Opus 57 Sonata in Fa minore per pianoforte

I) Allegro assai – II) Andante con moto – III) Allegro ma non troppo

OPUS 57 – Sonata in Fa minore per pianoforte, op. 57,dedicata al conte Franz von Brunswik, seconda metà 1804 – primi mesi 1805, pubblicata a Vienna, Bureau d’arts et d’industrie, febbraio 1807. GA. n. 146 (serie 16/23) – B. 57 – KH. 57 – L. III, p. 4 – N. 57 – T. 119

Il manoscritto originale è custodito nella biblioteca del conservatorio di Parigi. Gli abbozzi si trovano nel quaderno del “Fidelio”. La denominazione di “Appassionata” figura per la prima volta in una edizione per pianoforte a quattro mani, pubblicata dall’editore Cranz di Amburgo nel 1838.

Che la Sonata fosse chiamata così anche precedentemente, forse già al tempo di Beethoven e senza sua opposizione, è una supposizione. D’altra parte si può facilmente osservare che, anche se intesa — con maggiore aderenza allo spirito della musica — in un senso più vasto di quello che possa riferirsi ad una passione amorosa, questa denominazione non basta a caratterizzare l’opera nella sua specifica individualità; varrebbe soltanto, se mai, come indizio del riconoscimento della superlativa intensità d’espressione raggiunta qui da un tipo di «passione musicale» propria in sé e per sé anche di altre pagine beethoveniane.

Si è accennato già ad un ipotetico rapporto di derivazione dell’ispirazione di quest’opera, come della seconda Sonata dell’op. 31 in re minore, dalla Tempesta di Shakespeare  in ragione di una risposta che Beethoven avrebbe dato al riguardo allo Schindler, ma della serietà della quale non tutti sono convinti. Anche qui studiosi e commentatori — lo Schindler per primo — si sono dati da fare per la ricerca del dove e del come. Tralasciando le artificiose allegorie escogitate a suo tempo da De Lenz ricordiamo quanto hanno detto modernamente Cortot riferendosi alle figure di Prospero e di Calibano e Rolland  istituendo un confronto dell’arte beethoveniana dell’epoca con la Stimmung generale della commedia di Shakespeare.

Per conto nostro continuiamo a pensare, come già per l’op. 31/2, che la lettura dell’opera poetica possa aver lasciato nella fantasia dell’artista un qualche sedimento generico d’impressioni ed emozioni da cui la musica ha tratto poi gli elementi del suo libero, incorporeo sviluppo; e cercare di individuare in essa di volta in volta immagini particolari di fatti o persone determinati sarebbe impiccolirne l’interiore efficienza. L’Allegro assai s’impone per la potenza espressiva dei temi, il primo cupamente interrogante, il secondo, ad esso tuttavia legato da visibile affinità formale, generoso, aperto, eroico: ma continuato, a complemento quasi del senso del primo, da un terzo elemento, di precipitazione drammatica.

Forse ancor più interessano i loro rapporti di opposizione, d’interdipendenza e di derivazione che tanto nell’esposizione quanto nello sviluppo, nella ripresa e nella coda si spiegano in un’atmosfera tempestosa — in senso traslato, s’intende — paragonabile per molti aspetti a quella del tempo corrispondente dell’op. 31/2, benché d’una fantasia meno varia, per contro d’una foga più continua. Il tema dell’Andante con moto, grave come un corale e ritmato come una lenta marcia, sembra venire a noi da un mondo superiore di augusta serenità.

Si svolge in tre variazioni che Bekker ha definito nel complesso come una specie di estetica dei vari registri del tono di re bemolle maggiore La prima, ancora nel registro grave, incomincia ad animarsi nel leggero movimento in contrappunto del basso; la seconda prende ampiezza e colore dalla altezza maggiore del suono che si diffonde come un aIone armonioso nelle figurazioni in arpeggio legate; la terza si spiega ed eleva ancor più, aumentando sempre di volume e di aerazione. In questo progressivo definirsi della stessa costante immagine in nitidezza di contorni e luminosità di riflessi è tutto il segreto effetto della musica; come un intermezzo di contemplazione, una preghiera elevata sempre più al cielo, una impressione allucinante di pace in mezzo a quelle tempestose degli altri due tempi: poiché anche nell’Allegro non troppo, che si collega con un improvviso dissonante ritmo martellato alle ultime battute della melodia, prossima a spegnersi dopo aver raggiunto il massimo splendore, turbina da capo a fondo una figura impetuosa e agitata, assorbendo in sé i brevi temi ed incisi collaterali di carattere implorante o angoscioso che ogni tanto fugacemente vi affiorano.

Lo stato d’animo musicale è affine a quello del primo tempo e sensibili analogie si possono riscontrare fra i vari elementi espressivi e formali dell’uno e dell’altro. Ma qui tutto è più violento nel suo corso univoco passionale, che si conclude adeguatamente in un Presto irruente come una fanfara. Il tono di fa minore non è tra i maggiormente usati  da Beethoven; lo troviamo però nella Sonata giovanile del 1782-83, nella Sonata op. 2 n. 1, nel Quartetto op. 95, nell’Allegretto della Sonata op. 10 n. 2, nell’Adagio del Quartetto op.59 n. 1, nell’introduzione al terzo atto e nell’aria di Florestano del “Fidelio” (prima redazione), nella Tempesta della “Sinfonia pastorale”, in vari episodi dell’”Egmont”, nell’Allegro molto della Sonata op. 10: è un tono che suscita ovunque, con sviluppi e intensità diversi, atmosfere cupe, attese tragiche, impeti oscuri e violenti.

Ma il suo massimo impegno espressivo à quello della Sonata in oggetto, che Bekker ha appunto definito : «il testamento in fa minore di Beethoven». L’ipotetico rapporto di derivazione anche di questa Sonata, oltre che dell’op. 31/2, dalla Tempesta shakespeariana non è accettato da Schering, che lo attribuisce ad un malinteso derivato dal modo di esprimersi «niente affatto chiaro» di Schindler. «Le parole, di Beethoven si riferiscono soltanto all’op. 31/2. Per quale ragione il maestro, dopo avere espresso in questa tutto l’essenziale, sarebbe dovuto tornare qualche anno dopo a riprendere lo stesso argomento, è inspiegabile.

Ci vuole una fantasia dissestata per trovare una relazione fra la passionale Sonata in fa minore e la in sé e per sé innocua commedia della Tempesta. Il fondamento dell’Appassionata sta piuttosto, per quanto io vedo, in uno dei più paurosi e sanguinosi lavori teatrali del poeta inglese, il Macheth». I momenti della tragedia considerati da Beethoven sarebbero i seguenti: Primo tempo: Atto III, scena IV: Il banchetto. Macbeth (primo tema), Lady Macbeth (secondo tema), persone del seguito. L’apparizione dello spettro di Banco a Tavola — Secondo tempo-. Atto IV, scena I: Macbeth dalle streghe. Le tre apparizioni (Tre variazioni) — Terzo tempo (collegato al precedente): Continuazione della scena delle streghe. Lo scongiuro delle ombre dei sette re e di Banco. Danza delle streghe e maledizione di Macbeth: «Dove sono esse? Sparite? Quest’ora nefasta resti per sempre maledetta nel calendario!».

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: Opus 57 Sonate (f-moll) für Klavier Widmung: Franz Graf Brunsvik de Korompa NGA VII/3 AGA 146 = Serie 16/23. Beiname: Appassionata.

Origine e pubblicazione: Abbozzata nel 1804 o 1805. L’autografo fu completato nel 1806, probabilmente nella primavera/estate. L’edizione originale fu pubblicata nel febbraio 1807 dal Kunst-und Industrie-Comptoir di Vienna. Gli unici abbozzi conosciuti per l’ opera sono conservati nel grosso quaderno di abbozzi denominato  “Leonore”, i(Tyson/Mendelssohn 15, Albrecht/Leonore, Brandenburg/Mendelssohn 15) e quindi non possiamo seguire l’ esatta scansione progettuale per la sonata. Ferdinand Ries sostiene, riportandoci un vivace aneddoto, la datazione degli abbozzi all’agosto 1804: „Bei einem ähnlichen Spaziergange, auf dem wir uns so verirrten, daß wir erst um acht Uhr nach Döbling, wo Beethoven wohnte, zurückkamen, hatte er den ganzen Weg über für sich gebrummt oder theilweise geheult, immer herauf und herunter, ohne bestimmte Noten zu singen. Auf meine Frage, was es sei, sagte er, ,da ist mir ein Thema zum letzten Allegro der Sonate eingefallen* (in F moll Opus 57)“ (Wegeler/Ries p. 99). E’ molto probabile che Ries si riferisca all’anno 1804 (Albrecht/Leonore).

Alan Tyson, d’altra parte, data gli schizzi (come parte del suo tentativo di ricostruire il quaderno “Leonore”) alla prima metà del 1805 (Tyson/Mendelssohn 15). Sieghard Brandenburg, invece, ritiene possibile datare alcuni schizzi all’estate del 1805 e rivede la datazione attribuita a Ries (Brandenburg/Mendelssohn 15). Le trattative condotte con Breitkopf & Härtel per la pubblicazione dell’op. 57 non aiutano a restringere il campo, poiché Beethoven offrì loro l’opera per la prima volta il 26 agosto 1804 (BGA 188), ma la consegna della bella copia per l’incisione avvenne solo il 18 aprile 1805 da „4 bis 6 Wochen“ (BGA 218). Quando il 21 giugno Breitkopf interruppe le trattative per vari motivi, l’editore non aveva ancora ricevuto la bella copia (BGA 226). Come suggerisce il tipo di carta utilizzato, l’opera autografa fu scritta nel 1806 (Tyson/Wo0133 p. 241). Il manoscritto, gravemente danneggiato dall’umidità come altri manoscritti, come quello dell’ opus 59, apparteneva presumibilmente al bagaglio di Beethoven quando, dopo una lite con il principe Lichnowsky, lasciò il  castello di Grätz presso Troppau alla fine di ottobre 1806 e venne sorpreso dal temporale. (TDR II p. 455f, anche Tyson/Op59). Lo stesso manoscritto fu successivamente utilizzato come modello per l’ incisione.

Per quanto riguarda la numerazione fuorviante della sonata come “LIVme Sonata”, scritta sul frontespizio dell’edizione originale (stesso caso de “LIme Sonata” dell’op. 54), che ha dato origine a molte speculazioni, vedere l’Appendice Verlagswesen/Kunst- und Industrie- Comptoir 4. Il soprannome “Sonata appassionata” compare in edizioni pubblicate verso la fine degli anni ’30 dell’Ottocento – può essere datato in modo affidabile da Cranz ad Amburgo (arrangiamento a quattro mani di Hofmeister giugno 1838, arrangiamento a due mani novembre 1838) ed anche in edizioni – raccolta delle sonate per pianoforte del 1840 pubblicate presso Spehr, Braunschweig e Böhme, Amburgo e seguite da altre edizioni. Carl Czerny scrisse nel 1842 (Czerny/Klavierschule) e nel 1852 (Czerny/Beethoven) che „in einer neuern Auflage“ la sonata op.57 ricevette il soprannome di “Appassionata”.

Dedica: Franz de Paula Conte Brunsvik de Korompa, nato il 25 settembre 1777 a Pressburg (Bratislava), morto il 24 ottobre 1849 o 1850 a Pest, figlio del conte Anatol (Antal) Brunsvik (1745-1793) e di sua moglie Anna Barbara, nata baronessa Seeberg (1752-1830); Fratello di Therese (1775-1861; vedi Op. 78), Josephine vedova Deym sposò Stateiberg (1779-1821; vedi WoO 74) e Charlotte (1782-1840/43). Sin dal 1799 tutti e quattro i fratelli appartenevano alla cerchia di amici più stretti di Beethoven e il compositore scherzava spesso con Franz. Così come le sue sorelle, Franz era molto portato per la musica e suonava il violoncello in modo eccellente. Sua moglie Sidonie, nata von Justh (1801-1866), era una brava pianista; secondo Anton Schindler, che spesso la sentì suonare a Pest tra il 1827 e il 1829, era anche uno delle migliori interpreti di Beethoven del suo tempo. Franz Brunsvik suonò molta musica da camera e prese parte regolarmente a circoli musicali. Nel febbraio 1820 Joseph Czerny, che aveva soggiornato a Pest dal 1814 al 1815, riferì in un quaderno di conversazione di aver suonato molto con il conte Brunsvik (BKh 1 pag. 254).

Nel 1807 Franz Brunsvik assunse l’amministrazione della tenuta della famiglia Martonväsär e solo raramente rimase a Vienna. Nel 1811 Beethoven cercò invano di convincere Brunsvik ad accompagnarlo a Teplitz (Beethoven aveva paura di viaggiare da solo a causa della sua sordità). Dopo il 1815 Brunsvik visse principalmente a Budapest, dal 1819 al 1822 affittò il Teatro Tedesco di Pest e il Burgtheater di Buda. Nel 1815 fornì al pianista Anton Halm una lettera di raccomandazione prima di partire per Vienna, che lo avrebbe dovuto presentare a Beethoven (documento che non si è conservato). In ogni caso, Halm entrò in contatto con Beethoven, dal momento che Halm doveva arrangiare la Grande Fuga op.133 per pianoforte a quattro mani. A Beethoven non piacque l’arrangiamento, rifacendolo completamente. Non ci sono prove che Brunsvik abbia avuto contatti con Beethoven nei suoi ultimi anni. Beethoven gli dedicò anche la Fantasia op.77. Nell’elenco degli abbonati per l’ Op. 1 è chiamata “Comtesse Brunswick”. (Clive/Dizionario.) Prima esecuzione sconosciuta. Paul Bigot de Morogues, bibliotecario del principe Rasumowsky, riferisce di una visita di Beethoven nel 1806, durante la quale sua moglie Marie Bigot de Morogues (1786-1820) suonò dal manoscritto, che era „noch ganz nassen“ dal temporale (TDR II pag. 255).

Abbozzi: DB, Mus. SM. autogr. Beethoven Mend. Stift. 15 (“Mendelssohn 15”, “Leonore”), pp. 182, 187,198 e 203. Datazione: agosto 1804 o estate 1805. Trascrizione in bella copia dell’opera: F-Pc (in: Pn), Ms 20. Modello per l’ incisione. Titolo: Foglio 1 recto “Sonata”. 22 fogli; 42 pagine di testo musicale. Fogli 1 recto/21 versus. Foglio 22 vuoto. Carta: formato orizzontale, 22 x 30,5 cm, 12 righe. Gravi danni causati dall’acqua; Foglio 19 con perdita di testo: pentagrammi  1—3 così come delle parti ai margini dei pentagrammi 4 e 5 ritagliati e sostituiti da una copia (difettosa) vergata da mano sconosciuta. (foto)

Provenienza: dono (1807) di Beethoven alla pianista Marie Bigot de Morogues. — 1852 dal marito Paul Bigot de Morogues a Rene-Paul Baillot (docente al Conservatorio) (Geiser/Svizzera p. 114f). – Dopo la sua morte nel 1889 a F-Pc. — Dal 1964 in F-Pn. Facsimili: Parigi, L’Edition d’Art H. Piazza, 1927 (ristampato da Peters, Lipsia, 1970). – Tokyo, Edizione Ongaku no Tomo, 1972. – Melbourne, Allans Publishing Pty. Limited, 1989 ca. Laaber, Laaber-Verlag, 2011. – Gallica. Descrizione: Frohlich/Op57 pagine 128-131.

Edizione originale 1807 (febbraio). Vienna, Kunst- und Industrie-Comptoir (Bureau des Arts et d’industrie), VN/PN 521. — Titolo: “LIVme / SONATE / composée pour Pianoforte / et dediée / à Monsieur le Comte François de Brunsvik / par / Louis van Beethoven. / Opera 57. / [1.:] 521. [r.:] 2 f- 30 / A Vienne au Bureau des Arts et d’industrie.” – formato orizzontale. 25 pagine (pagina 1 titolo).

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