Opus 113 Le rovine d’Atene: ouverture e musiche di scena per voce recitante, coro e orchestra

Ouverture (Andante con moto – Allegro ma non troppo) – I) Chor (Andante poco sostenuto) – II) Duett (Andante con moto) – III) Chor der Derwische (Allegro ma non troppo) – IV) Marcia alla turca (Vivace) – V) Harmonie auf dem Theater (Allegro assai ma non troppo) – VI Marsch und Chor (Assai moderato) – VII) Rezitatif – VIII) Chor (Allegro ma non troppo) – IX) Arie mit Chor (Adagio) – X) Chor (Allegro con fuoco)

Opus 113 – Le rovine d’Atene: ouverture e musiche di scena per voce recitante, coro e orchestra: epilogo (Nachspiel) per le rappresentazioni celebrative dell’apertura del nuovo teatro tedesco di Pest, 20 agosto – metà settembre 1811, pubblicate: l’ouverture, partitura e parti d’orchestra (in due fascicoli), a Vienna, Steiner, febbraio 1823; l’intera opera, partitura, a Vienna, Artaria, 1846. GA. n. 207 (serie 20/2-2) (L’ouverture anche al n. 28, serie 3/11) – B. 113 – KH. 113 – L. IV, p. 116 – N. 113 – T. 166.

Il manoscritto originale è conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Gli abbozzi, abbastanza numerosi, si trovano nel British Museum e sono descritti sommariamente dal Nottebohm. L’opera è nata insieme con il Re Stefano e per la stessa occasione. Il testo di August von Kotzebue è una strampalata e ampollosa allegoria celebrativa dell’arte, ma ancor più della città di Pest e, naturalmente, dell’imperatore Francesco I d’Austria. La musica risente di questa destinazione ed estemporaneità.

I. Ouverture. Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi. Risponde agli stessi intendimenti decorativi di quella del “Re Stefano”, ma è d’interesse minore. L’introduzione (Andante con moto – Marcia moderato) si basa sugli spunti tematici di due episodi della rappresentazione scenica: il duetto del Greco e della Greca (n. II) e la marcia (n. VI). I motivi dell’Allegro non hanno invece riferimento con altri: ritmico il primo, dolce il secondo, rientrano nella categoria di una vivacità e di uno spirito musicale più generici, per quanto elegantemente trattati. La riesposizione si arresta sul primo tema e conclude l’ouverture cadenzando con essa nel tono. I. Coro (invisibile): “Tochter des mächtigen Zeus” (Figlia del potente Giove). Orchestra: flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi. Un coro invisibile desta Minerva, che Giove aveva condannato ad un sonno di venti secoli per non aver protetto Socrate.

Un appello dolce e maestoso, in cui gli strumenti a fiato hanno una parte espressiva importante. Recitazione: Minerva chiede a Mercurio, venuto a portarle il saluto del padre e a mettersi al suo servizio, di accompagnarla ad Atene. Ma la città è ora tutta una desolazione. Fra le rovine degli antichi monumenti la dea vede due Greci: un uomo intento a mondare il riso e una ragazza che vende fichi.

II. Duetto fra il Greco e la Greca (basso e soprano): “Ohne Verschulden Knechtschaft dulden” (Sopportare li schiavitù senza colpa). Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, archi. I due si lamentano dell’attuale misero stato della loro patria.

La musica svolge i motivi dell’Andante con moto della Ouverture. Recitazione. Alla domanda di Minerva, Mercurio risponde che la città non è più la beata sede delle arti e della civiltà classica; vi dominano ora i barbari, cioè i Turchi. Ecco infatti entrare una schiera di Dervisci, dediti alle loro pratiche rituali.

III. Coro dei Dervisci (tenori e bassi): “Du hast in deines Aermels Falten den Mond getragen” (Tu hai portato la luna nelle pieghe della tua manica). Allegro, ma non troppo. Orchestra: 2 corni, 2 trombe, trombone alto e basso, archi. Pagina di colore, forse con qualche intento caricaturale. Una nota apposta da Beethoven alla partitura dice: “Alle mögliche hierber lärmende Instrumente wie Castagnetten, Schellen, ecc.” (introdurre qui tutti i possibili strumenti da rumore, come castagnette, sonagli, ecc.). Da notare l’accentuazione, più volte ricorrente, della parola: “Kaaba”! e l’improvviso fortissimo dell’invocazione: “Mahomet”!

Segue la IV. Marcia alla turca (Turchi con sciabola sguainata traversano la scena durante la musica dei giannizzeri dice l’annotazione apposta alla partitura). Vivace. Orchestra: flauto piccolo, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, 2 trombe, triangolo, piatti, grancassa, archi. Altra pagina di colore: Musica turca per eccellenza. Il tema è quello delle Variazioni per pianoforte di cui all’ Opus 76, – Biamonti 494, composte da Beethoven qualche anno prima. Recitazione-. Minerva, disillusa da quanto ha visto e udito ad Atene, vorrebbe ora andare a Roma, ove spera che esista ancora il suo tempio e fiorisca il culto dell’arte. Ma anche Roma, dice Mercurio, è stata devastata dai barbari; le muse si sono rifugiate ora in altri paesi più a nord. Sulle rive del Danubio un grande popolo civile sta tributando loro degne onoranze, e si appresta a coronarle nuovamente di alloro. La scena cambia, e rappresenta una piazza della città di Pest piena di popolo festoso.

V. Musica interna. Orchestra: 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni, 2 fagotti Pagina di carattere dolce e pastorale. Entrano Minerva e Mercurio in veste di pellegrini. Recitazione: Un vecchio spiega a Minerva ch’essa trovasi in un paese dotato dei più ricchi doni della natura, ove risiedono il benessere e la virtù, presso un popolo fedelissimo al suo re, e che festeggia oggi l’inaugurazione di un nuovo tempio delle muse. Ecco infatti avanzarsi al suono di una marcia solenne un corteo sfarzoso che scorta due carri adorni di fiori: il primo con la statua di Talia, il secondo con quella di Melpomene circondata da celebri personaggi tragici.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

VI. Marcia. L’orchestra (flauto piccolo, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, 3 tromboni, archi) svolge il motivo di marcia accennato già nell’introduzione dell’ Ouverture. Recitazione-. Mentre passa il corteo, Mercurio indica a Minerva i vari personaggi tragici che circondano Melpomene: Wallenstein, Guglielmo Teli, Egmont, Maria Stuart, Coriolano, ecc. « Dimentica la tua Grecia; essa è passata, ed ora per l’arte incomincia una nuova età ». Cambiamento di scena: si vede l’interno di un fastoso tempio con due altari dedicati rispettivamente a Talia e a Melpomene. Coro alternato di sacerdoti e di vergini: Schmückt dìe Altäre! (Apprestate gli altari!). Sugli altari vengono poste le statue di Melpomene e di Talia; il popolo si affolla intorno ad esse. La marcia si svolge con crescente pompa strumentale, concludendosi con grande sonorità. Recitativo : Il gran sacerdote (basso) : Mit reger Freude (Con viva gioia). Orchestra: 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni, 2 trombe, trombone alto e tenore, archi. Sacerdoti e popolo rendono omaggio a Melpomene e a Talia.

VII. Coro: Wir tragen empfängliche Herren im Busen (Noi alberghiamo nel nostro petto sensibili cuori). Orchestra: 2 flauti, 2 clarinetti, archi. Continua il tributo d’omaggio alle muse. VII. Aria del gran sacerdote: Will unser Genius noch einen Wunsch gewähren, durch eines Wolkes fromme Bitten, bewegt (Se il nostro nume, commosso dalla pia preghiera di un popolo, vuole ancora esaudire un desiderio). IX. Arie. Adagio. Orchestra: 4 corni, 3 fagotti, archi. Il gran sacerdote prega Giove che faccia sorgere un altro altare, con la statua di colui che « il popolo ama e venera come un padre ». La musica è improntata ad una certa gravità maestosa, particolarmente sostenuta dal complesso strumentale, in cui spicca la parte dei corni e fagotti. Echeggia un tuono; il teatro si illumina di gran luce, un terzo altare è apparso fra gli altr; due con la statua dell’imperatore Francesco I e la scritta: Unserem Vater (Al nostro padre).

X. Coro: Er ist’s! er ist’s! (È lui! È lui!). Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, 3 tromboni, archi. Il popolo si prostra. Coro di giubilo. Recitativo: Minerva e Mercurio si rivelano. Minerva incorona con un ramoscello d’ulivo il capo dell’imperatore inneggiando alla sua grandezza e bontà e alla fedeltà del popolo ungherese.

Titolo ufficiale: Opus 113 Musik zum Fest-Nachspiel „Die Ruinen von Athen“ von August Friedrich Ferdinand von Kotzebue für Sopran, Bariton, Bass, Chor und Orchester  Widmung: — NGA IX/8 AGA 207 = Serie 20/2, Ouvertüre nochmals 28 Serie 3/11 SBG VIII/4 (Nr. 1 mit neuem Text, Hess 118).

Composizione e pubblicazione: composte assieme all’op. 117 tra la fine d’ agosto e la metà di settembre 1811 a Teplice. I pezzi 4 e 5 furono scritti a Vienna forse pochi giorni dopo. L’edizione originale dell’ouverture in partitura e parti fu pubblicata nel febbraio 1823 da Steiner & Comp, a Vienna, la prima edizione dell’opera completa in partitura fu pubblicata solo postuma nel 1846 da Artaria a Vienna. Per l’origine del Fest-Nachspiel op.113 vedere il Fest-Vorspiel op.117. Beethoven revisionò completamente l’ op. 113 (Hess 118) e scrisse una nuova ouverture e un coro WoO 98 (vedere Op. 124). Contrariamente a quanto ipotizzato in precedenza, probabilmente non revisionò la marcia e il coro op.113 n.6 per l’esecuzione del Festival di Meisl, ma per la pubblicazione dell’op. 113 n. 6 (vedere Op. 114). Nel 1822/23 Beethoven incominciò detta revisione. Inizialmente progettò di impostare il libretto dell’opera in due atti „Die Apotheose im Tempel des Jupiter Ammon“ di Johann Chrysostom Sporschil, inclusa la musica per „Die Ruinen von Athen“ (o l’adattamento „Die Weihe des Hauses“) ( Gli abbozzi si trovano in D-B, Mus. ms. autogr. Beethoven Artaria 201, pagina 11; Sporschils Manuskript in D-B, Mus. ms. autogr. Beethoven 37,30; vedi BGA 1518, 1520). In tutti i casi questa rielaborazione non ebbe luogo.

Nel 1826 il direttore del Teatro di corte di Mannheim, Wilhelm Ehlers, si rivolse a Beethoven chiedendogli di rielaborare l’op. 113 e le musiche per la „Weihe des Hauses“ per l’opera in un atto “Simson”. Beethoven scrisse in risposta: „ich bin mit allem einverstanden, was sie in rücksicht der Ruinen von Athen bewerkstelligen, nur vergeßen sie nicht die Wahrheit, welche durch die Meißnerische Bearbeitung sehr gelitten hat, wiederherzustellen, die natürlich mehr im Kozebuisch. ursprüngl. Text nur zu finden ist“ (BGA 2178). Nel 1827 Ehlers offrì senza successo l’opera alla casa editrice B. Schott’s Söhne in Mainz per la pubblicazione.

Testo: August Friedrich Ferdinand von Kotzebue (1761-1819). Il libretto fu stampato per l’inaugurazione del nuovo teatro tedesco a Pest il 9 febbraio 1812: “Die Ruinen von Athen. / Ein Nachspiel / mit Chören und Gesängen. / Zur Eröffnung des neuen Theaters / in Pesth / verfaßt / von / August von Kotzebue. / In Musik gesetzt / von / Ludwig van Beethoven. / Aufgeführt den 9. Febr. 1812. / Pesth 1812.“ Per l’origine del testo consultare op. 117. Il soggetto poetico glorifica la città di Pest come rinnovata Atene, luogo di muse, ancor più ideale del modello greco. Dopo un lungo sonno, la dea Minerva si sveglia e torna nella sua città natale, Atene, occupata dai turchi. Sia Atene che Roma, le due metropoli spirituali dell’antichità, sono cadute in un declino culturale. Mercurio appare a Minerva e la manda a Pest, l’unico luogo dove la scienza e la cultura fioriscono ancora.

Prima rappresentazione il 9 febbraio 1812 all’inaugurazione del nuovo teatro tedesco a Pest. Le repliche si svolsero il 10 e l’11 febbraio, visto il grande successo della prima. La Marcia e coro (n. 6) furono eseguiti il 22 marzo 1812 in un’accademia di Franz Clements al Theater an der Wien. Il Leipziger Allgemeine Musikalische Zeitung scrisse:  „Diese Composition, sowol nach der Anlage, als nach der Ausführung und Wirkung betrachtet, ist von hoher Schönheit, und hielt uns schadlos für das übrige Unbedeutende in diesem Concerte.“

Secondo Ignaz von Seyfried, l’ouverture fu suonata anche il 23 maggio 1814 per la prima rappresentazione di “Fidelio” (terza versione), poiché l’ouverture dell’opera non era ancora stata terminata. Sebbene Georg Friedrich Treitschke e Anton Schindler riportino altre ouverture, la versione di Seyfried è supportata dal quotidiano Der Collector, che riferito che l’ouverture fosse stata originariamente scritta per il Pest Theater.

Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it

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