Beethoven visto dagli ascoltatori

[La letteratura è ricca di ricordi relativi all’impressione che la musica di Beethoven fece al suo apparire, e al modo in cui fu accolta dalla critica, dai musicisti e dal pubblico. La musica di Beethoven non ebbe bisogno del giudizio dell’orecchio dei posteri per essere compresa; il genio di Ludwig fu ampiamente riconosciuto durante la sua vita. A questo immediato successo contribuirono certo almeno inizialmente due caratteristiche particolari del suo pubblico. Il primo a venire a conoscenza della sua musica, grazie ai rapporti che Beethoven ebbe con questo ambiente fin dal suo arrivo a Vienna, fu il mondo colto e della aristocrazia, nelle cui case vi era l’abitudine di far musica, anche se certo nel settecento questo era solo un superficiale divertimento: e molte di queste persone avevano un fine gusto musicale e ricoprivano posizioni importanti nel mondo musicale ed extramusicale viennese. Il secondo fattore favorevole fu che fra il pubblico di coloro che ascoltarono le musiche di Beethoven al loro apparire, vi era un numero elevato di agguerriti dilettanti che, nella Vienna di fine 1700 inizio 1800, talvolta venivano reclutati per rinforzare le orchestre dei teatri durante la esecuzione di opere teatrali e dei più rari concerti. Era un pubblico quindi che aveva certo una cultura musicale di base tale da permettergli di afferrare il senso delle nuove musiche. Certo è che le prime composizioni di Beethoven ebbero un impatto immediato specialmente fra i giovani. Carl Czerny ha raccontato nelle sue memorie di come fin da piccolo, venuto in contatto con Beethoven, pregò il padre di procurargli le sue composizioni e di esserne rimasto affascinato tanto da giungere col tempo ad impararle tutte a memoria. Czerny ha anche lasciato un giudizio su quella che era la posizione del mondo culturale viennese nei confronti del Maestro quando dice che Beethoven “fu sempre considerato e rispettato come un essere straordinario e che, anche quelli che non lo comprendevano, ne sospettarono la grandezza”.  Moscheles ricordava l’effetto che la musica di Beethoven gli faceva quando era ancora un giovane studente, l’impressione che fece su di lui la Sonata Op.13 Patetica, il suo procurarsi di nascosto le musiche del Maestro  nonostante che i suoi insegnanti lo mettessero in guardia contro di essa. A favorire la diffusione e la comprensione della  musica con pianoforte fu certo il fatto che essa fu propagandata da quel formidabile biglietto da visita che era la abilità alla tastiera, anche come improvvisatore, di Beethoven, che ancor prima di essere acclamato come compositore, fu subito acclamato come uno dei più grandi  virtuosi del fortepiano. In occasione del suo primo concerto pubblico il 29 e 30 marzo 1795 al Burg Theater, il critico della Wiener Zeitung non potè fare a meno di scrivere che “il famoso sig. Ludwig van Beethoven ha mietuto gli applausi dell’intero pubblico con un suo nuovissimo Concerto per pianoforte [verosimilmente quello in Si bemolle maggiore, Op.19]”.
Tuttavia ai primi ascolti i critici  non  furono favorevoli e lamentarono, come leggiamo negli articoli dell’ Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia le difficoltà nella invenzione e nella composizione, la mancanza di naturalezza, la scarsa vena melodica, l’asprezza delle modulazioni, il disprezzo per le relazioni tonali. Tuttavia i critici, pur dissenzienti, non poterono di far a meno di riconoscerne l’originalità, l’abilità tecnica, l’impegno e l’ingegno. Bastarono comunque pochi anni perché il nuovo mondo musicale Beethoveniano, almeno quello della musica da camera, venisse accettato. Il critico della Allgmeine Musikalische Zeitung nel 1799 riconosceva che nella Sonata Patetica Op.13 “tutte le condizioni dell’arte musicale sono soddisfatte, e che questo è indice della sua bellezza.” Un critico delle Sonate Op.26 e 27, nel 1802 scrisse “che queste sonate hanno arricchito i musicisti colti” “perché esse appartengono al piccolo gruppo di opere d’arte del giorno d’oggi che difficilmente invecchieranno”, anche se “coloro che dalla musica non si attendono altro che un piacevole intrattenimento si interesseranno invano a queste opere”. In generale dunque le musiche da camera e per piano furono accolte favorevolmente dal pubblico, e molto smerciate dopo la loro stampa. Le cose andarono un poco diversamente per la musica orchestrale. I concerti per pianoforte furono ripetutamente eseguiti e anche con successo. Per quanto riguarda le sinfonie anche esse furono eseguite più volte ma, inizialmente, né il pubblico né la critica furono del tutto entusiasti: il più delle volte ci si diceva stanchi per la lunghezza e il “selvaggio cumulo di idee” o talora “per la stravagante combinazione di esse”, lo spregiudicato uso dell’armonia, la poca [apparente] aderenza ai canoni classici. Per rendere conto della atmosfera ricordiamo qualcuno dei commenti sulle sinfonie. Sulla Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia, il critico della Seconda Sinfonia, pur lamentandone dopo la prima esecuzione la lunghezza e la asprezza delle modulazioni, ne riconosceva l’ originalità, e ad un secondo ascolto la salutava come un’opera colossale, ricca di nuove idee, originale che  “rimarrà e sarà ascoltata con rinnovato piacere nel tempo”. L’Eroica provocò invece al suo apparire le più vivaci reazioni. Nell’Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia, fu descritta come opera di “difficoltà insuperabile per l’ascoltatore e il musicista”, ricca “di fantasia selvaggia e sfrontata”,   di idee abbaglianti e bizzarre” e additata come esempio di “anarchia musicale”. Il corrispondente del Freymüthige riferì che il pubblico la aveva trovata eccessivamente lunga e difficile. Czerny ha raccontato che, alla sua prima esecuzione, qualcun dal loggione gridò: ”Darò un altro kreuzer purchè finisca”. Secondo Schindler fu bandita dal Conservatorio di Praga perché “corrompeva la morale”. Minore ancora fu inizialmente il successo delle opere vocali. L’Oratorio “Cristo sul monte degli ulivi” fu detto “privo di espressività”, anche se qualcuno riconosceva che vi erano “delle parti ammirevoli” e lodò il canto del Serafino e, come il Fidelio nettamente stroncato dalla critica, scomparve ben presto dai cartelloni. Ma nel 1808 E.T.A.Hoffmann iniziò, con la recensione della Quinta Sinfonia, la sua attività critica sull’Allgemeine Musikalische Zeitung del 1808. Si può dire che da questo momento, anche grazie al successo della Sesta sinfonia, il mondo della critica cambiò atteggiamento. Hoffmann scrisse una penetrante critica della Quinta sinfonia cogliendo bene lo spirito dell’opera. Con i suoi scritti egli poi contribuì molto alla concezione del diciannovesimo secolo che vedeva Beethoven come una figura “romantica” eroica e dotata di poteri magici. Alla base di questa concezione stanno certe sue descrizioni degli effetti della musica di Beethoven, come questa relativa alla Quinta Sinfonia: “La musica strumentale di Beethoven ci schiude il regno del gigantesco e dell’incommensurabile. Un balenio di raggi infuocati squarcia la notte profonda di questo regno e noi veniamo avvolti da ombre gigantesche che ci stringono sempre più da vicino e annientano in noi ogni cosa tranne il dolore della nostalgia infinita. ……… Beethoven è un compositore autenticamente romantico; proprio per questo è un vero compositore di musica”. Si può dire che da questo momento l’opera di Beethoven godette di grande popolarità: fu molto eseguita nella Mitteleuropa  ma anche in Inghilterra e subito dopo negli Stati Uniti di America. In Inghilterra le sinfonie erano popolari, e la  Nona Sinfonia vi ebbe la sua prima esecuzione già nel 1825, anche se non fu subito ben accolta e criticata poiché non aveva “un piano comprensibile” e per la sua “rumorosa stravaganza”. In Francia invece la musica di Beethoven divenne popolare solo dopo la sua morte.

Schindler ha scritto che, attorno al 1814, Beethoven “aveva raggiunto una fama mai raggiunta prima da un musicista ancora a mezzo del suo cammino artistico”. Il critico Amadeus Wentz, che nel 1822 aveva preso il posto di Hoffmann all’Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia, sebbene trovasse le opere di Beethoven difficili da capire ne riconosceva la genialità e il magistero e scriveva che esse venivano eseguite sempre più di frequente e ripetutamente e che questo era “il vero segno della grandezza di un’opera”. La fama di Beethoven era così diffusa che negli ultimi dieci anni di vita molti, non solo musicisti, ma anche letterati, poeti, semplici appassionati di musica intrapresero viaggi a Vienna per incontrarlo: i musicisti Cipriani Potter ed Edward Schulz, i poeti Ludwig Rellstab e Johann Sporschil, il musicologo Friedrich Rochlitz, il viaggiatore Sir John Russell. Si veniva a Vienna come in pellegrinaggio al solo scopo di accostarsi alla figura ormai mitica e venerabile, come hanno scritto alcuni, di Beethoven. Nel 1818 Cipriani Potter scrisse che “la musica di Beethoven viene ascoltata con un’attenzione e un piacere che difficilmente anche i suoi veri amici potevano prevedere”, e nel 1821 John Russell scrisse “Beethoven è il più celebre di tutti i compositori viventi a Vienna e in certi generi il migliore del suo tempo”. Una altra dimostrazione della fama del maestro è data dal fatto che certe sue opere furono eseguite, in prima esecuzione, al di fuori di Vienna. Il Concerto per Pianoforte e Orchestra nr. 5, Imperatore, fu eseguito per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia nel 1811 e  la prima completa esecuzione della Messa Solenne fu organizzata dal Principe Galitzin a San Pietroburgo che scrisse a Beethoven: “L’effetto di questa musica sul pubblico fu indescrivibile e da parte mia non esagero quando dico di non avere mai sentito nulla di così sublime. Si può dire che il vostro genio abbia precorso i secoli”. Come conclusione a questa carrellata sulla fama e la diffusione delle opere di Beethoven vale ricordare che mentre Concerti e Sinfonie venivano eseguite in pubblici concerti, le sonate di Beethoven furono eseguite al tempo sempre e solo in concerti privati. Pare che, Beethoven vivente, solo una sonata  sia stata eseguita in un concerto pubblico a Vienna e non prima del 1816 (l’Op.90 secondo alcuni l’Op. 101 secondo altri). Talvolta singoli movimenti o sonate furono eseguite pubblicamente al di fuori di Vienna: la Marcia Funebre dell’Op.26 ad esempio fu eseguita pubblicamente a Boston nel 1816.
Invece gli ultimi quartetti per archi furono eseguiti ripetutamente in concerti pubblici o per sottoscrizione a Vienna e abbastanza ben accolti subito. Una eccezione fu l’Op.127, non fu compreso dal pubblico e anche i primi esecutori  ebbero difficoltà ad afferrarne il significato come dicono chiaramente le parole di Schuppanzig: “Mentirei se dicessi che vi sono passaggi troppo difficili per me da un punto di vista tecnico: è l’insieme che è difficile”.]

Un giorno Beethoven si trovava nella locanda All’agnello d’oro, ove alcuni musicisti e letterati discutevano animatamente fra di loro. A quei tempi Beethoven aveva già avuto chiare dimostrazioni di stima e ricevuto riconoscimenti dall’Inghilterra. Chiese dunque di cosa discutessero. Il violinista Mayseder rispose: “Questi signori ritengono che gli Inglesi non siano in grado di fare buona musica e neanche di giudicarla nel modo giusto. Ma io sono di un altro avviso”. Beethoven commentò sarcasticamente: “Gli Inglesi per i loro concerti hanno ordinato parecchie mie composizioni, e le hanno compensate in modo considerevole. I tedeschi, a parte i viennesi, cominciano solo adesso ad eseguirle in pubblico, mentre i francesi trovano che la mia musica è ineseguibile. Quindi è evidente che gli inglesi non capiscono nulla di musica! Ah! Ah!” e scoppiò in una fragorosa risata.
Griesinger (da Seyfried)

Mentre la musica di Beethoven fu rapidamente ben accolta in Inghilterra, in Francia vi fu meno interesse. Mentre egli era ancora in vita, solo le prime Sinfonie, qualche Trio, qualche Quartetto e il Settimino vi erano ben conosciuti. Dopo un’esecuzione delle prime due sinfonie, nel 1811, G.B.Cambini scrisse su Tablettes de Polymnie: “Il compositore Beethoven, spesso bizzarro e barocco, qualche volta brilla per straordinarie bellezze. Talora egli prende il maestoso volo dell’aquila; talaltra si trascina per strade grottesche. Dopo avere penetrato l’anima con una dolce malinconia egli subito la lacera con accordi barbari. Sembra nutrire allo stesso tempo colombe e coccodrilli”. La esecuzione dell’Eroica fu interrotta dopo che il pubblico era scoppiato a ridere. Si dovette giungere al 1820 perché a Parigi fosse accolta favorevolmente una nuova Sinfonia, la Quinta.
Coldicott [a]

Voi sarete glorificato anche se non credete, perché la vostra musica è religione.
Peters, Quaderni di Conversazione

Il Cancelliere Bismark preferiva Beethoven ad ogni altro musicista. Dell’Appassionata, che gli era stata suonata il 30 ottobre 1870 da Robert von Kaudel, a Versailles, diceva: “Se l’ascoltassi spesso mi sentirei più forte”.
Rolland [a]

La vostra musica tuttavia rimane per noi del tutto incomprensibile.
Grillparzer, Quaderni di Conversazione, luglio 1823

Nella recensione del libro di C.Canisius, “Goethe und die Musik” (Piper, Munchen-Zurich, 1999, pag. 266),Q.Principe, riferisce che nel 1814, quando Beethoven propose a Goethe di mettere in musica il Faust, questi rispose che c’era uno solo che avrebbe potuto farlo. Mozart, ma che era morto.

L’idea profetica della fondazione del regno di Dio sulla terra tra gli uomini di buona volontà, già auspicata da Kant, Beethoven l’aveva solennemente celebrata nel Finale della Nona Sinfonia, ove si esalta il regno della fraternità umana, la vittoria dell’uomo su ciò che fisicamente e moralmente lo opprime, la sua vittoria sulla tirannide politica e su quella delle passioni, la sua libertà.
Magnani [a]

[Bettina Brentano, sebbene fantasiosa, intrigante e superficiale, ammiratrice di Goethe e Beethoven, che vide Beethoven nel 1812, ne scrisse a Goethe dicendo]: “nessun imperatore, nessun re aveva come lui coscienza della propria forza. Quando lo vidi per la prima volta l’universo intero scomparve per me. Beethoven mi fece dimenticare il mondo e te stesso, o Goethe. Io credo di non ingannarmi dicendo che quest’uomo è molto più avanti della nostra civiltà moderna”.
Brentano [a]

In una lettera a Zelter, 2 settembre 1812, Goethe  dice che i trasporti di gioia e furore, i contrasti imprevisti, le uscite sconcertanti e grandiose, che si ritrovano nella Settima e nell’Ottava, lo gettavano in uno stato di spavento, e gli facevano pensare che la Settima Sinfonia in La maggiore op.92 fosse l’opera di un ubriaco.  E di rimando Zelter scriveva a Goethe, il 14 settembre 1812: “anche io lo ammiro con terrore”, e ancora nel 1819, “dicono che sia un pazzo”.
Rolland [a]

[Come sappiamo l’atteggiamento di Goethe nei confronti di Beethoven fu quasi un atteggiamento di ripulsa. Dalle testimonianze giunte fino a noi pare di poter concludere che ammirasse ma temesse la sua musica, perché lo turbava. Inoltre riteneva che la musica, nei Lied, dovesse essere solo al servizio della parola, e questo non si poteva certo dire fosse il modo di musicare i testi poetici da parte di Beethoven. Non fece nulla contro Beethoven, ma non fece neppure nulla per lui quando Beethoven gli scrisse a proposito delle sue opere e non rispose neppure alle lettere. In una lettera del 1830, dopo essere passato da Weimar, Felix Mendelssohn Bartholdy scrisse: “Da prima Goethe non voleva sentir parlare di Beethoven. Poi dovette ascoltare il primo tempo della Quinta Sinfonia Op.67, in Do minore, che lo scosse profondamente. Tuttavia non voleva lasciarlo capire e si limitò a dire ‘questa roba non va a segno, non fa altro che meravigliare’, e poi ‘è grandioso, insensato; si direbbe che la casa stia per crollare’. Andammo a pranzo. Qui il poeta rimase muto e pensieroso fino al momento in cui, riportando il discorso su Beethoven si mise ad interrogarmi e a farmi domande. L’effetto era dunque stato prodotto”.]
Mendelssohn Bartholdy

Pare che attorno al 1816, quando il gusto musicale era stato sedotto da Rossini, circolasse nei salotti di Vienna questo giudizio: “Mozart e Beethoven sono due vecchi pedanti, di cui la bestialità dell’epoca precedente si beava; ma è soltanto dopo Rossini che si sa cosa sia la melodia. Fidelio è una porcheria e non si capisce come vi sia della gente che si prenda la pena di andare ad annoiarvisi”.
Rolland [b]

[Dalle memorie del poeta Ignaz F.Castelli:]
Il gigante Beethoven apparve con le sue gigantesche creazioni, ma gli strumentisti non furono in grado di eseguirle e il pubblico non le comprese. Quante volte assistendo all’esecuzione di una stupenda sinfonia del Maestro, mi capitò di sentir dire: “E’ un’assurdità totale”, e di vedere con che rapidità, in specie alla fine di una sinfonia, l’uditorio si svuotasse, quasi avesse improvvisamente iniziato a diluviare; ma non di acqua si trattava, bensì di puro spirito. Beethoven dovette addirittura ritirare il magnifico, straordinario capolavoro, l’ouverture dell’opera Leonore, perché la si riteneva ineseguibile. Ma ora gli strumentisti hanno studiato a fondo questi capolavori, li conoscono a memoria e li eseguono con la massima precisione e in questo modo anche il pubblico ha imparato a capirli e ad ammirarli.
Robbins Landon [a]

Goethe giudicava le musiche di Beethoven non come un ascoltatore qualunque, ma come un ascoltatore molto interessato, anche in quanto autore di versi o di testi che furono musicati da Beethoven, testi che per Goethe avevano un significato particolare, dato che in essi egli aveva espresso le proprie intenzioni. Ad esempio, Goethe disse che non comprendeva come Beethoven avesse potuto totalmente fraintendere il suo intendimento nella lirica “Kennst du das Land”. La musica per Goethe, geloso della sua poesia, avrebbe dovuto essere “non padrona, ma serva dell’orazione”. Non vi fu comprensione da parte di Goethe nei confronti di Beethoven, e la speranza di Beethoven che gli venisse dato dal poeta un testo da musicare, infatti, si risolse nel nulla. Molte volte Goethe non rispose a lettere di Beethoven in cui questi chiedeva un giudizio al sommo poeta, né fece commenti, nel suo diario, ricevendo una partitura del maestro a lui dedicata. Sebbene Goethe avesse colto in Beethoven lo stato d’animo turbato e dolente, ma anche la forza indomita del carattere, una misteriosa, quasi simbolica rispondenza fra il suo stato fisico, la sua sordità ed il suo destino musicale, il loro incontro, esaurito il reciproco impulso di curiosità che li aveva attratti, doveva rivelare l’inconciliabilità di due caratteri e due mondi che obbedivano a leggi diverse. Se il regno di Beethoven, com’egli affermava “è nell’aria”, popolato di fantasmi e creature di sogno, quello di Goethe è sulla terra, abitata da un’umanità attiva e appassionata, che si contrappone al mondo fluttuante delle apparenze sonore. Tuttavia, nonostante la diffidenza, Goethe non poté fare a meno di riconoscere che Beethoven, nel monologo della prigione dell’Egmont, era penetrato con ammirabile genio nel suo intendimento. L’elogio supremo con cui Goethe potesse gratificare un artista.
Magnani [a] 

[Nel libro di A.Pasolini Zanelli “Il genocidio dimenticato. La Cina da Mao a Deng” (Ideazione, Roma, 1996, pag. 152) sono illustrati i disastri provocati dalla rivoluzione culturale maoista. Uccisi gli intellettuali non graditi; bruciati i libri considerati aristocratici; messi al bando profumi, cosmetici, scarpe e vestiti “non proletari”.

Anche Mozart e Beethoven furono epurati: ai loro esecutori  venivano spaccate le mani. E su tutto qualche milione di morti che pochi in ricordano  o certi politici non prendono in considerazione.]

La fine della crisi di Heiligenstadt, negli ultimi mesi del 1802, introdusse un lungo periodo di altissima creatività che si protrasse per otto anni interi e non si chiuse definitivamente sino al 1813. La produttività di Beethoven raggiunse in quegli anni un livello impressionante: videro la luce un’Opera, sei Sinfonie, quattro Concerti, cinque Quartetti per archi, tre Trii, tre Sonate per archi, sei Sonate per pianoforte, oltre a Musiche di Scena, numerosi Lieder, quattro serie di Variazioni per pianoforte, e alcune Ouvertures sinfoniche. Questo … si accompagnava ad una reputazione sempre più grande e ad una fama ormai internazionale. Era inevitabile che un compositore tanto innovativo incontrasse una certa opposizione in ambienti legati a stili musicali più familiari,  ma persino queste resistenze furono vinte da quella che Moscheles definì “la febbre di Beethoven“, che infuriava soprattutto fra intenditori, musicisti e musicofili della generazione più giovane.  Molti tra i compositori più anziani e gli insegnanti di musica non riuscivano ad accettare immediatamente quelle che ai loro occhi apparivano come “stravaganti” (Haydn) e “strampalate” (Dionis Weber, maestro di Moscheles) deviazioni dalla tradizione. Czerny riferisce che la Sinfonia Eroica era “considerata troppo lunga, elaborata, incomprensibile e fin troppo rumorosa e l’Allgemeine Musikalische Zeitung scrisse che essa conteneva “eccessive stravaganze e novità“.
Solomon [a]

Beethoven è l’esempio supremo dell’artista la cui grandezza fu riconosciuta, non solo già durante la sua vita, ma anche riconosciuta in pieno negli anni successivi alla sua morte. Singoli lavori sono entrati e usciti dal favore del pubblico; singoli critici hanno condannato e mal interpretato; singoli compositori hanno trovato la sua musica sgradevole e da evitarsi. Nonostante questo non vi è stato alcun momento in cui la maggior parte del pubblico non abbia compreso i suoi risultati. Come ha sottolineato Berlioz è stato il pubblico piuttosto che i musicisti a scoprire il reale significato della sua musica.
E. e D.Arnold [a]

Goethe, che era in attesa della partitura di Egmont, invitò il latore della lettera di Beethoven, Franz Oliva ad eseguire al pianoforte qualche composizione del maestro (forse le Variazioni Op.76 o la Fantasia Op.77). Goethe andava passeggiando in una stanza, l’occhio volto alle pitture di Runge appese alle pareti e diede sfogo al suo malumore: “Che razza di diavoleria! E qui di nuovo con tutto ciò che quel tizio [der Kerl, cioè Beethoven] vi ha effuso di grazia e di magnificenza, ma il disgraziato non ha potuto resistere; è già a terra. Chi sta in così malfermo equilibrio non può che cadere o divenire pazzo. Non c’è scampo”. E quasi a voler giustificare il fastidio e l’irritazione provocate in lui da quella ch’egli giudica “insorgente barbarie”, deformazione del Bello, da quel regresso all’informe contro cui egli oppone un atteggiamento di difesa, commenta: “Per noi vecchi c’è da impazzire quando si vede attorno questo mondo in dissoluzione che ritorna agli elementi, sino a che, e Dio sa quando, avvenga un rinsavimento”.
Magnani [a]

La Messa [in Do maggiore Op.86] di Beethoven è insopportabilmente ridicola e detestabile, non sono nemmeno convinto che essa possa essere eseguita come si deve: sono arrabbiato e confuso.
[Lettera del principe Esterhàzy alla contessa Henriette von Zelinska]
Robbins Landon [a]

Ho suonato spesso per Goethe nelle ore del mattino.  Voleva avere un’idea di come si era sviluppata la musica e desiderava ascoltare musica di diversi compositori in ordine cronologico. Egli mi parve particolarmente diffidente nei confronti di Beethoven; ma io non potevo risparmiargli questa conoscenza perché egli doveva sentire “dove la musica ha cambiato direzione“, e così gli ho suonato il primo movimento della Sinfonia in Do minore (la Quinta), che gli è piaciuta molto. Qui a Monaco, i musicisti pensano che la buona musica sia un dono del cielo. Ed anche i migliori pianisti non hanno idea del fatto che anche Mozart e Haydn hanno scritto anche per pianoforte; essi hanno le più vaghe nozioni su Beethoven e considerano la musica di Kalkbrenner, Field e Hummel classica e colta. D’altra parte, avendo suonato parecchie volte ho trovato l’uditorio molto recettivo e di mente aperta così che io mi sono sentito doppiamente seccato da queste frivolezze. Recentemente, ad una serata offerta da una contessa, che è considerata una guida del gusto, ho avuto uno scoppio di rabbia. Le giovani signore, veramente capaci di suonare abilmente, cercarono di rompersi le dita con i trucchi del giocoliere e i virtuosismi da saltimbanco di Herz. Quando mi fu chiesto di suonare ho pensato: bene, se vi annoierete vi sta bene, e ho cominciato subito con la Sonata in Do diesis minore (Op.27 nr.2, Al Chiaro di Luna) di Beethoven. Quando ebbi finito ho capito che l’impressione era stata enorme; le dame piangevano, gli uomini discutevano animatamente l’importanza dell’opera. Ho poi dovuto trascrivere molte sonate di Beethoven per le signore pianiste che desideravano suonarle. (Lettera di Mendelsshon a Zelter, da Monaco, 22 Giugno 1830).
Mendelssohn  Bartholdy

Lo straordinario violinista Klement [sic] suonò, oltre ad altri splendidi pezzi anche un Concerto per violino di Beethofen [sic] che fu colto da applausi eccezionali per la sua originalità e le numerose belle pagine. Un fortissimo “Bravo!” accolse in particolare l’arte consumata e la grazie di Klement, la sua energia e sicurezza nel suonare il violino che nelle sue mani diventa uno schiavo. A proposito del concerto di Beethofen il giudizio degli intenditori è unanime; gli si riconoscono alcuni bei passaggi ma si ammette che l’insieme appare spesso molto frammentario e che la ripetizione infinita di alcuni passaggi ordinari può facilmente stancare. In generale al pubblico questo concerto e le improvvisazioni di Klement sono piaciute in modo straordinario.
[Da un articolo su Wiener Theaterzeitung, 1806 di Johann Nepomuk Moeser, ufficiale del governo austriaco e critico musicale]
Robbins Landon [a]

Caro Beethoven! Molti hanno lodato la sua grandezza artistica, ma egli è qualcosa di più che il sommo fra i musicisti. È la più eroica forza dell’arte moderna; è il più grande e il migliore amico di coloro che soffrono e lottano. Quando siamo rattristati dalle miserie del mondo Beethoven viene al nostro fianco, come andava a sedersi a fianco di una madre in lutto e, senza dir parola, la consolava al canto della sua rassegnata mestizia. Quando ci prende la stanchezza dell’eterna battaglia inutilmente combattuta contro la mediocrità dei vizi e della virtù , è un indicibile bene rituffarsi in quell’oceano di fede e di volontà. Da lui si irradia un esempio irresistibile di valore, di autentica felicità di lottare, l’ebbrezza di una coscienza che sente in sé la presenza di Dio. Diresti che nella continua comunione con la natura egli finisse per assimilarne le profonde energie. Il Grillparzer che ammirava Beethoven con una sorta di timore, dice di lui: “Giunse sino al punto pericoloso in cui l’arte si fonde con gli elementi selvaggi e capricciosi”. Schumann scrive della Sinfonia in Do minore [la Quinta]: “Per quanto la si ascolti esercita su di noi un invisibile potere come quei fenomeni della natura che, per quanto siano frequenti, ci riempiono ogni volta di timore e di meraviglia”. E Schindler, suo confidente: “S’impadronì dello spirito della natura”. È vero: Beethoven è una forza della natura. Lo spettacolo di lui presenta una grandezza omerica; è il combattimento fra una potenza elementare e il resto della natura. Quale conquista può stargli alla pari, quale sole di Austerlitz raggiunge la gloria di questo sforzo sovrumano di questa vittoria, la più splendente ce mai sia stata riportata dallo spirito? Un essere disgraziato, povero, infermo, solitario, il dolore fatto uomo , un escluso dalla gioia del mondo, crea esso stesso la Gioia per donarla ai suoi simili! La foggia con la propria miseria, come lui medesimo ha detto in queste fiere parole riassunto della sua vita Durch Leiden Freude La gioia attraverso la sofferenza
 Rolland [b]

Per comprendere il significato di quanto ora diremo   bisogna ricordare le deprimenti caratteristiche dello stato della musica a Vienna in questo periodo [1823-1824]. L’entusiasmo per le opere italiane si era trasformato in un vero fanatismo. Scomparso ogni apprezzamento del valore della musica vocale tedesca si deplorava sulla Allgemeine musikalische Zeitung che da anni non si pubblicasse più un opera musicale di musica e seria e significativa. Il nostro sommo maestro era duramente provato da questo stato di cose. La Missa Solemnis era già completata da due anni e la Nona Sinfonia stesa nei minimi dettagli. Ma in un tale stato di decadenza come poteva essere realizzata una esecuzione di queste due opere con successo sia artistico che finanziario, viste le spese necessarie per organizzarla? Per questo Beethoven si mise in contatto col Conte Bruhl per vedere se, col suo sostegno, ne fosse possibile la esecuzione a Berlino. Il Conte Bruhl incoraggiò il maestro e promise un esito felice.  Quando la notizia si diffuse a Vienna un piccolo gruppo di amanti della musica e di artisti, che avevano mantenuto la loro avvedutezza e serietà sik riunirono per impedire questa disgrazia che incombeva sulla città. Scrissero una lettera e un gruppetto di loro la recapitò al maestro. Ecco una esatta trascrizione del messaggio [che qui però verrà riportato in forma un poco abbreviata].

Al Sig.Ludwig van Beethoven
Dall’ampia cerchia di coloro che in questa vostra seconda città natale si unisce attorno a voi in reverente ammirazione per il vostro genio, un piccolo gruppo di discepoli e amanti dell’arte viene oggi da voi per esprimervi desideri da lungo covati e presentarvi umilmente suppliche a lungo trattenute. Il numero dei portavoce rappresenta solo una piccola parte di coloro che riconoscono con gioia il vostro valore e quello che voi siete diventato per il presente ed il futuro … Essi parlano a nome di tutti coloro per i quali l’arte e la realizzazione dei propri ideali è qualche cosa più che un mezzo e un oggetto di passatempi, e quello che implorano è ripetuto ad alta voce o in silenzio da tutti coloro nel cui petto vive un sentimento di div ino nella musica. Sono principalmente i desideri degli appassionati di arte della nostra patria che qui esprimiamo,   perché sebbene il nome e le creazioni di Beethoven  appartengano a tutto il mondo … è innanzitutto l’Austria che può chiamarlo suo. Vive ancora nella sua gente l’ammirazione per le grandi ed immortali opere create nel suo seno da Mozart e Haydn per l’immortalità, e con gioioso orgoglio è consapevole del fatto che la sacra triade in cui rifulgono i loro e il vostro nome come simboli del sublime in musica, è sorta dal cuore della patria. Dolorosamente si avverte che un potere estraneo si è infiltrato in questa cittadella degli animi più nobili; che sulle tombe degli scomparsi e sulla dimora di quello dei tre che ancora vive con noi, spettri guidano eventi che non possono aver niente a che fare con gli spiriti principeschi di questa real casa; che la vacuità insudicia il nome e gli strumenti dell’arte;  che il senso per ciò che è puro e eternamente bello si offusca. Per questo essi sentono con maggior forza ed impegno di prima che la cosa di cui si avverte in un questo momento la più grande necessità è un nuovo impulso dato da una mano possente, il riapparire del sovrano nel suo regno. Questo è il bisogno che oggi li porta a voi e queste sono le suppliche che vi presentano a nome di tutti coloro cui questi sentimenti sono cari in nome  dell’arte della patria. Non sottraete al godimento del pubblico … i più recenti capolavori della  vostra mano.
Sappiamo che una grande composizione sacra si è aggiunta alla prima in cui avete reso immortali le emozioni di un animo permeato e pervaso dalla forza della fede e dalla luce divina. Sappiamo che un nuovo fiore brilla nella ghirlanda delle vostre sinfonie. Per anni, da quando il tuono della Battaglia di Vittoria si è allontanato abbiamo atteso e sperato di vedervi di nuovo ella cerchia dei vostri amici …. Non deludete più a lungo le attese di tutti! Aumentate l’effetto delle vostre creazioni recenti dandoci la gioia di farcele conoscere di persona. … C’è bisogno che vi diciamo di quale profonda amarezza ci ha riempito la vostra lontananza dalla vita pubblica? C’è bisogno che vi diciamo … come tutti vedevano afflitti che l’uomo che dobbiamo chiamare il migliore di tutti fra i viventi nel suo campo se ne stava a guardare in silenzio mentre l’arte straniera invadeva il suolo tedesco, il posto d’onore dell’arte tedesca? …
Da voi la Società degli artisti di questa patria e l’opera tedesca si attendono nuovi fiori, una nuova vita, una nuova supremazia del vero e del bello sul dominio cui lo spirito del tempo vorrebbe sottomettere anche l’eterna legge dell’arte. Lasciateci sperare che i desideri di tutti coloro ai quali sono giunti i suoni delle vostre armonie vengano presto soddisfatti. Questa è la nostra seconda preghiera.
Possa l’anno appena cominciato non aver termine senza rallegrarci coi frutti delle nostre preghiere, possa la prossima primavera, se vedrà sbocciare uno dei doni che noi desideriamo, divenire il momento di una doppia fioritura per noi e per l’intero mondo dell’arte.
Vienna, febbraio 1824.

Seguivano le firme di molte personalità viennesi, amici e ammiratori di Beethoven fra i quali i Princip C. e Moritz Lichnowsky; Artaria editore; i Conti Ferdinand von Palffy, Moritz von Dietrichstein,  Moritz von Fries; il poeta I.F.Castelli; l’Abbé Stadler.

Si sperava che Beethoven leggesse la lettera subito, alla presenza dei due delegati che la avevano portata, il segretario di corte van Felsburg r J.N.Bihler sperando di poterlo indurre a prendere un preciso impegno. Ma Beethoven volle leggerla da solo. …
Si può immaginare con quanta ansia io [Schindler] aspettassi l’effetto di questo appello. Mi precipitai dal Maestro subito dopo la consegna e lo trovai con il foglio in mano. Mi raccontò cosa era accaduto, mi diede il foglio con assoluta calma ed io compresi che era molto toccato dal suo contenuto. Mentre leggevo quello che ben conoscevo si accostò alla finestra guardando le nuvole che scorrevano in cielo. Posai la lettera in silenzio … Infine si girò verso di me e parlò con un tono di voce più basso del solito: “È davvero molto bello; mi rallegra molto”. Usai le stesse parole, naturalmente per iscritto, per dirgli la mia gioia. Lesse e disse in fretta: “Usciamo!”. Fuori fu particolarmente silenzioso un segno indubitabile del fatto che era profondamente commosso.
Schindler