Dorothea Ertmann, la sonata Opus 101 e la pubblicazione a Milano presso Ricordi

Articolo di Luigi Bellofatto sulla trascrizione per violino e pianoforte della sonata per pianoforte Opus 101 pubblicata a Milano, Ricordi, 1820. Apparato multimediale e musicale a cura di Graziano Denini.

Catharina Dorothea Graumann (3 maggio 1781 – 16 marzo 1849), originaria di Frankfurt am Main, già da giovanissima aveva mostrato doti pianistiche. Nell’agosto del 1798 era divenuta baronessa in virtù del matrimonio col barone austriaco Stephan Leopold von Ertmann (1769-1835), ufficiale dell’esercito.
La sua amicizia e frequentazione con Beethoven risale probabilmente a questo periodo. Del primo incontro tra la Ertmann e Beethoven è conservata la testimonianza della stessa baronessa in un capitolo delle memorie di Mathilde Graumann, figlia di Johann Friedrich Graumann, fratello minore della Ertmann. Nei suoi volumi di memorie, Erinnerungen aus meinem Leben (Ricordi della mia vita, 1877) e Aus meinem Leben (Dalla mia vita, 1888), la Marchesi rievocò alcuni importanti momenti della vita artistico-musicale della zia Dorothea, anche nei suoi rapporti con Beethoven, così come ella glieli aveva direttamente raccontati: “Per ore sedevo accanto a lei ascoltando le sue splendide esecuzioni al pianoforte e i suoi ricordi su Beethoven”.

A proposito del primo incontro tra la Ertmann e Beethoven, riportando le parole della zia, scrive Mathilde Marchesi:

Agli inizi – così mi raccontò – sia il grande maestro sia l’orientamento musicale che aveva intrapreso venivano pesantemente avversati. La sua musica era considerata incomprensibile e noiosa. Curiosa di conoscere le sue nuove sonate mi recai un giorno nel negozio di musica del signor Haslinger, mi feci consegnare alcune di tali composizioni e le suonai immediatamente su un pianoforte che si trovava lì. Nella foga non mi ero accorta di un uomo giovane che stava timidamente in un angolo e che poi in silenzio si appressò a me. Chi potrebbe descrivere il mio stupore quando egli improvvisamente mi afferrò le mani e mi ringraziò con le espressioni più calorose per l’esecuzione assai riuscita delle sue sonate? Era Beethoven. A partire da quel momento divenimmo amici.

Catharina Dorothea Graumann

Nel 1802, o 1803, la coppia insieme al loro bambino, Franz Carl nato nel 1800, si stabilì a Vienna, dove la giovane Dorothea von Ertmann si fece ben presto apprezzare quale valente pianista. La baronessa, particolarmente dotata e preparata, nonché entusiasta ammiratrice di Beethoven, divenne sua allieva di pianoforte.

Per il Capodanno del 1804 Beethoven inviò alla baronessa una riproduzione artistica raffigurante due angeli, dei quali uno con in mano la lira e l’altro con un foglio di musica e una matita, insieme a un biglietto d’auguri: “Alla baronessa Ertmann per il Nuovo Anno 1804, dal Suo amico e ammiratore Beethoven”. Questo sintetico biglietto è il primo documento che attesti la conoscenza tra il compositore e la baronessa.

Il 19 marzo 1804, meno di tre mesi dopo l’invio del biglietto per il Capodanno da parte di Beethoven, all’età di poco più di tre anni e mezzo morì il piccolo Franz Carl von Ertmann, unico figlio che la coppia riuscì ad avere. Fonti dell’epoca riportano che Beethoven abbia cercato di consolare la madre affranta improvvisando a lungo al pianoforte con ineguagliabile finezza e compartecipazione.

Sulla «Allgemeine Musikalische Zeitung» di Lipsia del 7 febbraio 1810, in una dettagliata, ampia recensione  dell’edizione delle lettere di Reichardt ci si permette a un certo punto una osservazione ironica a proposito degli entusiastici giudizi di Reichardt sulla Ertmann:

La signora von Ertmann non viene solo (come è giusto) preferita a tutte le pianiste di Vienna, e neppure solo (come probabilmente pure non sbagliato) a tutte le pianiste del mondo, ma addirittura viene preferita a tutti i pianisti, e di ciò il signor Reichardt se ne deve assumere la responsabilità!

Il barone von Ertmann, distintosi nella battaglia di Aspern del 21-22 maggio 1809 presso Vienna contro Napoleone e salito di grado nelle gerarchie militari dell’esercito austriaco, l’8 febbraio 1814 prese parte anche alla battaglia del Mincio e pure in questa occasione, col grado di colonnello, giocò un importante ruolo nei combattimenti. Pochissimo tempo dopo, col ritorno degli austriaci a Milano dopo l’ampia pausa napoleonica, il barone fu promosso a comandante del reggimento Deutschmeister, ossia comandante della guarnigione austriaca a quell’epoca di stanza a Milano.

La «Allgemeine Musikalische Zeitung» del 24 agosto 1814 riporta notizie da Milano del marito della Ertmann:

Il signor barone Ertmann, colonnello del reggimento Deutschmeister, al momento di guarnigione in questa città, è da poco tornato da Vienna in compagnia della sua consorte, una allieva di Beethoven. Dal momento che è possibile ascoltare la signora baronessa solamente in composizioni del suo egregio maestro, composizioni che in Italia sono a malapena conosciute e a stento trovano qualcuno che sappia eseguirle, noi allora la ammiriamo non solo quale eccellente pianista, ma anche in modo particolare per le sue splendide esecuzioni proprio di questi pezzi.

Qualche tempo dopo la «Allgemeine Musikalische Zeitung» del settembre 1814 comunicava che la baronessa non aveva perso tempo nel far “ascoltare pezzi del suo grande maestro che in Italia sono appena conosciuti e a stento se ne trova un esecutore”. La permanenza degli Ertmann a Milano a quest’epoca non fu però fissa: la coppia fece di frequente ritorno a Vienna come pure soggiorni anche lunghi in altre località, dal momento che Stephan von Ertmann, spesso anche senza consorte, doveva seguire le sorti del reggimento di appartenenza (per lo meno fino al 1824, quando, promosso nuovamente di grado, fu destinato definitivamente a Milano).

Una ulteriore sintetica conferma dell’eccellenza della Ertmann quale rigorosa, fedele interprete beethoveniana ci giunge da una memoria successiva (1852), ma riferita a questi anni, del dottor Andreas Bertolini, amico di Beethoven e suo medico dal 1806 al 1814: In assoluto Beethoven prediligeva fare eseguire le sue sonate dalla signora von Ertmann, egli stesso a quell’epoca già non lo faceva più volentieri. Verso la metà del gennaio 1817, all’inizio di una lettera all’editore viennese Tobias Haslinger, Beethoven precisa la dedica della sua ultima sonata per pianoforte:

Il caso ha disposto che per la nuova sonata sia giunto alla seguente dedica: “Sonata per il pianoforte o Hammerklavier composta e dedicata alla Signora Baronessa Dorothea Ertman[n], nata Graumann, da L. v. Beethoven. […] Quanto alla dedica prego di osservare il massimo riserbo, dal momento che intendo fare una sorpresa.

La prima edizione della Op. 101 pubblicata a Vienna da Steiner

Presso l’editore S.A. Steiner & Comp. di Vienna apparve infatti il mese successivo la Sonata per piano “difficile da eseguirsi” in La maggiore Op. 101 con la dedica voluta dall’autore. Il 23 febbraio, o qualche giorno prima, Beethoven inviò nuovamente una lettera a Haslinger domandandogli quando avrebbe potuto
«avere un esemplare della sonata per la Baronessa v. Ertmann, dal momento che ella se ne andrà via da qui [Vienna] forse al massimo dopodomani» per raggiungere il consorte di stanza a Sankt Pölten. Qualunque sia la data di tale lettera, il 23 febbraio Beethoven fece recapitare alla baronessa copia della sonata, accompagnandola con una lettera alla «mia cara eccellente Dorothea Cäcilia», in cui, tra l’altro, così si esprime: «accolga dunque quanto da molto tempo Le è destinato e che Le deve essere prova della mia devozione verso il Suo talento artistico e verso la Sua persona».

Beethoven componeva e dedicava alla Ertmann la “Sonata per pianoforte in la maggiore Op. 101” e inviandogliene copia (13 Settembre 1817) la chiamava “Mia cara e beneamata Dorothea”. La Sonata Op. 101, assai complessa e innovativa, possiede in tutti e quattro i tempi elementi (tra cui una fuga) riconducibili allo stile contrappuntistico di Johann Sebastian Bach: probabilmente anche per tale motivo è dedicata a Dorothea von Ertmann, dal momento che la baronessa, come già appreso dalle testimonianze di Reichardt e Rust, era un’entusiasta ammiratrice ed esecutrice delle composizioni per tastiera di Bach e Händel. Oltre alle Sonata di Beethoven, la Ertmann fu dedicataria di ulteriori composizioni da parte di Czerny, Eberl, Dessauer e Reichardt, a conferma del suo prestigio nel panorama musicale pianistico dell’epoca.

Riguardo all’interpretazione da parte della Ertmann delle opere di Beethoven e al suo entusiasmante modo di suonare è possibile avere precisi dettagli da un ampio, dettagliato e, in questo caso probabilmente del tutto attendibile, resoconto che Anton Schindler (1795-1864), per un certo periodo segretario del musicista, ha lasciato nella sua Biografia di Beethoven:

Nella Vienna musicale di quel tempo Dorothea von Ertmann ha occupato, come artista al pianoforte, uno dei primi posti. […] Questa artista nel significato più autentico del termine eccelleva soprattutto nell’espressione di ciò che in musica è leggiadro, delicato e naif, come pure in ciò che è profondo e sentimentale. Di conseguenza il suo repertorio consisteva in tutte le opere del principe Louis Ferdinand di Prussia e in una sezione di quelle di Beethoven. Ciò che lei sapeva ottenere da tale musica era assolutamente inimitabile. Riusciva a disvelare intuitivamente persino le più recondite intenzioni presenti nelle opere di Beethoven con una tale sicurezza come se quelle stessero scritte innanzi ai suoi occhi. In modo analogo questa dama, dotata di tale sensibilità, si comportava con le sfumature del tempo che, notoriamente, in molti casi non è possibile indicare con parole. Era in grado di dare il movimento adeguato allo spirito di ogni frase e di collegare una all’altra in modo artistico, facendo apparire ogni cosa logicamente motivata. Così facendo le è spesso riuscito di far ammirare in modo speciale il nostro Grande Maestro.

Mathilde Graumann, figlia di Johann Friedrich Graumann, fratello minore della Ertmann. Erinnerungen aus meinem Leben (Ricordi della mia vita, 1877), contiene molte memorie di sua zia Dorothea Ertamann (copia con dedica autografa dell’autore)

Mathilde Graumann, figlia di Johann Friedrich Graumann, fratello minore della Ertmann. Erinnerungen aus meinem Leben (Ricordi della mia vita, 1877), contiene molte memorie di sua zia Dorothea Ertamann (copia con dedica autografa dell’autore)

Nel 1820 gli Ertmann fecero ritorno a Vienna e la loro presenza intorno alla metà di agosto è confermata da un’entrata nei Quaderni di conversazione. Annota Carl Joseph Bernard: “Sono stato solamente due volte a Dornbach, dalla madre del signor von Frank e da lui, dove si è esibita la baronessa Ertmann”.

Verso metà settembre scrive invece Anton Schindler sempre nei Quaderni: “Se viene confermato che pure il reggimento Deutschmeister deve andare in Italia, allora perdiamo anche la moglie del generale Ertmann, e di ciò soffriranno parecchio i nostri Matinés da Czerny”.

Sempre al 1820 risalgono alcune informazioni riguardo a una Sonata per pianoforte di Beethoven in relazione a Milano. Nei Quaderni di conversazione degli inizi di marzo un visitatore non chiaramente identificabile, ma quasi certamente un collaboratore dell’editore musicale viennese Artaria, annota: “Per curiosità, anche a Milano desiderano ardentemente la Sonata, sebbene là non esista nessuno capace di suonare una cosa simile”.

 

Guglielmo Barblan sostiene che la Sonata in questione sia l’Op. 106, oggetto della conversazione di poco precedente; l’editore Ricordi aveva infatti richiesto all’editore Artaria di Vienna la possibilità di una coedizione per Milano. Infatti la Op. 106 venne pubblicata con la coedizione di Ricordi nel 1819 insieme ad altri diversi editori. Il soggiorno milanese della coppia Ertmann venne comunque di tanto in tanto interrotto da viaggi, come ad esempio verso la fine 1825, inizi 1826, allorché la Ertmann si recò in Ungheria presso il barone Nicolaus von Zmeskall, caro amico suo e di Beethoven, e in occasione di soggiorni viennesi, come la lunga pausa dal 30 maggio al 16 settembre 1826. In attesa di tale ritorno a Vienna, qualche giorno prima del suo arrivo nella capitale, Karl Holz annota in un Quaderno di conversazione: “Si attende di giorno in giorno l’arrivo della Ertmann”. Il mese successivo la Ertmann e Beethoven ebbero occasione di incontrarsi. Quindi, nel luglio 1826, la Ertmann espresse il vivo desiderio di poter ascoltare uno degli ultimi Quartetti per archi di Beethoven, come nei Quaderni di conversazione annotano
Holz (“Mylord ha detto che la Ertmann desidera ascoltar un quartetto, addirittura a tale scopo intende pagare”) e lo stesso Schuppanzigh (“Ha già visto la Ertmann? Desidera tantissimo ascoltare i suoi nuovi quartetti”).

La pubblicazione della Op. 106 con con editore Riccordi (anziché Ricordi) di Milano (1819)

Il 16 settembre 1826 gli Ertmann lasciarono Vienna per raggiungere nuovamente Milano, dove a quel tempo era presente anche Carl Thomas Mozart (Vienna 1784 – Milano 1858, il maggiore dei due figli sopravvissuti di Wolfgang Amadeus Mozart), che quasi sicuramente era un habitué del salotto musicale milanese della Ertmann, se non addirittura uno dei suoi animatori assidui. In Italia dal 1797, il giovane Mozart a partire dal 1805 completò i suoi già approfonditi studi musicali nella Milano napoleonica con Bonifazio Asioli (cui si era proposto con una lettera di presentazione di Haydn), ma poi, abbandonati gli studi musicali nel 1810, nonostante fosse «eccellente pianista», divenne funzionario statale prima per i francesi poi per gli austriaci. Divenuto impiegato all’Archivio imperiale Austriaco di Milano, l’ottima preparazione ricevuta a Praga e a Milano gli consentì di presiedere alle salienti attività musicali della città che lui stesso consacrò come seconda patria. Non abbandonò tuttavia mai la sua passione per la musica, svolgendo anche privatamente l’attività di insegnante di pianoforte. Nel luglio del 1831 il ventiduenne Mendelssohn sostò a Milano e oltre ad assistere agli spettacoli della Scala e di altri teatri, non mancò di sollecitare un incontro con la baronessa Ertmann, il cui marito, nel frattempo, era stato promosso generale. In un primissimo pomeriggio della calda estate milanese, dopo aver visto lo Sposalizio di Raffaello a Brera, Mendelssohn salì le scale del Palazzo Cusani dove la baronessa lo accolse con molta cordialità e suonò per lui le due Sonate Op. 27 n. 2 e Op. 31 n. 2. Fu in questa occasione che il generale, cosi scriveva Mendelssohn alla sua famiglia il 14 luglio, “piangeva di gioia, perché non aveva mai sentito sua moglie suonare così a lungo, dato che a Milano non vi era alcuno disposto ad ascoltare siffatta musica”. Benché oramai fuori esercizio, osservò l’ospite, la baronessa “suona assai bene le composizioni di Beethoven; spesso esagera un poco nell’espressione e quindi rallenta e poi affretta, però esegue stupendamente alcuni pezzi e ritengo d’aver imparato qualche cosa da lei”.

Il 16 marzo 1849, a quasi 68 anni d’età, la baronessa morì in seguito al “depositarsi sul cervello di materiali contagiosi”. Il 18 marzo, a un anno esatto dallo scoppio delle Cinque giornate di Milano e negli ultimissimi giorni della Prima guerra d’indipendenza, che avviarono il declinare della benefica influenza musicale viennese su Milano, si svolsero le esequie. Come si legge sulla partecipazione funebre:
La salma verrà benedetta domenica 18 marzo, alle 4 del pomeriggio,
nell’abitazione della defunta, in città, Strauchgasse 243, secondo l’uso
della chiesa evangelica A.C. e quindi verrà sepolta in pace nella propria
tomba al cimitero di Währing.

Lo stesso cimitero, all’epoca ancora fuori Vienna, dove da ventidue anni riposava il suo amico e maestro Ludwig van Beethoven.

Ritornando alla sonata Op. 101 di Beethoven e alla sua pubblicazione in Italia, nell’Ottobre 1820, Ricordi la pubblicò a Milano, ma in una versione per noi oggi assai singolare.
Che la non facile Sonata Op. 101 avesse fatto un certo colpo anche a Milano è dimostrato dal fatto che essa fu pubblicata da Ricordi prima ancora delle precedenti sonate, ben più accessibili e conosciute, quali la Patetica o il Chiaro di luna. Si trattò, quasi certamente, di un’edizione dettata dalla politica di far cosa gradita al capo militare della città; ma la stampa ci interessa particolarmente perché apparve come composizione “per cembalo e violino”.

Può sorprendere il vedere una sonata beethoveniana per pianoforte – e più d’ogni altra questa Op. 101 con la quale si fa iniziare il cosiddetto “terzo periodo” e che Beethoven volle far precedere dalla precisa indicazione “für das Hammerklavier”- pubblicata con la presenza del violino. Come e perché, probabile fautrice addirittura la dedicataria dell’opera, si giunse a tale compromesso?

Fermo restando che i più incredibili adattamenti dei lavori musicali classici sono assai frequenti nell’Ottocento, non è da escludere che qui ci sia stata la collaborazione tra la Ertmann e Alessandro Rolla (1757-1841, noto violinista che a Milano fu un grande divulgatore della musica proveniente d’Oltralpe) oppure della baronessa con qualche ufficiale austriaco buon dilettante di violino. Probabilmente tale adattamento è servito a favorire l’accoglienza della non facile opera da parte dei presenti alle eleganti accademie nei magnifici saloni di Palazzo Cusani in via Brera, divenuto sede del Ministero della guerra e tale rimasto dopo il ritorno degli Austriaci.
E il Ricordi non indugiò a farsene titolo d’onore; che quest’opera di divulgazione beethoveniana nell’ambiente aristocratico milanese attorno al 1820 sortisse una degna fortuna sarebbe stato ardito crederlo.
La data di pubblicazione, 2 Ottobre 1820, è ricavata da Barblan dal numero di lastra (922) controllato sui registri di Casa Ricordi. Nella riduzione il procedimento è assai semplice: in generale il violino sostiene una della voci interne tolta al pianoforte, oppure raddoppia la melodia. Ad esempio, nell’esposizione del primo tema del tempo d’inizio, il violino suona la parte del contralto. Nell’Adagio le quattro battute che avviano la frase del pianoforte sono raddoppiate all’ottava acuta dal violino; nella seconda parte, invece, il violino accompagna con dei pizzicati. Ovviamente in questa edizione manca il tempo di marcia.

Infine vorrei far notare che nell’Aprile 1816 la commissione del Conservatorio per la scelta dei soci onorari dell’Istituto proponeva la nomina di tre nuovi musicisti: Salieri, Beethoven e Krommer. La nomina dei soci onorari del Conservatorio era una particolare concessione fatta all’Istituto fin dall’epoca napoleonica, ed era un riconoscimento verso i musicisti “nazionali o forestieri” che di erano particolarmente distinti. Agli eletti venivano rilasciati un diploma e una medaglia. La notizia riguardante Beethoven data da Lichetenthal dell’Allgemeine Musikalische Zeitung del 3 Aprile 1816, non è documentata da altre testimonianze. Lo stesso corrispondente, nel successivo Settembre 1817, comunicava che il Krommer aveva già ottenuto il diploma, mentre per Salieri e Beethoven “verrà data tale comunicazione dopo la prossima sessione semestrale di esami”. Occorre anche tener presente che la conferma da parte del governo austriaco della concessione al Conservatorio di rilasciare gli onorifici diplomi, esigeva che gli austriaci proposti per tale distinzione, oltre a mostrare i loro effettivi talenti, dovessero risultare “commendevoli in linea di principi politici, e di buona condotta”. Non è quindi da escludere che la proposta Beethoven possa essere stata bocciata, proprio per ragioni politiche, in sede di autorizzazione governativa.

Luigi BELLOFATTO

Alcune considerazioni di Graziano Denini, curatore della revisione della Sonata Opus 101 per violino e pianoforte

I) Allegretto ma non troppo – II) Adagio, ma non troppo (attacca) – III) Allegro

Questa versione PDF, curata probabilmente per la prima volta in tempi moderni, LIBERAMENTE SCARICABILE ED UTILIZZABILE è caratterizzata, come ho più volte accennato ad Armando durante i nostri colloqui musicali, già a metà del 2016, da una misura totalmente mancante alla parte per violino (cosa tutt’altro che inusuale; molti tipografi poco conoscevano la musica e gli errori sono abbondanti nelle partiture dell’epoca, non riviste dagli autori, come ben sapeva Beethoven stesso) ho voluto riportare SOLO quello che è scritto nella partitura, e cioè come la avrebbero potuta suonare 2 strumentisti milanesi dell’epoca.

Tutte le indicazioni in più (segnalate come mio solito nella parte che allego in PDF) corrisponderebbero a quelle che avrebbero potuto segnare due ottimi musicisti italiani in possesso soltanto della partitura per violino e cembalo (vecchia nomenclatura, è un pianoforte a tutti gli effetti) in questione, con un buon grado di istruzione contrappuntistica (ad esempio tutti i temi della fuga sono con l’inizio puntato anche se non è segnato sempre) e, naturalmente, con un ottimo orecchio musicale.

Una precisazione: ci sono alcuni errori che ho lasciato. Il più grossolano è una battuta sbagliata al cembalo nell’adagio. L’ho volutamente lasciata così.
A questa versione vorrei far seguito con una versione Urtext, confrontando questa con la versione pianistica, come avrebbero potuta eseguire la sonata se fosse invece stato presente e con le correzioni di Beethoven
L’idea mi sembra carina e farebbe risultare la musica un po’ più viva e meno impaludata; prossimamente mi dedicherò a questa nuova avventura musicale.

Graziano Denini