Opus 69 Sonata in la maggiore per pianoforte e violoncello

I) Allegro, ma non tanto – II) Scherzo, allegro molto – III) Adagio cantabile – Allegro vivace.

Opus 69 Sonata in la maggiore per pianoforte e violoncello op. 69, dedicata al barone Ignaz von Gleichenstein, 1807 – principio 1808, pubblicata in parti separate a Lipsia, Breitkopf e Härtel, aprile 1809.  GA. n. 107 (serie 13/3) – B. 69 – KH. 69 – L. III, p. 118 – N. 69 – T. 146

Il manoscritto originale del primo tempo è conservato a Vienna nella raccolta Wittgenstein; quello degli altri tempi è perduto. La stampa della GA. è stata condotta su una copia riveduta, già in possesso della casa editrice e oggi non rintracciabile. Gli abbozzi si trovano frammisti a quelli della Quinta Sinfonia e del Concerto per violino e orchestra op. 61.

L’opera ha fisionomia aperta e serena. Le parole “inter lacrimas et luctum” con cui, secondo quanto ha scritto il poeta e letterato J. Schneller (citato dal cat. Thayer), il maestro avrebbe accompagnato la dedica nell’esemplare inviato al Gleichenstein, dovrebbero riferirsi per il Thayer-Riemann (III, pag. 114) alla situazione politica dell’Austria nella primavera del 1809 (in seguito cioè alla dichiarazione di guerra alla Francia del 9 aprile dello stesso anno) e non avrebbero quindi nessun rapporto di causalità diretta con la musica, che era stata terminata circa un anno prima.

Lo spunto del primo tema dell’Allegro con brio, proposto inizialmente dal violoncello, è ripreso e svolto dai due strumenti in una lineare calda melodia che ci richiama la corrispondente della Sonata per pianoforte e violino op. 30 n. 1, nello stesso tono, e stabilisce per così dire il «clima affettivo», dominante. In questo senso si svolge anche il secondo tema, con qualche cosa di più tenero, d’una struttura a due parti, alternate fra i due strumenti, con una figurazione flessuosa intorno a quella basilare ricalcata sullo spunto iniziale rovesciato. Un terzo elemento formativo conduce con l’incalzare del suo ritmo alla cadenza. Lo sviluppo è basato su una figura derivata ritmicamente dal tema principale e cara del resto a Beethoven per il suo patetico impegno: rassomiglia infatti al tema del finale della Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 e anche a quello del primo tempo del Quartetto in la minore op. 132.

Creazione di alta fantasia è lo Scherzo (Allegro molto). La prima frase ha, nella sua vivacità, una fisionomia ansiosa che il rapido corso della seconda interrompe senza far dimenticare. Il Trio con il suo tema in maggiore suggerisce l’immagine pastorale di un borbottio di bordone da cui si innalzi una elementare melodia di musette. Il passaggio dallo Scherzo e rispettivamente il ritorno ad esso al termine del Trio sono condotti con felice eleganza di forme ritmiche e armoniche. Allo stesso spirito è informata la conclusione che segue alla ripetizione dello Scherzo. L’ultimo tempo è preceduto da un brevissimo Adagio cantabile, una frase melodica di nove battute, senza ulteriore svolgimento, con la parte principale al pianoforte, ripresa dal violoncello e interrotta a metà da una piccola cadenza che la collega al successivo Allegro vivace. Questo è della stessa fisionomia espressiva del primo tempo (da una snodatura tematica del quale sembra prendere le mosse) con qualche cosa tuttavia di più spensierato e riposante insieme nella sua giocondità. L’impostazione del secondo tema ha carattere quasi di episodio teatrale con la contrapposizione della parte a solo del violoncello a quella tipicamente strumentale del pianoforte, che le risponde e la commenta.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: Opus 69 Sonate (A-dur) für Klavier und Violoncello Widmung: Ignaz Freiherr von Gleichenstein NGA V/3 AGA 107 = Serie 13/3

Origine e pubblicazione: quasi tutti gli schizzi sopravvissuti risalgono probabilmente al febbraio/marzo 1808. Una copia controllata da un copista fu resa disponibile a settembre e l’edizione originale fu pubblicata nell’aprile 1809 da Breitkopf & Härtel a Lipsia. Una prima versione del primo movimento della sonata fu scritta nel febbraio/marzo 1808, dal momento che Beethoven revisionò più volte l’autografo (questo primo movimento sarà trattato separatamente negli articoli del C.R.M.). Probabilmente Beethoven ne fece un’altra revisione in un secondo momento (vedi Sonate Del Mar/Violoncello p. 34). Questo secondo manoscritto è andato perduto. Un’annotazione del secondo tema del primo movimento si trova nel quaderno “Pastorale”, probabilmente fatta nel giugno di quell’anno, è relativa alle ultime correzioni che Beethoven apportò all’atto dell’incisione (Dufner /NGA V/3KB pagg.16-18). Beethoven offrì l’op. 69 l’8 giugno 1808 assieme alle sinfonie op. 67, 68 e alla messa op.86 all’editore Breitkopf & Härtel (BGA 327). Il 14 settembre 1808, dopo lunghe trattative sul compenso, fu finalmente concluso un contratto per le sinfonie, i trii op. 70 e la sonata op. 69 (contratto e ricevuta per il compenso di 100 ducati d’oro sono conservati nella D-BNba, collezione H.C. Bodmer, HCB Br 72 e HCB Br 73).

La Breitkopf & Härtel ricevette l’incisione e la dedica originale a settembre, il numero dell’opera (inizialmente indicato erroneamente come Opus 59) seguì nel marzo 1809 (BGA 359). Il 28 marzo 1809 Beethoven chiese le bozze e fece una piccola aggiunta alla dedica („an meinen Freund den Baron“; BGA 370). Tuttavia l’edizione apparve ad aprile senza che Beethoven avesse ricevuto dette bozze e senza l’aggiunta alla dedica. Dopo aver avuto la stampa tra le mani, scrisse alla fine del luglio 1809 „eine Gute Portion Druckfehler auf die ich, da ich mich mein Leben nicht mehr bekümmere, [um] das, was ich schon geschrieben habe, durch einen guten Freund von mir Aufmerksam gemacht wurde (nemlich in der Violonschell Sonate) ich laße hier dieses Verzeichniß schreiben oder Drucken [ein Druck ist nicht bekannt], und in der Zeitung ankündigen, daß alle, diejenigen welche sie schon gekauft, dieses holen können -Dieses bringt mich wieder auf die Bestätigung der von mir gemachten Erfahrung, daß nach meinen von meiner eigenen Handschrift geschriebenen Sachen am richtigsten gestochen wird – vermutlich dörften sich auch in der Abschrift, die sie haben, manche Fehler finden, aber bey dem übersehen übersieht wirklich der Verfasser die Feier [!]“ (BGA 392; elenco BGA 393).

Secondo le osservazioni preliminari di Beethoven sull’elenco, il commerciante di musica ed editore viennese Johann Baptist Traeg fece correggere gli errori nelle copie che aveva in magazzino. Pochi giorni dopo, un addendum all’elenco degli errori fu inviato a Breitkopf & Härtel (BGA 394 del 3 agosto 1809). Tuttavia queste correzioni non furono apportate nemmeno nelle edizioni successive. Anche la Neue Ausgabe del 1843 adottò inizialmente il testo erroneo; fu ampiamente corretto solo in una seconda edizione, apparentemente nel corso di una revisione interna. L’editore non ricevette un certificato di proprietà sino al 19 febbraio 1811 (BGA 486). I numeri d’opera sbagliati che Beethoven diede per le Opp. 67-69 potrebbero essere stati corretti per le due sinfonie; per contro l’Opus 69 fu indicata come op. 59 sia da Breitkopf & Härtel a Lipsia che da Artaria a Vienna. Mentre Breitkopf & Härtel corresse la numerazione nelle edizioni successive, le edizioni Artaria (e altre) apparentemente rimasero invariate. Oltre all’op. 69, Artaria pubblicò poco dopo Breitkopf & Härtel anche le successive opere per pianoforte e per musica da camera (Op. 70, 74, 76-79, 81a) e il “Lied aus der Ferne” WoO 137. Ciò si basa probabilmente su accordi tra i due editori, sui quali è probabile che maggiori dettagli siano contenuti nel fascicolo ancora non ancora studiato Artaria 47/6 della Biblioteca comunale e statale di Vienna (cfr. Hilmar/Artaria p. 34 e note). Non è chiaro se Beethoven abbia preso parte alle edizioni Artaria (per esempio elencando gli errori cui sopra). Il numero d’opera non corretto dell’op. 69 e ancor più le problematiche relative alle pubblicazioni delle Opp. 78 e 81a avvalorano la tesi di  un’estraneità del compositore circa queste pubblicazioni.

Da metà febbraio dello stesso anno, Gleichenstein era stato inviato in missione dai servizi segreti nella Germania meridionale e in Francia e, per motivi di sicurezza, dalla fine del 1808/inizio del 1809 si vociferava che si fosse dimesso dal servizio imperiale, anche se formalmente rimase in carica sino al dicembre 1810 (arrivò nel  febbraio 1810 Vienna e non riprese il suo lavoro nel consiglio di guerra di corte). Il 28 maggio 1811 sposò Anna Malfatti (1792-1869), sorella minore di Therese Malfatti, che Beethoven ammirava, e tornò in estate a gestire la tenuta della madre a Oberrotweil am Kaiserstuhl. Beethoven rifiutò l’idea di dedicare il 4° Concerto per pianoforte a Gleichenstein (vedere Op. 58), che invece ricevette la dedica per l’op. 69 (vedi BGA 336 e BGA 350, 359, 370). Si dice che Beethoven abbia scritto le parole “Inter Lacrimas et Luctum” sulla copia perduta della dedica della sonata (potrebbe essere stata sia una stampa che una copia) (Julius Schneller, Ludwig van Beethoven, Freiburger Wochen- und Entertainment-Blatt n. 29, 10 aprile 1827).

A causa della dedica, nella letteratura si afferma spesso che Gleichenstein fosse un buon violoncellista. Tuttavia non si sa assolutamente nulla dell’educazione musicale di Gleichenstein; potrebbe non aver nemmeno suonato il violoncello. Beethoven stesso definisce Gleichenstein „kein Kenner von Musik aber doch ein Freund alles Schönen und Guten“ (BGA 357). (Clive/Dizionario; Brandeburgo/Violoncello p. 21 seg.)

Prima esecuzione. Secondo il diario di Johann Nepomuk Chotek avvenne il 21 gennaio 1809 a Vienna, in un quartetto musicale del violoncellista Anton Kraft con Beethoven al pianoforte e Kraft al violoncello. Il concerto si tenne nella casa di Wilhelm von Rittersburg (Steblin/Chotek p. 83-86). Nel febbraio 1809 potrebbe esserci stata un’esibizione nell’ambito dei concerti domenicali organizzati da Nikolaus Zmeskall al Bürgerspital di Vienna, in cui Catharina Dorothea von Ertmann suonò la parte del pianoforte e Nikolaus Kraft la parte del violoncello (BGA 358). Domenica 30 aprile 1809 op. 69 eseguita nello stesso contesto la sonata fu suonata da Beethoven e Nikolaus Zmeskall o Anton Kraft (BGA 371, 381f).

Gli schizzi per tutti i movimenti possono essere trovati in un quaderno di abbozzi che va dal settembre 1807 circa al febbraio/marzo 1808 circa, i cui fogli sono conservati in varie biblioteche.

(1) A-Wgm, A 38B, A 41 e A 59, foglio 8. (2) D-B, Mus. SM. autogr. Beethoven Landsberg 10, pp. 47f, 49-56. (3) D-BNba, Coll. Fi. C. Bodmer, HCB BSk 9/57, HCB Mh 75 e 76. (4) DK-Kmk, senza firma (SV 332). (5) F-Pc (in: Pn), Ms 45. Facsimile: Gallica. (6) GB-Lbl, Zweig Coll., MS. 6, bifoglio.

Per gentile concessione della  Staatsbibliothek zu Berlin Preußischer Kulturbesitz)