo) al finale i solisti: « Gloria alla Croce ». L’an¬teriore, come quasi tutte le note di Beethoven, è scritta sopprimendo molte pa¬role. Quelle che figurano nella traduzione, fra parentesi, chiariscono il senso che credo debba avere il scritto nel testo.

Come pure quest’altro alla pagina quattro, legame d’un tempo lento con un allegro.

Esempio 105

al quale viene dopo il seguente, senza separazione di sbarre, né di battuta, e che, ad onta d’esser scritto in battuta e tonalità diversa, potrebbe essere stato pensato come continuazione dell’antecedente.

Esempio 106

Dell’ Ouverture sul nome di Bacb, Nottebohm cita un appunto in un quaderno dell’anno 1824 (1); qui se ne trova un altro con il lab alla pagina 51

esempio 107

La successione melodica B-a-c-h la utilizzò posteriormente in un canone mandato a Kuhlau, che forma parte di una lettera del 3 di settembre 1825 (2) ed è pubblicato da Breitkopf e Hartel nella col¬lezione completa delle opere di Beethoven (serie 23, N. 43).
il quaderno termina con questi righi :

Esempio 108 Biamonti 811

che costituiscono, pare, l’indicazione per un canone a tre parti, non completato nè pubblicato nel quaderno.

B: Quartetto in la minore, op. 132.

Fra i lavori per questo quartetto si trovano vari appunti di temi per l’Andante. Alcuni non escono dalla categoria di mere indica¬zioni dì motivi, altri, più sviluppati, espongono questo in modo completo. L’ultimo, in fa# minore, è specialmente degno di nota, non solo per il carattere doloroso e tragico, così genuinamente beethoveniano, ma anche per gli spazi che lasciò nella sua composizione.

esempio 109 Biamonti 812

esempio 110

Esempio 111

Esempio 112

Esempio 113

Esempio 114

I motivi seguenti, quantunque senza indicazione di movimento, poterono anche essere stati destinati per Andante di questo quartetto.

esempio 115

Esempio 116

(1) NOTTEBOHM, Zweite Beethoveniana, LVI1I, pag. 542.
(2) CHANTAVOINE, Correspondence de Beethoven, pagina 257

Di studi brevi ve ne sono pure alcuni in queste pagine, senza relazione diretta con ciò che è posteriormente utilizzato. Quelli che seguono, derivati da una stessa idea, sono interessanti per la per la persistenza con cui appariscono nelle prime pagine e per la loro analogia col numero 70 di queste inserzioni, corrispondente al primo tempo del quartetto in sib, op. 130, nella parte che precede l’indi¬cazione « ancora tre volte e allora 70 ».

Esempio 117

Per finale del quartetto in la minore v’è solo un breve appunto alla pagina 6, preceduto da una breve introduzione o preparazione.

esempio 118

c: Quartetto in sib, op. 130.

Per il tempo iniziale non vi sono altri appunti che quelli accer¬tati nel luogo opportuno.
Allo Scherzo (secondo tempo) forse appartengono questi due: il primo, corrispondente alla pagina 42, la stessa nella quale si trova il bozzetto del Presto, e il secondo, due pagine dopo, quantunque quest’ ultimo potrebbe anche benissimo costituire uno studio per il finale del secondo tema del primo Allegro.

esempio 119 biamonti 814
esempio 120
In diversi luoghi di questo studio sì è detto che Beethoven, prima di decidersi per il tema dell’Andante, fissò un gran numero di idee. La prima (pagina 43) è preceduta dall’indicazione « Adagio in E con sordina », scritta in mib, e con l’indicazione in fine di « Prima parte in do minore, senza ripetizione, ».
esempio 121
Nella pagina 48 e’è una specie di barcarola in sol minore.
In fine di essa appariscono alcuni tratti e giocherelli fatti a penna, e immediatamente dopo dell’ultima battutala parola Gut (bene). La notazione musicale e di Beethoven ; il gut non sembra di suo pugno.

Esempio 122

la pagina 50 contiene abbastanza idee per l’andante e per il finale. Al primo si riferiscono queste quattro:

Esempio 123 biamonti 814

esempio 124

esempio 125

esempio 126

Nella 53 ve ne sono due molto interessanti, la prima per la sua lunga ed ampia melodia, e la seconda per il suo carattere misterioso.

esempio 127

esempio 128

poche pagine avanti si trovano questi due appunti:

Esempio 129

esempio 130

A nessuno degli appunti anteriori segue alcun lavoro di modifica¬zione o miglioria : sono idee venute a caso, annotate e lasciate lì per utilizzarle dopo o no, ma dimenticate appena scritte, almeno per quanto si riferisce al loro impiego per questo quartetto.
Un solo motivo di quelli che figurano in queste pagine rivela il proposito di utilizzarlo immediatamente, a giudicarne dalle modifi¬cazioni e lavori ai quali è sottomesso. Ecco la prima idea e le modi¬ficazioni principali che subisce nelle pagine 53, 54 e 55, sempre in fa diesis maggiore.

esempio 131 Biamonti 819

Continuano ancora nelle pagine 56 e 57, quantunque trasformando la sua tonalità in reb.

esempio 132

ed è curioso osservare come questi studi potrebbero essere benissimo gl’inspiratori di quello inserito col numero 89, che corrisponde alla pagina 59 del quaderno, il quale costituisce il punto di partenza per la composizione della Cavatina del quartetto in sib.
In qualunque modo, questi motivi, ad onta delle loro varie mo¬dificazioni, non risultano utilizzati né in quest’opera, ne nelle po¬steriori.
Alcuni altri appunti di quelli sparsi in queste pagine, possono anche considerarsi come motivi e indicazioni per questo tempo dì questo quartetto, ad onta di non precisarsi in essi il movimento corrispondente. Nel dubbio che costituiscano lavori di altra indole, preferisco darli con questa avvertenza.

esempio 133 biamonti 820

Per il tempo finale sono appuntate alcune idee. La prima, proprio in principio del quaderno (pag. 27) con un tema per fuga

esempio 134
esempio 135

un’altra alla pagina 50

esempio 136

una terza alla 54

esempio 137

un’altra alla 68, il cui tempo fa ricordare quelli di Haydn.

esempio 138

è per ultimo le seguenti battute, avviamento di una fuga, alla pagina 79, che, quantunque senza l’indicazione di finale, potrebbero benissimo, per il loro carattere per la loro tonalità, essere state pensate per il finale di questo quartetto.

esempio 139

Oltre queste, ve n’ ha alcune altre di tonalità differente dal sib:
una in fa, scritta in seguito al numero 135 e che forse ne è parte,

esempio 140.

un’altra scritta di seguito al 128

esempio 141

e un altro appunto Senza alcuna indicazione

esempio 142

in alcune pagine si trovano anche esempi o pratiche di modulazioni, che probabilmente furono scritti da Beethoven nelle lezioni di armonia che in quel tempo dava a suo nipote Carlo. La maggior parte sono veramente infantili. Come modelli veggansi i seguenti:

esempio 143

D — Scritti.

Non sono molti, ma la matita di alcuni è così sbiadita e la cal¬ligrafia di altri è così confusa, che a mala pena si leggono alcune parole staccate:
Nella pagina la vi sono tre righe a matita, ma questa è così sva¬nita che si possono solamente leggere le parole seguenti:
Als tobias
gut
betragen hatte

La pagina 8a contiene questa notizia con calligrafia visibilmente diversa da quella di Beethoven.

H. Bruder und H. Carl waren gestern bei mir wie ich es gewilnscht habe um 2 Uhr.
« II signor Bruder e il signor Carlo furono ieri a casa mia alle 2, come ho desiderato ».

Una lunga dissertazione occupa le pagine 45, 46 e 47. Essa è tutta scritta di pugno di Beethoven, la prima parte in francese misto con alcune parole italiane, il resto in tedesco.
La prima parte pare sostenga che fra queste due realizzazioni è più corretta la prima

esempio 144

Ecco le sue parole riprodotte tali e quali sono scritte: On ne doute pas de pouvoir faire un

esempio 145

eh bien

esempio 146

est la meme chose et seulement un arpeggio de l’ accord

esempio 147

mais en cas si viola avoit

esempio 148

la chantable d’ elle se ouneroit (?) et qui est ancore plus la viola avoit un armonie dans ce moment qui été
passage contre le mode, puisque

esempio 149

le basse fondamental de ceci

esempio 150

l’ accord mineur, mais

esempio 151

reste dans le mode, piusque le basse fondamental de

esempio 152 est 153

Le ges (1) dans cet passage n’est rien que un anticipation che fera chaque chanteur et voilà le principe, ce qu’on a à observer dans tous les autres voix, puisque la vrai nature trouve toujours tes principes dans l’ art.
Zeichnung dasselbe ist in der Kunst in der Nature. Melodie und Harmonie sind obig. Kaun in der Generalbass Kuler.

La fine di questo quaderno è unita alla copertina da un sigillo di ceralacca di Kletzer, la seguente lettera :

Ich habe gestern statt der französischen Auflage der Sonate in C Moll mein Manuscript in zweistimmig geschickt und bitte mir selbes zurück zu stellen; Wenn Sie die französische zurilk verlangen, so werde ich es Ihnen gleich zu stellen, obschon es mir lieb wäre es behalten zu können. Der Text der Gorrectur der Variat. wird wohl vollendet sein und bitte ich Sie mir selben sur iveiteren über-zengung gefalligst mir zu senden. Was die versprochenen 8 Exempl. anbetrift, so habe ich überlegt, dass mir Ihr erster Antrag alle 8 auf schönes Vapier doch sehr willkommen wäre in der Ausführung, da ich mir damit einige meiner Freunde verbinden könnte.
Der Metronom soll beachtet werden wenn gleich etwas späiier, da ich zu sehr gedrangt jetzt bin.

Ihr Freund BEETHOVEN.

E sulla fronte:

Für seiner Wohlgeboren H. A. Diabelli auf m Graben

«All’illustre signore A. Diabelli,in Graben. Ieri ho mandato, in¬vece della edizione francese della sonata in do minore, il mio ma¬noscritto in due particelle, pregandola che me lo ritorni.
« Se mi richiede di nuovo l’edizione francese, glie la manderò su¬bito, malgrado il mio desiderio dì non privarmene. Il testo della correzione della Variazione sarà già terminato, e la prego d’aver la bontà di restituirmelo per mia convinzione. In quanto ai promessi otto esemplari ho pensato di accettare con piacere la sua primitiva offerta di farli in carta buona, perché in questo modo potrei far cosa grata ad alcuni miei amici. Il metronomo si terrà in conto, quan¬tunque sia un po’ tardi, perché adesso ho troppa fretta. Il suo amico Beethoven ».

Quantunque manchi di data la precedente lettera, non è difficile fissarla approssimativamente o almeno affermare che appartiene agli ultimi anni di vita di Beethoven, fondandosi nei particolari che in essa si trattano: la metronomizzazione di un’opera, la Sonata in do minore, le correzioni di alcune Variazioni e ciò che si riferisce agli « otto esemplari ».

Da quanto in essa si dice che «il metronomo si terrà in conto », si può assicurare che è posteriore all’anno 1817. L’invenzione del metronomo data dal 1815, e quantunque Schindler affermi che Bee¬thoven mise indicazioni metronomiche solamente alle Sinfonie 7a e 9′ e alle sonate per piano op. 106, 109, 110 e 111 (1), Nottebohm, con gran copia di dati (2), rettifica tale affermazione dimostrando che dal 1817 incominciarono ad apparire edizioni di opere di Bee-thoven con indicazioni metronomiche poste 0 autorizzate da lui, e che non solamente le opere citate da Schindler, ma molte altre por¬tano nel manoscritto originale il numero metronomico apposto da Beethoven stesso.
Il particolare relativo alla Sonata, non illustra gran cosa per la determinazione della data. Sonate in do minore ve ne sono varie : tre per piano (op. 10, n. 1, op. 13 (patetica) e op. Ili) e una per piano e violino (op. 30, n. 1). Il mandare il manoscritto in due particelle, sembra indicare che si riferisce all’ultima.
Maggior illustrazione può dar l’accenno a che « il testo della cor¬rezione della Variazione, sarà già terminato ». Come opera indipen¬dente, Beethoven ha le « Variazioni su un Valtzer di Diabelli », op. 120, composte nel 1823 e date alla luce in quel medesimo anno in Vienna da Cappi e Diabelli, alle quali probabilmente si rife¬riva la lettera. La circostanza di avere la medesima casa editrice pubblicato una edizione postuma della sonata in do minore (op. Ili), il cui secondo tempo — Arietta — con variazioni fu specialmente corretto da Beethoven stesso, per tale edizione, fa sì che si possa dubitare tra la opera citata anteriormente e questa, quantunque io inclini a supporre, per la regolarità della calligrafia e per altre cir¬costanze, che la lettera è dell’anno 1823, ed allude alle « Variazioni sul Waltzer di Diabelli ».

Ciò che è detto degli « otto esemplari » potrebbe forse riferirsi a quelli che si fecero della Messa in re. Nell’inverno del 1823 Bee¬thoven aperse un abbonamento a esemplari manoscritti della Messa, fra le Corti europee. Egli credeva di poterne esitare 10 o 12 copie, tra coloro che si rifiutarono e gli altri che non risposero all’invito, il numero rimase ridotto a sei : l’Imperatore di Russia, i re di Prussia, Sassonia e Francia, il Principe Anton von Kadziwill e il Club « Cecilia » di Francoforte sul Meno. Nella mia difficoltà di comprovare se la Casa Cappi e Diabelli fu l’incaricata di fare quelle copie, e se, effettivamente, il passo della lettera si riferisce agli esem¬plari della Messa, preferisco dar ciò come non certo. Se mi fondassi su di essi, ciò sarebbe un nuovo dato per affermare che la lettera appartiene al 1823.

(1) The life of Beethoven, II, pag. 105.
(2) Beethoveniana, XXVI, pag. 126.

Quattro parole prima di finire.

Il grande interesse che ora desta tutto ciò che si riferisce a Bee¬thoven, mi ha indotto a pubblicare questo quaderno con la prolis¬sità e i particolari che il lettore ha visto.
In principio dubitai tra il farlo così o seguire la via di Nottebohm. L’ autorità di questi mi spingeva alla seconda maniera : il mio de¬siderio di comunicare agli altri le impressioni ed emozioni che avevo sentito nel decifrare gli autografi — lavoro veramente difficile e faticoso — mi consigliavano il primo sistema. Finì per decidermi l’importanza che per la storia della musica hanno gli ultimi quar¬tetti di Beethoven.

L’opinione generale considera la Nona sinfonia e la Messa in re come il grado culminante della concezione beethoveniana. Non è qui che si possa studiare l’origine di tale credenza, ma si può per contro accertare che a fianco di tali opere e forse al di sopra di esse debbonsi mettere gli ultimi quartetti, e specialmente quello in la mi¬nore. Beethoven stesso riconosceva ciò allorché nel settembre del 1824 scriveva all’editore Schott: «Apollo e le Muse non vorranno ancora darmi in braccio alla morte, perché loro devo ancor molto ed è necessario che prima del mio transito ai Campi Elisi lasci dietro a me ciò che Io spirito m’inspira e mi dice di terminare. Mi pare che finora abbia scritto solo alcune note. Auguro il miglior esito agli sforzi che ella fa per l’Arte. Solamente essa e la scienza servono per farci intravedere e sperare una vita più alta » (1).

E infatti, la prima cosa che Beethoven scrisse dopo questa lettera,

(1) CHANTAVOINE, Correspondence de Beethoven. pag. 239.

La prima cosa che gl’ inspirò lo Spirito, per usare le sue medesime parole, fu il quartetto in la minore, fu il quaderno le cui pagine abbiamo or ora percorso. Esso rappresenta V ultima tendenza della sua arte, prima continuatore della tradizione, poi drammatico e de¬scrittivo, ispirandosi nella natura, nella vita e in creazioni d’imma¬ginazione ; più tardi, nelle sue creazioni ultime, riconcentrato nella sua anima e nelle sue tristi solitudini, approfondendo in esse, e im¬mergendosi nel suo trascendentale spiritualismo.

Considerato tutto questo da un altro punto di vista, si sarà sicu¬ramente trovato un posto abbondante per la curiosità, ma anche in¬segnamenti per il compositore.
Chi non ha creduto che queste insuperabili creazioni furono il prodotto di un momento di inspirazione sublime, che la Canzone e il finale del quartetto in la minore, e la Cavatina di quello in si t7, sgorgarono da un solo sforzo, per ispirazione dello Spirito di cui Beethoven parlava? E tuttavia, tutto ciò costituisce un lavoro eccitante, difficile, im¬possibile a credersi, se così non apparisse con tanta evidenza.

Fin dal principio è facile riconoscere che l’idea è sorta;, ma invece di arrivare alia sua realizzazione in modo piano, percorre un cammino di scandagliamenti, di prove, di sforzi penosi ; arriva alla fine dopo d’una lotta lunga, vincendo le ribellioni della sua penna, indo¬cile per dar forma ai dettati del suo genio. E non che a Beethoven mancasse la spontaneità : stanno a provare il contrario gli appunti sciolti non utilizzati, alcuni dei quali basterebbero da soli a dar rinomanza a un compositore.

Gli è che per istinto o per sistema diffidava di ciò che è facile, di ciò che viene repentinamente all’immaginazione; gli è che la sua arte così profonda e così vera si nutriva solamente con la meditazione e la depurazione. Ed ecco perché essa risulta tanto grande, tanto definitiva, tanto beethoveniana.

Dicembre 1904.

CECILIO DE RODA.