Opus 58 Concerto n. 4 in sol maggiore per pianoforte e orchestra

I) Allegro moderato – II) Andante con moto – III) Rondò – Vivace

Opus 58 – Concerto n. 4 in sol maggiore per pianoforte e orchestra op. 58, dedicato all’arciduca Rodolfo d’Austria, 1805 – fine 1806, pubblicato in parti d’orchestra a Vienna, Kunst und Industrie Comptoir, agosto 1808; in partitura a Lipsia, Peters, 1861. Orchestra: Primo tempo: 1 flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi — Secondo tempo: archi soli — terzo tempo: come nel primo, con in più 2 trombe e timpani.

Ignoriamo dove si trovi il manoscritto originale. La società degli Amici della Musica di Vienna ne possiede una copia riveduta, in cui sono introdotte nel primo e terzo tempo varie modificazioni e aggiunte autografe spesso accennate soltanto di scorcio, non tutte chiaramente leggibili, destinate forse ad una esecuzione di carattere più vario e libero, nelle quali si tiene conto anche dei perfezionamenti tecnici introdotti nello strumento già alla fine del 1808 con una maggiore estensione della tastiera.

Descrivendo gli abbozzi dell’opera, che risalgono al 1805, il Nottebohm ne aveva già messo da tempo in luce la contemporaneità e la coesistenza con quelli della Quinta Sinfonia; l’argomento è stato modernamente ripreso e portato ad ulteriori conseguenze, riguardanti anche la determinazione cronologica di altre composizioni beethoveniane, dal Braunstein. Chiara appare la affinità del tema iniziale del Concerto con quello della Sinfonia, e non senza una certa sorpresa vediamo affiorare in un primo appunto per l’entrata del finale del Concerto, il tema del fagotto che sarà poi impiegato nel coro dei prigionieri del Fidelio.

La prima esecuzione ebbe luogo, con Beethoven stesso al pianoforte, nel marzo 1807 in un concerto per sottoscrizione dato nel palazzo del principe Lobkowitz e interamente dedicato a composizioni del maestro. Vi figuravano anche due altre novità: L’Ouverture per il Coriolano di von Collin e la Quarta Sinfonia. L’esecuzione pubblica vera e propria, sempre con l’autore al pianoforte, ebbe luogo il 22 dicembre 1808 al teatro an der Wien. L’inizio del primo tempo, in cui il Tutti invece di entrare immediatamente, come di consueto, viene quasi messo in moto dal solista con l’enunciazione della prima proposizione tematica, dà subito a vedere come più strettamente ed organicamente che non nei concerti precedenti sia stata intesa la collaborazione fra pianoforte e orchestra. I vari elementi tematici, principali o secondari, appaiono poi collegati fra loro in funzione di un’unica idea poetica.

Nell’ambito di questa stessa idea si sviluppa anche l’elemento più propriamente tecnico-pianistico il quale non è tuttavia mai fine a sé stesso. Il tema principale naturalmente predomina nei vari aspetti che sa conferirgli la consumata vigile maestria del linguaggio sinfonico beethoveniano.

Tipico ed unico nel suo genere è il breve Andante con moto che costituisce il secondo tempo, collegato senza interruzione al Finale: una di quelle pagine in cui l’intensità dell’espressione compensa la brevità (come per esempio, per quanto in aspetti ogni volta differenti, nella Sonata per pianoforte op. 53 e nel Triplo Concerto op. 56); un eloquente «contrasto di principi» che raggiunge il massimo dell’efficienza drammatica e della commozione lirica, concludendosi con l’umiliazione del primo (il superbo, espresso dall’orchestra) di fronte all’altro che si innalza ed espande sempre più implorante nel pianoforte: Orfeo che vince le forze oscure del mondo infero, dice con felice immagine Rielzer.

Il Prieger ha creduto di trovare un precedente di questa pagina nel Larghetto della Sonata in fa diesis minore di F. W. Rust. A noi sembra che si tratti di due episodi differenti sostanzialmente fra loro per il modo come sono rispettivamente impostati, condotti e risolti. Più importante è forse notare come il Rust ci offra qui un saggio di sfruttamento drammatico del tema-ritmo nel senso in cui questo sarà poi da Beethoven posto a base della Quinta Sinfonia. Il Finale (Vivace), che si innesta all’ultima nota dell’ Andante con un senso di « liberazione nella leggerezza », scorre spigliatamente sia nella formulazione dei temi che negli sviluppi in una luce temperata che non conosce oscuramenti neppure momentanei. L’individualità dello strumento solista si affianca ora a quella della compagine orchestrale nell’espressione di uno stesso stato d’animo, ove il conflitto di sentimenti del secondo tempo è dimenticato.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: Opus 58 Konzert Nr. 4 (G-dur) für Klavier und Orchester Widmung: Erzherzog Rudolph von Österreich NGAIII/3 AGA 68 = Serie 9/4

Creazione e pubblicazione: pensato essenzialmente negli anni 1805/06, con gli abbozzi più antichi forse già del 1803. L’edizione originale in parti fu pubblicata nell’agosto 1808 dal Kunst- und Industrie-Comptoir di Vienna. Una partitura completa era probabilmente disponibile nel luglio 1806. Beethoven scrisse a Breitkopf & Härtel il 5 del mese: „Ich benachrichtige sie, daß mein Bruder in Geschäften seiner Kanzley nach leipzig reist, und ich habe ihm die overtur[e] Von meiner oper im Klawierauszug, mein oratorium und ein neues Klawier Konzert mitgegeben“ (BGA 254). Questa potrebbe già essere stata la copia riveduta), che fu probabilmente usata durante un’esibizione nel marzo 1807 e che fu anche il modello per l’ incisione dell’edizione originale. In questa copia Beethoven abbozzò numerose modifiche alla parte per pianoforte che non furono stampate nell’edizione originale. Barry Cooper e Paul Badura-Skoda suppongono che questa sia la base per una parte di pianoforte modificata che Beethoven eseguì nel concerto del 22 dicembre 1808. Hans-Werner Küthen cita una serie di indicazioni secondo cui si tratta di note che il compositore scrisse in preparazione di un arrangiamento per pianoforte e quintetto d’archi prima che il concerto andasse in stampa. Il fratello di Beethoven, Kaspar Karl, offrì l’op. 58 il 27 marzo 1806 alla casa editrice Hoffmeister & Kühnel; Lo stesso Beethoven si rivolse a Breitkopf & Härtel il 5 luglio 1806, ma dopo lunghe trattative (in cui furono incluse anche le Op. 59, 60, 72 e 85) ricevette un rifiuto a novembre. Successivamente Beethoven perseguì il piano di portare le Opere 58-62 sul mercato austriaco, tedesco, francese e inglese contemporaneamente, come pacchetto. Simrock a Bonn e Pleyel a Parigi ricevettero offerte parallele per la Francia il 26 aprile 1807. Per l’Inghilterra concluse personalmente un contratto con Muzio Clementi il ​​20 aprile 1807 a Vienna. Il Kunst- und Industrie-Comptoir di Vienna, con il quale Beethoven si accordò probabilmente poco dopo la cancellazione delle proposte fatte a Breitkopf & Härtel, pianificò la pubblicazione delle opere per la Pasqua del 1808.

Dedica: Arciduca Rodolfo (Johann Joseph Rainer) d’Austria, nato l’8 gennaio 1788 a Pisa, morto il 23 luglio 1831 a Baden presso Vienna, figlio minore di Leopoldo, granduca di Toscana (1747-1792; dal 1790 imperatore Leopoldo II. ) e sua moglie, l’Infanta di Spagna Maria Ludovica (1745-1792). Inizialmente destinato alla carriera militare, Rodolfo fu infine destinato all’ufficio ecclesiastico a causa della sua epilessia e ricevette gli ordini minori nel 1805. Nello stesso anno divenne coadiutore con diritto di succedere all’arcivescovo di Olomouc. Quando Anton Theodor von Colloredo morì nel 1811, Rudolph inizialmente decise di non esserne il successore e subentrò solo dopo la morte di Maria Thaddäus Graf von Trautt-Mansdorff-Weinsberg nel 1819. Ricevette il berretto cardinalizio il 24 aprile 1819 e fu eletto arcivescovo di Olomouc il 4 giugno 1819. Infine fu elevato al trono il 9 marzo 1820 nella cattedrale di Olomouc (Beethoven aveva progettato per questa occasione la sua Missa solemnis, che non fu completata in tempo). Rodolfo fu un grande appassionato di musica e mecenate, oltre che un pianista di talento (fino al 1814, dopodiché le sue mani furono troppo danneggiate dalla gotta). Ricevette le prime lezioni di pianoforte e di composizione dal direttore musicale di corte Anton Teyber (1756-1822). La vasta collezione di musica di Rudolph conteneva, tra le altre cose, quasi tutte le prime edizioni delle opere di Beethoven a partire del 1805 circa, nonché una serie di manoscritti autografi del compositore e copie scritte e realizzate appositamente per lui. Nel suo testamento Rudolph lasciò in eredità alla Gesellschaft der Musikfreunde le sue „sämtlichen musikalischen Sammlungen, wozu auch die musikalische Bibliothek gehört, wie sie in dem Musikalienzimmer zu Kremsier aufgestellt ist“.

Ciò includeva anche la magnifica copia di Matthias Schwarz di tutte le opere di Beethoven stampate sino all’autunno del 1821 in 62 grandi volumi in folio, che Tobias Haslinger aveva commissionato in preparazione di un’edizione completa pianificata e che l’arciduca aveva acquistato nel 1823 per 4.000 fiorini. Nel 1834 la collezione musicale “rudolphiana” fu trasferita nell’archivio della Gesellschaft der Musikfreunde. Il primo incontro tra Beethoven e Rudolph non può essere determinato con certezza. Nel 1806 Rodolfo aveva ancora relativamente poche opere di Beethoven nella sua collezione, mancando tutte le prime sonate per pianoforte. Probabilmente non era ancora uno studente di Beethoven in quel tempo (l’affermazione errata spesso sostenuta che l’inizio delle lezioni risalga al 1803 o al 1804 si basa sull’affermazione errata di Anton Schindler secondo cui Beethoven compose la parte per pianoforte del Triplo Concerto op. 56 per Rudolph). Il primo contatto verificabile tra i due è documentato dalla dedica del 4° concerto per pianoforte. Al momento della pubblicazione dell’edizione, nell’agosto 1808, Beethoven probabilmente visitava già Rudolph con regolarità, come mostrano gli appunti di Joseph zu Spaun al Konvikt con Franz Schubert.

Il 1 marzo 1809 Rodolfo firmò un contratto con Beethoven insieme al principe Franz Joseph Maximilian Lobkowitz (vedere Op. 18) e al principe Ferdinand Kinsky (vedere Op. 86), che gli assicurò uno stipendio annuo di 4.000 fiorini Banko-Zet-tel. Mentre gli altri due benefattori nel frattempo smisero di effettuare pagamenti, Rodolfo pagò la sua quota della pensione di Beethoven con costanza e puntualità (e addirittura la aumentò nei momenti di bisogno). Sieghard Brandenburg pensa che il contratto di pensione possa aver contenuto le lezioni di composizione di Beethoven per Rudolph come accordo collaterale. Il rapporto di Beethoven con Rodolfo fu ambivalente: le lezioni, che si protrassero con interruzioni fino alla fine del 1824, erano spesso un peso e talvolta usava pretesti per sottrasi al suo compito. Tuttavia apprezzò il talento, l’amicizia e la generosità di Rudolph. Rodolfo non solo sostenne Beethoven materialmente, ma mediò in questioni legali (ad esempio nelle controversie sul proseguimento del pagamento della pensione con le famiglie principesche Kinsky e Lobkowitz) e aiutò ove necessario e utile (ad esempio aiutò il nipote Carl nelle controversie legali dopo la morte di Beethoven ).

Tra i dedicatari, Rodolfo è al primo posto non solo per numero di dediche, ma anche per peso delle opere. Oltre al 4° concerto per pianoforte, Beethoven gli dedicò anche il 5° concerto op.73 (1811) e le cadenze ai primi quattro concerti e alla versione per pianoforte del concerto per violino op.61, la sonata per pianoforte op.81a (1809-1811) ), la riduzione per pianoforte dell’opera “Fidelio”, la sonata per violino op.96 e il trio per pianoforte op.97 (1816), le sonate per pianoforte op.106 (1819) e op.111 (1823 ), la Missa solemnis op.123 (1823/1827), la fuga per quartetto d’archi op.133 e la sua trascrizione per pianoforte a quattro mani come op. 134 (1827) nonché il canone WoO 179 (1820), un tema per variazioni WoO 200 (1818) e una nota scherzosa in una lettera WoO 205e (1819). Erano anche previste le dediche dei Trii per pianoforte op.70 e delle musiche di scena per “Egmont” op.84, ma non poterono esser aggiunte perché Beethoven le trasmise troppo tardi all’editore (BGA 380 o 465). Lo stesso Rodolfo fece una copia della Sonata per pianoforte op.90, copia esatta del modello autografo; Beethoven gli aveva chiesto di restituire il proprio manoscritto in modo da poter pubblicare la sonata (BGA 746, 795). Prima esecuzione probabilmente nel marzo 1807 (dopo il 27 febbraio 1807) a Vienna in uno dei due concerti privati ​​tenuti nel palazzo del principe Lobkowitz, riservati alle sole opere di Beethoven.

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Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it