Hess 14 – Concerto in si bemolle maggiore per pianoforte ed orchestra Opus 19

(prima redazione),

Hess 14 – Concerto in sib maggiore per pianoforte ed orchestra Opus 19, (prima redazione), 1795 (non oltre la prima metà di marzo) .

Secondo questa redazione, a quanto oggi risulta, Beethoven avrebbe eseguito per la prima volta a Vienna il 29 marzo 1795 (e probabilmente poi anche il 18 dicembre, e altre volte negli anni immediatamente successivi) il Concerto che, rielaborato nel 1798 per una esecuzione a Praga, si sarebbe dovuto in seguito pubblicare nel dicembre 1801 con il numero d’ opera 19.

I frammenti che ne possediamo sono molto esigui: diciannove battute di una copia in partitura del primo tempo (corrispondenti, con alcune differenze, alla parte compresa fra le battute 246-269 della seconda redazione) conservate nell’archivio della Beethovenhaus e pubblicate nel 1960 dallo Hess nel terzo fascicolo, parte 1, dei Supplemente zur GA; un altro breve abbozzo in partitura della biblioteca del Conservatorio di Parigi; alcuni abbozzi di una cadenza per il primo tempo; alcuni abbozzi di tutti e tre i tempi contenuti in vari fogli della raccolta Kafka del British Museum, descritti brevemente dal Nottebohm e dallo Shedlock.

Da notare che il tema del Rondò vi figura prevalentemente scritto con l’accentazione più ortodossa, mentre nella redazione definitiva la prima accentazione appare soltanto nel breve passo in sol maggiore, precedente l’ultima ripresa del ritornello.

Si tratta di una prima redazione [dell’op. 19], composta nel 1794-1795 ed eseguita più di una volta in questa versione da Beethoven, che sfortunatamente ora è andata perduta. Cfr. i riferimenti di Thayer II, p. 85, e Max Unger in Neues Beethoven-Jahrbuch VI, Henry Litolff Verlag, Braunschweig 1935, p. 106. Di questa prima versione, l’autografo beethoveniano Ms. 61 del Conservatorio di Parigi, contiene una pagina in partitura, e l’autografo Ms. 70 della stessa biblioteca contiene degli abbozzi di una cadenza per il primo movimento. Nel cosiddetto Kafka Sketchbook (British Museum) sono stati ritrovati ulteriori frammenti di cadenza. [Il conservatorio di Parigi ha trasferito tutte le sue dotazioni alla Bibliothèque Nationale di Parigi e il British Museum ha invece trasferito i suoi fondi alla British Library di Londra.] Cfr. Nottebohm II, p. 66. [Nel Kinsky/Halm, p. 45, questa versione è catalogata come op. 19. I frammenti di cadenza sopra citati sono elencati, nel presente catalogo, sotto il numero 79. Due pagine della prima versione sono state pubblicate in partitura da Hess in SBG, voi. IlI, 1960, p. 70. Barry Cooper, nel suo saggio A Long-Running Revision: Second Piano Concerto, in « Beethoven and the Creative Process », Oxford University Press, Oxford, 1990, descrive il “secondo concerto per pianoforte come un’opera che ha avuto un lungo periodo di gestazione. Sono passati circa vent’anni tra la probabile data della prima partitura autografa (risalente a poco prima del 1790) e l’ultima fase del processo compositivo (del 1809). Alla luce di ciò, l’idea di una semplice prima e seconda (definitiva) versione può risultare troppo riduttiva”. Geoffrey Block nel suo saggio Some Gray areas in the Evolution of Beethoven’s Piano Concerto in B-flat major, op. 19, in «Beethoven Essays: Studies in Honor of Elliot Forbes», a cura di L. Lockwood e P. Benjamin, Harvard University Press, Cambridge 1984, p. 108-26, fa un’analisi approfondita sulla storia della scrittura di questo concerto. Di particolare interesse è la tavola cronologica (pagine 123-6) che mostra gli appunti, gli abbozzi continuativi e gli autografi di questo concerto. Lo stesso argomento viene affrontato da Hans-Werner Küthen in Probleme der Chronologie in der Skizzen und Autographen zu Beethovens Klavierkonzert op. 19, « Beethoven-Jahrbuch », IX (1973-1977), p. 263-92, Beethoven-Haus, Bonn.]

” Dopo avere ascoltato il frammmento….. non vi resta che gustare l’ intero Concerto!

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