Hess 229 Languisco e moro, per te, mio ben, ch’adoro. Spunto melodico per soprano e basso strumentale e per soprano e tenore

Hess 229 – Languisco e moro, per te, mio ben, ch’adoro – 1802-1803. Spunto melodico per soprano e basso strumentale e per soprano e tenore con le parole: “Languisco e moro, per te, mio ben, ch’adoro”, Quaderno Wielhowsky pagina 89, righe 1-6 (Fish., pagina 96; L. Nohl, B.L.u.W., pagina 99; Hess, catalogo 229, battute 18/15, fine 1802, principio 1803. Ed ancora Hess/Green: Duetto “Languisco e moro per te, mio ben, ch’adoro”. Ludwig Nohl nel suo lavoro “Beethoven, Liszt, Wagner. Ein Buch der Kunst-bewegung unseres Jahrhunderts” , W. Braunmüller, Vienna, 1874, p. 96-101, ci informa che il pezzo è stato trovato alle p. 88-89 di un quaderno di abbozzi risalente al 1802-3. Tale quaderno era una volta di proprietà della signora Senator Wenewkinow, figlia della contessa Wielhorski di San Pietroburgo. [Johnson e Dorfmüller trascrivono il cognome della contessa come “Wielhorsky”.] Oggi si trova nella biblioteca della città a Leningrado [oggi di nuovo San Pietroburgo].

Il prof. Biamonti non è riuscito a trovare una fonte del testo, e una dichiarazione del prof. Brunelli mostra la possibilità che non sia affatto di Metastasio. [R. Kramer nel suo articolo Notes to Beethoven’s Education, «Journal of the American Musicological Society», numero 28, 1975, p. 72-101, identifica la fonte del testo e della musica in Mattheson (vedere fotografie) e sostiene che Beethoven abbia ricopiato il canone nel quaderno di abbozzi Wielhorski. Scrive Kramer: “La riduzione della canzone per canto e pianoforte relativa al numero Hess 229 non è una composizione di Beethoven, ma è tratta da Der Wolkommene Capellmeister di Mattheson. Il tentativo di canone è originale di Beethoven.” Sono grato a Tadahiro Nakamoto di Osaka, Giappone, per tale informazione. La stessa cosa sembra essere valida anche per il numero 274.
Il cosiddetto Wielhorski Sketchbook è stato curato da Nathan Fishman e pubblicato in 3 volumi (facsimile, trascrizione e apparato critico), da Muzgiz, Mosca, nel 1962. La canzone si trova a p. 88, righi 1-6, del quaderno di abbozzi. A. Willem Holsbergen in una sua comunicazione mi ha fatto notare al riguardo: “Languisco e moro è un canone e pertanto non sembra appartenere al gruppo di pezzi scritti per lo studio della musica vocale italiana sotto la guida di Salieri.” Pubblicata da Hess in SBG, voi. XIV, n. 54, p. 145 (come parte dei Vierte Abteilung: Nachtràge zu Band 1, 2 und 5). Sembra che Hess stesso avesse riconosciuto l’inadeguatezza di tale inclusione tra gli altri studi per Salieri, pubblicati invece
nel volume I degli SBG. Ciò spiega anche perché il prof. Brunelli non ritenga che il testo  della canzone sia di Metastasio — che è la fonte quasi esclusiva di tutti i testi usati da Salieri per le sue canzoni italiane — e perché il prof. Biamonti non sia riuscito a localizzarne la fonte tra le opere di Metastasio.]

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E’ in la minore. La versione per Soprano con accompagnamento strumentale, più probabilmente per Soprano con accompagnamento del pianoforte, si trova a pagina 88 del Wielhorsky Skizzenbuch e inizia con una breve introduzione pianistica. Il breve passo intermedio che cita Biamonti lo si può vedere subito sotto alla versione per Canto e Accompagnamento e potrebbe essere per una parte cadenzale forse da far cantare al Soprano in alternativa a misura 14.
La seconda versione, quella a canone, la troviamo alla pagina seguente, (pag. 89 righi 1-6). E’ scritta anche lei in la minore; alla linea superiore manca della Chiave di Soprano che però si può ricavare facilmente vedendo la parte della seconda voce che è invece in Chiave di Tenore. Questo è un canone all’ottava, la seconda voce canta un’ottava sotto, “quasi” perfetto in quanto viene modificato in un paio di punti. A misura 4 troviamo sulla sillaba “ro” che il Soprano canta un si mentre il Tenore un la. Alle misure 8-9 troviamo che sulla sillaba “mo” il Soprano canta le note “la-sol-fa#” mentre il Tenore solo il “la”; da quel che si può intuire dal manoscritto sembrerebbe che in un primo momento Beethoven abbia effettivamente cercato di proseguire con il canone ma che abbia poi dirottato per un finale un po’ più di effetto ma meno corretto. Biamonti li inserisce nel suo Catalogo col numero 350. W. Hess li inserisce entrambi nel volume XIV della sua Gesamtausgabe alle pagine 145-146 e li definisce di “Textdichter unbekannt” (di scrittore ignoto) datandoli decisamente al 1802. Hess però modifica il canone scrivendo le due voci in chiave di violino e alla stessa altezza. Anche nelle ultime misure Hess modifica il testo della seconda voce.

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