Opus 86 Messa in do maggiore per soli (soprano, contralto, tenore e basso), coro e orchestra

I) Kyrie (Andante con moto assai vivace quasi allegretto ma non troppo) – II) Gloria (Allegro) – III) Credo (Allegro con brio) – IV) Sanctus (Adagio) – V) Benedictus (Allegretto ma non troppo) – VI) Agnus Dei (Poco andante)

Opus 086 Messa in do maggiore per soli (soprano, contralto-tenore e basso), coro e orchestra op. 86, dedicata al principe Ferdinand Kinsky, primavera-agosto 1808 pubblicata in partitura a Lipsia, Breitkopf e Härtel, ottobre 1812, con il testo latino e sotto di esso una riduzione tedesca, non troppo soddisfacente, del teologo Christian Schreiber. Parti di coro, Bonn, Simrock, 1826; dei solisti, Lipsia, Breitkopf e Härtel; orchestra, ibid, giugno 1847. Riduzione originale per canto e pianoforte, ibid., dicembre 1827.GA. n. 204 (serie 19/2) – B. 86 – KH. 86 – L. III, p. 223 – N. 86 – T. 137.

I manoscritti originali del Kyrie e del Gloria sono conservati nella Beethovenhaus, quelli delle altre parti (Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei) sono perduti. Vari abbozzi si trovano nella biblioteca del conservatorio di Parigi. L’opera avrebbe dovuto essere dedicata al principe Nicola Esterhazy di Galanta, che ogni anno, nel giorno dell’onomastico della moglie principessa Maria di Lechtenstein, faceva eseguire una Messa in musica. La prima esecuzione pubblica (parziale, limitata al Gloria e al Sanctus e Benedictus) ebbe luogo, non sappiamo con quale successo, nella grande Accademia data da Beethoven al teatro an der Wien del 22 dicembre 1808, in cui figuravano anche, come novità, la Quinta e la Sesta Sinfonia, una Fantasia per pianoforte, la Fantasia per pianoforte, orchestra e coro op. 80, ed una replica del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra op. 58, eseguito già nell’anno precedente.

In realtà la Messa seguiva un indirizzo diverso dall’usuale, in quanto, cominciando ad attuare quello che nella Missa Solemnis di quindici anni dopo si sarebbe sviluppato con tanta ampiezza, il maestro aveva cercato di dare al contenuto del testo sacro un interesse più vivo e drammatico (« Credo però di aver trattato il testo », scriverà Beethoven in una lettera a Breitkopf e Härtel dell’8 giugno 1808, «come raramente è stato trattato ») dando ad ogni episodio un risalto musicale suo proprio, quale il significato delle parole suggeriva piuttosto che attenersi a stati di animo musicali generali per ciascuna delle grandi parti dell’ufficio liturgico.

Altra cosa è vedere in che rapporto l’ispirazione, l’elaborazione musicale siano state con l’elevatezza del soggetto. Certo questa Messa, che richiese a Beethoven soltanto alcuni mesi di lavoro, non può essere paragonata alla Missa solemnis, incominciata nel 1819 e finita nel 1823, per quanto riveli già, sia pure schematicamente, una qualche analogia con essa anche nell’impostazione dei colori e dei contrasti espressivi.

Quindici anni di differenza sono molti per un artista in continua evoluzione come Beethoven e per il suo approfondimento spirituale. Ma l’opera ha tuttavia una sua particolare fisionomia poetica ed individualità anche in mezzo alle altre maggiori dello stesso periodo creativo. La partitura comprende 2 flauti (meno che nel Kyrie), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe (meno che nel Kyrie), timpani (meno che nel Kyrie), archi. Due lettere di Beethoven a Breitkopf e Härtel, del 4 febbraio e 19 febbraio 1811, accennano al proposito di scrivere una parte d’organo («in modo», egli dice nella prima lettera, «diverso da come è apparsa finora nella Messa»), ma di ciò non vi è traccia nella partitura, sotto la riga (unica) dei violoncelli e contrabbassi sono scritti soltanto i numeri per la realizzazione, con l’indicazione di volta in volta senza organo oppure organo.

Kyrie – Andante con moto assai vivace. È diviso in tre parti, corrispondenti alla triplice invocazione: la prima (Kyrie) devotamente raccolta, la seconda (Christe) più dolce nel trapasso in mi maggiore, la terza (Kyrie) sul motivo della prima, serenamente conclusa nel tono. Gloria – Allegro con brio. Si divide anch’esso in tre parti principali: la prima dall’inizio alle parole “Agnus Dei, Filius Patris” è caratterizzata, nelle voci e nell’orchestra, da un tema che possiamo definire acclamante, al quale rispondono umilmente i brevi incisi dell’ “Et in terra pax e dell’Adorarne te”; poi il tenore, assecondato dal coro, intona il “Gratias agimus tibi” con un tema di fisionomia più calma, in mezzo a cui peraltro si incide con forza la frase “Deus, Deus omnipotens”.

La seconda parte “Qui tollis”, è la più espressiva con la melodia supplichevole, egualmente del tenore seguito dal coro “Miserere nobis”, ripresa e conclusa dal quartetto dei solisti, e il successivo “Qui sedes ad dexteram Patris… miserere nobis” pure del coro, che celebra la potenza e la misericordia divina. La terza parte ritorna all’impeto celebrativo della prima. Lo squillante “Quoniam tu solus sanctus” introduce una fuga sulle parole finali “Cum Santo Spiritu, gloria Dei Patris, amen” affidata alle piene voci del coro e dell’orchestra, con intervento soltanto in ultimo del quartetto dei solisti.

– Credo Allegro con brio. È trattato come il Gloria, con una analoga alternanza di parti musicali corrispondentemente al vario significato del testo. Alla prorompente affermazione iniziale in una successione di brevi frasi incisive si contrappongono episodicamente momenti di impressione mirifica “Et invisibilium … ante omnia saecula”. Spicca anche per la sua efficacia pittorica il “Descendit de coelis”. La parte centrale, similmente al “Qui tollis” del Gloria, è la più interiormente intensa, dall”Et incarnatus est”, affidato con tanta delicatezza ai solisti, al “Crucifixus, passus et sepultus est” intrecciato fra i solisti e il coro, che in un progressivo addensamento di tinte oscure interpreta tutto l’episodio della passione fino alla discesa nella tomba. Da questo si dispiega ad un tratto il gioioso “Et resurrexit” seguito da un energico accenno al giudizio universale, e poi dalla professione degli articoli di fede: “Et in Spiritum Sanctum” … ecc., coronato anche qui, come la parte finale del Gloria, da una fuga su “Et venturi saeculi, amen”.

– Sanctus e Benedictus. Un Adagio iniziale in piano; l’intervento di pochi strumenti e del coro, che mormora come in una salmodia le prime parole “Sanctus, Benedictus Dominus Deus Sabaoth”, dà l’impressione del raccoglimento dell’attesa e serve adeguatamente d’introduzione al giubilante “Pieni sunt coeli et terra” coronato dall’Osanna. Segue l’inno del trionfo pacifico “Benedictus qui venit in nomine Domini”, intonato e svolto in principio dal quartetto dei solisti (inizialmente a sole voci) poi diviso con il coro come in una alternativa di pochi eletti e della moltitudine accomunati dallo stesso sentimento celebrativo; coronato infine, secondo il testo liturgico, da una ripresa dell’Osanna.

– Agnus Dei. La prima parte, “Agnus Dei… miserere nobis”, affidata al coro con una sobria ma significativa partecipazione dell’orchestra, ha un carattere doloroso alternativamente urgente ed umile. All’ultimo “dona” l’atmosfera si schiarisce, e nel passaggio in maggiore (introdotto da un solo del clarinetto) sotto il quale il coro sommessamente sillaba “dona, dona”, si effonde la preghiera della pace, con un tema risolutivo di serenità, intonata dal quartetto dei solisti e svolta dal coro. Un improvviso ritorno dell’invocazione alla misericordia ne interrompe il corso riportando la nota drammatica, subito dispersa peraltro dalla ripresa della preghiera, a cui infine la fisionomia quasi di richiamo campestre che il tema assume nei brevi soli del corno e del fagotto, intercalandosi ripetuta-mente alle voci, aggiunge (in armonia del resto con il carattere del solo introduttivo del clarinetto) un qualche senso di serenità pastorale. Le distensive cadenze della parola riassuntiva “pacem” conducono alla conclusione: in ultimo, come un suggello spirituale di tutta l’opera, sul tema iniziale del Kyrie.

Titolo ufficiale: Opus 86 Messe (C-dur) für Soli, Chor und Orchester Widmung: Ferdinand Johann Nepomuk Fürst Kinsky von Wchinitz und Tettau NGA VIII/2 AGA 204 = Serie 19/2

Origine e pubblicazione: La messa fu commissionata dal principe Nikolaus II Esterhazy von Galantha per la celebrazione dell’onomastico della principessa Maria Josepha Hermenegild. Il lavoro fu eseguito a Eisenstadt il 13 settembre 1807 e Beethoven ricevette l’incarico al più tardi nell’inverno 1806/07. L’edizione originale della partitura fu pubblicata da Breitkopf & Härtel a Lipsia attorno al settembre 1812 e la riduzione per pianoforte uscì a dicembre. In una lettera al principe Esterhazy del 26 luglio 1807, Beethoven elencò vari motivi che portarono al ritardo nella consegna, come la pianificazione di un concerto di beneficenza che non ebbe luogo (marzo 1807), le trattative con Muzio Clementi e i suoi soci circa la produzione e la revisione dei modelli per l’ incisione per la pubblicazione dell’ opera a Londra (da marzo a maggio 1807 circa) e una  lunga malattia (da maggio a luglio 1807): „Da man mir sagt, daß sie mein Fürst nach der Messe gefragt, die sie mir aufgetragen für sie zu schreiben, so nehme ich mir die Freyheit, ihnen durchlauchtigster Fürst zu verkünden, daß sie solche spätstens bis zum 20ten August-Monath erhalten Werden — Wo alsdenn Zeit genug seyn wird, solche auf den Namens-Eag der Durchlauchtigsten Fürstin aufzuführen — außerordentliche Vortheilhafte Bedingungen, die mir von London gemacht wurden, als ich das Unglück hatte mit einem Benefice Tag im Theater durchzufallen, und die mich die Noth mit Freuden ergreifen machen muste, verzögerten die Verfertigung der Messe, so sehr ich es auch gewünscht, damit vor ihnen Durchlauchtigster Fürst zu erscheinen, dazu kam später eine Kopfkrankheit, welche mir anfangs gar nicht und später und selbst jezt noch nur wenig zu arbeiten erlaubte“ (BGA 291). Supponendo che le date indicate da Beethoven siano corrette, Jeremiah McGrann presume che l’opera sia stata composta prima del marzo 1807 e nell’estate del 1807, con una  lunga pausa nel mezzo. Questo spiegherebbe anche perché il quaderno di abbozzi schizzi „Pariser“ del luglio/agosto contiene pochissimi schizzi sul Credo. Tuttavia, all’epoca della lettera (26 luglio 1807), esistevano certamente già abbozzi  per tutti i movimenti. McGrann presume che il materiale per la prima esecuzione sia stato elaborato nelle prime settimane di agosto (McGrann/NGA VIII/2 p. IX e 215). Beethoven offrì una prima volta la messa a Breitkopf & Härtel l’8 giugno 1808: „Von meiner Meße wie überhaupt von mir selbst sage ich nicht gerne etwas, jedoch glaube ich, daß ich den text behandelt habe, wie er noch wenig behandelt worden, auch wurde sie an Mehreren Orten, unter anderm auch bey Fürst Esterhazi auf den NamensTag der Fürstin mit vielem Beyfall gegeben in Eisenstadt, – ich bin überzeugt, daß die Partitur und selbst KlawierAuszug ihnen gewiß einträglich seyn wird“ (BGA 327). Dopo che l’editore declinò l’ offerta, facendo notare che la richiesta economica fosse troppo alta, Beethoven rioffrì l’opera chiedendo  un compenso inferiore e con delle integrazioni: „übrigens mache ich mich verbindlich ihnen mit einem offertorium und graduale zu der Messe in einiger Zeit ein Geschenk zu machen, in diesem Augenblik stehn mir aber beyde nicht zu ge-both“ (BGA 329). Nonostante questo  l’editore ancora una volta declinò l’ offerta, tanto che il compositore offrì la messa come „Geschenk”: „warum ich sie vorzüglich verbinden-wollte diese Messe herauszugeben, ist weil sie mir erstens vorzüglich am Herzen liegt troz aller Kälte unseres Zeitalters gegen d.g. [dergleichen]“ (BGA 331).

Otto mesi dopo, nell’aprile del 1809, Beethoven annunciò finalmente che la messa sarebbe stata inviata con la posta (BGA 375), ma rinviò ancora il tutto perché nel frattempo stava negoziando con Simrock a Bonn. Dopo ulteriori trattative sul compenso, Breitkopf & Härtel ottenne finalmente l’ incarico di pubblicare l’ opera (l’editore acquistò la messa assieme  al “Cristo sul monte degli Ulivi” e al “Fidelio”); Beethoven inviò tutte le musiche  a Lipsia prima del 19 settembre 1809 (BGA 400). Alla fine di novembre, l’editore confermò la corretta ricezione delle belle copie per l’ incisione (BGA 410).

Negli anni successivi ci furono ulteriori ritardi nella pubblicazione dell’ opera. La causa risiedeva in due suggerimenti che Beethoven sottopose a Breitkopf & Härtel il 4 febbraio 1810: „sollte sich nicht auf die Messe ein deutscher Text jedoch ohne den lateinischen auszulaßen, machen laßen — die Orgelstimme von der Meße schicke ich ihnen Insbesondre noch nach, wenn sie sonst sie nicht schon gestochen haben, ich mögte sie auf eine andere Art als bisher bey der Meße erscheinen laßen, ist aber daß sie selbe schon gestochen, so muß mans diesmal so hingehn laßen“ (BGA 423). Nonostante ripetute richieste a Beethoven l’editore non ricevette una parte d’organo, tanto che nel novembre 1810 Breitkopf & Härtel si lagnò: „Ich gestehe Ihnen, daß es mir sehr unlieb ist, diese Sachen so lange erwarten zu müssen, da auf diese Weise nicht allein dieser Winter, mithin ein Jahr für diese Werke verloren wird […]. Wie lange ist schon das Orator, [op. 85] u. die Messe in meinen Händen u. doch noch unvollständig, so daß ich nichts damit anfangen kann. Ich bitte Sie angelegentlich, doch nun gütig zu sorgen, daß wir einmal in Richtigkeit kommen u. daß Ihnen die Plage einer längern Korrespondenz darüber u. mir das vergebliche Warten erspart werde“ (BGA 477). Sebbene Beethoven abbia infine ingiunto l’editore di pubblicare la messa senza la parte d’organo il prima possibile, Breitkopf & Härtel si dedicò al completare la pubblicazione di altre opere di Beethoven (Op. 80-85). Fu solo nel maggio 1812 che Beethoven ricevette i cliché di prova della Messa (BGA 577), che ritornarono all’editore nel mese di luglio.

La partitura fu inserita nel catalogo dell’editore nel mese di settembre (KH: ottobre) 1812. Un’anteprima apparve già nell’aprile 1812 nell’ AmZ 14 (Intelligenzblatt 4, Col. 18: „Nach der [Oster-] Messe werden fertig [… ] Missa, Partitur“), e nel novembre 1812 fu elencata tra le novità dell’editore elencate da Breitkopf & Härtel ((Intelligenzblatt 15, colonna 65). Sul testo tedesco: Beethoven disse a Breitkopf & Härtel nel luglio 1808: „geben sie dieselbe [Op. 86] meinetwegen im Klawierauszug mit Deutschem Text, ich stehe ihnen jedesmal wie immer für den Erfolg gut“ (BGA 329). Progettò anche di utilizzare testi tedeschi per l’esecuzione di alcune parti della Messa, progettata a Vienna il 22 dicembre 1808 (BGA 347).  Ribadì il suo suggerimento all’editore il 4 febbraio 1810. L’editore incaricò quindi il teologo Christian Schreiber (1781-1857) di scrivere un testo tedesco. Schreiber tradusse anche le Ariette op.82 (Schmidt-Görg/Op86). Nel gennaio 1811 Beethoven commentò il testo „die Ubersezung zum gloria scheint mir sehr gut zu paßen zum Kyrie nicht so gut obwohlen der Anfang ,tief im Staub anbeten wir* sehr gut paßt, so scheint mir doch bey manchen Ausdrücken wie ,ew’gen Weltenherrscher“ [,]Allgewaltigen‘ Mehr zum gloria tauglich, der allgemeine charakter (Bey solch einer übersezung sollte nur wie mir scheint der allgemeine Karakter jedes Stücks angegeben seyn) in dem Kyrie ist innige Ergebung, woher innigkeit religiöser Gefühle ,Gott erbarme dich unser1 ohne deswegen Traurig zu seyn, Sanftheit liegt dem Ganzen zu Grunde, hier scheint mir die Ausdrücke Allgewaltiger nicht im sinne des Ganzen obwohlen .eleison erbarme dich unser“ — so ist doch heiterkeit im Ganzen, Der Katholike tritt sonntags geschmückt festlich Heiter in seine Kirche das Kyrie Eleison ist gleichfalls die Introdukzion zur ganzen Messe, bey so starken ausdrücken würde wenig übrig bleiben für da, wo sie wirklich stark seyn Müßen“ (BGA 484). Nonostante queste critiche, il compositore accettò volentieri di ringraziare il traduttore per il suo lavoro (BGA 486). Nel maggio 1823 Beethoven ricevette una nuova trascrizione in tedesco del testo della messa, che il direttore musicale di Warmbrunn (Cieplice), Benedict Scholz, aveva realizzato e dedicato al compositore (BGA 1662 e BKh 3 pp. 262-265). A tale scopo Scholz aveva copiato una partitura con le parti vocali. Beethoven rimase colpito da questa traduzione e scrisse  il 7 maggio 1825 alla casa editrice Schott di Magonza a proposito di una nuova edizione: „Es hat jemand zu meiner Meße in C einen vortrefflichen deutschen Text gemacht ganz anders als den Leipziger, wollten sie wohl selbe mit dem neuen Texte neu auflegen“ (BGA 1966). Anche in questo caso non si arrivò a nulla. Il testo fu stampato anni dopo sulla rivista Caecilia (23, 1844, pp. 54-61). (Un confronto tra i testi di Schreiber e Scholz si trova in Schmidt-Görg/Op86 pp. 19-24 e McGrann/NGA VIII/2 pp. 189-294.)

Dedica: Beethoven, tra il 6 e il 10 ottobre 1810, Beethoven in una annota scrive circa l’ intenzione di dedicare la Messa a Napoleone: „die Messe könnte vieleicht auch dem Napoleo[n] dedici[rt] werden.“ (D-BNba, HC Bodmer HCB Br 275). Poco dopo aveva cambiato idea e il 15 ottobre 1810 scrisse a Breitkopf & Härtel, dedicandola dapprima a Nikolaus Zmeskall (BGA 474). Un anno dopo, il 9 ottobre 1811, la dedica sarebbe stata cambiata nuovamente: „was die Meße so könnte die dedikation verändert werden, das Frauenzimmer ist jezt geheirathet, und müßte der Name so verändert werden, sie kann also Unterbleiben, schreiben sie mir nur, wann sie sie heraus geben, und dann wird sich schon der Heilige für dieses Werk finden“ (BGA 523 a Breitkopf & Härtel). Non si sa chi fosse la donna menzionata (Leitzmann/Briefe p. 270f sospetta fosse Bettina Brentano, che aveva sposato Achim von Arnim l’11 marzo 1811). I’ „Heilige“ fu trovato nel maggio 1812: „da sie [die Messe] so spät herauskommt, soll die Dedikation geändert werden, nemlich an Fürst Kynsky das weitere Titularium deswegen erhalten sie – Es muß so seyn“ (BGA 577).

Ferdinand Johann Nepomuk Principe Kinsky von Wchinitz und Tettau, nato il 4 dicembre 1781 a Vienna, e deceduto il 3 novembre 1812 a Weltrus [Veltrusy] sul fiume Moldava per le conseguenze di una caduta da cavallo, figlio del principe Joseph Kinsky (1751-1798) e sua moglie Maria Rosa Aloysia, nata contessa Harrach (1758-1814). Ferdinand Kinsky era un ufficiale, in seguito colonnello nel reggimento degli Schwarzenberg Uhlans e fu attivo combattente durante le guerre napoleoniche. Nel 1796 Schönfeld annoverava sia Ferdinand Kinsky che suo padre tra i nobili d’ eccezione (Schönfeld/Annuario, p. 107). Insieme all’arciduca Rodolfo e al principe Lobkowitz, il principe Kinsky fu uno dei mecenati della pensione erogata a Beethoven, che lo legò a Vienna con uno stipendio annuo di 4.000 fiorini a partire dal 1 marzo 1809. Kinsky fu il massimo donatore della pensione, erogando 1.800 fiorini annuali, ma ben presto fu in arretrato con i pagamenti. Oltre a questi ritardi, la moneta convenzionale perse considerevolmente valore nel 1811. Durante una visita a Praga all’inizio del luglio 1811, il principe Kinsky assicurò verbalmente Beethoven che la somma sarebbe stata adeguata alla svalutazione, ma anche in questo caso il compositore non fu pagato. Dopo la morte di Kinsky, avvenuta nel 1812, Beethoven si rivolse alla vedova il 30 dicembre 1812 con una richiesta di pagamento della quota garantita della pensione (BGA 607f) – la principessa inoltrò la richiesta di Beethoven al conte Kolowrat a Praga, poiché non poteva essere coinvolta in materia finanziaria senza il consenso del co-tutore e dell’autorità di tutela boema a Praga. Di conseguenza ne seguì una controversia legale durata un anno tra Beethoven e gli eredi Kinsky, che fu risolta solo il 18 gennaio 1815 con una transazione.

Prima esecuzione il 13 settembre 1807 nella Bergkirche (non nella cappella del castello, vedi Landon/Haydn vol. 4 p. 49f) a Eisenstadt. Beethoven, che fu a Eisenstadt dal 10 al 16 settembre, diresse il concerto. (per il cast, cfr. Harich/Eisenstadt, p. 183s). Al principe l’ opera non piacque, decisamente infastidito dalla Messa di Beethoven scrisse: “La messe de Beethoven est insuportablement ridicule et detestable, je ne sui pas convaincu qu’elle piusse-meme paroitre honetement: j’en suis colere et honteux,” (lettera ad Henriette Zielinska). Nella grande accademia di Vienna il 22 dicembre 1808, parti della messa furono eseguite come „Hymnen“ con testo tedesco. (Vedere foto).

Secondo il giornale “Annalen der Literatur und Kunst”, febbraio 1809, colonne 84-87, questi erano il Gloria e il Sanctus. Secondo le informazioni di Aloys Fuchs, un’esibizione con la partecipazione di Beethoven ebbe luogo durante il soggiorno di Beethoven presso il principe Lichnowsky al castello Grätz vicino a Troppau nell’estate del 1811. In questo caso Beethoven si sarebbe recato a Troppau dopo il suo soggiorno termale a Teplitz. Questo viaggio è messo in dubbio da un’ affermazione dello stesso Beethoven che „flugs nach Vien“ (BGA 523 nota 3).

I numerosi abbozzi saranno trattati in un articolo separato.

Opus 86 Messa in do maggiore

Opus 86 Messa in do maggiore

per soli (soprano, contralto, tenore e basso), coro e orchestra

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