Opus 32 An die Hoffnung (Alla speranza), Die du so gern (O tu che così volentieri), per voce e pianoforte

Opus 32 – An die Hoffnung (Alla speranza), Die du so gern (O tu che così volentieri), per voce e pianoforte, op. 32, marzo 1805, pubblicata a Vienna, Kunst und Industrie Comptoir, settembre 1805. GA. n. 215 (serie 23/1) – B. 32 – KH. 32 – L. IV, p. 322 – N. 32 – T. 123.

Il manoscritto originale è perduto. Gli abbozzi si trovano nel quaderno del Fidelio. Si tratta di una piccola canzone scritta per la contessa Josephine Brunswik vedova Deym, per la quale Beethoven cominciava a provare un sentimento d’amore che si sarebbe sviluppato nei due anni successivi, definendosi, a quanto sembra, come già per la Guicciardi, in una aspirazione matrimoniale destinata anch’essa al fallimento. L’edizione stampata non porta però alcuna dedica. Il testo appartiene al poema “Urania” (1801) di Christian A. Tiedge, canto I: “Klage des Zweiflers” (Lamento dello scettico), versi 168-185. La musica non manca di qualche efficace lumeggiamento di frasi e parole. Cosi il passaggio in do maggiore “O Hoffnung! Lass durch dich emporgehoben” (O speranza! fa che da te sollevato) subito velate di malinconia nella discesa dal mi naturale al mi bemolle con le parole: “den Dulder ahnen” (il sofferente si avveda) e nei successivi trapassi armonici. Nel 1815 Beethoven riprenderà questo stesso testo nell’op. 92, aggiungendovi in principio la strofa dubitativa: “Ob ein Goti sei?” (Se vi sia un Dio?), svolgendole in forme musicali più ampie ed elaborate e dando a ciascuna strofa una interpretazione musicale diversa. Il testo:

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: „Opus 32“ An die Hoffnung Lied nach einem Gedicht von Christoph August Tiedge für Singstimme und Klavier Widmung: — NGA XII/1 Nr. 28 AGA 215 = Serie 23/1

Origine e pubblicazione: Lied composto probabilmente nel febbraio/marzo 1805. L’edizione originale fu pubblicata nel settembre 1805 dal Kunst- und Industrie-Comptoir di Vienna. La contessa Josephine Deym (1779-1821) riferì a sua madre, Anna Brunsvik (1752-1850), il 24 marzo 1805: „Der gute Beethoven hat mir ein hübsches Lied, das er auf einen Text aus der Urania ,an die Hoffnung* für mich geschrieben, zum Geschenk gemacht“ (LaMara/Brunsvik pagina 59). Una canzone di Beethoven appare nella corrispondenza dei fratelli Brunsvik già nel gennaio 1805. Poiché non sono menzionati  né il titolo né l’incipit, non si può stabilire con certezza se questa sia già op. 32 o meglio, come afferma Helga Lühning, la prima versione del Lied WoO 136 (Lühning/NGA XII/1 KB p. 29, vedi anche BGA 216).

Potrebbe – come ipotizza Joseph Schmidt-Görg – che il Lied op. 32 sia stato donato come regalo di capodanno a Josephine Deym (Schmidt-Görg/Deym) e quindi “„wäre dann Josephines Mitteilung an die Mutter vom 24.3.1805 sinnlos, denn diese hätte das Lied, das die bei ihr lebende Tochter Therese seit dem 17.1.1805 in Abschrift besaß und mehrfach aufgeführt hat, längst kennen müssen“ ? (BGA 216 Nota 1). Josephine Deym nel 1805 possedeva effettivamente due Lieder di Beethoven in manoscritto (BGA 221 e 225). E’ scritto in una lettera di Charlotte Telekis (1782-1843) alle sorelle Josephine e Therese, datata 7 marzo 1806 che, nominando il titolo o gli incipit del testo, si tratti probabilmente dell’op. 32 e WoO 136: “J’ai bien une autre grace a vous demand-der — ce sont les deux airs an den Hoffnung und ich denke dein, imagine toi que je les ai presque entierement oublié, je pourois pleurer pour cette perte: je les aimois tant; je serois charme si tu voudrois etre si bon de me les faire copie” (Goldschmidt/Brunsvik p. 124). Anche gli abbozzi non possono fornire indicazioni concrete sulla datazione.

Testo: Christoph August Tiedge (1752-1841), „Urania. Ein lyrisch-didaktisches Gedicht“, Halle 1801, 3 strofe dalla prima canzone “Klagen des Verzweiflers”. Beethoven usò la seconda edizione, Halle 1803, per cui l’autore rivide pesantemente  il testo. Il titolo „Lied an die Hoffnung“ deriva dal sommario di Tiedge. Beethoven riadattò il testo nella primavera del 1815 (vedere op. 94).

Dedica: L’edizione originale non reca alcuna dedica. Nonostante la menzione di Josephine Deym che la canzone è stata “für mich geschrieben“ non esiste alcuna dedica ufficiale. Sul numero d’opera: La canzone è una delle opere minori di Beethoven che non sono state pubblicate con un numero d’opera (più o meno) autorizzato. In questi casi gli editori spesso assegnavano semplici numeri nell’ambito di un sistema proprio o adottato. Così il n. 32, che  fu assegnato alla canzone presso il Kunst- und Industrie-Comptoir  è in una sequenza di numeri (ricostruibile solo in parte) assieme variazioni, brani per pianoforte e Lieder. La maggior parte delle edizioni successive adottò così il numero 32. La designazione “Op. 32” fu stabilita ufficialmente nel “Catalogue des Oeuvres” di Artaria op. 106 (1819) . Più tardi si affermò anche nelle varie edizioni pubblicate.

Prima esecuzione probabilmente nel marzo 1805 presso la contessa Josephine Deym, in un circolo privato.

Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it

Ob ein Gott sei? Ob er einst erfülle,
Was die Sehnsucht weinend sich verspricht?
Ob, vor irgendeinem Weltgericht,
Sich dies rätselhafte Sein enthülle?
Hoffen soll der Mensch! Er frage nicht!

Die du so gern in heil’gen Nächten feierst
Und sanft und weich den Gram verschleierst,
Der eine zarte Seele quält,
O Hoffnung! Laß, durch dich empor gehoben,
Den Dulder ahnen, daß dort oben
Ein Engel seine Tränen zählt!

Wenn, längst verhallt, geliebte Stimmen schweigen;
Wenn unter ausgestorb’nen Zweigen
Verödet die Erinn’rung sitzt:
Dann nahe dich, wo dein Verlaßner trauert
Und, von der Mitternacht umschauert,
Sich auf versunk’ne Urnen stützt.

Und blickt er auf, das Schicksal anzuklagen,
Wenn scheidend über seinen Tagen
Die letzten Strahlen untergehn:
Dann laß’ ihn um den Rand des Erdentraumes
Das Leuchten eines Wolkensaumes

Von einer nahen Sonne seh’n!

Opus 32 fa parte del progetto La ricerca diventa Arte

Una nuova vita per le opere di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del tenore Florian Huber

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