Opus 6 Sonata per pianoforte a quattro mani in re maggiore

I) Allegro molto – II) Rondò – Allegretto

Opus 6 sonata per pianoforte a quattro mani in re maggiore, 1796-settembre 1797 circa, pubblicata a Vienna, Artaria, ottobre 1797. GA numero 120 (serie 15/1) Bruers 6 – KH 6 – L. I, Pagina 74- Nottebohm 6 – P.81 – Thayer 48. NGA VII/1 AGA 120 = Serie 15/1

Il manoscritto originale è andato perduto. Gli abbozzi per il Rondò risalgono alla fine del 1796 o all’inizio del 1797 e sono contenuti nella Miscellanea Kafka GB-Lbl, Add. Ms. 29801 (“Kafka”), p. 110. (Johnson / Fischhof vol. 1 p. 171), con facsimile e trascrizione di Kerman / Kafka). (vedi foto)  l’edizione originale fu probabilmente pubblicata da Artaria a Vienna nell’ottobre 1797.

Nella biblioteca D-LEm esiste una copia della sonata di mano sconosciuta, scritta nel 1797 (Poel. Mus. Ms. 54). Probabilmente realizzata a partire da una prima versione preliminare della lastra dell’edizione originale, in cui non sono incluse alcune correzioni successive, che invece vennero  inserite nelle prime copie conosciute dell’edizione originale (Buchstein / NGA VII / 1 KB p. 9).

Si tratta di una piccola opera molto semplice; ma possiamo rintracciare come  un lontano presentimento letterale della quinta sinfonia: si confronti , con particolare attenzione, la narrazione del primo tempo di quest’ultima con il principio della seconda parte dell’allegro molto dell’Opus 6.

La Sonata Op. 6 – una delle rarissime pagine che il compositore dedicò al pianoforte a quattro mani – fu composta accanto alla ben più importante Sonata Op. 7 (confermando, una volta tanto, la loro contiguità sul catalogo ufficiale beethoveniano). Gli abbozzi di queste due opere risalgono dunque agli ultimi mesi del 1796 e sono inserite in un colorato «mélange» di composizioni minori che caratterizzarono quel preciso periodo (tra cui si trovano – a dispetto della loro numerazione – pagine come il celebre Lied «Adelaide» Op. 46 o le Variazioni per violoncello Op. 66). La versione definitiva di queste due opere pianistiche fu invece terminata nel gennaio del 1797. Forse le Sonata fu concepita per uso di qualche allievo: questa fu molto probabilmente la causa dell’inusuale scelta del pianoforte a quattro mani.

Si segnala che – proprio nel gennaio 1797 – si era tenuto a Vienna un chiacchierato concerto con la partecipazione dei solisti Andreas e Bernhard Romberg, originari di Bonn, in quei giorni nella capitale per una tournée. In quel concerto anche B. si era esibito al loro fianco.

Ecco alcune illustri recensioni della Sonata:

A.B.Marx: « Questa Sonata si avvicina, per forma e contenuto, alle piccole opere del medesimo genere di Mozart, come pure le Sonate di Bonn WoO 47».

Giovanni Carli Ballola: «Unico contributo ad un genere per il quale, a differenza di Mozart, Beethoven non provò affatto interesse».

Sandro Cappelletto: « (…) assieme alla trascrizione della “Große Fuge” del Quartetto Op. 130 e a tre Marce Op. 45, gli unici lasciti beethoveniani in un genere nel quale Mozart si cimentò con ben altri risultati. (dimostreremo presto col Duo Fusaro – Arcuri che questa affermazione è quantomeno discutibile)  Una dimensione, il quattro mani, di gioco, di esercizio, di piacere anche mondano: Mozart vi si divertiva sin da bambino con la sorella, evidentemente Beethoven non amava altrettanto giocare».

Possiamo ritrovare un ritratto di Beethoven in quegli anni compositivi nella “Vita di Beethoven” di Romain Rolland: “B. sembra più giovane della sua età, magro, diritto, irrigidito da una alta cravatta, lo sguardo diffidente e attento. Crede nella sua forza e sa ciò che vuole. Nel 1797 annota nel suo diario: Coraggio! Nonostante le debolezze del corpo il mio genio trionferà (…) Venticinque anni! Eccoli venuti, ormai li ho! Bisogna che proprio in quest’anno l’uomo si riveli tutto intero. La signora Bernhard e Gelinck dicono che era fiero, di maniere rudi e sgarbate, che parlava con forte accento provinciale. Soltanto i più intimi conoscevano la delicata bontà che si celava sotto quella goffaggine orgogliosa “.

Una curiosità sull’età vera di Beethoven: il compositore era stato tratto in inganno sulla sua data di nascita a seguito di un’astuzia del padre che – per lanciarlo come « enfant prodige » – aveva finto che il figlio fosse più giovane di due anni. Scoprirà la verità solo nel 1810, quando dovrà richiedere il certificato di nascita a Bonn. In effetti, nel dicembre del 1797, B. aveva compiuto ventisette anni, e non venticinque come egli afferma in buona fede nelle lettere dell’epoca.

La Sonata Opus 6 fa parte del progetto La ricerca diventa Arte

Una nuova vita per le opere di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del Duo pianistico Fusaro – De Rosa Arcuri

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