I giudizi su Beethoven di altri musicisti

Hans von Bulow ha riferito che una volta Johannes Brahms ha detto: “Beethoven non si è mai attenuto tanto fedelmente alle leggi della forma musicale e con rigore tanto spartano, come nelle ultime sonate e negli ultimi quartetti, le sue composizioni più originali e più ricche di fantasia”.
von Bulow

Senza voler offendere alcun compositore, defunto o vivente che sia, devo tuttavia affermare che nessuno ha mai posseduto una ricchezza e varietà di idee e un’originalità paragonabili a quelle presenti nelle creazioni beethoveniane.
Ries

Beethoven sapeva di non poter appartenere al mondo che come uomo libero. E il mondo doveva prenderlo com’era. Non si poteva avere da lui musicista altro che quello che lui voleva e quando a lui piaceva. Ma a lui piaceva una cosa sola. Incantare con le figurazioni del suo mondo interiore. Il mondo esteriore si spense per lui anche per la sua ingravescente sordità. Così, come un rapito sognatore, vagava con gli occhi sbarrati per le vie popolose della ridente Vienna. Il sorgere e l’aggravarsi della sua sordità lo gettano da prima in una profonda pena e malinconia. Ma quando essa è completa, e vi è l’impossibilità di ascoltare produzioni musicali, non si lamenta più. Un musicista sordo! Possiamo noi immaginare un pittore cieco? Ma noi conosciamo però il veggente divenuto cieco. Il musicista sordo somiglia ora a Tiresia che, cieco sul mondo fenomenico, contempla con l’occhio dell’anima il centro da cui muovono tutti i fenomeni. Non disturbato dai frastuoni della vita Beethoven rimane solo, intento alle sue armonie interiori. Allora l’essenza delle cose parla di nuovo a lui nella serena luce della bellezza. Allora egli comprende la foresta, il prato, l’azzurro cielo, la folla lieta, la coppia amorosa, il correre delle nuvole, lo strepito della bufera, la beatitudine di una pace interiore. E allora penetra per tutte le sue opere quella meravigliosa serenità che è una caratteristica della sua musica.
Wagner  

Si può ben dire il “divino Mozart“. Ma non si può dire il “divino Beethoven“. Si deve dire “l’umano Beethoven!“. Per la prima volta con Beethoven l’elemento umano entra come argomento principale nella musica, in luogo del gioco puramente formale. Dapprima Beethoven non costituì per i suoi contemporanei se non una curiosità sbalorditiva.  Una serata in cui egli eseguì per la prima volta la Quinta e la Sesta Sinfonia e il Quarto Concerto per pianoforte lasciò il pubblico assolutamente freddo. Il Concerto per violino Op.61 fu giudicato mancante di melodia e sforzato. Però poco dopo la situazione si capovolse. Una setta militante si organizzò spontaneamente e custodì da allora in poi l’opera assurta a simbolo dell’umanità musicale. Attraverso Beethoven sorse nei suoi successori l’ambizione di essere pieni di significati profondi. Ancora Haydn scriveva sinfonie con la stessa naturalezza con cui stendeva un minuetto per pianoforte. Oggi un lavoro gaio e breve, per quanto bello e meravigliosamente condotto, è considerato opera di secondo piano. Vibrare umanamente è la qualità che si pretende dall’arte.
Busoni

Non date Beethoven troppo presto in mano ai giovani.
R.Schumann

Beethoven riesce ad esprimere un tormento ed un desiderio primordiali.
Wagner

Pare che Debussy vedesse in Beethoven un genio cupo e senza gusto
Gruber

Questa sinfonia [la Settima] è l’apoteosi stessa della danza, è la danza nella sua essenza più sublime.
Wagner

L’esecuzione della Pastorale riuscì al di la di ogni aspettativa, e l’incomparabile, meraviglioso godimento che col tempo doveva venirmi proprio dall’occuparmi di opere di Beethoven, mi fece qui sentire per la prima volta la sua forza rigeneratrice.
Wagner

Il Prof. Weyse [Weyse Christoph Ernst Friedrich, Altona 1774-1842 Copenhagen. Compositore, visse dal 1789 a Copenhagen ed è considerato il fondatore della scuola nazionale danese. Fra i suoi allievi furono J.P.E.Hartmann e N.W.Gade. Scrisse molte opere e 7 sinfonie, oltre a 30 cantate e altra musica per coro. Fu un applauditissimo compositore di Lieder nei quali si rifece spesso ad antichi canti popolari danesi], un musicista limitato ed egoista, si considera misconosciuto e disprezza i suoi contemporanei: di Beethoven ha detto che non ha mai scritto qualche cosa che sia veramente bello.
Wieck Schumann.

Il 24.11.1842 (a Lipsia) concerto in abbonamento. Ora ascoltiamo anche buona musica vocale. Oggi era la volta del Finale di “Così fan tutte” che mi ha incantata. Il caro Mozart deve avere avuto davvero delle buone intenzioni con il mondo, fa così tanto bene al cuore, e non ho mai ascoltato nulla di lui che non abbia elevato il mio spirito. L’Eroica di Beethoven concludeva il concerto. Oggi la Marcia mi è parsa la parte più bella, solenne, grande, come sempre; tutto Beethoven mi fa questa impressione. Provo un sentimento del tutto personale per questi grandi maestri.  Mozart lo amo in modo particolare. Beethoven però lo venero come un Dio, ma un Dio inaccessibile, che non diventa mai parte di noi.
Wieck Schumann

Giuseppe Verdi, che non amava le onorificenze, quando il presidente del Beethoven Verein, Joseph Joachim, gli offerse nel 1889 la nomina a membro onorario dell’associazione, accettò dicendo: “Non posso in questo caso rifiutare l’onore che mi viene offerto! Si tratta di Beethoven! A tanto nome noi tutti ci prostriamo reverenti”. Quest’opera, per la sua forma, per il suo stile melodico, per la sobrietà armonica e la sua strumentazione si distingue da tutte le altre composizioni di Beethoven, che le sono seguite. L’autore, scrivendola, è evidentemente rimasto sotto l’impero delle idee di Mozart, che ha talora ingrandito, e imitato ingegnosamente dovunque. Il primo Allegro ha per tema una frase in sei battute che, pur non avendo nulla di caratteristico in sé, diviene interessante per l’arte con cui viene trattata in seguito. Si giunge poi, dopo una specie di cadenza ripetuta tre o quattro volte, ad un disegno di strumenti a fiato che si è tanto più stupiti di trovare là, in quanto è stato usato parecchie volte nelle ouverture delle opere francesi. L’Andante contiene un accompagnamento di timpani ‘piano’, che ci sembra oggi qualche cosa di molto ordinario; ma bisogna riconoscere che esso prelude a degli effetti impressionanti che Beethoven ha creato più tardi. Questo pezzo è pieno di charme, il tema è grazioso. Lo Scherzo è il primo nato di quella famiglia di incantevoli divertimenti di cui Beethoven ha inventato la forma e che ha sostituito, in tutte le sue opere strumentali, ai Minuetti di Mozart e di Haydn che hanno carattere del tutto differente. Questo è di una freschezza, agilità e grazia squisite. È la sola vera novità di questa sinfonia. Il Rondò Finale è una vera puerilità musicale: in una parola quello non è Beethoven.
 Berlioz  

Beethoven tralascia qui, nella Sinfonia nr. 4 Op. 60 completamente ode ed elegia, a favore di uno stile meno elevato anche se forse non meno difficile di quello della Seconda Sinfonia. Il carattere di questa partitura è, in generale, vivace, fresco, sereno, ma non manca di una levità celeste. Ad eccezione del meditativo Adagio introduttivo, il primo movimento si vota quasi interamente a un’espressione di gioia. L’Adagio è così puro nelle sue forme, l’espressione melodica è così angelica e di una effusione tanto irresistibile, che l’artificio prodigioso che vi si profonde è completamente celato. Già dalle prime battute si è presi da una commozione che alla fine è tanto intensa da esserne sopraffatti; e solo in uno dei giganti della poesia potremmo trovare qualcosa che si possa paragonare a questa eccelsa prova di un gigante della musica, [ad esempio nel] commovente episodio di Francesca da Rimini nella Divina Commedia, all’ultimo verso nel quale Dante cade “come corpo morto cade”. Lo Scherzo consta quasi interamente di frasi scandite in battute binarie, [ma] la melodia del Trio, affidata ai corni, è di una freschezza incantevole. Il Finale, chiaro e brioso consiste in un turbinio di note scintillanti, un dialogare continuo a volte interrotto da un accordo ruvido e fremente nel quale si fanno ancora manifesti gli impulsi collerici da noi già notati nel compositore.
Berlioz

Esistono numerose testimonianze che confermano l’ostilità di Haydn alla musica di Beethoven posteriore al 1800. Ad esempio, un musicista dell’epoca ricordava che Haydn “non riusciva proprio ad accettare la musica di Beethoven“, e un dizionario musicale italiano riportava questo giudizio di Haydn sul proprio allievo: “le prime opere mi sono piaciute molto, ma confesso di non comprendere quelle successive. Mi sembra che egli stia componendo in modo sempre più fantasioso“. (G. Bestini, Dizionario storico critico degli scrittori di musica, Palermo 1814).
Solomon
[Ecco cosa scriveva Anton Diabelli] su Allgmeine Musikalische Zeitung, 1818 a proposito dell’Ottava Sinfonia.
Il vero amante dell’arte accoglie a braccia aperte questo magnifico e brillante lavoro dell’inesauribile Beethoven, lavoro che non solo non è affatto inferiore nel suo stile a quelli precedenti e più rudimentali, ma al contrario supera forse, in varietà, condotta artistica, novità delle idee e nell’uso quanto mai originale di tutti gli strumenti, non pochi dei suoi predecessori; in altre parole è un degno parto spirituale del suo veramente eccezionale creatore. Giudicare simili composizioni classiche rappresenta uno dei momenti più gratificanti nella vita, in genere non particolarmente piacevole, di un critico.
Diabelli

Amatelo, amatelo profondamente. Onorate la sua forza morale che mai conobbe riposo.
R.Schumann

Beethoven trova talvolta i suoi motivi nella strada per trasformarli in sentenze universali.
R.Schumann

Per quanto la si ascolti, la Quinta Sinfonia in Do minore Op.67, esercita ogni volta su di noi un invisibile potere, come quei fenomeni della natura, che, per quanto siano frequenti, ogni volta ci riempiono di timore e di meraviglia.
R.Schumann

Si è finito col trattare poco cavallerescamente questa composizione [Sinfonia nr.8 Op. 93]chiamandola col nome di ‘piccola sinfonia’; non comprendo cosa possa aver giustificato questo epiteto. La semplicità, la grazia, la dolce gioia, pur essendo i fascini principali dell’infanzia, non escludono affatto la grandezza delle forme che li rappresentano. Questa sinfonia mi pare dunque del tutto degna di quelle che la hanno preceduta e seguita, e tanto più notevole in quanto non somiglia loro per nulla. L’Andante scherzando [sic] è una delle cose più deliziose della musica; il primo Allegro e il Finale mi sembrano due capolavori di vivacità e di elegante originalità; inoltre, nella strumentazione di questi due pezzi, Beethoven si è mostrato potente come sempre; non vi è dunque nulla di piccolo in questa sinfonia e questo modo di designarla manca di ogni giustificazione.
Berlioz

L’Andante scherzando [sic] della Ottava Sinfonia è una di quelle invenzioni cui non si può trovare né modello né uguale: è qualcosa caduto dal cielo tutto intero nel pensiero dell’artista. Il Minuetto a dire il vero è un pezzo assai ordinario, in cui la vetustà della forma sembra avere soffocato il pensiero. Il Finale al contrario scintilla di vivacità, le idee sono brillanti e nuove.
Berlioz

Tra le Sinfonie beethoveniane è la meno eseguita: perfino a Lipsia, dove sono tutte conosciute e popolari, si nutre qualche prevenzione nei confronti dell’Ottava. Che invece per profondità ed umorismo non ha forse l’eguale.
R.Schumann

Vi è un’opera di Beethoven, conosciuta sotto il nome di Sonata in Do diesis minore (è l’Op. 27, nr. 2, “Chiaro di luna”) il cui Adagio è una di quelle poesie che il linguaggio umano non giunge a definire.  Il suo procedimento è molto semplice: la mano sinistra spiega dolcemente dei larghi accordi di un carattere solennemente triste e la cui durata permette alle vibrazioni del pianoforte di spegnersi gradatamente su ciascuno di essi: mentre la mano destra, arpeggiando un disegno ostinato d’accompagnamento, la cui forma non varia quasi dalla prima battuta all’ultima, fa sentire una specie di lamento: fioritura melodica di questa oscura armonia”.
Berlioz

Albrechtsberger, celebre contrappuntista, famoso anche per la sua pedanteria, che fu insegnante di Beethoven, disse di lui: “Non ha imparato nulla e non farà niente di suo”. E Beethoven di rimando: “Albrechtsberger, un pedante che eccelleva nell’arte di creare carcasse musicali, arte messa da lui sopra tutto”.
Scuderi

Dopo aver ascoltato, nel 1829, il Quartetto in Do diesis minore Op.131, Berlioz scrisse: “Egli è salito così in alto che il respiro comincia a mancare. È musica per lui solo e per coloro che hanno seguito l’inconcepibile ascesa del suo genio”.
Berlioz

A mal disporre Goethe verso Beethoven e a farlo diffidare di lui aveva provveduto Zelter, l’amico e consigliere musicale, che gli aveva presentato una sua immagine del musicista: “Con ammirazione e sgomento – scriveva il 12 novembre del 1809 – si vedono all’orizzonte del Parnaso dei talenti della più grande importanza, quali Beethoven, adoprare la clava d’Ercole per scacciare le mosche. Ci si meraviglia di questo sfoggio di talento per dare risalto a delle bagattelle, poi si alzano le spalle”.
Magnani

L’ostracismo dato da Goethe a Beethoven trovò il pieno assenso di Zelter che estese la negazione alla sua musica definendola squilibrata, decadente, mostruosa. L’Oratorio Cristo sul Monte degli Ulivi sarebbe a suo dire, un’impudicizia.
Magnani

È impossibile parlare dell’essenza della musica di Beethoven senza cadere subito in un tono estatico.
Wagner

A proposito della Settima Sinfonia Carl Maria von Weber dichiarò che l’autore era maturo per il manicomio. Quindici anni più tardi, Castil Blaze definirà ancora il finale dell’opera come “una follia musicale”, e Fétis la considererà “una di quelle creazioni inconcepibili che sono potute uscire solo da un cervello sublime e malato”.
Herriot

[Verdi giudicava pessima la disposizione del canto nell’ultima parte della Nona Sinfonia, mentre trovava sublimi i primi tre tempi. E un’altra volta”scrisse]: “Non mi sorprenderei affatto se qualcuno venisse a dirmi che la Nona Sinfonia è scritta male in alcuni punti, e che, fra le nove sinfonie, preferisce alcuni tempi che non sono della Nona”.
Verdi

Rossini, ascoltando la Nona a Parigi nel 1841 ebbe a dichiarare: “Non conosco niente di più bello che lo Scherzo di questa Sinfonia”. Ed aggiunse che non sarebbe stato capace di scriverne uno simile. Il resto invece gli parve privo di “charme”, e tale che la musica poteva benissimo farne a meno. Questo è riportato in Elwart, «Histoire de la Societé de Concerts du Conservatoire». Si tratta di una affermazione verbale che Rossini avrebbe rivolta a Ferdinad Hiller all’uscita dal concerto.
Mila

[A Vienna nel mese di settembre 1819, si sparse la notizia che Beethoven alle 4 si sarebbe recato nel  negozio dell’editore Steiner. Il locale era piccolo e poteva contenere una decina di persone. Ma l’editore aveva distribuito parecchi inviti così che all’ora convenuta una piccola folla si  accalcò davanti al negozio. Ma Beethoven non si fece vedere.Da una lettera di Zelter a Goethe, 14 settembre 1819.] Richard Wagner fece della Nona Sinfonia, proprio per l’inserzione della voce, il manifesto dell’arte nuova: la dichiarazione esplicita, da parte del sommo sinfonista Beethoven, che dovesse considerarsi conclusa l’era della musica strumentale e che si aprisse ora il ciclo nuovo dell’arte dei suoni, quello del Wort-Ton-Drama, del dramma inteso come indissolubile unità di parola e suono. [E’ inutile ricordare che questo è quanto poi è accaduto nelle creature teatrali Wagneriane]. Wagner naturalmente tirava l’acqua al suo mulino, trascurando, o forse ignorando che, dopo la Nona, Beethoven ebbe in animo di comporre una decima Sinfonia nella quale non era previsto l’uso di voci. Ma bisogna riconoscere che il Finale della Nona sembra proprio congegnato in modo da giustificare le interessate illazioni di Wagner che propugnava la dissoluzione delle vecchie forme melodrammatiche in un “dramma” fondato sul discorso musicale continuo con l’intento di compenetrare la musica con l’espressione verbale.
Mila

Prometeo in lotta contro il destino, in nome di una scelta morale dell’uomo, è simbolo di ideali molto sentiti da Beethoven. Le Creature di Prometeo sono una partitura ancora poco nota rispetto al resto dell’opera beethoveniana. Beethoven colse in questo lavoro (del 1800-1801) ciò che più colpiva la sua fantasia per affinare idee timbriche, armoniche, tematiche. Ad esempio, utilizza l’arpa e il corno di bassetto, che non compariranno più nelle sue partiture (tranne rarissime eccezioni, come le musiche di scena per Leonore Prohaska, dove è prevista l’arpa per accompagnare un Lied). Si riconoscono anche molte melodie che confluiranno di lì a poco in altri lavori, soprattutto nelle ouvertures “Coriolano”, “Egmont” e nelle tre Leonore. Ho scoperto nuove ricchezze nel suo universo eroico di quegli anni. Non dico poi cosa è la meraviglia quando, nel Finale, compaiono un tempo ed una melodia che troveremo nell’Eroica. Quando amava particolarmente un’idea musicale Beethoven la ripensava e la approfondiva prospettando diverse soluzioni, come avviene nella Leonore nr.3 in cui il suo pensiero formale è più evoluto rispetto alle due precedenti ouvertures Leonore.
Abbado 

L’opera di Beethoven rappresenta una forza spirituale che la Germania, senza di lui, non possiederebbe. Nessuno ha portato ad espressione con tanta efficacia la potenza e la grandezza del sentire tedesco.
Furtwangler

Per comprendere Beethoven non serve cercare di avvicinarsi alle sue opere, chiare e determinate nel proprio linguaggio, ossia nella musica, partendo da presupposti che con la musica non hanno nulla a che fare, pretendere cioè di trovare “una chiave poetica”. Solo attenendosi alla verità musicale, solo considerando il musicista si potrà scandagliare l’anima di questo grande uomo, non certo partendo da presupposti letterari e psicologici.
Furtwangler

Noi dobbiamo considerare Beethoven come la somma ed il compendio di tutti i musicisti che, movendo dalle convenzionali forme della musica, penetrò fino all’intima essenza della musica, così da poter gettare da questo centro la luce interiore del chiaroveggente verso l’esterno.
Wagner

Si può dire che Beethoven fu e rimase un compositore di sonate poiché, nella maggior parte e nelle migliori delle sue composizioni strumentali, la “forma sonata“, che con Carl Philipp Emmanuel Bach, Haydn e Mozart aveva raggiunto la sua legislazione definitiva, fu il velo attraverso cui egli guardava nel regno dei suoni. [Vedere la spiegazione di che cosa è la “forma sonata“, o meglio la “forma di primo tempo di sonata“, al Cap.20, Le Sonate per pianoforte.]
Wagner

[Si dice che quando Beethoven ancora giovanetto incontrò a Vienna Mozart (incontro del quale non sappiamo esattamente come, quando e se sia avvenuto) dopo aver suonato al Maestro una sonata, Ludwig chiese a Mozart un tema su cui improvvisare liberamente. Mozart fu così impressionato dal modo di improvvisare del ragazzo che esclamò: “Ricordatevi di questo. Un giorno farà parlare di se il mondo”] Le opere dei predecessori di Beethoven erano prodotte in genere per rallegrare feste, banchetti principeschi e brigate avide di piacere. Invece noi vediamo il giovane Beethoven affrontare subito il mondo con una caparbia baldanza che gli permise, per tutta la vita, di rimanere in uno stato di quasi selvaggia indipendenza. Il suo superbo coraggio e la straordinaria coscienza che aveva di sé lo spinse in ogni tempo a resistere alle frivole esigenze del mondo in fatto di musica. Egli aveva un tesoro di sterminate ricchezze da difendere contro l’effeminato gusto corrente. In quelle stesse forme in cui la musica del tempo si manifestava soltanto come arte piacevole egli è invece venuto ad annunciare l’oracolo musicale dell’interior sogno del mondo. Così egli assomiglia ad un ossesso invasato che in nome dello spirito tedesco si oppone, liberatore, alla corruzione dilagante dello spirito popolare europeo. Come noi festeggiamo i nostri Lessing, Goethe, Schiller che ci salvarono da tale corruzione, così noi dobbiamo esaltare il musico Beethoven che per mezzo dello spirito tedesco poté sollevare la musica dall’umiliazione in cui era caduta di arte soltanto piacevole. Con la musica di Beethoven un altro mondo si rivela a noi. La potenza del musicista è  un’operazione di magia. È certamente magico lo stato in cui entriamo quando, ascoltando un’opera beethoveniana, noi percepiamo in tutte le parti della composizione uno spirito ora delicato ora tenero, ora terribile, un trasporto pieno di palpiti, un gioire, un languire, un bramare, un inebriarsi che paiono muovere dai più profondi recessi del proprio essere.
Wagner

Nella musica di Beethoven ogni voce dell’accompagnamento, ogni nota ritmica, persino le pause, tutto diventa melodia.
Wagner

Haydn fu e rimase un servo di principi, che come musicista doveva rallegrare i suoi signori. La vita di Mozart fu una lotta ininterrotta per la conquista di quella sicurezza che doveva essergli sempre negata. Servire come musicista presso qualche principe fu per [Beethoven] intollerabile. Egli cerca l’applauso del grande pubblico, dà concerti e accademie. Come Haydn, per divertire il principe, deve avere sempre pronte nuove opere, così Mozart deve, giorno per giorno, avere delle novità per attirare il pubblico. Beethoven aveva in orrore una vita come quella di Haydn. Ma, a differenza di Mozart, in un mondo dove il bello si rimunera purchè lusinghi il piacere ed il sublime deve rimanere senza compenso, Beethoven si trovò nell’impossibilità di rendersi favorevole il mondo attraverso il bello. I suoi istinti erano troppo forti per trovare appagamento in quel mondo superficiale e variopinto. Così si fortificò il suo amore per la solitudine, dato che esso coincideva col suo deciso proposito di restare indipendente. E dato che nulla lo spingeva a ricercarsi agi e gradevolezze, egli fu poco disposto, nonostante  dovesse guadagnarsi i mezzi per vivere con la sua musica, a lavori facili e superficiali, a concessioni al gusto corrente per soddisfare il quale occorrevano “cose piacevoli“ e niente altro. In tal modo, quanto più si riduceva il suo contatto col mondo esteriore, tanto più penetrante diveniva il suo occhio per il mondo interiore. Quanto più egli si sente sicuro dominatore dei suoi doni interiori, tanto più coscientemente egli afferma le sue esigenze verso il mondo esterno e pretende dai suoi mecenati non che gli paghino i suoi lavori, ma che provvedano in modo che egli, senza più curarsi del mondo, possa lavorare per sé solo. E accadde allora per la prima volta nella storia che persone altolocate [i Principi Kinsky, Lobkowitz e l’Arciduca Rodolfo di Asburgo] garantissero con un vitalizio ad un musicista l’indipendenza richiesta.
Wagner

La sua morale era rigida, esclusiva, borghese; la frivolezza lo faceva fremere. Egli rifiutò sempre, nel modo più reciso, di musicare un libretto di tendenze frivole.
La sua musica poteva penetrare ed animare soltanto un’azione appassionata e magnanima.
Wagner

La musica di Beethoven sarà compresa in tutti i tempi, mentre quella dei suoi predecessori ci rimarrà comprensibile in gran pare solo attraverso la riflessione storico-artistica.
Wagner

Cosa penso di Beethoven? Mi inchino davanti alla grandezza di alcune sue opere, ma non amo Beethoven. Il mio atteggiamento verso di lui mi ricorda ciò che provavo durante l’infanzia nei confronti del Dio Sabaoth, un sentimento di stupore misto a paura senza amore. Cristo al contrario suscita proprio ed esclusivamente un sentimento d’amore. E se Beethoven occupa nel mio cuore un posto analogo al Dio Sabaoth, amo Mozart come il Cristo della musica. È mia profonda convinzione che Mozart sia la vetta più alta che la bellezza ha raggiunto nella sfera della musica. Nessuno come lui mi aveva fatto piangere, fremere per l’entusiasmo nella consapevolezza di quella cosa che chiamiamo ideale. Anche Beethoven mi ha fatto fremere. Ma più che altro per una specie di paura e di angoscia tormentosa. Di Beethoven amo il periodo centrale, a volte il primo (cioè le opere della prima e seconda maniera), ma detesto, a dire il vero, l’ultimo, in particolare gli ultimi quartetti. Vi si trova qualche barlume. Ma niente di più. Il resto è un caos.
Cjaikovskij, 8 settembre 1886.

Lo stesso passo decisivo e rivoluzionario che Beethoven ha fatto nelle forme sinfoniche lo ha fatto anche nell’amplificazione delle forme pianistiche. Nella storia del pianoforte non c’è stata una trasformazione più grande di quella intercorsa fra la sonata di Haydn e Mozart e la Sonata “fuer das Hammerklavier“ Op.106 in Si bemolle maggiore.  Beethoven ha creato il moderno pianoforte a coda nella sua tecnica, nello sfruttamento del registro acuto, di quello basso e dei registri più distanziati, nell’impiego del pedale, nel raffinamento e nell’arricchimento della sonorità. Per fare tutto questo egli si servì della sonata, forma d’espressione a lui naturale, come la fuga era stata una delle naturali forme di espressione di Bach. Nonostante tutte le conquiste strumentali per Beethoven l’elemento fondamentale è il contenuto musicale: il pianoforte stesso è solo un mezzo ad atto a trasmettere, attraverso un’esecuzione, questo contenuto.
Busoni

Moritz Heimann, in una delle sue novelle fa dire  ad un poeta tedesco in Italia: “Essi non hanno un Beethoven!“. Si può ben dire “il divino Rossini“, o  “il divino Mozart“. Ma non si può dire “il divino Beethoven“: non suonerebbe bene. Si deve dire “l’umano Beethoven“. Ma la frase di Heimann ci dà la chiave del problema: per la prima volta, con Beethoven, l’elemento umano entra come argomento principale nella musica, in luogo del giuoco puramente formale. Immediatamente ci si presenta la domanda se il compito della musica sia quello di essere umana invece di rimanere puro-suono, bella-forma. Il cuore di Beethoven era grande e puro: l’artista Beethoven aveva compito di dare forma al suo pensiero; e la sua proverbiale “lotta” non è altro che il faticoso sforzo di racchiudere in forme musicali emozioni umane. Tutto questo gli è riuscito: mai la musica fu portata così in una regione diversa da quella che aveva abitato fino ad allora.
Busoni

Dopo la Sinfonia in re minore, nr.9 Op.125. Amatelo, anzi amatelo moltissimo, e non dimenticate ch’egli è giunto alla libertà poetica con un cammino durato molti anni, e onorate la sua forza morale che non ha mai avuto posa. La sua ultima sinfonia esprime cose così ardite ed inaudite che  nessuna lingua prima ha osato.  Quand’ebbero finito il maestro disse con voce quasi commossa: “lasciateci dunque amare quell’alto spirito che guarda in giù, con amore inesprimibile alla vita, che a lui diede così poco. Io sento che oggi gli siamo stati più vicino del solito”.
R.Schumann

Visita di Rossini a Beethoven. La farfalla volò sulla via dell’aquila, ma questa la scansò, per non schiacciarla, con un colpo d’ala.
R.Schumann

Se qualcuno mai dovesse essere assolutamente sottratto all’oblio, si dovrebbe preferibilmente rendere un pò d’immortalità ai critici di Beethoven, specialmente a quello che nella “Gazzetta Musicale Universale“, anno 1799, pagina 151, prevede: “Se il sig. von Beethoven non volesse più smentire se stesso e seguire il corso della natura, col suo ingegno e con la sua applicazione egli certamente potrebbe darci molto di buono per uno strumento che etc. etc.“. Trentasette anni sono passati frattanto, il nome di Beethoven splende nel cielo, mentre il critico s’è appassito in una soffitta.
R.Schumann

Un monumento a Beethoven Scolpitelo in una forma colossale come il San Borromeo al Lago Maggiore, affinché egli possa, come faceva in vita, guardare al di sopra di tutte le montagne; e quando gli stranieri chiederanno che cosa significhi quel gigante, ogni fanciullo potrà rispondere: è Beethoven, ed essi penseranno che sia un imperatore tedesco. Oh, se volete essere utili ai viventi, fondate in suo onore un’Accademia intitolata “Accademia della musica tedesca“, in cui, innanzi tutto sia insegnato il suo Verbo, il Verbo secondo il quale la musica non debba essere coltivata come un mestiere comune da chiunque; ma dischiusa dai sacerdoti come un mondo meraviglioso.
R.Schumann

J.B.Cramer, che aveva appena portato a Londra, ancora freschi di stampa i tre Trii Op.1, scriveva  tutto commosso, dopo una prima lettura: “Amici miei, ecco l’uomo che ci può consolare della perdita di Mozart“.
Wilder

La protervia, l’astio e il desiderio di riconciliazione facevano parte della natura di Beethoven: in ciò egli era assolutamente sincero.  Questa considerazione ci offre la risposta alla domanda: quale significato ha Beethoven per la nostra generazione? Sincerità è un elemento fondamentale, necessario, per dare vita all’opera d’arte.
Busoni

Due note caratteristiche della personalità di Beethoven erano l’impeto poetico e il forte sentire umano. Queste caratteristiche sono certamente opposte a quelle di un “classico“.
Busoni

Tu dici Fanny (Fanny, la sorella di Felix Mendelssohn-Bartholdy) che io dovrei diventare un missionario e  convertire Onslow e Reicha all’amore per Beethoven e Sebastian Bach. Ma ricordati, mia cara bambina, che questa gente non conosce una nota del Fidelio e ritiene Bach niente altro che un simulacro pieno di erudizione. Ho suonato ad Onslow l’ouverture di Fidelio su un pessimo piano; egli venne del tutto disturbato sul piano emotivo, si grattava il capo, aggiungeva l’orchestrazione nella sua testa, e alla fine cantò con me; in breve è quasi diventato pazzo dalla gioia.
Lettera alla famiglia, Parigi, 20 aprile 1825.
Mendelssohn Bartholdy,

L’esaltazione dello spirito germanico di Beethoven riappare, con toni plateali, in un discorso di Hans von Bulow tenuto dopo un concerto dell’Orchestra Filarmonica di Berlino nel 1892: “Non abbiamo bisogno di ricercare ulteriormente chi scrivere sulla prima pagina dell’Eroica. Noi musicisti dedichiamo e consacriamo col cuore e col cervello, con le mani e le labbra, la Sinfonia Eroica all’eroe più grande che abbia visto la luce dai tempi di Beethoven. Noi la dedichiamo al gemello di Beethoven, al Beethoven della politica tedesca, il Principe Bismarck. Principe Bismarck, salve!”
Barzun

Dodici o quindici anni or sono, non ricordo se fu a Milano o altrove, mi nominavano presidente di una Società del Quartetto. Rifiutai e dissi: Ma perché non istituire una Società di Quartetto vocale? Questa è vita italiana. L’altra arte tedesca. Era forse anche allora bestemmia come adesso, ma un’istituzione del Quartetto vocale che avesse fatto sentire Palestrina, i migliori suoi contemporanei, Marcello etc. etc. avrebbe tenuto vivo in noi l’amore del canto, la cui espressione è l’opera. Ora, tutti tendono a istromentare, ad armonizzare. L’alpha e l’omega: la Nona Sinfonia di Beethoven (sublime nei suoi primi tre tempi, pessima come fattura nell’ultima parte). Non arriveranno mai all’altezza della prima parte; imiteranno facilmente la pessima disposizione del canto dell’ultima parte e, con l’autorità di Beethoven si griderà: così si deve fare.
Verdi, lettera dell’Aprile 1878.

[Ecco una lettera di C.M. von Weber all’editore Hans Georg Nägeli, Mannheim, 21 maggio 1810, contenente la critica dell’Eroica e della Quarta Sinfonia in Si bemolle maggiore. Fu scritta quando Weber aveva 24 anni]. Mi sembra che voi troviate che nel mio quartetto e Caprice io sia un imitatore di Beethoven, e sebbene questo potrebbe sembrare a qualcuno un complimento, a me non piace affatto. Prima di tutto detesto ogni cosa che ha il carattere di un’imitazione, e secondariamente le mie idee differiscono così radicalmente da quelle di Beethoven che io non credo potrei trovare un terreno comune con lui. L’ardente, quasi incredibile inventiva di cui egli è in possesso si associa ad una tale confusione nell’organizzazione delle sue idee, che solo le sue prime composizioni mi piacciono, mentre le successive mi sembrano solo un caos totale, un’incomprensibile lotta per la novità, da cui ogni tanto traspare un lampo di genio, che dimostra come potrebbe essere grande se volesse soltanto tenere a freno la sua esuberante fantasia.
Weber

Una critica a carattere satirico, scritta da C.M. von Weber, apparve sul Morgenblatt n. 309, del 27 dicembre 1810, a proposito della Quarta Sinfonia in Si bemolle maggiore. In questo scritto gli strumenti musicali parlano fra di loro in una sala da concerto e con loro interloquisce il proprietario della sala:“Un contrabbasso: Il diavolo si porti chi ci costringe ad ascoltare composizioni come quelle ogni giorno! Arrivo dalla prova di una nuova sinfonia  di uno dei nostri più nuovi compositori [la sinfonia Eroica], e sebbene come voi sapete io abbia una costituzione robusta, io non potei sopportarla più a lungo poiché in pochi minuti le mie corde si sarebbero rotte. Piuttosto di essere costretto a saltare intorno come una rocciosa capra selvaggia, piuttosto che essere trasformato in un violino per eseguire le non-idee del degno compositore, diventerò un violino di un’orchestrina da ballo. Un secondo violoncello: La sinfonia che abbiamo appena suonato è un mostro musicale, non adatto alla natura di qualsivoglia strumento, né all’esecuzione di un’idea, né ad altri scopi se non quello della novità e del desiderio di sembrare originali. Il proprietario della sala: In quest’epoca illuminata, quando tutte le tradizioni sono messe da parte voi credete che un compositore rinneghi la sua divina ispirazione per compiacere i vostri simili? Non è più questione di chiarezza, precisione ed emozione, come ai vecchi tempi di Gluck, Haydn e Mozart. No, ascoltate la ricetta della nuova sinfonia che ho appena ricevuto da Vienna [e qui ci si riferisce all’Introduzione ed al primo movimento della Sinfonia n.4 in Si bemolle maggiore]. All’inizio vi è una sezione lenta, piena di brevi idee disgiunte, nessuna delle quali ha qualcosa a che fare con le altre. Ogni quarto d’ora noi sentiamo tre o quattro note. È eccitante! Poi vi è un soffocato rullo di timpani e una misteriosa frase della viola, il tutto adornato con il giusto numero di pause e di battute vuote. Finalmente, quando l’uditorio ha perso ogni speranza di sopravvivere alla tensione e di giungere all’Allegro, tutto esplode in un tempo a rotta di collo, ma con la cura che non emerga alcun tema principale.” Ancora peggiore fu il giudizio di Weber  sulla Settima sinfonia: egli dichiarò che il compositore era pronto per il manicomio. Nonostante tutto questo nell’ottobre 1823 Beethoven ricevette cordialmente Weber. [E i due si stimarono reciprocamente. Beethoven lodò il Freischütz e Weber, nel 1822, portò al successo il Fidelio.]

Schindler